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25.12.21

Il cibo e il Natale ci ricordano che la religione è una cosa vivae fa fa parte nel bene e nel male di ciascuno di noi

 generalmente  sui media  in questi  giorni   si  è parlato  solo  di  cibo    come  problemi  di salute  e    di  psiche   . Ma  il cibo  è anche  ; spiritualità  ,  religione  ,     convivialità  , scambio culturale  .
Infatti  rimettendo   in ordine le mie  email  ho trovato    questo interessante   articolo   di CLAUDIO FERLAN pubblicato    per     editorialedomani    del  21 dicembre 2021 • 20:48

A family prepares cookies during the first day of Eid al-Fitr holiday in Basra, Iraq, Thursday, May 13, 2021. Eid al-Fitr marks the end of the Muslims' holy fasting month of Ramadan. (AP Photo/Nabil al-Jurani)





  • Siamo prossimi al Natale, una festa che talvolta dimentichiamo essere religiosa, presi dallo shopping furibondo e dalle prospettive d’ingrasso più o meno comunitario.
  • Le scienze umane e sociali interessate alla questione religiosa dimostrano da tempo grande attenzione per il tema ricorrente dell’adattamento culturale nell’esperienza di fede.
  • Che si tratti di come mangiare o bere, di come vivere o di come pregare, la storia è piena di esempi di religioni fai da te.
Siamo prossimi al Natale, una festa che talvolta dimentichiamo essere religiosa, presi dallo shopping furibondo e dalle prospettive d’ingrasso più o meno comunitario. O forse non lo scordiamo affatto, semplicemente ci adattiamo a quella che già sulle pagine di questo giornale è stata segnalata essere una delle più diffuse forme di credenza del nostro tempo: la religione fai da te, raccontata in un bell’articolo firmato da Mark Alan Smith e dedicato agli Stati Uniti d’America. Smith ci racconta come nel bagaglio religioso spirituale individuale siano sempre più presenti «chiromanzia, chiaroveggenza, purificazione dell’aura, lettura della sfera di cristallo, analisi dei sogni, bilanciamento dei chakra, lettura dell’aura psichica, regressione della vita passata e lettura dei tarocchi». Insomma, date delle attitudini religiose, ciascuno sembra libero di amalgamarle come meglio crede. Si tratta di un segnale solo americano? Si tratta di un fenomeno proprio del terzo millennio, storicamente connotato? No e no. Facciamo però un passo indietro per definire meglio l’oggetto del ragionamento. Le scienze umane e sociali interessate alla questione religiosa dimostrano da tempo grande attenzione per il tema ricorrente dell’adattamento culturale nell’esperienza di fede, quella vissuta individualmente prima ancora di quella comunitaria. Antropologia, storia, sociologia, psicologia e teologia riflettono su quella che, con metafora culinaria, è definita religion à la carte o, con immagine differente, patchwork religion. Sono passati dieci anni, per esempio, da quando in un articolo di presentazione di un progetto sulla spiritualità contemporanea guidato dall’università di Bielefeld, la psicologa delle religioni Barbara Keller parlava di «un trend verso una religione patchwork» individuale riconoscibile nelle società europea e americana contemporanee. L’espressione «patchwork religion» valeva (e ancora vale) a descrivere quel fenomeno che induce un sempre più rilevante numero di persone a prendere in prestito elementi dalla tradizione cristiana, dalle religioni asiatiche, da movimenti esoterici e spiritualisti per creare la propria fede/spiritualità individuale.Le convinzioni personali sono sempre meno facilmente identificabili con un sistema di credenze. Tendiamo a costruire la nostra identità religiosa attingendo a insegnamenti provenienti dalle culture e dalle fedi più disparate: lo possiamo fare anche perché è sempre più agevole attingere alle fonti di questa conoscenza; non serve neppure una biblioteca, basta una buona connessione e possiamo consultare una moltitudine di testi considerati sacri.Quanto poi l’interpretazione individuale sia capace di rimanervi fedele, questo è un altro discorso. All’emergere di una spiritualità cucita su misura contribuisce anche la decisione di molti e molte credenti di staccarsi dalle strutture ecclesiastiche religiose organizzate, percepite come inutili perché bastiamo a noi stessi.
Tra le componenti dello stile religioso personale una certa rilevanza la possono acquisire, ed effettivamente lo fanno, le norme alimentari. La stragrande maggioranza delle religioni detta delle regole in relazione alle privazioni della tavola, proponendo ricette che non solo da oggi si mescolano a norme mediche, spirituali, comportamentali. Un buon esempio è la Fastenwoche (settimana del digiuno), ideata da Otto Buchinger (1878-1966) e piuttosto diffusa in Germania e in Austria: ai partecipanti è richiesto di nutrirsi di soli liquidi. L’elenco comprende succhi di frutta, tè e una Fastensuppe (zuppa del digiuno), poco golosamente costituita da acqua senza sale nella quale vengono fatte bollire varie verdure. Si aggiungono alla dieta una significativa attività fisica, una vita in stretto contatto con degli sconosciuti. Ci si affida, in definitiva, a un digiuno per il benessere privo di medicine. Non mancano i rituali di purificazione, come quelli previsti per il cosiddetto “digiuno olistico”, fatto sì del rifiuto temporaneo di qualsiasi cibo solido, ma anche dell’ingestione di importanti quantità di liquidi e dell’uso di pratiche più radicali di lavaggio dell’intestino, come il clistere. Chi ha sperimentato tali esperienze ha parlato di «purificazione rituale», alla quale non sono estranei il rifiuto della società dei consumi e l’impegno ecologico. Quest’ultimo prevede, una volta terminata la Fastenwoche, il rifiuto da ogni tipo di cibo non biologico o a chilometro zero.In Germania ha preso piede anche il cosiddetto digiuno interreligioso, spesso significativamente organizzato nei locali di antichi monasteri sconsacrati: l’aura del luogo probabilmente conta parecchio. Mi limito a richiamarne una in particolare, condotta da una guida spirituale ispiratasi a quattro diverse tradizioni: cristiana, indiana di Sai Baba, buddhista tibetana del Dalai Lama e giapponese del Reiki.
In casi simili non siamo certo di fronte a una riproposizione delle tradizioni monastiche, ma a qualcosa di nuovo, alla trasformazione di una pratica antica che anche grazie al luogo di culto o presunto tale mantiene la propria connotazione religiosa (non solo spirituale), reinterpretandola e riconoscendo a chi propone questo tipo di offerte una dimensione missionaria, intesa come opportunità d’incontro.I
Che si tratti di come mangiare o bere, di come vivere o di come pregare, la storia è piena di esempi di religioni à la carte. La spiritualità degli indigeni nord e sudamericani ne è ricchissima, per come ci è stata raccontata dai coloni e dai conquistatori del nuovo mondo.
L’impatto con la lontanissima cultura cristiana ha dato vita a innumerevoli reinterpretazioni, alcune destinate a sopravvivere (candomblé, vudù, religione del peyote), altre all’oblio (la storia delle Americhe ci narra di molti profeti finiti male come lo shawnee Tenskatawa, il paiute Wovoka, l’inca Túpac Amaru II).Ogni religione, come opportunamente sostenuto da molti studi, è composita, tanto che per gli storici spesso non è possibile definire cosa provenga da una tradizione, cosa da un’altra.Torniamo al Natale, e alla sua assodata origine pagana, legata al solstizio d’inverno e alla festività romana del “Sole invincibile”. Fu l’imperatore romano Aureliano a istituire la festa del Sol Invictus il 25 dicembre 274. E fu Costantino, pochi decenni dopo (330), a mutare la ricorrenza pagana in cristiana, scegliendo quella data per la nascita di Cristo. Fino a quel momento, non vi era uniformità nella comunità cristiane e la celebrazione del compleanno di Gesù si collocava di solito il 6 gennaio, ma la data poteva differire di luogo in luogo. La scelta di un sovrano, però, non è “fai da te” e coinvolge quantomeno tutti i suoi sudditi. Costantino riuscì persino a cambiare nome al giorno del sole (dies solis, come rimane valido per l’inglese sunday o per il tedesco Sonntag), che divenne giorno del Signore (dies dominidimanche, domenica).Il punto centrale che fa di una scelta personale un movimento e non una semplice religione patchwork è proprio questa: l’adesione collettiva. Per quanto possiamo apprendere dai documenti, sono sempre esistiti fenomeni minoritari per cui le e i credenti hanno preso in prestito elementi da più parti per creare la propria fede/spiritualità individuale. Il fatto è che non tutti, non tutte erano sovrane o sovrani, profeti o profetesse, leader carismatiche o carismatici. Per questo non ne sappiamo nulla, a meno che la nostra curiosità o la nostra professione non ci spinga a studiarli, questi fenomeni. Ricordiamoci però di una cosa almeno: nessuno assimila e rappresenta integralmente una tradizione religiosa, una quota di interpretazione personale ci sarà sempre, anche nei più rigorosi difensori di questa o quella fede.È per tale ragione che si moltiplicano i movimenti, che la religione è materia viva, in divenire, è per questo che risulta difficile pensare «Dio (o dio) è morto».

15.4.17

DAL NOSTRO LIVELLO © Daniela Tuscano

L'immagine può contenere: spazio al chiuso
La notte oscura? Per me, dura da sempre. Non ho luce e mi ostino a cercarla. No, non credo. Non credo davvero che, oltre quella soglia, risorgeremo. E mi chiedo il motivo di questa incredulità. Perché sono nata nel Novecento, perché sono occidentale, perché ho l'abitudine a razionalizzare, perché vivo senza grossi problemi, perché sto ancora bene...
 Ma in realtà, in ogni latitudine, in qualsiasi situazione, gli umani tremano di fronte al sepolcro.
È così. E non solo così. E non mi basta così. La presenza la sento. Ma, in quel momento, proverò dolore ,nostalgia. O forse la vita mi sarà diventata insopportabile,prospettiva ancor peggiore, tanto è innaturale e sciagurata. Come è successo a Davide Trentini, il malato di Sla che ha scelto la Svizzera per praticare l'eutanasia (il materialismo neo laico non si stanca d'incoraggiare queste decisioni...). Come le donne straziate dai loro compagni, mariti, fidanzati, amici, eterne crocifisse senza riscatto. O come i bambini d'Aleppo, i quali, però, al cielo credono e, quando invocano la morte, vogliono solo vivere. Nel cielo cercano una terra vera, piena, un gioco, una materiale ed eterea gioia. I fanciulli sono il riassunto di tutto, carne e nuvole. 

Non ho luce, ma dei testimoni sì: questi bambini, chi resiste, chi non ce la fa ma lascia un sorriso di speranza. 

Oggi è il giorno dell'assenza. Il giorno della discesa negli inferi, nel silenzio delle viscere. Però c'è questo tabernacolo aperto, che è anche abbraccio. E queste parole del Papa: "Non dimenticate la carne di Cristo che è la carne dei rifugiati, la loro carne è la carne di Cristo", chiasmo accludente, roccioso e perenne, grazie a cui vengo sospinta oltre me, oltre il mio livello, la mia miscredenza, malgrado tutto e irripetibilmente. Fin quando ci sarà sete di giustizia, saremo obbligati a risorgere.

                                              © Daniela Tuscano

20.1.15

Birkenau. Porrajmos, lo sterminio Rom e Sinti. Una parola da imparare. Come Shoah e Metz Yeghern







di Roberto Olla 30 luglio 2014

Il 2 agosto i rappresentanti di tutte le comunità Rom e Sinti si ritrovano ad Auschwitz per parlare agli altri europei. Un giorno dedicato al presente e al futuro









Porrajmos, la devastazione, il grande divoramento. Lo sterminio nazista dei Rom e dei Sinti. Una parola da imparare. Come Shoah, la tempesta che tutto distrugge, lo sterminio degli ebrei. Come Metz Yeghern, il grande male, lo sterminio degli armeni. Macchie nere sugli abiti lindi dei contemporanei. Genocidi prima che venisse coniato il termine stesso di genocidio (dal giurista ebreo polacco Raphael Lemkin nel 1944). Grandi numeri: 500.000 persone dei popoli nomadi europei assassinate dal cosiddetto Terzo Reich. Forse 800.000 secondo altri storici, ma non è questione di numeri. Non solo. Genocidio è la volontà, il progetto di far scomparire un intero popolo, la sua gente, la sua cultura, la sua lingua. Tutto cancellato, devastato, divorato.
Rom e Sinti sono le minoranze etniche d'Europa più a rischio
C'è una data simbolica: il 2 agosto del 1944. Settanta anni fa Piero Terracina era là, a Birkenau, dietro il filo spinato che divideva gli ebrei dallo Zigeunerlager, la sezione del campo dove erano stati deportati gli zingari. Le sue parole bruciano ancora quando racconta come in una notte sola avvenne ande divoramento.

Le sue parole bruciano ancora quando racconta come in una notte sola avvenne il grande divoramento. A proposito di date, una deve essere subito evidenziata: Italia, 11 settembre 1940 disposizioni per l'internamento degli zingari. Il nostro paese è purtroppo in prima fila nella persecuzione dei Rom e dei Sinti, rinchiusi nei campi di Agnone, di Perdasdefogu, delle Tremiti. Poi ci sono altre date: 17 ottobre 1939, i nazisti rinchiudono nei lager i nomadi tedeschi, 27 aprile 1940 la deportazione dei nomadi polacchi, 26 febbraio 1943 gli zingari vengono scaricati a Birkenau. Prima del numero gli tatuano sul braccio una "Z". Sempre molto precise le Ss. Il medico nazista Robert Ritter ( medico ?! ) aveva dichiarato: sono geneticamente criminali. Un decreto del 14 dicembre 1937 aveva trasformato le sue idee in legge. Mengele aveva  pensato ad una soluzione pratica avviando la sterilizzazione di Rom e Sinti a Birkenau. Il lager di Ravensbruck aveva subito seguito l'esempio.
Storia e Memoria
Quanti sono settanta anni? Pochi, evidentemente. Perché ancora oggi Rom e Sinti sono le minoranze etniche d'Europa più a rischio. Basta fare un piccolo esperimento linguistico con le parole più usate dai nazisti in riferimento agli zingari: indegni, degenerati, asociali, ladri, non recuperabili, non integrabili, genericamente criminali. Ebbene, quante di queste parole corrispondono a pensieri ancora oggi ampiamente diffusi tra i moderni, democratici, liberi e illuminati cittadini europei ? Quanti li vedono come (virgolette obbligatorie) non "recuperabili", non "integrabili"? Quanti pensano che siano criminali dalla nascita (geneticamente)? Quanti, per dirla tutta, vorrebbero chiudere gli occhi e scoprire che sono magicamente spariti nel momento in cui gli riaprono ? I rappresentanti dei Rom e dei Sinti erano al Quirinale per il Memory Day del 27 gennaio ed hanno parlato di fronte al Presidente della Repubblica. Ragazzi che si sono preparati il discorso con cura, come gli altri studenti loro compagni di scuola. I Rom e i Sinti hanno i loro laureati, gli storici, gli specialisti, gli artisti ... come gli altri popoli d'Europa, anche se con molte più difficoltà degli altri popoli d'Europa. Ma questo nessuno, o quasi, lo vede. Passato il Memory Day, se ne riparla l'anno dopo.
Il 2 agosto ad Auschwitz. Un giorno dedicato a presente e futuro
Per questo il 2 agosto i rappresentanti di tutte le comunità Rom e Sinti si ritrovano ad Auschwitz. Per parlare agli altri europei. Un giorno dedicato al presente e al futuro, usando gli strumenti della storia e della memoria. No, i Rom e i Sinti non spariranno mentre noi teniamo gli occhi chiusi. Sono popoli liberi e hanno nella loro cultura, nel loro Dna dei geni che li portano a rifiutare le frontiere, ad attraversarle tutte senza vincoli. Un'Europa senza frontiere, il grande sogno a cui gli altri europei sono arrivati dopo essersi massacrati per secoli, è stata la visione del continente che Rom e Sinti hanno sempre avuto. Allora la domanda è: siamo davvero un'Europa senza più frontiere? E se lo siamo perché rifiutiamo chi quelle frontiere non le ha mai apprezzate e mai neppure rispettate? Prendiamolo come un sogno, ma in un'Europa del futuro potrebbe essere bello, viaggiando senza frontiere, incontrare popoli viaggiatori, comprare il loro artigianato, mangiare alla loro cucina, ballare alla loro musica. Un sogno, perché per ora dobbiamo "accontentarci" di far sapere (anche e soprattutto al popolo dei vacanzieri) cos'è avvenuto il 2 agosto 1944 e cosa vuol dire Porrajmos

8.5.12

eroi per forza ed eroi veri


non quelli che la stampa , ancora   influenzata   da  (  proprio  come la canzone che sto ascoltando in questo momento )  dai  : << 
  >>ci vuole far  credere  a tutti   i costi come  eroi    1) i morti dell'attentato  delle  due  torri  a NW (  11  settembre  2001 ) ., 2  )   o quelli  morti  nell'attentato -strage  di  Nassyria (12 novembre 2003 )  oppure   come  si continua  a credere  ( anche se   ormai sono solo i nostalgici  ) . In quanto  i primi  ( la  maggior parte  )  lavoravano  o  andavano  semplicemente al lavoro   è sono stati vittime  di un attentato islamico  secondo la versione ancora  molto diffusa    per  chi crede alle  versioni ufficiali o meglio alle "verità" della televisione  (   per  dirla  come un poeta   ) o  dagli stessi  Servizi  segreti Usa  o  terroristi \ servi pagati da loro  come dimostrano le molte ombre   e  falle  della versione ufficiale    e  su cui  non mi soffermo oltre   perché non è questo e il post  I secondi invece sono vittime   di  una guerra   sia  che  siamo andati volontari  credendo in buona fede   che fosse una missione di pace    o  per motivi   economici  e soldi facili ( con questa  crisi succede  )  o ancora   mandati al macello                        
 ma   questi  che  riporto  sotto --  e  ce  ce ne sarebbe altri\e , alcuni\e  li trovate  nei  miei   e nostri post precedenti    sia   del vecchio ( ormai migrato qui ) blog   di splinder  sia in questo  attuale  -- lo sono o perchè  lo hanno voluto








(cognome, nome e professione)Guido Rossa, operaio e sindacalista. Medaglia d’Oro al valore civile alla memoria
(luogo e date di nascita)Cesiomaggiore (Belluno), 1° dicembre 1934
(luogo e date dell'attentato) Genova, 24 gennaio 1979
(luogo e date di morte) Genova, 24 gennaio 1979
(descrizione attentato)
Un commando di brigatisti composto da Riccardo Dura, Vincenzo Gagliardo e Lorenzo Carpi si apposta in via Umberto Fracchia (quartiere di Oregina) nei pressi dell’abitazione di Guido Rossa. All’uscita di casa del sindacalista per recarsi al lavoro, alle 6.30 del mattino, lo uccidono al volante della sua auto. L'intento iniziale era quello di colpirlo alle gambe.
Circa tre mesi prima Rossa aveva denunciato e fatto arrestare Francesco Berardi, fiancheggiatore B.R. attivo all’interno dell’Italsider.
L’autore materiale dell’omicidio, come accertato in seguito, è il brigatista Riccardo Dura che il 28 marzo 1980 è ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia nel covo di Via Fracchia a Genova insieme ad altri terroristi.
Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini conferisce a Guido Rossa la medaglia d’oro al valore civile alla memoria.
Rossa lascia la figlia sedicenne e la moglie.
(biografia)Operaio sindacalista dell’Italsider di Cornigliano (Ge). La sua morte incide profondamente sul clima delle fabbriche del Nord, rendendo evidente l'irreversibile deriva delinquenziale dell'eversione di sinistra.
(rivendicazione, autori)Una telefonata al “Secolo XIX” rivendica l’assassinio del sindacalista da parte delle Brigate Rosse.


 scheda  tratta  da http://www.vittimeterrorismo.it/memorie/schede/
Paolo Giaccone è un medico legale, viene ucciso da Cosa Nostra nel 1982 a Palermo;Fulvio Croce, presidente dell'Ordine degli avvocati di Torino, cade in un attentato delle Brigate Rosse; Angelo Vassallo, il sindaco - pescatore e ambientalista di Pollica nel Parco del Cilento, muore in un agguato nel settembre 2010; Carmelo Iannì è un tranquillo albergatore che viene ammazzato dalla mafia nel 1980 vicino Palermo.

Che cosa hanno in comune queste persone? Ė gente normale che fa cose normali. Eppure, proprio per questo, sono eroi. Il nostro, infatti, è uno strano Paese, da noi il male è così radicato, così normale, così di tutti i giorni che per essere combattuto richiede eroi normali, che facciano soltanto il proprio dovere. Soltanto quello che va fatto e basta.



Gli eroi vincono le battaglie. Gli eroi normali, a patto di non lasciarli soli, di non dimenticarli, possono vincere le guerre.





oppure  tutti  quelli  che nello svolgimento del proprio lavoro, all’interno delle istituzioni dello Stato e nella società civile, o al di fuori  d'entrambi  hanno messo la mano davanti a un treno in corsa, pagando con la vita il proprio atto di coraggio, il proprio rigore etico e professionale.

Persone che pur minacciate sono rimaste al loro posto, non hanno disertato, hanno continuato a lavorare in difesa della legalità fino ad arrivare ad un punto di non ritorno. Sono le storie di servitori dello Stato e di semplici cittadini, impegnati nella vita e nella professione con passione; esempi di coscienza civile che la memoria collettiva del nostro Paese ha la necessità e il dovere di ricordare e di difendere. la storia di Nicola Calipari (titolo della puntata: “Nicola Calipari, in quel luogo e in quel momento”), un poliziotto atipico, colto e gentile, con un grande senso dello Stato. Dagli inizi della sua carriera in Calabria, dove contrasta le attività criminali della ‘Ndrangheta, alla Seconda Guerra del Golfo, in Iraq, dove è presente come capo del reparto delle operazioni speciali all’estero del SISMI. A Baghdad nella notte del 4 marzo del 2005 il destino di Calipari si incrocia con quelli di altre due persone in modo fatale: il soldato statunitense Mario Lozano e la giornalista italianaGiuliana Sgrena appena liberata dopo un rapimento. Calipari viene ucciso, mentre con il proprio corpo fa scudo alla giornalista.Di cui    si è occupata  la  prima puntata   di Lucarelli  racconta   un programma di Carlo Lucarelli, Giuliana Catamo, Paola De Martiis, Alessandro Patrignanelli.   andata  in onda  ieri su rai 3   e  di cui  : <<  (...)  Alle singole storie fanno da sfondo i problemi irrisolti del nostro Paese: le organizzazioni mafiose, le zone grigie di connessione tra politica e criminalità, l’assenza dello Stato, il terrorismo, l’emarginazione culturale e sociale, la pericolosità dei meccanismi economici e finanziari. Temi alti e impegnativi, adatti al pubblico del terzo canale, in una serata d’esordio caratterizzata dalla politica e dal dominio della fiction di Rai1.>>( da http://www.davidemaggio.it  qui per   l'articolo integrale 




oppure  e  qui  concludo   quelli   che lo sono  per  caso  per  parafrasare  questo film 


alla prossima

29.3.12

Quaresimale

Fakra Younas, giovane pachistana, ex ballerina, alle spalle un'infanzia cancellata dalla madre prostituta e tossicodipendente e da un marito vecchio, aveva creduto di trovare un riscatto in un secondo matrimonio, ricco, felice, appassionato. Cancellato anche quello, ben presto, da una sequela di violenze, umiliazioni, stupri. Fakra si oppone, resiste: non ha che sé stessa, e si raccoglie ai quattro stracci della sua anima violata ma viva, solida, l'unica presenza reale, quasi fisica, in quel suo mondo cancellato. Il marito acculturato e facoltoso non tollera quella che considera lesa maestà: la "sua" donna ha osato ribellarsi, si è sciolta dalle sue catene. Le rovescia addosso un odio ancestrale, possente, che sembra provenire dai secoli, come direbbe Primo Levi. La cancella, ancora. Il volto con l'acido. Non la sopporta come persona, come entità slegata da quel guinzaglio muto al quale lui la pretende "naturalmente" confinata. La brucia col liquido. Abrasivo ossimoro. Fakra sopravvive, fugge, il suo volto azzerato diventa simbolo della bestialità del potere. Scrive anche un libro: Il volto cancellato è il logico titolo. Ma non basta. E' rimasto qualcosa d'incancellabile nella vita cancellata di Fakra, ed è quell'anima stuprata, che adesso è diventata fantasma, e grida, in un vorticoso salto all'indietro, reclama i suoi diritti di bambina mai sbocciata, e vuole tutto e tutti con sé per non finire inghiottita nel gorgo fatale dell'ossessione.

Poi, viene il giorno dell'abbandono. In un palazzone di Roma, dove si sente sola, insopportabilmente sola. Quel suo corpo cancellato è diventato catena. Peso. Lo getta letteralmente via, dalla finestra, come un rifiuto. E' un volo cencioso, un'anima singola non può che appartenere all'aria e lì ritorna.La marocchina Amina Filali è ancor più giovane di Fakra: solo sedicenne. E' stata abusata, picchiata e costretta a sposare il suo carnefice. Soffoca. Nel suo chiuso universo comprende che non può né deve tacere ma che, ancora, l'unica possibilità a lei concessa per urlare è tacere per sempre [l'articolo 475 del codice penale marocchino dà la possibilità allo stupratore di evitare il processo e il carcere sposando la sua vittima se questa è minorenne. Firma qui per chiederne l'abolizione, n.d.A.]. Lo fa. Tanto, quella non è vita. Non si tratta di suicidi, ma di omicidi per procura.Daniel Zamudio è un ragazzo cileno di 24 anni, ma dalle foto ne dimostra quattro di meno. Ha uno sguardo tenerissimo e notturno, d'una inerme consapevolezza. Di quel che gli riserverà il destino. Sguardo di croci, di desideri e sospiri. Sguardo indagatore di segrete e vellutate gioie. Sguardo adolescente. Non so se i suoi coetanei aggressori abbiano occhi. Fatico a immaginarli, nei neonazisti. Sono occhi, i loro, che non guardano, ma vedono: la curiosità chirurgica e gelida dei criminali torturatori di Salò. Torturatori di ragazzi anch'essi, sadici sezionatori di occhi. Senza gioia, peraltro, senza nemmeno godimento sensuale. Seviziano Daniel, colpevole di essere omosessuale, per sei ore. Come accadde sette anni fa a un altro ragazzo gay, Matthew Shepard. Gli staccano un orecchio, gli massacrano il cranio, gli incidono svastiche sul corpo agonizzante. Forse non si divertono abbastanza, forse sono annoiati. Alla fine lo massacrano di botte e lo lasciano lì esanime sul selciato. Come quel Nazareno in croce col quale si era deciso di farla finita, e allora tanto valeva una lancia nel costato. Daniel defunge dopo breve agonia e senza aver ripreso conoscenza. Del resto, era impossibile. E i crocifissi moderni non hanno resurrezione.

Altrove.
Nuova Delhi, India. Un giovane attivista tibetano, Ciampa Yeshj, 26 anni, muore dopo essersi dato fuoco per protesta contro la visita del leader cinese Hu Jintao, a capo di uno dei governi più tirannici del mondo, soprattutto verso la minoranza tibetana. Una dittatura con la quale il democratico Occidente, sensibile ai diritti umani, non ha scrupoli a intessere affari. A Bologna Giacomo, artigiano 58enne oberato dai debiti, compie lo stesso gesto davanti alla sede dell’Agenzia delle Entrate. Vittima d'un fascismo non meno spietato, quello del Mercato. Un ragazzo romeno cerca di soccorrerlo, ma senza successo. Lui glielo ripete, con ostinazione da martire perduto, prima di sprofondare nel buio: voglio morire. Nemmeno tanto per i soldi: per la vergogna. Chiede persino scusa del gesto di cui pure è convinto. Come annota acutamente Michele Serra ("Repubblica" di oggi), solo i galantuomini avvertono il peso del loro debito, solo gli onesti se ne lasciano travolgere, al contrario dell'evasore, che esibisce la propria filibusteria come un trofeo. E la lista non è conclusa. Contemporaneamente, a Verona, un operaio edile marocchino di 27 anni si brucia davanti al municipio di Verona. Non riceveva lo stipendio da quattro mesi.
Morti, tutte, che ardono. Quasi tutte accomunate dal fuoco: barbare, primitive, mattanze dell'ingiustizia, della discriminazione e del potere, politico ed economico. Solo all'apparenza maturate in contesti diversi, hanno in realtà un unico comun denominatore: la disumanizzazione. Ordalie, provocazioni, smembramenti, questi addii al calor bianco, quest'incenerimento grondante sangue, ci riporta al presente impassibile, ci rilascia alla pietra, all'urlo primordiale, spaventoso, immane. E colpevole. La lunga Quaresima sembra non aver fine.

12.11.09

Crocifisso e poveri cristi

 

Poveri cristi, minuscoli e con la minuscola, sono i cassintegrati e i licenziati cui nessuno bada. Irrisi con la corona di spine dell'indifferenza e, addirittura, dell'inesistenza; di loro non si parla, anzi, la crisi sarebbe addirittura finita: la loro vita, quindi, non è. "Nell'area dove lavoro - mi scrive un'amica di Sesto San Giovanni - ci sono lavoratori fuori dai cancelli in continuazione, gente che aspetta gli stipendi da mesi... come se fossero fatti d'aria". "Fatti d'aria", un'immagine potentissima proprio per il suo evocare l'inconsistenza; eppure l'aria è presente, l'aria fluttua nell'aria, cova, scalcia, strepita, grida. L'aria può esplodere. E, concretissimamente, distruggere tutto. Guai a chi uccide l'aria.







E tentano di uccidere l'aria quando quest'ultima si fa colore, lampo. Le squadracce fasciste che organizzano raid punitivi contro i manifestanti dell'Ex-Eutelia non sono teppisti isolati, ma rappresentano, sempre più, la tragica normalità. Anche nel 1919 i ras locali, capitanati dal giovane Benito, andavano all'assalto di sindacati, operai e contadini, col beneplacito degli industriali del tempo e il tacito assenso delle autorità, politiche e religiose: i principi dei nuovi farisei. E, come allora, i poveri cristi erano costretti al silenzio.


Poveri cristi sono i precari della scuola che, giunti laceri alla soglia dei cinquant'anni, mai potranno sperare in un posto fisso. Assieme a loro, altrettanto poveri, gli ex-studenti del liceo serale Gandhi, ai quali, più che agli altri, la cultura serve come il pane; il pane quotidiano. Ma meglio tacitarlo, questi bisogno; renderlo inesistente, aria. Himmler, il teorico dell'ignoranza scientifica, aveva ben chiaro questo concetto, già settant'anni fa: "Per me, basta che la gente sappia contare fino a cento".


Poveri cristi sono i giovani e i senza diritti, come denunciano don Ciotti e don Andrea Gallo. Già altrove scrissi che la nostra società esalta astrattamente la gioventù (esiste anche un Ministero apposito) ma annichilisce i giovani; spezzandone i sogni, costringendoli a navigare a vista nel mare fangoso d'una quotidianità avvilente, consci che nulla potrà cambiare, che la parola futuro è loro preclusa. Gli immigrati, degradati a non-persone, vengono evocati a mo' di spauracchio in un'altra categoria di individui: i nemici, in genere, si ignora se oggetti o bestie, o qualche indistinta entità, ma comunque fuori dell'umano consesso.


Povera crista è quella che don Bottoni chiama democrazia in agonia, e di cui Salvatore Borsellino tratteggia un quadro inquietante. Le cronache dovrebbero esserne piene. Ma ben altri, invece, sono gli argomenti gridati quotidianamente dai media. Parola d'ordine, la mancanza di parola. Abbiamo letto le dichiarazioni di mons. Crociata, secondo cui "i mafiosi non possono appartenere alla Chiesa". Bene, sembrerebbe una tautologia, di fatto però non lo è, quindi accogliamole con piacere, benché assai intempestive. Peccato che poi si precisi che proclamare la scomunica per i mafiosi è "inutile, perché un mafioso si colloca già fuori della Chiesa". In teoria, solo in teoria. Infatti la scomunica "automatica", sempre scrupolosamente attuata, e sonoramente ribadita, nel caso di aborto, per i mafiosi non scatta affatto, se un vescovo non la applica. E certuni evitano di farlo. Mons. Bregantini, da due anni "promosso" a Campobasso, quando si trovava a Locri era uno di quei prelati coraggiosi che scomunicavano gli "uomini d'onore" (...). Ma quanti ne abbiamo visti, di questi ultimi, a fianco dei religiosi nella processione per il santo patrono? Quanti mandanti di stragi sanguinarie hanno giurato e spergiurato sulla Bibbia?


Poveri cristi sono i milioni di morte per fame, un record negativo mai toccato da settant'anni a questa parte. Si sostiene che la speranza può arrivare dalle donne. Ma le donne sono le povere criste per eccellenza.


Marinella, infatti, è stata violentata da bambina; bambina lo è ancora. E' accaduto in Italia, ad opera di italiani. Il suo paese e il "primo cittadino" (Pd), però difendono gli stupratori. D'altra parte, una donna non è nemmeno degna di rappresentarlo, il crocifisso; per la sua stessa natura, peccaminosa e imperfetta, ne è esclusa. Qualcuno di voi ancora ricorderà la querelle sulla crocifissa di Milano, lo scorso anno. Il manifesto venne poi censurato perché il corpo femminile, esclusivamente materiale e inferiore, non poteva in nessun modo raffigurare "il" Cristo. Solo, appunto, "le" povere criste, che non commuovono nessuno.


Ma in questi giorni le cronache, a malincuore, straripano di colui che è diventato, suo malgrado, il povero cristo per eccellenza: e ne avrebbe fatto volentieri a meno. Stefano Cucchi aveva gli occhi persi e fragili fin dall'inizio. Vagolava impercettibile, confuso tra mille altre anime, lontano dal tramestio di qualunque riflettore. Stefano era uno sconfitto in partenza; un martire per caso, come il nome che fatalmente gli era piombato addosso quel giorno, all'anagrafe. Non desiderava testimoniare niente, e le fotografie che ce lo restituiscono ora, col volto tumefatto poco prima di abbandonare per sempre quella periferia d'esistenza da qualcuno chiamata vita, ci raccontano d'un uomo spaurito, indifeso, svaporante in un labirinto incomprensibile. Che ci faccio qui?, sembrava chiedersi. Già: che ci faceva lì? E soprattutto: perché in quel modo? Perché lo si è dato per vinto a 31 anni? Perché lo si è ucciso, ben prima che il suo corpo divenisse la sagoma legnosa che ormai tutti conosciamo, per nulla diversa, tranne che nel colore, dalle salme dei deportati di Auschwitz?


Perché Stefano era, appunto, un povero cristo. La cui appartenenza al genere umano non era per nulla scontata, anzi. Stefano era altro: un drogato, un anoressico, un sieropositivo. Altro. Fatalmente, per forza, nell'ordine delle cose, poteva finire solo così. Perché stupirsene? Il ministro Giovanardi riteneva la sua fine normale, è probabile si sia pure stupito di tanto clamore. Poi Giovanardi ha chiesto scusa. Un sussulto di pietà in un mondo che ha perso l'elementare percezione delle nostre comuni radici. Oggi, quando si parla di radici, non è per unire, ma per separare. Le radici cristiane tanto invocate da Giovanardi a tutela della nostra tradizione gli hanno impedito di vedere in Stefano il volto di quel (povero) Cristo davanti alle cui immagini (in gesso) piamente s'inchina. E l'hanno reso dimentico del fatto che il primo santo della Chiesa, quella Chiesa che tanto gli starebbe a cuore, era un altro povero cristo più disgraziato di Cristo: era un ladro; una nullità, uno sconfitto anche lui. Spazzatura umana, decretano gli americani in questi casi.


Eppure, mai come ora quel corpo infimo, quel rifiuto senza storia, quell'inesistenza così anonima secondo Giovanardi, mai come ora quel silenzio è possente, carnale, vivido. Adesso Stefano finalmente parla e accusa, senza odio, col suo semplice nome. E costringe anche chi voleva silenziarlo a occuparsi di lui. E' stato percosso e umiliato, testimonia un suo compagno di sventure, un nero, un vinto anche lui, che però no, ora "non vuole più tacere". E si scoprono, vieppiù, tanti altri Stefani, tanti altri anonimi confinati nell'anonimato: come quel Giuseppe Saladino defunto a Parma in circostanze oscure. Coetaneo di Stefano, coetaneo di un povero cristo che si credette Cristo duemila anni fa.


I poveri cristi non possono essere oscurati dal crocifisso in legno, o gesso. Per me, quindi, la falsa polemica di questi giorni sarebbe chiusa, anzi, non avrebbe nemmeno dovuto esser aperta. D'altro lato, a parte i già menzionati Ciotti e Gallo, sono stati più esaustivi di me, pur nella diversità di pensiero, Aurelio Mancuso, don Farinella e, soprattutto, Marco Travaglio, nel cui intervento m'identifico del tutto. Riguardo alla famiglia "offesa" dalla presenza della suppellettile, e ai "laici razionalisti libertari" che ne lodano il "coraggio" (naturalmente in Italia, al sicuro e al calduccio) non occorrerebbe spendere neppure una parola, se non fosse per precisare che i fondamentalisti, da qualsiasi parte arrivino, non mi garbano. Li invito a rileggere, anzi a leggere Pasolini in proposito, e per me è chiusa qui.


Qualche parola in più la spendo, invece, dopo aver assistito, su Youtube, alla sarabanda del trittico Santanché-Sgarbi-Meluzzi-Parietti, con la complicità compiaciuta della conduttrice Barbara D'Urso, andata in onda domenica scorsa durante il contenitore per famiglie (!) Domenica Cinque. Anch'essa, come la puntata sullo stupro di Marinella, trasmessa in fascia protetta, in orario di massimo ascolto e alla presenza di bambini.


Il video, certo, si commenta, o dovrebbe commentarsi, da sé, anche perché sia la D'Urso sia gli autori del programma sia i protagonisti di quell'immonda canea hanno artatamente omesso di puntualizzare che, nella diatriba sul crocifisso, i musulmani non c'entrano nulla. La Corte europea ne ha ordinato la rimozione non per loro, che venerano Gesù come profeta dell'Islam, pur giudicando un falso la sua crocifissione; ma per venire incontro alle rimostranze d'una laicissima e perseguitatissima famiglia italo-finlandese, sdegnata dalla presenza di "quell'acrobata sulle pareti" (è uno dei commenti che mi è toccato leggere da parte di uno dei "voltairiani" assertore della "causa"). In effetti qualche parola conviene spenderla, specie dopo aver passato in rassegna - schifati - le "osservazioni" di alcuni utenti. E allora ripenso a Pasolini, un laico autentico (e, per questo, religiosissimo), totalmente alieno dalla parodia dei "razionalisti libertari" alla pastasciutta dei nostri giorni. Rammento le sue pagine sull'arte medievale e rinascimentale, il suo Vangelo secondo Matteo. Il suo Usignolo della Chiesa cattolica, le ultime, terribili pagine sulla Fine della Chiesa nell'incompiuto Petrolio. Quanto ci manca, un empirista eretico sano come lui.


E Pier Paolo l'aveva già individuato, quello scadimento della religione da cultura a tradizione (oggi diremmo: radici cristiane), che inevitabilmente rivelava l'anima pagana del popolo italiano. Oggi un'animatrice del Billionaire, fascista dichiarata, rappresentante d'una formazione politica apertamente antisemita, la paladina delle donne che milita in una combriccola di machisti fin nelle ossa, gorgheggia su "Maometto pedofilo" precisando, per rimarcare la differenza, che "per la NOSTRA cultura questo è inammissibile". E il Meluzzi, il filosofo berlusconiano del Vangelo secondo don Gelmini, assente rumorosamente col capoccione squassato dai lunghi capelli, "che Gesù non era palestinese ma ebreo, e Paolo un cittadino romano". Testuale.


La Bibbia, di cui è innervata la NOSTRA cultura, mette in piazza sacrifici umani dei propri figli (Isacco), patriarchi incestuosi (Lot che giace con le proprie figlie per garantire la continuità della specie dopo la distruzione di Sodoma), lapidazioni d'adultere, roghi di streghe e maghi, ostracismo dei lebbrosi (trattati peggio dei cani rognosi e costretti a munirsi d'un campanello ogni qual volta si avvicinavano a un villaggio abitato, per annunciare la loro orribile presenza), sterminio di omosessuali, schiavismo, legge del taglione, imposizione del velo e del silenzio alle donne (proprio il "romano" Paolo, pur se il passo andrebbe, ovviamente, contestualizzato). Eccetera eccetera per quasi settantasette libri.

 

 


Cristiani, ebrei e musulmani nel grembo dell'unico Dio, miniatura del XII sec. (Istanbul, museo Topkapi).




La Billionairina ne è all'oscuro, per il semplice e banale motivo che l'unico testo sacro esistente a casa sua è il catalogo delle protesi di chirurgia estetica. Il filosofo secondo don Gelmini pure, perché lui è convinto che gli ebrei provengano da Alzate Brianza e i palestinesi, invece, appartengano a un'"altra razza"; quanto a Paolo, nato Saul in quel di Tarso, autodefinitosi "ebreo per nascita e, per cultura, fariseo", credete che tutto questo importi? Non siamo più nel campo della cultura; qui, veramente, siamo nello sterco, ma i Meluzzi e le Billionairine crescono e prosperano proprio nel pantano dell'ignoranza, delle radici marce, di tradizione e distinzione senza passato e prive di futuro.


"L'uomo di Nazareth, Gesù il crocifisso, è figlio integro di una cultura e di una civiltà non occidentale, - ricorda don Farinella - Ebreo, figlio di madre ebrea, cresciuto nella dimensione civile palestinese [checché spiaccia a Meluzzi] e nella cultura semitica del suo popolo, egli è latore di una cultura palestinese-semitica che ancora oggi possiamo assaporare negli scritti del NT. Molti difensori d'ufficio del crocifisso, politici e anche cristiani, se prendessero consapevolezza della ebraicità di Gesù, lo crocifiggerebbero per la seconda volta su una croce più alta e più sicura della prima" (il grassetto è mio).


Il messaggio di Gesù è, al tempo stesso, specifico e universale; in una parola, umano. Nel senso pieno. Per i "laici razionalisti" come per i devoti alla triade "Silicone, Fascio e Billionaire", resta una pietra d'inciampo e mai una testata d'angolo, di cui sbarazzarsi o da usare come arma contundente in nome di radici, identità, tradizione e carote varie.



"Gli idoli delle genti sono argento e oro,/opera delle mani dell'uomo" (Bibbia, salmo 114-115).


Daniela Tuscano







15.10.09

Laici senza latino

E va bene, rieccomi al caso-Binetti. Che con la sua assenza al voto parlamentare ha permesso il varo dello scudo anti-evasori, che ha strillato contro i poveri Welby ed Englaro, che ha opposto, al contrario, un tombale silenzio-assenso alle missioni di "pace" in Medio Oriente, segno che c'è vita e vita, e d'altronde dulce et decorum est, pro patria mori: li attenderà una corona in cielo e di questa dovranno gloriarsi, e andarsene cantando da questa valle di lacrime, come eroi di Metastasio. Ma di fronte all'unico peccato che per lei conti, quello sessuale e omosessuale, poteva mancare? Poteva forse permettere una legge contro l'omofobia, elaborata, secondo lei, non per proteggere un gruppo sociale a rischio (anche ieri sono state selvaggiamente aggredite due ragazze), ma volpinamente studiata dalla fosca e potentissima lobby gay per permettere lo scempio del matrimonio sodomita? No di certo.


Detto, fatto: in trenta secondi è stata affossata una legge concepita in estenuanti trattative di un anno, e che possiedono tutti i Paesi civili. Il Vaticano e i giustizieri hanno brindato, per lo sbalestrato Piddì l'ennesima tegola in testa, tanto più che la Binetti, con candida perfidia, ha già fatto sapere che non uscirà dal partito, ma anzi voterà per il favorito dei tre segretari, Luigi Bersani.
Alla limpida analisi di Luca Telese, Il senso della Binetti per la laicità, non si può, oggettivamente, aggiungere nulla, anche perché quando sono costretta a ripetermi provo un'autentica irritazione; e la Binetti, come sapete, la conosco. Mi permetto solo una piccola postilla. Stando così le cose, risulta evidente che contrapporre alla deputatessa ciliciata i Grillini, le Luxuria e i Cecchi Paone non è solo inutile, ma nocivo; e fuori bersaglio. Il problema non è nemmeno la persona-Binetti, ma ciò ch'ella rappresenta: storia, pietra, spirito e non sesso, come s'illude lo sconsiderato Grillini. Affonda le radici in certo Medioevo penitenziale e flagellante, nel dolorismo secentesco (la sofferenza e l'astinenza come valori in sé), nelle orazioni di San Bernardo che, allo stesso modo di Bin Laden oggi, esortava il cavaliere cristiano a uccidere l'infedele non per cattiveria nei suoi confronti, ma "in odio a Satana"; similmente, Binetti sarebbe capace di condurre al rogo un individuo soffrendo con lui.La possiamo chiamare deviazione del messaggio cristiano, e lo è; per me, si tratta addirittura di bestemmia, tanto più grave poiché compiuta in nome di Dio: ma non si può negare che tale deviazione ha plasmato molte menti e molti cuori, e non conoscerne le ragioni storiche e sociali è imperdonabile. Piaccia o no, Binetti propone un'etica o, se vogliamo, una contro-etica, un'etica a rovescio: non le si può contrapporre la mancanza totale di etica, ma un'etica diversa, altrettanto forte, più forte, perché basata sull'umanesimo e non sull'anti-umanesimo. Sulla fiducia e non sul sospetto. Sulla carità e non sulla condanna. Su Cristo e non sul Papa.
Per questo Binetti teme di confrontarsi coi gay credenti, che non -sono solo gay, ma uomini e donne che vivono, lavorano, pregano e si prodigano per i loro simili; potrebbero metterla in crisi l'appello dei preti gayriflessioni di Geronimo Gentile, non gli sberleffi di Luxuria. E non alludo solo ai credenti: il laico Pasolini la zittirebbe in meno di un minuto, ma non è un caso che Pasolini, oggi, sia stato accantonato anche da chi dovrebbe contribuire più di altri a diffonderne il pensiero.Telese auspica che la Binetti sia "laicamente espulsa dal Pd". Lo desidero anch'io, ma bisognerebbe farlo in nome di un'etica, ora del tutto mancante. In altre parole: a certa laicità, oggi, manca il suo latino. E si avverte, purtroppo.



                                       Daniela Tuscano

19.5.09

I prìncipi di questo mondo

Qui non c'è molto da dire. Se non due sole parole, ferme, decise, chiare, irrevocabili: LIBERATELA SUBITO. Non intendiamo pregare, stavolta, ma pretendiamo. Urliamo.


Troppo intollerabile è l'ingiustizia. Troppo macroscopico il male. Dietro la farsa dello scandaloso nuovo processo ad Aung San Suu Kyi scorgiamo il terrore, il furore e, più che mai, la voglia di sangue, di vendetta. Di farla finita, una volta per tutte, con i diritti umani, la nonviolenza, la dignità.


Un caso che questi nobili ideali siano incarnati da una donna? No. La talebanizzazione del mondo è evidente. In Italia, che ovviamente ben si guarda dal muovere una minima protesta per quanto sta accadendo, siamo al livello più basso, e quindi più incancrenito e stomachevole, di tale processo. Il nostro esimio Presidente, col (tacito) benestare della Chiesa, ha fatto regredire la condizione femminile di una settantina d'anni. E oggi quei pochi ancora animati da un senso etico, quegli illusi che si ostinano a credere alla differenza tra bene e male, quei (de)relitti fuori del tempo e della storia, insomma, assistono impotenti all'adempimento della Promessa: una brillante carriera televisiva per colei/coloro che dovrebbero, invece, suscitare repulsione e orrore (ma la maggioranza degli Italiani sta col Capo, non dimentichiamolo). Le ingiurie all'Onu e alla rappresentante dell'Unhcr (anch'essa una donna) da parte di chi si fregia dell'immeritato titolo di Ministro degli Esteri aggiungono un altro tassello a questa riscossa della carne avariata, della carne rotta e cadente che, strappate le maschere, si mostra in tutta la sua spudorata ferocia.


Ma l'Italia, benché ultima e periferica, è solo un brandello di questo sfascio, di questa lotta epocale dove il potere, la militarizzazione, il riarmo e la violenza dell'economia hanno connotati viriloidi e aggressivi. E' un mondo di prìncipi che non vogliono mollare la presa. Un mondo, quindi, necessariamente sbilanciato, dove non si otterrà mai la vera pace, fin quando un sesso dominerà sull'altro.


Il fragile profilo di Aung riassume anche e soprattutto questo. Lei ha ricevuto in questi giorni l'insulto estremo. Ma stavolta no, non è più possibile subire. Non ci si abitua a tutto. E non si può delegare il comando al male, senza rinunciare alla propria umanità. Lo ricordino tutti, uomini e donne.


Daniela Tuscano

7.1.09

Gorla e Gaza, il fattore

"E' come a Gorla, è come a Gorla". Se fosse ancora viva, mia nonna commenterebbe con queste parole il raid di ieri sera, costato la vita a una quarantina di bambini e donne sfollati in una scuola dell'Onu. A Gorla nell'ottobre 1944, vent'anni esatti prima della mia nascita, si consumò una delle pagine più nere della storia di Milano in guerra: un bombardiere statunitense colpì in pieno giorno una scuola, scambiata per uno stabilimento industriale, uccidendo duecento fra alunni e insegnanti [nella foto in basso, il monumento commemorativo]. Ieri a Gaza si è ripetuta Gorla, si è ripresentato il fattore "G": vale a dire "giovani".

Ma "G" è anche l'iniziale di "guerra". Come se la più radicale nemica dei giovani provasse un perverso piacere a passeggiar loro accanto, sfiorandoli con la sua ombra fredda e, ogni tanto (ma sempre troppo spesso), ghermendoli. La guerra nasce vecchia, perché ricorda a tutti noi la remota parentela con la scimmia assassina. E' la bestiale decrepitezza che sfida il germogliare delle generazioni. Giovani, guerra, generazioni, germogli: quante vicinanze e quanti contrasti in questi termini, posati lì, l'uno accanto all'altro, a significare lo sbilanciamento dei nostri cuori su rupi di fiori o d'abissi.

I fascisti specularono sulla strage di Gorla cercando di dimostrare alla popolazione atterrita il vero volto dei "liberatori". Allo stesso modo, i soldati israeliani che hanno raso al suolo la scuola internazionale protestano la loro buona fede accusando i terroristi di Hamas i quali, a loro volta, gettano urla di sdegno, anche se sono i primi a insegnare ai loro figli quanto è bello immolarsi per la patria facendosi saltare col tritolo.

"G" come "grandi". Quando i padri tradiscono i figli, non oso pensare cosa diventeranno quei figli, dovessero scampare alla furia dei vecchi. Niente di peggio dei vecchi folli, la generazione che divora sé stessa.





                                        Daniela Tuscano

 



 

3.12.08

Senza titolo 1068

Comunicato Stampa
Gianni  Geraci
Gruppo del Guado – Cristiani Omosessuali
Via Soperga 36 – Milano
Telefono 347 73 45 323 – Email: gruppodelguado@gmail.com


Quando le immagini degli omosessuali [minorenni, vedi foto sotto, n.d.r.] che il regime iraniano ha condannato a morte hanno fatto il giro del mondo abbiamo atteso che la Santa Sede dicesse qualche cosa per difendere la vita di questi giovani che venivano impiccati solo perché erano omosessuali. Abbiamo atteso, ma la diplomazia vaticana ha osservato un assordante silenzio.




Adesso che i Paesi europei hanno presentato alle Nazioni Unite una mozione in cui si raccomanda agli Stati membri di depenalizzare l'omosessualità ci saremmo attesi, da parte della Santa, Sede parole di incoraggiamento e di sostegno. Abbiamo invece letto le dichiarazioni del rappresentante del papa presso le Nazioni Unite in cui si sostiene che una tale mozione è da rifiutare perché porterebbe, prima o poi, al riconoscimento delle unioni omosessuali.


 

Ha detto in sostanza monsignor Migliore che: o si sta con i paesi che, come la Francia e come la Spagna, hanno fatto del rispetto della persona umana e della sua integrità fisica e psicologica il paradigma di riferimento delle loro politiche; o si sta con i paesi che, come l'Iran e l'Arabia Saudita, ancora puniscono con la pena di morte le persone che hanno rapporti omosessuali. E dopo aver diviso il mondo in due parti ha dichiarato che il Vaticano, dovendo scegliere tra le democrazie europee e le teocrazie mediorientali, sceglie queste ultime.

Noi ci sentiamo Europei e siamo orgogliosi di esserlo.


Ci sentiamo omosessuali e siamo contenti di essere così.

Ci sentiamo credenti e, pur ringraziando Dio per il dono della Fede, proviamo vergogna per questa Chiesa che confonde il suo potere teocratico con il messaggio del Vangelo e uccide la speranza di tante donne e di tanti uomini a cui il Signore l'ha mandata.



Chiediamo allo Spirito Santo di illuminare le menti dei vertici vaticani, ormai ottenebrate dalla paura e ricordiamo al papa e ai suoi collaboratori che un giorno anche loro dovranno rendere conto al Signore delle tante parole sbagliate che hanno pronunciato quando hanno parlato di omosessualità.
 

 

 

 

1.9.08

Toc Toc...C'è qualcuno in casa?

 



E' da poco tempo che uso internet. Sono una persona che pensa molto. Prima scrivevo i mie pensieri su carta, oppure li discutevo con mia figlia studentessa universitaria. Poi lei ha preso la laurea in Lettere Moderne ad indirizzo cinematografico, che naturalmente non le è servita a nulla e se ne è andata a vivere a Bologna.



La mia attività cerebrale non ha smesso di funzionare ed allora ho deciso di cimentarmi con internet ed aprire un blog. Mi ha anche aiutato il fatto di aver conosciuto, nel centro diurno dove svolgo volontariato, una donna speciale completamente disabile ma con un grande cervello e ho aperto un blog suo.



Ma torniamo al mio. Sono una persona che riflette molto sugli eventi e che si pone continuamente delle domande e l'ingiustizia, la stupidità, l'immobilismo, le stupidaggini, mi fanno incazzare e ciò mi rende spesso provocatoria.



Ho scritto post molto pesanti:



- Ho chiesto cosa si prova a stuprare una donna e perchè lo si fà. (2 commenti)



- Ho esortato i giovani a scendere in piazza, di smettere di usare le mani su internet ma di incominciare ad usare la voce (1 commento di mia figlia)



- Ho ironizzato, con un senso di ingiustizia più o meno celato, che Dio ha creato un uomo a sua immagine esomiglianza che però stranamente possedeva un pene (2 commenti)



- Ho fatto alcune recensioni di libri sconosciuti ma bellissimi (o commenti)



- Ho cercato di descrivere che questo pianeta è un contenitore di cose al femminile (0 commenti)



- Ho scritto due "poesie" (1 commento)



- Ho mandato a fannculo il 55% degli italianti che hanno votatato Berlusconi (2 commenti)



Quando ho aperto questo blog pensavo di poter discutere su queste cose, anche di essere contestata, di aprire dei rapporti.



Tra l'altro ho  il P.C. Windows vista e la chat non mi funziona. 



Rimane il fatto che incomincio a pensare di riprendere in mano i miei fogli di carta e continuare a scrivere su di essi.



 



1.7.08

Ipse dixit



Terribile profezia lanciata trent'anni fa da un teologo progressista.

“La Chiesa sta divenendo per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo.

Quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger. (E adesso?)

"Fratelli, non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie!" (S. Paolo, Prima lettera ai Tessalonicesi)









emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...