Ecco le storie e non solo di questo numero .
La prima è di come nonostante il paese sia svenduto ( è notizia di questi giorni della vendita e della : << Bialetti venduta, il made in Italy delle caffettiere ora parla cinese >> di Wired Italia >> ) A napoli c'è un ospedale per gli antichi giocattoli non solo bambole .Un laboratorio bambole orsetti e tanti giocattoli d’infanzia, così stropicciati e feriti dal tempo, riprendono luce. Pezzo per pezzo, cucitura dopo cucitura li restituiamo ai proprietari emozionati, in un attimo di nuovo bambini. Utilizziano antiche tecniche di restauro per recuperare porcellana, legno, cartapesta, plastica, latta; recuperiamo stile, acconciature (parrucche sintetiche, mohair, prodotti specifici) e vestitini di una volta perché non perdano la loro storia (riproduciamo merletti, tessuti e modelli dall’800 ai giorni nostri.) Curiamo anche teneri peluche! Lavaggio, sarciture, imbottiture, trapianto occhi, trapianto nasi, sostituzione di vero pelo. Nel reparto trapianti abbiamo raccolto negli anni braccia, gambe, occhietti e voci diverse per curare tutte le bambole che ci vengono affidate.Sembra retorico affermare che dal 1800 ad oggi, attraverso quattro generazioni, l’Ospedale delle Bambole prosegua un discorso artigianale nato dall’amore per il bello, per tutto ciò almeno che bello era ma che il tempo e altro hanno sconvolto e che proprio in virtù di questo amore ritorna ai fasti di un tempo. Infatti come dicono le proprietarie << Il restaurare oggetti, Santi, pastori bambole diventa nell’ospedale artigianato di qualità, diventa arte proprio perché le quattro generazioni citate si sono tramandate, oltre a tutti i segreti del mestiere, l’amore, la passione e il desiderio di restituire il sorriso a chi in fila, davanti alla porta di questa singolare bottega attende, come in un ambulatorio il proprio turno; ci sono adulti, bambini, tutti per lo stesso motivo: ritrovare nei propri oggetti lo splendore perduto.>>( da Ospedale delle Bambole il sito dell'attività )
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"Europol e Frontex non si scambiano dati per non violare la privacy dei trafficanti"
Cameriere robot “licenziato” dal bar di Treviso dopo soli 4 giorni. «Vengono ancora a chiederci di lui»
TREVISO - Quella mattina di un anno fa, in Piazza dei Signori, sembrava l'inizio di una piccola rivoluzione. Al bar Signore&Signori, storico locale nel cuore del centro, era arrivato Bob: non un nuovo cameriere in carne e ossa, ma un robot. Moderno, operoso e silenzioso, programmato per portare con precisione piatti e bevande ai tavoli, aveva destato curiosità e simpatia tra i clienti ancora prima di servire il suo primo caffè.
Peccato che il suo servizio sia durato appena quattro giorni: tra la pavimentazione irregolare e la calca degli avventori, Bob ha dovuto issare bandiera bianca. Eppure, a distanza di più di un anno, qualcuno continua a chiedere di lui, spinto dalla curiosità per quella particolare parentesi hi-tech. «Vengono ancora a chiederci del robot – racconta il titolare Luca Marton –, anche la settimana scorsa qualcuno l’ha nominato».
L’idea era semplice: non sostituire il personale, ma alleggerirne il lavoro, rendendo il servizio più veloce e, nelle intenzioni, anche più efficiente. Per il titolare Luca Marton, Bob era "un aiuto concreto, non un rimpiazzo", una sorta di compagno di squadra metallico che avrebbe permesso ai camerieri di concentrarsi di più sui clienti, risparmiando loro le corse dalla cucina alla sala. Il robot, dal valore di 20mila euro, era stato presentato con entusiasmo: mappatura autonoma del locale, velocità fino a 20 km/h, programmazione personalizzata. Insomma, tutto faceva pensare a un perfetto connubio tra tecnologia e ospitalità. E invece, dopo soli quattro giorni di prova, l’avventura si è interrotta.
DIFFICOLTÀ
Il motivo? A tradire Bob non sono stati i circuiti, ma i sampietrini. «Qui faceva fatica perché il terreno è accidentato» racconta oggi Marton, con un sorriso tra l’amaro e il divertito. Piazza dei Signori, con la sua antica pavimentazione irregolare, si è rivelata un ostacolo insormontabile per il robot cameriere, che se la cava egregiamente, invece, sulle superfici lisce e lineari. Il bar, poi, vive di un’umanità disordinata: gruppi che si spostano all’improvviso, clienti che si alzano e si siedono, tavoli disposti a seconda delle esigenze. Bob, abituato a seguire un percorso prestabilito, era incapace di districarsi tra avventori in continuo movimento. «La domenica qui sembra di essere a Roccaraso» scherza Marton, riferendosi alla folla che riempie il locale nei giorni più gremiti. Con quel via vai, anche il robot più evoluto si ritrovava spaesato. E così, dopo quattro giorni di tentativi, il piccolo cameriere è stato messo da parte.
IL FUTURO
Nonostante la breve esperienza, Marton non ha dubbi: «Quella tecnologia è il futuro, è già una realtà nei locali con spazi più adatti. Al Sud queste macchine vanno a ruba», osserva. Nel frattempo, al Signore&Signori, il personale è tornato a servire senza aiuti meccanici: quattordici dipendenti in carne e ossa, una squadra che, tra pioggia, sole e gruppi di turisti, continua a fare il suo lavoro con l’elasticità e l’intuito che, almeno per ora, le macchine non possono replicare. Ma a quanto pare, la memoria di Bob continua a vivere nei ricordi dei clienti: «Vengono ancora a chiederci del robot – racconta il titolare –, anche la settimana scorsa qualcuno l’ha nominato». La storia del piccolo cameriere finito a riposo dopo appena quattro giorni fa sorridere, ma solleva anche uno spunto profondo: la tecnologia, per quanto brillante, non sempre può sostituire l’esperienza umana. Soprattutto in luoghi dove a contare non è solo la velocità, ma anche la capacità di adattarsi al momento, agli imprevisti e a quell’atmosfera viva che rende un bar come Signore&Signori un piccolo pezzo di comunità. Bob, intanto, aspetta tempi (e pavimenti) migliori.

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