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12.1.08

Senza titolo 50

A volte quando si parla di prevenzione della criminalità ometto di citare dei veri eroi del quoitdiano i miei genitori. Mia madre una collaboratrice scolastica con solo la terza media e mio padre un muratore con la quinta elementare fin da piccoli a me e a mio fratello hanno inculcato l'amore per la cultura e per il vivr onesto contando solo sulle proprie foprze. Mi ricordo che una volta un fratello di mia madre, segretario dell'allora Dc, propose a mio padre di entrare a lavorare come operator ecologico. Lo stipendio all'epoca non era male, si parla di due milioni delle vecchie lire. Lui, d'accordo con mia madre preferì contuinuare a fare il muratore una volta assicurato e una volta a nero.All'epoca già si vociferava di criminalità organizzata che gestiva il ciclo di rifiuti. E non posso omttere di dir la loro gioia quando vedevano i progressi scolastici miei e di mio fratello e con quanto forza d'animo hanno convito quest'ultimo a prendersi il diploma di perito industriale. La moglie del giudice Falcone, tra la'ltro, prima di morire con il marito a Capaci stava lavorando su un progetto di inculturizazione dei minori a rischio per toglierli dalle grinfie della criminalità organizzata. Romilda Marzari


11.1.08

Senza titolo 39

Alla memoria di Jole Tassitani è dedicato SALA D’ATTESA, il dramma musicale scritto da


Patrizio Ranieri Ciu che andrà in scena al Teatro della Pace di Caserta l’11 ed il 12 gennaio.


Quattordici tra i più grandi artisti ed attrici teatrali, provenienti da ogni parte d’Italia,


portano sul Palcoscenico di Caserta il dramma della violenza sulle donne, incredibilmente sempre più in crescita, dai violenti effetti della trascuratezza dello stalking e della violenza domestica al barbaro e selvaggio omicidio di Jole Tassitani.


Volutamente provocatoria la rappresentazione nella città immersa dai rifiuti. Un duro monito alla società ed al mondo della cultura per un risveglio dell’autocoscienza in contrapposizione all’inutile tendenza a reclamare la legalità.




Si ringraziano gli artisti:


Guy De Bock, Letizia E.M. Piva, Alessandra Fallucchi, Marta Proietti Orzella, Tonia Garante, , Ilaria Ilari, Paola Papadia, Antonella migliore, Roberta Astuti, Marta Loffreda, Tina Gesumaria, Consiglia e Giovanni Aprovidolo, l’intera giovane Compagnia della Fabbrica Wojtyla e le voci liriche di Abele Leonardo e Mimmo delli Paoli.




La Trama: Donne in difficoltà di percorso in una piccola Stazione ferroviaria. Una valanga di neve che ostruisce la galleria impedisce il transito dei treni in arrivo ed in partenza. La sosta forzata nella Sala d’Attesa è per le viaggiatrici l’occasione per una valutazione del proprio viaggio esistenziale.


La narrazione di storie drammatiche ed evocazioni di violenze diventa così un confronto che, attraverso la musica e la danza, sfocia in reciproca comprensione. La pausa di riflessione nella Sala d’Attesa determinerà quel recupero d’identità che genera una nuova forza per affrontare la realtà: altri possibili orizzonti appaiono ora nel viaggio delle donne che lasciano dietro di sé dure esperienze come indicazione positiva per le future generazioni.




Il messaggio: Non basta dire basta alla violenza!


Il tramonto della nostra cultura è l’inequivocabile effetto di una società stanca che vive ormai solo il presente diffidando del passato e timorosa del futuro.


Una società che, priva di forza reattiva, subisce passivamente ogni sorta di sopruso come un irrimediabile evento naturale.


In particolare, la violenza sulle donne, retaggio di una atavica sopraffazione e di un umiliante privilegio del maschio, è tra i fenomeni incredibilmente in crescita.


Da più parti si reclama ordine, severità e legalità, ma il diritto, pur se determinante nell’ordinamento sociale, resta un prodotto “tribale”, necessità cioè solo di regole per la convivenza di interessi contrapposti.


La richiesta di legalità è però indice di abbassamento della qualità vitale dell’intera umanità, mentre solo attraverso la cultura, percorso nobile ed evolutivo dell’animo umano, l’uomo prende le distanze dalla sua origine animale, unica e sola causa generatrice di violenza.


Rivoluzione personale è la proposta, rivoluzione nei confronti di noi stessi.


Rivoluzione con la forza di porci dinanzi alle nostre esistenze, ai nostri difetti, alle nostre illusioni, ai nostri rifiuti e dunque alle nostre responsabilità.


Perchè ogni diritto che calpestiamo è un diritto che neghiamo all’intera umanità.

26.11.07

Per non dimenticare: 27 anni fa il terremoto in Irpinia

Per non dimenticare: 27 anni fa il terremoto in Irpinia










uno dei  video  del reportage di agendaoline


se  volesse  saperne  di più  e vedere altre foto  e  video oltre  questo link può   consultare  la sezione approfondimenti  presente  a  fine post  . Prima di iniziare  con iol  post  d'oggi vorrei  rispondere  a tutti\e  coloro che  mi rimproverano  perchè riporto   , facendo copia ed incolla    anzi   che mettere mie impressioni  oppure   anzi che mettere  come fà  Pino Scaccia  gli url dell'articlo  citato  .
!) perchè certi eventi  i ricordi  sono labili , infatti   quando è avvenuto   taloe evento  avevo appena  4  anni   e ho soo  ricordi indiretti  ( appreso da  documentari   speciali ,  ecc  cartacei e telkevisivi  per  il deccenale  o ilventennale di tale  evento )  o ricordi  dei miei genitori   e  parenti  . 2) perchè  molto spesso  , gli url dei giornali online vengono sostituiti da altri  , o dopo un  detterminato periodo vengono archiviati  diventando non più gratuiti e quindi  fruibili da tutti  ma  a pagamento  e poi non tutti i  siti per  la loro politica di copy right  permettono  di usare  l'opzione  presene in google  e in altri motori di ricerca  della copia cache . Ma  ora  basta  con  le ciancie  inutili  e veniamo ai post  vero e proprio 



23 novembre 1980


Quel tragico ventitré novembre
correndo e scherzando per le strade,
una bella giornata di festa
avvolta dentro un tiepido sole.


Pensavo fra un mese è Natale
e quanti ricordi di amici e miei cari lontani,
vola il mio pensiero tra loro
rincorrendosi con la luce, il mio cuore palpita e mi dice,
questo giorno non finisce mai.


Vai speranza corri anche tu tra loro
non chiudere mai il tramonto,
e non fermarti a guardare,
fai che la notte non insegua più il giorno
e fermi il vento che mi porta il pianto,
e le grida di aiuto di quella povera gente.

Michele Bortone


Lugano, bortmik@freesurf.ch



Sono ormai trascorsi 27 lunghi anni dal terribile sisma che il 23 novembre 1980 rase al suolo alcuni centri dell’Alta Irpinia e della Basilicata, cancellando intere famiglie
decimando e stremando le popolazioni locali. Si trattò di un immane cataclisma, le cui rovinose conseguenze non furono causate solo da elementi naturali, bensì pure da fattori di tipo storico-politico e antropico-culturale. Ricordo che nei mesi immediatamente successivi alla catastrofe, non furono pochi gli osservatori e gli analisti politici che si spinsero a formulare l’agghiacciante ipotesi di una vera e propria “strage di Stato”. La furia tellurica investì in modo traumatico e devastante le comunità di Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni e Conza della Campania, i centri più gravemente danneggiati dal sisma. Ebbene, da quel funesto giorno sembra separarci un’eternità !

In tutti questi anni, le tematiche collegate al terremoto del 1980 e alla ricostruzione post-sismica sono state oggetto di validi e complessi studi, inchieste e approfondimenti, condotti e pubblicati anche su blog e siti Internet (naturalmente sono state scritte anche scempiaggini). Per cui sembrerebbe che non ci sia molto da aggiungere. Invece, credo che valga la pena di spendere qualche frase in occasione delle consuete e rituali commemorazioni, celebrate nel 27° anniversario del triste evento. Per gli abitanti dell’Alta Irpinia, in modo particolare per i cittadini di Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi e Conza della Campania (i tre Comuni più disastrati dell’area del cratere) il terremoto del 23 novembre 1980 ha costituito indubbiamente un avvenimento luttuoso, per cui quel giorno non rappresenta una data qualsiasi del calendario, ma segna un vero spartiacque storico-cronologico e antropologico-culturale. Equivalente all’11 settembre 2001 per gli Americani, oppure all’anno zero, ossia all’avvento di Gesù, per i cristiani.
L’espressione “data-spartiacque” indica anzitutto che, a partire da quel momento storico, la nostra vita quotidiana è radicalmente mutata sotto ogni profilo. La realtà delle nostre zone si è trasformata visceralmente sul versante economico e sociale, persino a livello psicologico ed esistenziale, facendoci letteralmente regredire sul piano antropologico e culturale. Il terremoto ha straziato le nostre vite, turbato le nostre emozioni e percezioni, segnando profondamente le nostre menti, i nostri stati d’animo, la sfera interiore degli affetti e dei sentimenti più intimi, perfino i nostri istinti più elementari. Il cambiamento, inteso come imbarbarimento, si è insinuato dentro di noi, negli atteggiamenti e nelle relazioni più comuni, penetrando fino in fondo alle viscere della terra. Una terra sempre più infetta e corrotta dall’inquinamento chimico-industriale, avvelenata dai rifiuti e dalle scorie d’ogni genere. Così pure l’aria e l’acqua, che un tempo erano assolutamente pure e incontaminate.Ciò che invece sembra mantenersi perennemente intatto, immutato e quasi indisturbato, è l’assetto del potere politico-clientelare che continua a ricattare i soggetti più deboli e indifesi, a condizionare la libertà di scelta delle coscienze individuali, influenzando gli orientamenti elettorali dei singoli, vale a dire di vasti strati della popolazione. Pertanto, al fine di non dimenticare l’immane tragedia collettiva che 27 anni or sono fece precipitare nel lutto più doloroso ed insanabile le comunità dell’Alta Irpinia e della Basilicata, vi propongo una suggestiva testimonianza del noto scrittore irpino Franco Arminio. Buona lettura.“Dalle mie parti siamo tutti esperti di terremoto, almeno quelli che quando venne la scossa erano adulti: ventitré novembre 1980, le sette e mezza della sera, la terra fa tremare tutto l’Appennino meridionale, l’epicentro è tra le province di Avellino, Salerno e Potenza, una decina di paesi completamente distrutti (Conza, Laviano, San Mango, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, solo per ricordarne alcuni) altre centinaia danneggiati più o meno gravemente, tremila persone morte, schiacciate dal peso delle case rotte, adesso penso al fatto che non tutte sono morte subito, c’è chi sarà rimasto in agonia per qualche ora, chi avrà sentito i soccorritori che stavano per raggiungerlo e non ce l’hanno fatta a prendergli le mani, il terremoto dal punto di vista dei morti è una cosa fatta di travi sulla pancia, di buio, di gambe rotte, è un trovarsi nella spina della vita all’improvviso, sei con la bocca davanti alla maniglia della tua stanza, guardi un televisore spento, stavi vedendo la partita, tua moglie era in cucina che preparava la cena, giocavano la Iuventus e l’Inter, ma non sai com’è andata a finire, sai che sta finendo la tua vita e ti fa rabbia che continua quella degli altri, ombre che staranno lì a spartirsi questo curioso bottino che è il tempo che passa, tu sei stato appena riportato tra loro, non puoi sapere che stanno polemizzando sui soccorsi che non sono arrivati, è arrivato il presidente della Repubblica e ha fatto una scenata alla classe politica, quella che ignorava che il cemento della tua casa era disarmato, quella che non si è preoccupata che la casa in cui è morta tua madre era fatiscente nonostante tu vivessi nel mondo che si dice progredito, il mondo che anche nel tuo paese aveva voltato le spalle alla civiltà contadina per sistemarsi nella modernità incivile, è in nome di questa modernità che cominciarono a ricostruire la tua casa e quella degli altri, pensarono perfino che non bastavano le case, ci volevano anche le industrie, ora molte di quelle case sono chiuse come la tua cassa da morto e lo stesso è avvenuto per quelle industrie, non sai che questo fatto a un certo punto è stato utilizzato per combattere quelli che comandavano in queste zone, non sai che le persone del nord Italia che vennero qui ad aiutare furono assai deluse dal sapere di tanti sprechi (si parla di una spesa di sessantamila miliardi di lire, ma i conteggi cambiano a seconda di chi li fa) e diedero credito a un partito che nasceva per dire basta con questa storia del sud, il problema siamo noi, i soldi che facciamo col nostro lavoro non ce li deve togliere nessuno, e infatti nessuno glieli ha tolti, come nessun scandalo a noi ci ha tolto quelli che comandavano e che comandano ancora e che adesso fanno coi fondi europei quello che fecero col terremoto, pure questa è una faccenda scandalosa, ma per ora non fa notizia, manca il detonatore della tragedia, intanto pure l’ingegnere che ha costruito la tua casa caduta non è andato in galera e neppure chi l’ha ricostruita in maniera piuttosto orrenda, il terremoto per te è finito con la fine della scossa, ma per gli altri è continuato molti anni ed è stato una corsa a fare soldi, in questa corsa non c’era tempo per pensare alla bellezza dei paesi, il problema era solo allargali, allungarli e l’opera è stata compiuta con genio e vi hanno partecipato un poco tutti, dal parlamentare che ha fatto la legge per cui si potevano aggiustare anche case che non si erano rotte, all’architetto che ha disegnato con la matita della venalità, al cittadino che si è messo in fila ad attendere quello che gli spettava e se possibile anche qualcosa di più, ora tutti si lamentano, tutti a dire che si stava meglio prima del terremoto, tutti a rimpiangere un tempo in cui si era più uniti e più buoni, a me pare di averla vista questa bontà e questa unione solo fino a quando è durata la paura, fino a quando la gente ha dormito nelle macchine, fino a quando abbiamo cercato di salvarti, poi è andata un po’ come ti ho detto.” (Franco Arminio)

 fonte www.girodivite.it




P.s 


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