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14.2.25

i pacifinti Noa e Mira Awad deturpano per san remo 2025 Immagine di J. Lennon

Non fare di me un idolo mi brucerò, se divento un megafono mi incepperò”.(  lindo  ferretti )  




 discutendo mentre  pulivamo le  rose      con mio  padre  su    San remo  mi  ha  consigliato  ( cosa   che  sono  andato a fare   )     di leggermi   questi post   

Una, Noa, è effettivamente israeliana doc, infatti i figli sono dediti a servire l'esercito di occupazione. Quello che per mettere fine al conflitto fa briciole di qualunque cosa odori di Palestina. Bambini inclusi. Insomma, una ambasciatrice di pace quantomeno bizzarra. Cantante che, nemmeno troppo tempo fa, ebbe modo di definire, quello del suo paese, come “esercito dell'amore”. Me cojoni, pensa un po’ se fosse stato dell'odio. L'altra, poi, è Palestinese non meno di quanto Trump adori i poveri. Talmente palestinese che già nel 2009 rappresentava Israele all’Eurovision e, si sa, Tel Aviv notoriamente sceglie le proprie icone da spedire in giro per il pianeta attingendo dal popolo a cui nel frattempo nega la vita. Mira Awad, il suo nome, è nata in un villaggio druso nel nord di Israele. Ah, ecco. I drusi, invisi ai musulmani e viceversa, sono fedeli servitori dello stato israeliano e, ovviamente, anche delle forze armate per le quali prestano tre anni come riservisti e, sebbene non fosse necessario

 news  confermata      dall'editoriale  di  Lutazzi   su il  fatto  quotidiano d'oggi   


CON “IMAGINE” A SANREMO HANNO VOLUTO CANCELLARE L’URLO DI GHALI DEL 2024

E ora, per la serie “Imagine there’s no hasbara”,

Cla aro Daniele, Noa e Mira Awad hanno cantato Imagine sul palco di Sanremo. La sola idea era raccapricciante: a Gaza c’è una pulizia etnica in corso, ovvero carnefici e vittime, non una guerra. Poi, a parte che Noa cantò per i soldati Idf in partenza per Gaza, e che Mira con lei rappresentò Israele all’eurovision 2009, hanno cambiato pure il testo. “Immagina che non ci siano minacce alla mia sicurezza”, “vivere in sicurezza”: sono frasi di Netanyahu. Questa è hasbara, propaganda sionista. L’onta di Ghali (“Stop al genocidio”) doveva essere cancellata e l’ hanno fatto. Alla faccia del Sanremo non politicizzato! (Pino S.). Il commento migliore sull’episodio vergognoso è quello di Nabil Bey, docente di Storia della musica araba, cantautore, fondatore dei Radiodervish: “Quando l’arte smette di essere voce di verità e si trasforma in un ingranaggio ben oliato della propaganda, diventa il più abietto degli strumenti di manipolazione. Diventa un palcoscenico di ipocrisia, un’operazione di maquillage per coprire le macerie e il sangue con un velo di retorica pacificatrice. Sanremo, con la sua platea di milioni di spettatori, non è solo un festival musicale: è una vetrina, un riflettore acceso su ciò che il sistema vuole rendere accettabile, su ciò che vuole far digerire all’opinione pubblica. Quando sullo stesso palco salgono due artiste provenienti da parti in conflitto, senza che il contesto venga chiarito, senza che venga nominato l’elefante nella stanza – ovvero che si tratta di un genocidio, di un’aggressione coloniale, di un crimine che si consuma ogni giorno sotto gli occhi del mondo –, allora quell’esibizione non è più arte, ma un atto osceno di rimozione collettiva. È un’operazione di marketing emozionale che serve solo a narcotizzare le coscienze, a suggerire che ‘siamo tutti uguali’, che il dolore è simmetrico, che la violenza è una questione astratta e non il risultato di un sistema di dominio, oppressione e apartheid. Quando l’arte diventa un’arma di distrazione di massa, il suo scopo non è più quello di elevare la coscienza, ma di svuotare il senso delle parole, di neutralizzare il conflitto tra oppressore e oppresso, di confondere la vittima con il carnefice. Non è un inno alla pace, ma un atto di complicità con il potere. È la stessa logica che negli anni ha prodotto iniziative pseudo-culturali, alle quali avevo sinceramente creduto, per addolcire l’immagine di regimi oppressivi, per spacciare una parità che non esiste, per farci credere che la soluzione sia nel ‘dialogo’ a condizione del più forte, mentre le bombe continuavano a cadere su Gaza, mentre l’occupazione proseguiva indisturbata, mentre l’apartheid si intensificava a livelli di inaudita brutalità. No, non è arte. È propaganda. È una messinscena macabra dove le vittime hanno già perso due volte: una sotto le bombe e l’altra sotto il silenzio complice di chi preferisce la favola della riconciliazione alla verità del colonialismo”.

Ieri ho ucciso mio marito percuotendolo a più riprese con la sculturina di Giacometti che teniamo in salotto. (Un bronzo che aveva un grande valore. E tornerà ad averlo, dopo che l’avrò raddrizzato). Nessuno mi ha scoperto e mi sento benissimo. Ha finito di soffocarmi. Ha finito di mettermi sotto i piedi. D’ora in poi, lo giuro, non sposerò più nessuno che abbia un corpo. Trascorrerò il resto dei miei giorni in California, ad abbronzarmi e a fare l’amore con le squadre di beach volley. Mi sentirò in colpa? (Anita P.). Se succedesse, pensa ai crimini di Netanyahu: in confronto, il tuo sparisce. E perché la California, quando presto ci sarà la riviera di Gaza a tua disposizione?


  e     poi   da  altre ricerche in sui social   sull''ipocrita    duetto   di  Noa  e   di Mira Awad . E come san Tommaso sono andato a verificare ed a cercare conferme . Ed ecco coasa ho trovato


Copio da Emme Pi, tramite Marisa Ziparo e ringrazio entrambi
RAI, toccare il fondo e proseguire scavando
La televisione di regime ha toccato ieri sera vette inesplorate di asservimento padronale. Non che sia una novità, ma nell'occasione ha probabilmente dato il meglio di sé. A Sanremo, e già ci sarebbe da ridire così, è il momento degli ospiti. Internazionali, dicono, che internazionali non sono. Il conduttore, quello che nella conferenza stampa della vigilia si è detto antifascista (che fa un sacco figo tra la gente che piace) e nell'accezione woke-macchiettistica imperante probabilmente lo è davvero, senza fare un plissé introduce sul palco quelle che il mainstream corrotto si è affrettato a definire “un’israeliana e una palestinese”. E mentre ai gonzi della pace guerreggiata scende una lacrima all'idea che le due sedicenti pacifiste canteranno “Imagine” di Lennon, la loro vita gli sbatte in faccia senza ambiguità la messa in scena di un potere impegnato con ogni mezzo nella normalizzazione del genocidio in atto. Una, Noa, è effettivamente israeliana doc, infatti i figli sono dediti a servire l'esercito di occupazione. Quello che per mettere fine al conflitto fa briciole di qualunque cosa odori di Palestina. Bambini inclusi. Insomma, una ambasciatrice di pace quantomeno bizzarra. Cantante che, nemmeno troppo tempo fa, ebbe modo di definire, quello del suo paese, come “esercito dell'amore”. Me cojoni, pensa un po’ se fosse stato dell'odio. L'altra, poi, è Palestinese non meno di quanto Trump adori i poveri. Talmente palestinese che già nel 2009 rappresentava Israele all’Eurovision e, si sa, Tel Aviv notoriamente sceglie le proprie icone da spedire in giro per il pianeta attingendo dal popolo a cui nel frattempo nega la vita. Mira Awad, il suo nome, è nata in un villaggio druso nel nord di Israele. Ah, ecco. I drusi, invisi ai musulmani e viceversa, sono fedeli servitori dello stato israeliano e, ovviamente, anche delle forze armate per le quali prestano tre anni come riservisti e, sebbene non fosse necessario, se n'è avuta conferma anche all'indomani del famigerato 7 ottobre con l’impennata del numero dei soldati drusi impegnati nel massacro di Gaza. Che dire, una comunità, quella della cantante, che ha a cuore senza riserve le sorti della Palestina. Il bello, si fa per dire, è che gli israeliani li detestano epidermicamente e li sfruttano. Come manovalanza bellica, appunto, e come specchietto per le allodole, millantando una inesistente inclusività. E non si capisce se sia peggio chi lo fa o chi si presta al teatrino da istituto Luce. Ma tant'è che per la maggioranza bulgara dei nostri connazionali la buffonata di ieri sera è il trionfo del bene. Così, mentre il servizio pubblico si vanta di promuovere la pace con il supporto pure del Papa, dà il fianco spudoratamente all’occupazione nel momento di massimo ascolto, tutto per compiacere i padroni di Washington e i loro sgherri.
Mira Awad, peraltro, è la stessa che già in tempi non sospetti attaccò duramente Roger Waters per il suo impegno pubblico nella causa palestinese, accusandolo di inasprire i toni a scapito del dialogo. Dialogo con i cacciabombardieri, forse. In soldoni, come vendere l'anima sulla pelle di un popolo martoriato che si finge di rappresentare. Insomma, l'Italia vassalla non perde mai l'occasione di genuflettersi al cospetto dei reali governanti sovranazionali e lo fa, ogni volta, con inesausta e rinnovata fantasia. Chi cazzo se ne frega se per ottemperare a un diktat si cavalca l'onda di un genocidio perletrato in diretta streaming con la coscienza buttata nel cesso. Tanto i buoni siamo sempre noi.

Un occasione per poter lanciare un vero messaggio di pace e coesistenza andato a vuoto

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