11.7.17

Ibrahim, 24 anni, morto di appendicite e di razzismo

ma in che 💀💣💥💥💩 di paese viviamo ?Questo  è l'unico commento che mi sento da fare leggendo storie come questa che riporto sotto . Va bene che dal punto di vista giudiziario : << Sulla vicenda il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha detto: “Bisogna accertare eventuali responsabilità sulla morte del 24enne ivoriano >> ma  dal punto  di vista etico  morale    tale  persone  e tali atteggiamenti     vanno condannati  .  Prima  di lasciarvi  alla storia   , anticipo   a chi mi dirà , tu che  avresti fatto ?   io  l'avrei porto  anche  a piedi   o  avrei ( non avendo patente  )  dato l'auto   dei  miei  per  poterlo all'ospedale  o  soccorso  se  fossi stato medico   . perché   una persona che   sta male      va soccorsa indipendentetemente  dala nazionalità  . 



Ibrahim, 24 anni, morto di appendicite e di razzismo





Marco si è sentito male domenica, mentre era con suo fratello e gli amici. Un ragazzo gentile di 24 anni che parlava cinque lingue, impegnato come volontario per tradurre le informazioni ai richiedenti asilo. Si lamentava per i forti dolori all’addome. I crampi che provoca l’appendicite quando si infiamma. È corso in ospedale, dove lo hanno subito dimesso. «Ma io sto malissimo, mi fa male la pancia!», ripeteva. Non gli hanno creduto.
Nelle ore successive i dolori aumentano. La sera, Marco non riesce più a stare in piedi. Suo fratello e i suoi amici lo portano alla farmacia di turno, quella di Piazza Garibaldi, a un passo dalla stazione centrale di Napoli. Il farmacista si rifiuta di aprire la porta. Vede il ragazzo contorcersi per il dolore. Lo pregano di chiamareun’ambulanza. Attendono per più di un’ora, mentre Marco è riverso a terra, ma l’ambulanza non arriva. I ragazzi corrono alla fermata dei taxi più vicina, quella di Piazza Mancini. Per accompagnare Marco in ospedale servono dieci euro per la corsa. «Eccoli!», dicono, ma il tassista si rifiuta di caricarli. «Per piacere, sta malissimo!». Niente da fare. I ragazzi sollevano Marco e lo scortano a un’altra farmacia. Il farmacista osserva il ragazzo e gli suggerisce di acquistare farmaci per quindici euro. Marco inghiotte i farmaci, torna a casa, vomita.
Suo fratello e i suoi amici tentano di nuovo di chiamare un’ambulanza, invano. Si rivolgono a Mauro, che è medico. Telefona anche lui: «Non possiamo mandare un’ambulanza per un ragazzo che vomita». «Ma sta male – li supplica Mauro – è urgente!». Ricostruisce i fatti parlando al telefono con i colleghi, spiega i sintomi. Marco rantola, ha quasi perso conoscenza. «Niente ambulanza, dovete portarlo a farsi visitare alla guardia medica. Nel caso, poi, l’ambulanza la chiamano loro». Suo fratello e gli amici lo prendono in spalla, corrono disperati verso Piazza Nazionale. Fermano una volante dei Carabinieri ma nemmeno quelli vogliono caricare Marco in macchina. Si rimettono a correre.
Quando arrivano a destinazione Marco non risponde più. I medici capiscono che bisogna chiamare un’ambulanza e operarlo al più presto, ma il più presto era prima.
Poco dopo l’arrivo in ospedale, Marco è morto.
È morto perché non si chiamava Marco ma Ibrahim Manneh e veniva dalla Costa D’Avorio, come l’abbiamo ribattezzata noi europei nel 1500, quando abbiamo razziato tutti gli elefanti della zona portandoli all’estinzione.

Ora   ad  alcuni di voi   potrà sembrare  un caso   ma  ciò  sta  succedendo    sempre  più spesso  ma per   questo    forse perchè  storie  lontane  dai media e dal clamore mediatico , si hanno scarse notizie .


Infatti -  sempre secondo il fatto quotidiano -La denuncia è partita dai suoi amici: gli attivisti dello sportello medico e legale gratuito dell’Ex Opg Occupato. Stamattina hanno convocato una conferenza stampa per denunciare questa incredibilestoria di razzismo, ingiustizia e malasanità. Non è la prima che denunciano: in un anno di attività ne hanno seguite tante.
Quella della ragazza shrilankese alla quale, dopo il parto, non consentivano di riconoscere sua figlia perché non aveva i documenti. «Se entro dieci giorni non riconosci il bambino che hai partorito, vieni denunciato per abbandono di minore». I documenti li aveva persi nell’incendio che aveva distrutto la casa. I Carabinieri non avevano accettato la denuncia di smarrimento perché la ragazza non aveva i documenti. «Ora la bimba ha otto mesi, si chiama Violetta».
Quelle delle decine di ragazzi bisognosi di cure mediche urgenti e intrappolati anche loro in un Comma 22: per ricevere cure urgenti servivano i documenti che arrivavano dopo mesi. «Abbiamo aperto un tavolo con la prefettura e abbiamo ottenuto una circolare ministeriale che chiarisce che non c’è bisogno dei documenti per essere curati».
Quella delle decine di minorenni soli che arrivano dalla Libia con i segni della tortura addosso: «Li legano, li gettano a terra, li percuotono sotto i piedi e sulle gambe con i bastoni chiodati fino a spaccargli le ossa. Un ragazzo che abbiamo appena visitato ha perso un occhio per una manganellata». Siccome sono ferite cicatrizzate, all’ospedale non vengono refertate, quando invece sarebbe necessario per ottenere asilo politico.
Quella di Chek, che rischiava di finire come Ibrahim. «Per mesi lo hanno ricoverato e dimesso senza fargli analisi. Solo grazie al nostro intervento e dopo molte insistenze hanno acconsentito a fargli un emocromo e una elettroforesi dell’emoglobina che ha confermato il nostro sospetto: Chek ha un’anemia falciforme omozigote. Adesso sarà seguito da un centro specialistico e curato in modo adeguato ma se fosse morto, chi avrebbe spiegato perché ai suoi genitori? Chi spiega il perché per i tanti figli che muoiono attraversando deserti e mari?».



L’ambulatorio popolare dell’Ex Opg va avanti grazie a una rete di medici volontari. «Molti di loro non hanno alcuna appartenenza politica», spiega Mauro Romualdo, che voleva partire come medico volontario per l’Africa ma poi l’Africa l’ha trovata a Napoli. Ci sono specialisti di medicina generale, il ginecologo Enrico che lavora in una struttura convenzionata, l’ortopedico Francesco detto Ciccio, un primario in pensione, una pneumologa, una psichiatra del Policlinico, specializzandi in Infettologia, medicina interna legale, infermieri e psichiatri allo sportello di ascolto e sostegno psicologico. L’ambulatorio si è costituito grazie alle donazioni, come i due ecografi arrivati da un ginecologo in pensione. «Sono tante le gravidanze che abbiamo seguito. Da poco è nato Denis, il figlio di una ragazza cinese. «Non parlava italiano, ci capivamo traducendo sul telefono». Per questo, all’Ex Opg ci sono anche i corsi gratuiti di italiano. «Vengono a farsi visitare anche tanti abitanti del quartiere e delle altre zone di Napoli. Un napoletano che non sapeva leggere e scrivere sta imparando qui». Il controllo popolare della salute, lo chiamano.
Garantire le cure mediche ma anche l’istruzione, l’assistenza legale contro lo sfruttamento e il lavoro nero, il doposcuola, l’asilo, perché le cure non sono solo le medicine, cura è prendersi cura, capire i bisogni, ascoltare. Per salvare Ibrahim sarebbe bastato ascoltarlo e invece è morto di razzismo: un male incurabile, sebbene la ricerca stia facendo passi avanti e passi indietro. Passi indietro a Chioggia, passi avanti a Napoli, all’Ex Opg, dove si aiutano gli immigrati a casa loro, cioè qui.


Strano  che il minisro  la ministra  della  sanità  e  della salute    non  manda  ,  forse  per  evitare  di perdere lettori  malpancisti   e    filo salvinisti  che stanno avendo sempre  più 😈😕😌 seguaci    fra  la  gente  ,  gli ispettori ne   nelle  farmacie  nè  nel primo ospedale  . Però scometto   che   come tutti   i geniali dilettaqti  in selvaggia parata    saranno presenti  al  funerali  . 





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