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2.12.25

il caso di Paride La Mantia : «Vietato abbellire il cimitero dei bambini».,Padre e figlio uniti nel volontariato Sergio e Francesco Asunis insieme sull’ambulanza del 118

da  unione  sarda  2\12\2025 
  




Cagliari 
Cimitero di San Michele, domenica, ore 10,30. L'area dedicata alle sepolture dei bambini, nel versante nord ovest del camposanto, è deserta.
A pregare, inginocchiato in silenzio, c'è soltanto un uomo. Nella lapide di fronte a lui è impressa un'unica data: 13 settembre 2002. Maria Eleonora, infatti, è morta quasi subito, appena poche ore dopo essere venuta alla luce. «Un piccolo infarto, forse, non si è mai capito». Da allora sono trascorsi 23 anni, ma per lo sfortunato papà quel giorno il mondo si è fermato. Non ha potuto vedere la figlia crescere, laurearsi, sposarsi, dargli un nipotino magari. Il destino ha voluto così. Tuttavia, anche se non ha fatto in tempo a conoscerla, l'ha sempre amata e di certo non l'ha mai dimenticata.
Un fiore ogni domenica
Ogni domenica Paride La Mantia, imprenditore edile cinquantenne, divorziato e padre di un altro figlio di 21 anni, si reca in cimitero a salutare la sua piccola e a portarle un fiore sempre diverso. Una tomba che spicca tra tutte le altre quella di Maria Eleonora, perché suo padre ha deciso di abbellirla posizionando un prato artificiale e realizzandovi intorno una struggente cornice di pietre bianche candide. Ma non si è limitato a questo. Stufo della desolazione tutt'attorno, ad ottobre ha scritto al Comune per chiedere di poter intervenire a proprie spese, con i suoi operai, per restituire decoro all'intera area dei bambini.
La visione
«Non prendetemi per matto», racconta, «ma dopo aver attraversato un brutto periodo ho avuto una specie di visione, mi è apparsa una bimba con un mazzolino di fiori in mano e ho pensato che mia figlia mi stesse chiedendo di fare qualcosa. Sarà una coincidenza, ma da quel momento mi sono risollevato e ora sento di avere una missione da compiere». Non solo per Maria Eleonora ma per tutti i bimbi che riposano accanto a lei. «A seguito delle mie segnalazioni sullo stato di incuria in cui si trova lo spazio», recita il testo dell'accorata missiva, «avrei il piacere di proporre alcune soluzioni, tali da renderlo più decoroso e fruibile. In base alla mia attività di piccolo imprenditore edile e visionando alcuni interventi in altri cimiteri dei comuni limitrofi, ho infatti avuto modo di farmi un'idea». Tra le proposte: il livellamento del terreno, la messa a dimora di un prato, l'utilizzo di ghiaia colorata. «L'auspicio è di poter contribuire ad una sistemazione più dignitosa per i nostri angeli».
Lo stop
La risposta è arrivata il 14 novembre, ma non è stata quella sperata. «Purtroppo, con dispiacere, dobbiamo comunicarle che, per quanto alcune idee siano positive ed esteticamente belle», scrive via mail la vicesindaca Maria Cristina Mancini, «per motivi di rispetto di norme di legge non sono realizzabili. La ringrazio, ma l'area sulla quale proporrebbe gli interventi è soggetta a stringenti norme e ampiamente regolamentata. Le salme sono destinate all'inumazione per un periodo di dieci anni e, quindi, sull'area verte l'attività del Servizio legata sia all'inumazione che all'esumazione. L'amministrazione ha potuto discrezionalmente evitare l'esumazione delle salme dopo i dieci anni nel Quadrato 3, dedicato ai bambini, ma non possiamo non considerare la possibilità, per necessità di spazi e gestione, che si debba farlo in futuro». Niente da fare insomma. Dal Comune grande sensibilità e vicinanza, ma la burocrazia, si sa, non ha cuore.

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Uno dei desideri più grandi per un genitore è quello di condividere un’esperienza importante con il proprio figlio. Per il 63enne Sergio Asunis, residente ad Assemini e volontario da vent’anni nell’“Sos volontari San Sperate”, il sogno si è avverato: la scorsa settimana è salito alla guida dell’ambulanza con al suo fianco il figlio neo diciottenne Francesco.
Un turno serale, fino a mezzanotte, durante il quale padre e figlio hanno salvato, insieme ad altri volontari, due vite, quella di una donna di 96 anni («Continuava a ripetere di stare bene per tutto il tempo», hanno raccontato i due sorridendo), l’altra di un giovane coetaneo di Francesco: «Il soccorso è una passione, uno stile di vita e un atto di altruismo che mi dà la forza di continuare e di trasmetterlo a mio figlio», ha detto Sergio.
Il “battesimo”
Sergio Asunis, operaio edile, da una ventina d’anni vive ad Assemini insieme alla moglie Angela e al loro figlio unico. Proprio ad Assemini ha conosciuto una volontaria (vicina di casa) che gli ha dato l’input per iniziare un percorso che sognava da quando, giovanissimo, era rimasto miracolosamente illeso in un incidente in sella al suo “vespino”.
Sergio ricorda benissimo la sua prima notte in ambulanza: «Era l’8 di marzo: codice rosso, incidente stradale, neanche un graffio. Rientrati in sede nuova chiamata: altro rosso, incendio, un morto». Visibilmente emozionato nel ricordare quel giorno, Sergio non nasconde che ad averlo scosso maggiormente è stato un’incidente sulla Statale 131 in cui erano rimaste coinvolte una ventina di suore: «Bisogna cercare di mantenere la calma, non sempre è facile». Tra le esperienze più divertenti ricorda un uomo che era andato a sbattere su un guardrail: «Indossava pantofole e vestaglia, senza mutande sotto!». Ciò che invece lo turba maggiormente? «Gli infarti, quasi mai ci si salva», ma soprattutto «i giovani coinvolti in incidenti che si potrebbero evitare».
L’eredità
Giovani che, inevitabilmente, gli ricordano il suo “bambino” diventato da poco maggiorenne: «Sono uno studente di quinta superiore - racconta, orgoglioso, Francesco - e circa un anno fa ho iniziato a collaborare col 118 in veste di centralinista. Ora sono un allievo assistente e posso finalmente salire in ambulanza». Il ragazzo dimostra maturità nonostante la giovane età: «Riesco a far coincidere senza problemi studio e volontariato». La curiosità gli è nata vedendo uscire il padre in turno: «Ascoltando i suoi racconti mi sono appassionato». Passione che, tuttavia, non dovrebbe sfociare in un lavoro: «Vorrei studiare Giurisprudenza, non Medicina». Mai dire mai, considerato il suo entusiasmo: «Quando arriva la chiamata l’adrenalina è alle stelle». Francesco è convinto che l’empatia sia fondamentale: «Io stesso sono stato trasportato una volta in ambulanza. Ero stato rassicurato e ora voglio aiutare gli altri». E conclude con un appello: «C’è bisogno di volontari, è sempre più difficile coprire i turni mensili».

26.8.25

Il corpo di Sinigaglia non sarà recuperato (ed ecco perché è la montagna a chiedercelo

i parenti dovranno rassegnarsi a piangerlo davanti a un loculo cimiteriale o un vaso funebre se decidono di cremarlo e conservare le ceneri . Posso piangerlo , non c'è niente di male , ovviamente è u mio parere .


Msn.it  



Primo esempio: non sarà recuperato il corpo di Luca Sinigaglia, alpinista milanese morto sul Pobeda Peak (7.439 metri tra Kirghizistan e Cina) mentre tentava di raggiungere un'amica bloccata e che, con ogni probabilità, è già morta anche lei. I soccorritori erano pronti, ma l'autorizzazione del governo kirghiso è stata revocata senza spiegazioni com'è d'uso da quelle parti. La salma resterà lassù, e il gelo la conserverà intatta per decenni come pure accade a centinaia di alpinisti rimasti in quota. È relativamente normale, e va spiegato: in alta montagna non tutti i morti possono essere recuperati per via dei costi ma anche di logistica, di geopolitica e di sopravvivenza dei soccorritori: un corpo ghiacciato può pesare oltre cento chili e richiede una cordata di almeno otto uomini per essere trascinato, e, dai settemila in su, ogni sforzo in più significa rischiare seriamente la pelle. Secondo esempio, più vicino. Un alpinista pure lui lombardo è stato ucciso l'altro ieri dal crollo di un seracco (un blocco di ghiaccio formato da un ghiacciaio) e questo sul Mont Blanc du Tacul, vetta di 4.240 metri nel versante francese del Monte Bianco. Un suo compagno, ferito, è stato salvato da un elicottero: in questo caso i soccorsi sono stati possibili perché la quota è meno proibitiva e il meteo era compatibile, ma, già a 4mila metri, e coi seracchi che crollano e le nevi instabili, non sempre un recupero è scontato.
Daniele Nardi e Tom Ballard rappresentano il terzo esempio. Uno italiano e uno inglese, le loro salme sono a tutt'ora sul Nanga Parbat (8.126) dal febbraio 2019: droni, elicotteri e altri alpinisti permisero di localizzarne i corpi, i quali, tuttavia, erano e restano in un punto ritenuto troppo pericoloso per ogni tentativo: lo stesso Reinhold Messner aveva sconsigliato Nardi di provare per quella via. Le famiglie dei due alpinisti si opposero poi a ogni possibile tentativo di recupero e dissero che preferivano che diventassero parte integrante del Nanga Parbat.
A quelle altitudini vale una legge non scritta che sfiora la crudeltà: spesso non si può soccorre un compagno, o chicchessia, anche se sono ancora vivi, perché portarli o trascinarli può significare condannare anche se stessi insieme a loro. È accaduto sovente soprattutto sull'Everest, dove alpinisti agonizzanti sono stati superati da altri che salivano o scendevano senza che nessuno potesse o volesse intervenire: raramente per mancanza di pietà, più spesso perché salvarne uno avrebbe significato perderne due.
Nessun luogo concentra questa realtà come l'Everest. Nella cosiddetta Valle dell'Arcobaleno, sotto la cresta nord, visibili o invisibili, ci sono almeno duecento corpi, e alcuni sono divenuti dei veri e propri segnavia. Tra questi il celebre «Green Boots», probabilmente l'indiano Tsewang Paljor, morto nel 1996 e rimasto per vent'anni rannicchiato sotto un anfratto della via normale, fotografato da migliaia di alpinisti; oppure «Sleeping Beauty», la statunitense Francys Arsentiev, morta di sfinimento nel 1998 e icona macabra della salita. Dopo un paio di decenni li hanno spostati solo perché disturbavano le spedizioni commerciali. I corpi in alta quota, come detto, non decompongono e restano immobili, conservati dal gelo, spesso visibili, a volte spostati da valanghe. Per recuperarli servono mediamente 30-40 mila euro: non è strano che molti restino lì.
La montagna, insomma, a certe quote divora ogni tentativo e impone sacrifici insensati: chi va sa che può restare, chi resta può divenire parte del paesaggio o un segnavia, un ammonimento, un ricordo. Alcuni corpi riaffiorano dopo decenni, altri restano lassù. Anche da noi, in Italia: nelle Alpi, i ghiacciai che si ritirano stanno restituendo pezzi di un passato che pareva cancellato. Sul Cervino, nel 2005, fu ritrovato il corpo di Henri Le Masne, alpinista francese scomparso nel 1954 e riconosciuto solo nel 2018 grazie al Dna. Nel 2015 riemersero i resti di due giapponesi caduti nel 1970. Ossa, attrezzature e scarponi emergono con la stessa naturalezza con cui i ghiacciai si ritirano. Sembra tutto così normale.

15.2.22

Ha un malore sulla tomba del marito a cui fa visita ogni giorno da quarant'anni: la signora Erminia muore a San Valentino

 Lo  so che  san  valentino   è passato  ma   la leggo ora   . e poi  l'amore  è anche  questo    non  è solo  sbaciucchiamenti ,  coccole   e  .....   ci  siamo  capiti  😀🙄😏😛.


Ha un malore sulla tomba del marito a cui fa visita ogni giorno da quarant'anni: la signora Erminia muore a San Valentino L'85enne viveva a Treviglio, nella Bergamasca. Era rimasta vedova con sette figli tanti anni fa, ma non mancava mai di portare un fiore a suo marito. Il malore ieri, inutili i soccorsi

Ogni giorno, da quarant’anni, andava al cimitero, sulla tomba di suo marito, per portargli fiori, fare una preghiera, mantenere quel filo che li aveva legati per tanto tempo. E ieri sulla tomba del marito Giacomo,

nel giorno di San Valentino - ed è una coincidenza che sembra essere parte di questa storia - la signora Erminia Dossi, 85 anni, ha avuto un malore ed è morta.
La storia, raccontata dall’Eco di Bergamo, avviene a Treviglio. La signora Erminia era rimasta vedova giovane, con sette figli, ma non aveva mai dimenticato suo marito, tanto da trasferirsi in un condominio nei pressi del cimitero di via Abate Crippa, così da poter andare ogni giorno a salutarlo. Così ha fatto anche ieri: subito dopo pranzo ha percorso il centinaio di metri che separano casa sua dal camposanto per la visita quotidiana. A trovarla riversa per terra, davanti alla lapide del marito, una donna che stava andando a portare fiori a una parente. Prima un operatore cimiteriale, poi i soccorritori del 118 hanno provato a rianimarla, senza però riuscirci.

5.10.18

SOTTO IL CIELO DI PALAU Un fiore per la moglie all'alba in cimitero, ogni giorno: l'amore infinito di nonno Paolino

Sembrerà una storia banale , strampalata , ma chi siamo noi per stabilire se tale storia ( una simile aquesta che racconto oggi sucesse a tempio pausania il mio paese ) . Ciascuno di noi fin quando non danneggia ed insulta l'altro ( vedere episodio successomi di recente con i genitori di ****** )  non  fa niente  di  male .  Infatti  
  
Roberta Bellaccini
23 settembre alle ore 17:12essi, sia dalle istituzioni che dai familiari. Non è una critica a nessuno. E' solo una constatazione. Eppure il culto dei morti, in modi differenti, fa parte di tutte le culture del mondo. E anche della nostra. A me piacciono molto gli usi un po' pagani, di origine precolombiana, dei latinoamericani che nel "Dia de muertos" si recano nei cimiteri, mangiano e bevono sulle tombe dei loro familiari. Noi ci siamo sempre più americanizzati e abbiamo così ereditato Halloween... Eppure anche da noi una volta esistevano simili feste. Il culto dei morti, che si sia credenti oppure no, forse fa più bene a noi viventi che ai morti. In quel momento li ricordiamo, parliamo con loro, possiamo anche litigare e scherzare con loro oppure portar loro un dono.


Ma ora basta non divaghiamo e veniamo alla storia in questione presa sia a https://www.youtg.net/ più precisamente da qui  ed   dall'account   facebook   di  Luciano Verre 
PALAU ( sassari  )
  Un amore che va oltre il tempo e oltre la morte. Lui, nonno Paolino (così lo chiamano tutti a Palau), che ogni giorno dalla scomparsa di sua moglie Stefania, va al cimitero, le porta un fiore e parla con lei. Le racconta tutto, gioie e dolori, a volte con le lacrime agli occhi, altre volte con il sorriso. È la storia raccontata da Luciano Verre su Facebook: il protagonista è un "simpatico supersettantenne brizzolato", ormai conosciuto nel paese. Sua moglie è scomparsa nel 2015 per un brutto male, "da allora non manca a un solo appuntamento con lei, anche per tre o quattro ore". Così la sua storia commuove il web: "Questo accade tutti i giorni, sia che splenda il sole o spiri il vento di maestrale dell'Arcipelago, Nonno Paulino è sempre lì, seduto davanti al loculo e fissa la moglie
nonno-paolino. I palaesi (e anche i turisti che si recano al cimitero per salutare un parente scomparso) lo osservano, lo ammirano, lo salutano: "Un grande amore che bello", commentano. E Nonno Paolino spiega: "Ho acquistato la piccola tomba, o loculo, accanto alla sua, vede? E' vuota e lì ci sarò io quando toccherà a me raggiungerla, così saremo vicini anche dopo la morte e ho anche in mente di far abbattere la piccola parete interna che divide i due loculi così staremo ancora più vicini e potremo darci la mano e stringerci forte come quando eravamo insieme in questa vita, ma sarà bella anche la nostra vita dopo la morte, non ci lasceremo mai". 
Econdo Luciano Verre 
L'AMORE CHE NON FINISCE MAI  E CONTINUA OLTRE LA MORTE. NONNO PAOLINO, TUTTE LE MATTINE  CHE IL BUON DIO HA MESSO SULLA  TERRA SI INCAMMINA VERSO IL   PICCOLO CIMITERO DI PALAU NEL  NORD SARDEGNA E UNA VOLTA  ARRIVATO SIEDE DAVANTI ALLA  TOMBA DELLA MOGLIE STEFANIA E  PREGA, PARLA CON LEI, LE REGALA
UN FIORE ED E' FELICE QUANDO  SPUNTA UNA LACRIMA. PERCHE', COME  DICEVA PAPA WOJTYLA, "LE LACRIME   SONO I FIORI DELL'ANIMA". E' DAVVERO  MERAVIGLIOSA LA STORIA D'AMORE   LUNGA QUASI 60 ANNI TRA NONNO   PAULINO E LA SUA SPOSA STEFANIA. ECCOLA, LEGGIAMOLA INSIEME.
E' da poco spuntata l'alba e i cancelli sono stati appena aperti al pubblico quando Nonno Paolino Altana (un simpatico supersettantenne dai capelli brizzolati) entra nel piccolo cimitero di Palau nel Nord Sardegna, di fronte al mare dell'Arcipelago di La Maddalena.Si fa il segno della croce, cammina pochi metri ed eccolo davanti alla piccola tomba della moglie Stefania Asole scomparsa nel 2015, un grande amore durato esattamente 56 anni, ma aggiungendo gli anni del fidanzamento supera i 60 anni. Una vita insieme nella gioia e nel dolore, tre figli e due adorati nipoti che lasciano tenere dediche per la nonna sul marmo del loculo.Dalla scomparsa della sua amata Stefania, Nonno Paolino non è mancato mai (e sono passati quasi 4 anni) a un solo appuntamento con la moglie. Due, tre, anche quattro ore con lei, a parlarsi, a confidarsi, anche a sorridere perché l'amore continua oltre la morte.Questo accade tutti i giorni, sia che splenda il sole o spiri il vento di maestrale dell'Arcipelago, Nonno Paulino è sempre lì, seduto davanti al loculo e fissa la moglie.I palaesi (e anche i turisti che si recano al cimitero per salutare un parente scomparso) lo osservano, lo ammirano, lo salutano: "Un grande amore che bello", commentano.Lui risponde a tutti, poi torna a dialogare con la sua Stefania. Le confida tutto, non le nasconde nulla, proprio come quando lei c'era. E a noi confida: "Qualche volta lei mi "sgrida", sei in ritardo oggi mi dice, dove sei stato? Allora le spiego che sono stato a prendere i fiori per lei e lei mi risponde che lo sa bene, che lei vede tutto dal cielo, ma lo fa per scherzare come facevamo spesso a casa quando era in vita".Poi Nonno Paolino si rabbuia, abbassa lo sguardo e aggiunge: "Un brutto male me l'ha portata via, terribile, terribile e... da quel giorno io vivo per lei, nel suo ricordo, osservandola seduto su questa panca. Lei per me ha fatto cose grandiose, belle, mille e mille volte mi ha dimostrato il suo grande amore".Ce ne racconti una, una soltanto, gli chiediamo. E gli occhi di Nonno Paolino si riempiono di lacrime (i fiori dell'anima di Papa Wojtyla), ma è felice di raccontare perché sente che la sua Stefania è lì a pochi passi da noi e lo sta ascoltando, approva, e continua: "Quando guidavo i camion ho avuto un brutto incidente, bruttissimo, ho avuto una gamba spezzata, in fin di vita mi hanno trasportato in un ospedale di Sassari dove sono rimasto molti mesi. Ma la mia Stefania, tutti i giorni, tutte le mattine all'alba partiva da Palau in treno o in pullman e veniva da me, rimaneva con me tutto il giorno, mi confortava, mi rassicurava, mai è mancata una volta e... e questo è amore mi creda e non mi faceva mancare l'affetto dei figli, i saluti dei familiari e dei palaesi"."Sono guarito" continua commosso Nonno Paolino "grazie al suo amore e dunque che cosa vuole che sia, a confronto, quello che io ora faccio per lei venendo a salutarla al cimitero? Ma ho in mente qualcosa di ancora più grande per ringraziarla per tutto l'amore che mi ha dato".Vuole confidarcelo? "Sì, ho acquistato la piccola tomba, o loculo, accanto alla sua, vede? E' vuota e lì ci sarò io quando toccherà a me raggiungerla, così saremo vicini anche dopo la morte e ho anche in mente di far abbattere la piccola parete interna che divide i due loculi così staremo ancora più vicini e potremo darci la mano e stringerci forte come quando eravamo insieme in questa vita, ma sarà bella anche la nostra vita dopo la morte, non ci lasceremo mai".Se questo non è amore... grande Nonno Paolino, ora sopra il cielo di Palau piange anche la sua Stefania. W Nonno Paolino e W l'amore quando è così bello e sincero.
NELLE FOTO - Ecco Nonno Paolino appena arrivato nel piccolo cimitero di Palau, in Sardegna, di fronte all'Arcipelago di La Maddalena: siede sulla panchina e osserva la piccola tomba della moglie Stefania scomparsa per un brutto male nel 2015. Non manca mai di portare un fiore fresco, una rosa o un crisantemo, una margherita, una pianta che piaceva alla sua Stefania, un piccolo giardino sempre verde, sempre curato, perché questo detta il suo cuore. Poi prega e dialoga con lei. Infine dopo alcune ore saluta la moglie, un bacetto sulla foto e torna a casa. E questo accade tutti i giorni da circa quattro anni. Davvero un grande amore che ha commosso tutti.
 

30.1.16

Casalecchio di Reno (BO ) No alla croce in cimitero. Offende gli islamici”. E’ bufera politica

Ecco un altro buonista d'accatto , di << questi burattini vogliono pubblicita' ormai e' quella la fissazione ! l >> ) da un commento  alla news in questione nella mia bacheca di fb . Logico che tale evento suscitasse le classiche reazioni identitarie estreme ( o identità chiuse come preferisco chiamarle io ) al limite della xenofobia e del razzismo del tipo : non ci si può aspettare altro se non la svendita delle nostre più profonde radici culturali . oppure 
(..) Come se a chi professa religioni diverse dal Cristianesimo possa dare fastidio una croce. Come se le altre nazioni si preoccupassero di togliere i loro simboli per non far sentire in imbarazzo i cristiani. L’Italia invece lo fa, dimenticandosi i valori e le tradizioni che l’hanno caratterizzata per secoli. Lo ha fatto in molte scuole (togliendo i crocifissi) e ora lo fa anche in quel luogo in cui i defunti riposano nel sonno eterno. Il tutto in nome di una laicità che si ostenta anche quando i cittadini pretendono il rispetto della loro religione. Non bastavano le statue oscurate insomma, ora si insiste anche in un cimitero privandolo del più potente simbolo di speranza espresso dalla civiltà dell’Occidente. Di certo sarà difficile chiamarlo camposanto. >>         da http://www.ilgiornaleditalia.org/news/politica/873884/Nemmeno-una-croce-su-cui-piangere.html
oltre la  consueta  disinformazione di siti di destra o centro destra che danno la colpa solo al sindaco perchè del Pd . L'unico articolo, che riporto sotto  ,  al momento abbastanza  
da http://www.news24italia.com/
obiettivo  anche   se  di un giornalismo approssimativo   (  di solito quelli  del quotidiano  sono molto precisi ) è ,  quello  di repubblica    edizione  Bologna  ma non trovo dettagli utili. del  tipo Chi ha deciso? quando? cosa ha deciso, esattamente? Hanno letto una qualche delibera (quale?) oppure stanno solo riportando quel che dice un tizio di ForzaItalia?



Niente croce all'entrata del cimitero, è polemica in provincia di Bologna  A Casalecchio il consiglio comunale a maggioranza Pd sceglie di non utilizzare il simbolo cristiano. E il centrodestra insorge



                                               Un cimitero   (foto d'archivio)





BOLOGNA - Niente croce all'ingresso del cimitero, e scoppia la polemica. Scontro a Casalecchio di Reno, città di 36 mila abitanti alle porte di Bologna, dopo la decisione del Consiglio comunale di non collocare il simbolo religioso all'entrata del cimitero cittadino. A partire all'attacco è in particolare il centrodestra, che attacca il sindaco Pd Massimo Bosso.
"Fa rabbia e tristezza la decisione del sindaco di vietare la croce - attacca in una nota Fabrizio Nofori, portavoce provinciale di Fratelli d'Italia-An -: da quando la croce è un'offesa per le altre religioni?". Ad ogni modo, prosegue, "si sa, per il Pd che copre le statue dei musei capitolini, senza che fosse nemmeno richiesto, per non offendere il presidente iraniano Rohani, non ci si può aspettare altro se non la svendita delle nostre più profonde radici culturali".
"Mi sembra eccessiva la polemica scaturita da quella che è un'espressione in piena libertà e autonomia del Consiglio
comunale. Tutti i consiglieri hanno votato secondo coscienza - la replica del sindaco Massimo Bosso - io mi sono astenuto dalla votazione, lasciando che ogni consigliere esprimesse la sua posizione e il suo voto e accettando la decisione che ne è conseguita. In Consiglio comunale ha pertanto prevalso una linea di pensiero più legata alla laicità che ritiene il Cimitero comunale un luogo pubblico, di tutti, a prescindere dalla confessione religiosa".
Quindi prendo per buono , l'articolo di repubblica , in quanto cercando sul motore di ricerrca del comune di Casalecchio non ho trovato niente , sicuramente ho cercato male io , o non le avranno emsse o le'avranno tolta . delle delibere e determinazioni del comune indicato non ho trovato nulla.delle delibere e determinazioni del comune indicato . L'uniche cose che posso dire sono 1) La Vera Laicità non è fare cosi questa è laicizzazione , se proprio voleva fare una politica d'integrazione delle diverse credenze e religioni avrebbe dovuto aprire un area del cimitero dedicata ai mussulmani . Sarebbe stata una scelta più saggia ed equilibrata 2) concordo quanto dice il commento a tale post sulla mia bacheca 

Vedo che iniziamo a focalizzare il fulcro del problema che non è certo la croce ma l'uso strumentale di essa; si è capito che a Rohani non fregava niente considerato che in Vaticano non hanno celato alcuna opera e che in quel luogo "infedele" c'è entrato; si è capito che i Presepi non sono il problema dei Fratelli Musulmani. Il problema è la scaltrezza di certi Amministratori che non se ne pongono nell'agitare il drappo rosso davanti al toro. Vi dò una dritta: i tori non temono il rosso (i recettori riconoscono solo due colori); i tori si spaventano dei movimenti che non comprendono e, vada detto: sono allevati specificamente per quello. Domanda: siete tori o toreri ? Un caro saluto ❤

3)  confermo  quanto ho detto nel post  precedente  sulla visita  del capo di stato Iraniano in  Italia  e  che  certe espressioni ed  gesti  di esagerato buonismo (  buonismo d'accatto ) o  politicamente corretto ,   a tutti  i costi , da qualunque parte politica \  culturale  provengano ,   sono una  


  e  mi  chiedo  ,anche se  poi la  risposta  , come sempre vola  nel vento  (  citazione  musicale \ letteraria  )    qualcosa del genere    a questo commento  lasciato  sula bacheca  di un mio contatto che  ha  condiviso il mio post  


Stefania Eusebi Paranoia pura!...basta!.Piuttosto mi chiedo : siamo tanto ignoranti noi che offendiamo con la nostra cultura o sono tanto suscettibili "gli altri" che vogliono integrarsi senza il rispetto reciproco delle diverse culture?!?


 con questo è tutto  alla   prossima 

25.5.12

ricordo per chi non c'è più


Non restare a piangere sulla mia tomba.
Non sono lì, non dormo.
Sono mille venti che soffiano.
Sono la scintilla diamante sulla neve.
Sono la luce del sole sul grano maturo.
Sono la pioggerellina d’autunno.
Quando ti svegli nella quiete del mattino…
Sono le stelle che brillano la notte.
Non restare a piangere sulla mia tomba.
Non sono lì, non dormo
antonio  Ronchi  di radio faber  

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...