Tommy, Laioung e Amir, tra rap e voglia di cittadinanza . Tre artisti rap della seconda generazione si raccontano



dopo questa canzone  di 


( lo avevo già intervistato per il blog , non ho voglia con questo caldo di ricercare e di linkarvi il post ) Tommy Kuti
  Ma  sopratutto dopo  queste  storie   che  riguardano  un milione di minorenni , circa , figli di genitori stranieri sono residenti in Italia,  di cui  circa 650 mila sono nati nel nostro Paese ma la legge 91 \1992 non riconosce loro lo la cittadinanza per lo ius soli. Loro devono richiedere il riconoscimento della cittadinanza compiuti i diciotto anni attraverso un complicato e costoso iter burocratico, fino ad allora devono rinnovare il permesso di soggiorno assieme ai genitori. Se dovesse esserci un qualsiasi intoppo, rischierebbero di essere espatriati in un paese sconosciuto, nonostante parlino italiano e vivano esattamente come i propri coetanei con genitori italiani.

sono sempre piu' convinto che lo Ius soli sia necessario in culo alla propaganda disinformativa dela destra ufficiale e alle manifestazioni di piazza di quella extra parlamentare . Infatti La forza delle parole, della musica, della rabbia sublimata in creatività per sostenere un diritto, lo ius soli. Rime, versi inediti (barre in gergo) regalati da rapper della cosiddetta G2, la seconda generazione di italiani, nata o cresciuta nelle nostre città, nei nostri quartieri. Su Repubblica Tv vedete i video e l'articolo sotto voci che raccontano una realtà che già esiste e grida per essere vista e riconosciuta a livello legislativo senza pregiudizi

 da  http://www.repubblica.it/politica/2017/07/08/

Tommy, Laioung e
Amir, tra rap e voglia di cittadinanza
Nuova puntata della webserie dedicata allo Ius soli. Tre artisti della seconda generazione si raccontano


 di   FEDERICO BITTI


Roma - «Le nostre prime parole le abbiamo dette in italiano». E quelle sillabe con gli anni sono diventate pensieri, concetti e rime cantate in musica. Perché il loro linguaggio è il rap e sono artisti, nati o cresciuti nelle nostre città, con storie lontane ma unite da un dettaglio: avere genitori stranieri
Laioung 

Sono Tommy Kuti, Laioung e Amir Issaa, cantano la G2, quella seconda generazione che da un paio di decenni è parte di una nuova Italia. Questi tre artisti hanno accettato l’invito di Repubblica di raccontare, con un rap inedito, cosa significa sentirsi italiani ma essere guardati come stranieri. L’occasione è il confronto politico che si sta consumando in Senato per lo Ius soli, il diritto di cittadinanza per i figli di immigrati. E se per Repubblica è una legge da non tradire per loro è il riconoscimento giuridico del proprio vissuto. “Sono cresciuto con Pozzetto e con Fantozzi” canta Tommy ma “Quando entro in un negozio/ mi sento sempre gli occhi addosso / scusi dov’è nato? / guardi io sono del posto”.










E in effetti Tommy Kuti - vero nome Tolulope Olabode Kuti - è nato in Nigeria nel 1989 ma è arrivato in Italia insieme ai suoi genitori ad appena due anni. L'infanzia a Castiglione delle Stiviere, piccolo comune in provincia di Mantova e dopo il diploma in lingue Tommy scrive i primi brani, registrati in casa, ha 16 anni e la cittadinanza italiana ottenuta da poco. Si sposta a Brescia dove comincia a fare sul serio, arriva a farsi notare e collaborare con un suo idolo Fabri Fibra. Si definisce un "afroitaliano" con l'accento bresciano, non straniero ma solo "stranero", l'ironia contro i pregiudizi è la sua arma più forte. E a casa, oggi Milano, tra un cornetto al bar e un piatto di pasta improvvisato Tommy lancia per noi il suo appello cantato: “Senza quel foglio sono solo più precario / e italiano sono solo quando segna Super Mario”.





Nel primo album di Laioung, all’anagrafe Giuseppe Bockarie Consoli, c’è un omaggio a Pino Daniele perché è la musica italiana che ama, quella con la quale è cresciuto. Giuseppe è nato a Bruxelles 24 anni fa, mamma è della Sierra Leone e papà brindisino. La vita lo porta a Ostuni dai nonni, lì studia, cresce e come canta lui stesso “è diventato un uomo”. Il pezzo che scrive per noi nasce e prende forma in una notte – ci rivela - poche ore dopo la nostra telefonata. Lo incontriamo in uno studio a Milano. E’ un ragazzone, con i denti tutti d’oro, moda che imperversa tra i rapper e le sue rime trasudano rabbia e tanto orgoglio. "Cosa volete per le prossime generazioni? Tre quarti dei figli di stranieri sono nati qui / io e miei fratelli siamo stati abbandonati qui". Sì perché Laioung (la crasi tra lion, leone e young, giovane) per i suoi fratelli vuole essere soprattutto un esempio, un modello. Laioung si rivolge a una seconda generazione che certo non dimentica le proprie origini (canta dei “passaporti verdi" di un'Africa colonizzata, sfruttata) ma che si propone con creatività e voglia di fare.


Amir Issaa


Casa per Amir Issaa, non è semplicemente Roma, è Torpignattara, il quartiere più multietnico della capitale. L’incontro tra il papà egiziano e la mamma italiana fanno sì che la sua culla diventi l’isola Tiberina ma non "l’ho scelto io, lo ha scelto la vita”. E metà della vita Amir l’ha passata a dare voce a quelli come lui, non solo alla G2, a chi inciampa negli ostacoli della periferia. Una voce che arriva a fare da colonna sonora a film come "Scialla", che entra nelle aule delle scuole con workshop dedicati all’integrazione e ora diventa un libro nel quale ripercorre la sua storia di artista “meticcio”(“Vivo per questo”). A cappella la sua voce rimbalza tra i murales di “Torpigna”, e un gruppo di ragazzi si ferma, applaude, sorride e quel futuro di cui rappa sembra davvero già adesso dove "Siamo tutti fratelli e sorelle, buoni e cattivi, non c’entra la pelle".

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