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24.10.25
silenziosa ecatombe di mario domina
1.3.21
Al 41 bis è vietato anche scegliere come morire Un detenuto ha chiesto i moduli per depositare il proprio testamento biologico, ma il magistrato di sorveglianza glieli ha negati. Il motivo? Surreale: avrebbe potuto veicolare messaggi criminali
va bene la legge è legge . Ma questo è un arbitrio .
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https://it.wikipedia.org/wiki/Articolo_41-bis
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Al 41 bis è vietato anche scegliere come morire
Un detenuto ha chiesto i moduli per depositare il proprio testamento biologico, ma il magistrato di sorveglianza glieli ha negati. Il motivo? Surreale: avrebbe potuto veicolare messaggi criminali. E il suo diritto all’autodeterminazione che fine fa?
La legge “in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, n. 219/2017, entra in vigore dal 31.01.2018. Nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita,
alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.” Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento. Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà, l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.È un approdo importante che si nutre delle battaglie storiche di Marco Pannella e di quanti, come l’Associazione Luca Coscioni, fondata da Luca Coscioni nel 2002, hanno posto la libertà di scelta individuale, in particolare per quel che concerne il fine vita (ma ogni libertà di scelta, dall’inizio alla fine della vita, per tutti) al centro della propria azione politica. Un cammino ancora incompiuto, una materia certamente difficile che raccoglie in sé l’evoluzione del sentire collettivo rispetto al concetto della dignità della vita e della dignità della morte e, soprattutto, alla lenta affermazione del principio che le scelte sulla propria vita sono personalissime e che c’è, nella malattia, una soglia del dolore tanto insopportabile da mutare la stessa semantica della parola suicidio che diventa fine di una non vita. Accade allora che un detenuto in 41 bis immagini di contrarre il virus in tempo di pandemia e decida di depositare il proprio testamento biologico. I familiari, allora, su sua richiesta, gli mandano i moduli dell’Associazione Luca Coscioni. La corrispondenza è soggetta, come sempre, a censura ma
Proibito pensare
Oltre alla feroce violazione di un diritto garantito a tutti dalla legge, si trova nell’assurdo provvedimento la negazione per il ristretto di scrivere alcunché restando aperta la possibilità che trasmetta il proprio comando oltre le sbarre
dovrebbe essere legale un modello del tutto asettico da compilare con le proprie disposizioni, ai sensi della legge 219/2017. Già, perché è per tutti “il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona”. Anche per i detenuti, perfino per i ristretti nel luogo di silenzio trattamentale ed emozionale del 41 bis. E invece no! Perché un magistrato di sorveglianza di Roma decide di non consegnare la corrispondenza al ristretto. La motivazione è che, ritenuto ancora di alto spessore criminale (in 41 bis da 24 anni!) “attraverso eventuali interpolazioni del testo, lo stesso potrebbe veicolare messaggi illeciti.” [...] “Occorre contemperare il principio dell’efficienza dell’attività amministrativa con le esigenze poste alla base della sicurezza interna ed esterna che si concretizza attraverso la puntuale verifica di contenuti criptici eventualmente inseriti mediante la possibilità di interpolare i documenti inviati”.
Non c’è (ovviamente) nulla di criptico, indebito, fraintendibile nel modulo che non viene consegnato, ma nel compilarlo il recluso potrebbe veicolare messaggi criminali. È surreale, abominevole, tanto assurdamente in violazione di legge da sembrare una burla. E, invece, è proprio scritto, nero su bianco. È una censura all’ipotesi di intenzione, una aberrazione del sospetto sulla eventuale e futuribile possibilità che la persona detenuta, per comunicare un volere delittuoso all’esterno, si faccia mandare un modulo per le disposizioni anticipate di trattamento e nel compilarlo introduca indicazioni per i sodali che saranno sempre filtrate dall’ufficio censura del carcere che ogni scritto, in entrata o in uscita, capillarmente analizza. Oltre alla feroce violazione di un diritto garantito a tutti dalla legge che involge principi fondamentali di rango costituzionale - la libertà, la salute, la vita si trova nell’assurdo provvedimento, la negazione per il ristretto di scrivere alcunché restando aperta la possibilità che trasmetta il proprio comando oltre le sbarre. Vietato pensare, sperare, desiderare. Perfino scegliere come morire.
11.7.17
Ibrahim, 24 anni, morto di appendicite e di razzismo
Ibrahim, 24 anni, morto di appendicite e di razzismo

Marco si è sentito male domenica, mentre era con suo fratello e gli amici. Un ragazzo gentile di 24 anni che parlava cinque lingue, impegnato come volontario per tradurre le informazioni ai richiedenti asilo. Si lamentava per i forti dolori all’addome. I crampi che provoca l’appendicite quando si infiamma. È corso in ospedale, dove lo hanno subito dimesso. «Ma io sto malissimo, mi fa male la pancia!», ripeteva. Non gli hanno creduto.
Nelle ore successive i dolori aumentano. La sera, Marco non riesce più a stare in piedi. Suo fratello e i suoi amici lo portano alla farmacia di turno, quella di Piazza Garibaldi, a un passo dalla stazione centrale di Napoli. Il farmacista si rifiuta di aprire la porta. Vede il ragazzo contorcersi per il dolore. Lo pregano di chiamareun’ambulanza. Attendono per più di un’ora, mentre Marco è riverso a terra, ma l’ambulanza non arriva. I ragazzi corrono alla fermata dei taxi più vicina, quella di Piazza Mancini. Per accompagnare Marco in ospedale servono dieci euro per la corsa. «Eccoli!», dicono, ma il tassista si rifiuta di caricarli. «Per piacere, sta malissimo!». Niente da fare. I ragazzi sollevano Marco e lo scortano a un’altra farmacia. Il farmacista osserva il ragazzo e gli suggerisce di acquistare farmaci per quindici euro. Marco inghiotte i farmaci, torna a casa, vomita.
Suo fratello e i suoi amici tentano di nuovo di chiamare un’ambulanza, invano. Si rivolgono a Mauro, che è medico. Telefona anche lui: «Non possiamo mandare un’ambulanza per un ragazzo che vomita». «Ma sta male – li supplica Mauro – è urgente!». Ricostruisce i fatti parlando al telefono con i colleghi, spiega i sintomi. Marco rantola, ha quasi perso conoscenza. «Niente ambulanza, dovete portarlo a farsi visitare alla guardia medica. Nel caso, poi, l’ambulanza la chiamano loro». Suo fratello e gli amici lo prendono in spalla, corrono disperati verso Piazza Nazionale. Fermano una volante dei Carabinieri ma nemmeno quelli vogliono caricare Marco in macchina. Si rimettono a correre.
Quando arrivano a destinazione Marco non risponde più. I medici capiscono che bisogna chiamare un’ambulanza e operarlo al più presto, ma il più presto era prima.
Poco dopo l’arrivo in ospedale, Marco è morto.
È morto perché non si chiamava Marco ma Ibrahim Manneh e veniva dalla Costa D’Avorio, come l’abbiamo ribattezzata noi europei nel 1500, quando abbiamo razziato tutti gli elefanti della zona portandoli all’estinzione.
Infatti - sempre secondo il fatto quotidiano -La denuncia è partita dai suoi amici: gli attivisti dello sportello medico e legale gratuito dell’Ex Opg Occupato. Stamattina hanno convocato una conferenza stampa per denunciare questa incredibilestoria di razzismo, ingiustizia e malasanità. Non è la prima che denunciano: in un anno di attività ne hanno seguite tante.
Quella della ragazza shrilankese alla quale, dopo il parto, non consentivano di riconoscere sua figlia perché non aveva i documenti. «Se entro dieci giorni non riconosci il bambino che hai partorito, vieni denunciato per abbandono di minore». I documenti li aveva persi nell’incendio che aveva distrutto la casa. I Carabinieri non avevano accettato la denuncia di smarrimento perché la ragazza non aveva i documenti. «Ora la bimba ha otto mesi, si chiama Violetta».
Quelle delle decine di ragazzi bisognosi di cure mediche urgenti e intrappolati anche loro in un Comma 22: per ricevere cure urgenti servivano i documenti che arrivavano dopo mesi. «Abbiamo aperto un tavolo con la prefettura e abbiamo ottenuto una circolare ministeriale che chiarisce che non c’è bisogno dei documenti per essere curati».
Quella delle decine di minorenni soli che arrivano dalla Libia con i segni della tortura addosso: «Li legano, li gettano a terra, li percuotono sotto i piedi e sulle gambe con i bastoni chiodati fino a spaccargli le ossa. Un ragazzo che abbiamo appena visitato ha perso un occhio per una manganellata». Siccome sono ferite cicatrizzate, all’ospedale non vengono refertate, quando invece sarebbe necessario per ottenere asilo politico.
Quella di Chek, che rischiava di finire come Ibrahim. «Per mesi lo hanno ricoverato e dimesso senza fargli analisi. Solo grazie al nostro intervento e dopo molte insistenze hanno acconsentito a fargli un emocromo e una elettroforesi dell’emoglobina che ha confermato il nostro sospetto: Chek ha un’anemia falciforme omozigote. Adesso sarà seguito da un centro specialistico e curato in modo adeguato ma se fosse morto, chi avrebbe spiegato perché ai suoi genitori? Chi spiega il perché per i tanti figli che muoiono attraversando deserti e mari?».

L’ambulatorio popolare dell’Ex Opg va avanti grazie a una rete di medici volontari. «Molti di loro non hanno alcuna appartenenza politica», spiega Mauro Romualdo, che voleva partire come medico volontario per l’Africa ma poi l’Africa l’ha trovata a Napoli. Ci sono specialisti di medicina generale, il ginecologo Enrico che lavora in una struttura convenzionata, l’ortopedico Francesco detto Ciccio, un primario in pensione, una pneumologa, una psichiatra del Policlinico, specializzandi in Infettologia, medicina interna legale, infermieri e psichiatri allo sportello di ascolto e sostegno psicologico. L’ambulatorio si è costituito grazie alle donazioni, come i due ecografi arrivati da un ginecologo in pensione. «Sono tante le gravidanze che abbiamo seguito. Da poco è nato Denis, il figlio di una ragazza cinese. «Non parlava italiano, ci capivamo traducendo sul telefono». Per questo, all’Ex Opg ci sono anche i corsi gratuiti di italiano. «Vengono a farsi visitare anche tanti abitanti del quartiere e delle altre zone di Napoli. Un napoletano che non sapeva leggere e scrivere sta imparando qui». Il controllo popolare della salute, lo chiamano.
Garantire le cure mediche ma anche l’istruzione, l’assistenza legale contro lo sfruttamento e il lavoro nero, il doposcuola, l’asilo, perché le cure non sono solo le medicine, cura è prendersi cura, capire i bisogni, ascoltare. Per salvare Ibrahim sarebbe bastato ascoltarlo e invece è morto di razzismo: un male incurabile, sebbene la ricerca stia facendo passi avanti e passi indietro. Passi indietro a Chioggia, passi avanti a Napoli, all’Ex Opg, dove si aiutano gli immigrati a casa loro, cioè qui.
19.1.14
Cagliari, storia di una coppia lesbica "Ecco com'è nata nostra figlia Angela"
Una donna cagliaritana e la sua compagna raccontano: siamo una famiglia “illegale”«Così abbiamo fatto un figlio»Con la fecondazione eterologa a Madrid, vietata in Italia
Il sogno di una coppia cagliaritana si è realizzato in una clinica di Madrid
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| Un neonato tra le braccia della mamma |
La Banca dove il seme si sceglie on line
30.11.12
stato italiano dipende dal vaticano .ricorso contro la sentenza della Ue per difendere una legge ( quella sula procreazione assistita ) iniqua ed inumana smantellata da sentenze della magistratura italiana
in sottofondo questa famossima e triste canzone
E' d'ieri la decisione di un altro l'ennesimo ( perchè in italia non si può decidere niente da 50 anni in tema di bioetica se il Vativano non vuole ) governo succube delle pressioni dirette e indirette e dei voti del Vativcano o meglio del potere temporale della chiesa cattolica : tutto a scapito dei cittadini , della loro salute e delle magistratura ( vedere url all'interno del 1 articolo sotto ) che hanno dichiarato ingiusta e anticostituzionale questa vergognosa ed aberrante legge . Negli articoli sotto ulteriori news
dall' ANSA del 29 novembre, 19:33
Procreazione: istanza 4 eurodeputati contro ricorso Italia Iniziativa Idv e Pdl, contro governo anche Cozzolino (Pd)
BRUXELLES
Quattro europarlamentari - Niccolò Rinaldi, Andrea Zanoni, Gianni Vattimo di Alde-Idv e Gabriele Albertini del Ppe-Pdl, in collaborazione con l'associazione Coscioni - hanno inviato un'istanza alla Corte europea dei diritti dell'uomo con l'obiettivo di far dichiarare inammissibile il ricorso presentato dal governo italiano contro la sentenza della Corte sul divieto della diagnosi preimpianto contenuto nella legge 40/2004.
L'istanza - si legge in una nota congiunta degli europarlamentari - ha lo scopo di porre al centro della tematica il rispetto dei diritti delle coppie ad accedere alla possibilità di effettuare una diagnosi clinica. Il 28 agosto scorso la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che il divieto per le coppie fertili, portatori sani di malattie geneticamente trasmissibili, di accedere alle tecniche di fecondazione in vitro per poter effettuare la diagnosi preimpianto, posto dalla legge 40/2004, viola l'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.
In campo contro il ricorso del governo e' sceso anche il vicecapo della delegazione del Pd all'Europarlamento Andrea Cozzolino. Secondo il quale questa decisione ''e' davvero grave e inspiegabile. Il ministro Balduzzi - per Cozzolino - dimostra la sordità dell'esecutivo rispetto a un clima generale che si respira nell'opinione pubblica del nostro Paese fortemente contrario'' alla legge 40. ''Va quindi sostenuta - conclude Cozzolino - l'istanza a firma di 45 parlamentari che chiedono alla Corte di rigettare il ricorso del Governo''.
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