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1.10.12

Costretti a radersi in gabbia "Così evitiamo atti di autolesionismo" Al CIE di Lamezia Terme. Gli immigrati-detenuti a rischio rinchiusi in una cabina metallica dove possono fare le loro pulizie personali, sotto gli occhi di tutti. La denuncia è dell' Ong Medici per i Diritti Umani1(Medu).


repubblica  online del 27\9\2012

di RAFFAELLA COSENTINO LAMEZIA TERME - In gabbia per radersi la barba davanti a tutti. È la "sconcertante pratica di umiliazione dei migranti detenuti" scoperta, fotografata e denunciata dall'Ong Medici per i Diritti Umani 2(Medu) dopo una visita nel Centro di identificazione e di espulsione (Cie) di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro. I Cie sono prigioni amministrative in cui vengono rinchiusi, fino a un anno e mezzo, gli immigrati senza permesso di soggiorno che dovrebbero essere espulsi dall'Italia. Si tratta di un illecito amministrativo, non di un reato. A causa della lunga reclusione, i migranti vivono un profondo disagio psichico e commettono frequentemente atti di autolesionismo, ingerendo oggetti come pile, penne, cerniere oppure tagliandosi il corpo con qualunque tipo di lama. Per questo non gli vengono consegnati rasoi con cui tagliarsi la barba.

Filo spinato e recinti alti sei metri. A differenza degli altri CIE, il centro di Lamezia Terme, gestito dal 1998 dalla cooperativa Malgrado Tutto 3 non dispone di un servizio di barberia. L'ente gestore, riferiscono gli operatori di Medu, ha "inventato" una gabbia aggiuntiva, dotata di un piccolo lavello in acciaio, dove i migranti si possono radere. La gabbia è posizionata su un montacarichi e può essere all'occorrenza spostata. Le fotografie la mostrano chiusa e aperta, collocata davanti alle sbarre del cortile, unico spazio comune per tutti gli internati. "È una vera e propria gabbia priva di qualsiasi privacy ed esposta alla vista dei trattenuti, del personale dell'ente gestore e delle forze dell'ordine - spiegano i Medici per i Diritti Umani - prima di uscire dall'abitacolo, il trattenuto deve depositare la lametta in un apposito contenitore".  Il centro è circondato da una serie di recinzioni alte 6 metri, dotate di filo spinato.

Le altre scoperte. Ci sono due accessi all'area di trattenimento. Il primo è chiuso da una porta blindata. Il secondo è dotato di una gabbia doppia, progettata appositamente dall'ente gestore per impedire eventuali fughe. Secondo le statistiche del ministero dell'Interno, nel 2011 sono scappate 9 persone. Nel centro di Pian del Duca, un'ex comunità di recupero per tossicodipendenti, sorto su un terreno confiscato alla 'ndrangheta e nascosto tra le campagne di Lamezia Terme, il team di Medici per i Diritti Umani denuncia di avere fatto altre scoperte di violazioni della dignità umana. Gli operatori hanno fotografato un migrante disabile costretto a fare ogni giorno esercizi di fisioterapia con una bottiglia d'acqua legata al piede. L'uomo si muove grazie ad una stampella perché ha una protesi all'anca, dovuta a ripetuti ricoveri e interventi, precedenti al suo internamento nel Cie, per una grave forma di infezione (osteomielite) della testa del femore.

La fisioterapia "fai da te".
 "Dal suo ingresso nel CIE, oltre quattro mesi fa, il paziente ha chiesto invano la possibilità di poter effettuare la fisioterapia e un controllo ortopedico - affermano i Medu - Al suo ingresso nella struttura è stato sottoposto ad una serie di esami ematici di cui ancora non conosce l'esito. L'ente gestore ci riferisce di non aver potuto acquisire la sua cartella clinica. Nel frattempo il paziente si è auto organizzato con una fisioterapia fai da te". Secondo Medu, che da mesi svolge ispezioni nei centri, "questo caso dimostra le difficoltà di garantire in modo adeguato il diritto alla salute all'interno di un Cie".  In un precedente rapporto, Medu ha definito "iniquo ingranaggio" tutto il sistema dei circa 15 Centri di identificazione e di espulsione esistenti. Il coordinatore Alberto Barbieri, autore delle fotografie, spiega che "in questi centri si crea un sistema perverso, in cui non c'è fiducia fra medico e paziente perché da una parte i pazienti lamentano la persistente disattenzione dei sanitari nei confronti delle loro patologie, dall'altra i sanitari temono costantemente che i detenuti simulino o esagerino i sintomi di una malattia con lo scopo finale della fuga".

Il medico carceriere.
 Alla fine il medico si trasforma in un carceriere, il cui compito è anche quello di evitare il più possibile i trasferimenti del paziente in un ospedale all'esterno, viste le possibilità di fuga e la difficoltà di organizzare le scorte di polizia. Così a Lamezia Terme, esiste anche una cella di isolamento terapeutico per trattenere coloro che si sospetta abbiano malattie infettive. È chiusa da grandi lucchetti e circondata dal filo spinato. Secondo Medu, il costo complessivo della struttura è di almeno 600mila euro l'anno. Può internare fino a 60 persone ma al momento ha solo 10 detenuti. Gli fanno la guardia 60 uomini tra esercito e polizia, oltre ai 15 operatori dell'ente gestore. I rimpatriati nel 2011 sono stati il 41%, meno della metà.

La promessa del Viminale. Nel 2010 Medici senza frontiere 4 aveva strappato al ministero dell'Interno la promessa di chiudere il centro, già considerato uno dei peggiori. "Tale giudizio appare ancora oggi giustificato poiché, alla luce della visita effettuata, la struttura appare del tutto inadeguata a garantire la dignità umana dei migranti trattenuti - denunciano questa volta i Medici per i Diritti Umani- La mancanza di qualsiasi attività ricreativa, la carenza di servizi essenziali per i trattenuti, la chiusura pressoché totale all'apporto di organizzazioni esterne, alcune pratiche francamente sconcertanti e lesive della privacy della persona rendono la struttura priva dei requisiti minimi di vivibilità in condizioni di capienza a regime". Con i tagli e la crisi, il budget giornaliero è stato ridotto dal Viminale da 46 a 30 euro per ogni detenuto. Le cose, quindi, potrebbero anche peggiorare.  

L'altra spiegazione delle "gabbie". In passato - va comunque ricordato - le forze di polizia chiamate a vigilare all'interno dei CIE hanno tenuto a precisare che, spesso, accorgimenti come le gabbie (che restano comunque soluzioni degradanti e inaccettabili) servono per evitare che eventuali lesioni auto-provocate possano servire alle persone recluse nei Centri per accusare e denunciare i loro vigilanti. Metterli così in condizione di radersi e di provvedere all'igiene personale in un luogo pubblico e visibile - questa è la sostanza del ragionamento - scongiurerebbe denunce ingiuste.
 
(27 settembre 2012)


19.11.09

A secco

 

Il mio blog somiglia sempre più a un bollettino di guerra. La prima a dispiacersene è la sottoscritta.

Quanto amerei occuparmi di racconti, poesie, piccole realtà quotidiane.

Invece, no: senza volerlo, i blogger sono diventati uno degli ultimi avamposti della democrazia in pericolo. Per questo tentano in ogni modo di zittirci.

Mi ritrovo, all'alba del 2010, a dover difendere diritti umani basilari, a ripetere verità un tempo scontate, a ribadire concetti ovvi, che si credevano assimilati.

Padre Zanotelli denuncia da sempre i pericoli della privatizzazione dell'acqua.

Ieri, l'ultima vergogna. L'ho saputo con più dolore (e rabbia, tanta rabbia) che meraviglia: con l'ennesimo ricorso al voto di fiducia, Berlusconi e la Lega hanno approvato l'art.15 del ddl Ronchi 135/09 che svenderà l'acqua potabile di rubinetto, il bene più prezioso, agli interessi di Confindustria e delle grandi multinazionali (cfr. il testo dell'obbrobio). La scelta della destra di privatizzare l'acqua, oltre ad essere sbagliata e pericolosa in quanto fa diventare un bene essenziale e comune a tutti i cittadini un privilegio e profitto per pochi, è anche in controtendenza rispetto alle decisioni di altri Paesi che, in precedenza, avevano optato per la privatizzazione e sono poi tornati sui propri passi.

Il Dio Mercato mostra, ogni giorno di più, il suo vero aspetto: quello di una dittatura non solo economica, ma anche e soprattutto politica, irriformabile e irrimediabile. Le prime conseguenze di questa logica perversa verranno pagate dai cittadini e dai lavoratori, attraverso l'aumento delle tariffe e la diminuzione delle manutenzioni, degli investimenti e dell'occupazione.

In Bolivia, giunsero a privatizzare anche l'acqua piovana. In seguito, scoppiò la rivoluzione.

Oggi, a Roma, il Forum dei Movimenti per l'acqua sarà ancora (ore 11.00) in piazza Montecitorio. E invita a una mailbombing su tutti i deputati. A Milano gli umanisti, assieme ad altre associazioni, si ritroveranno alle 16.30 in piazza Scala, per il primo presidio post-privatizzazione. Ma, ovviamente, stiamo solo contandoci. Chi comanda farebbe bene a ricordare che verrà un giorno, quando i ricchi sono troppo ricchi, in cui il disgusto li travolgerà, peggio del fango sporco e venefico che ci hanno lasciato in cambio di quest'ennesimo, infame ladrocinio. Rammento pure che "privato" è participio passato di "privare", cioè togliere. Cioè, furtare.

Daniela Tuscano

12.11.09

Crocifisso e poveri cristi

 

Poveri cristi, minuscoli e con la minuscola, sono i cassintegrati e i licenziati cui nessuno bada. Irrisi con la corona di spine dell'indifferenza e, addirittura, dell'inesistenza; di loro non si parla, anzi, la crisi sarebbe addirittura finita: la loro vita, quindi, non è. "Nell'area dove lavoro - mi scrive un'amica di Sesto San Giovanni - ci sono lavoratori fuori dai cancelli in continuazione, gente che aspetta gli stipendi da mesi... come se fossero fatti d'aria". "Fatti d'aria", un'immagine potentissima proprio per il suo evocare l'inconsistenza; eppure l'aria è presente, l'aria fluttua nell'aria, cova, scalcia, strepita, grida. L'aria può esplodere. E, concretissimamente, distruggere tutto. Guai a chi uccide l'aria.







E tentano di uccidere l'aria quando quest'ultima si fa colore, lampo. Le squadracce fasciste che organizzano raid punitivi contro i manifestanti dell'Ex-Eutelia non sono teppisti isolati, ma rappresentano, sempre più, la tragica normalità. Anche nel 1919 i ras locali, capitanati dal giovane Benito, andavano all'assalto di sindacati, operai e contadini, col beneplacito degli industriali del tempo e il tacito assenso delle autorità, politiche e religiose: i principi dei nuovi farisei. E, come allora, i poveri cristi erano costretti al silenzio.


Poveri cristi sono i precari della scuola che, giunti laceri alla soglia dei cinquant'anni, mai potranno sperare in un posto fisso. Assieme a loro, altrettanto poveri, gli ex-studenti del liceo serale Gandhi, ai quali, più che agli altri, la cultura serve come il pane; il pane quotidiano. Ma meglio tacitarlo, questi bisogno; renderlo inesistente, aria. Himmler, il teorico dell'ignoranza scientifica, aveva ben chiaro questo concetto, già settant'anni fa: "Per me, basta che la gente sappia contare fino a cento".


Poveri cristi sono i giovani e i senza diritti, come denunciano don Ciotti e don Andrea Gallo. Già altrove scrissi che la nostra società esalta astrattamente la gioventù (esiste anche un Ministero apposito) ma annichilisce i giovani; spezzandone i sogni, costringendoli a navigare a vista nel mare fangoso d'una quotidianità avvilente, consci che nulla potrà cambiare, che la parola futuro è loro preclusa. Gli immigrati, degradati a non-persone, vengono evocati a mo' di spauracchio in un'altra categoria di individui: i nemici, in genere, si ignora se oggetti o bestie, o qualche indistinta entità, ma comunque fuori dell'umano consesso.


Povera crista è quella che don Bottoni chiama democrazia in agonia, e di cui Salvatore Borsellino tratteggia un quadro inquietante. Le cronache dovrebbero esserne piene. Ma ben altri, invece, sono gli argomenti gridati quotidianamente dai media. Parola d'ordine, la mancanza di parola. Abbiamo letto le dichiarazioni di mons. Crociata, secondo cui "i mafiosi non possono appartenere alla Chiesa". Bene, sembrerebbe una tautologia, di fatto però non lo è, quindi accogliamole con piacere, benché assai intempestive. Peccato che poi si precisi che proclamare la scomunica per i mafiosi è "inutile, perché un mafioso si colloca già fuori della Chiesa". In teoria, solo in teoria. Infatti la scomunica "automatica", sempre scrupolosamente attuata, e sonoramente ribadita, nel caso di aborto, per i mafiosi non scatta affatto, se un vescovo non la applica. E certuni evitano di farlo. Mons. Bregantini, da due anni "promosso" a Campobasso, quando si trovava a Locri era uno di quei prelati coraggiosi che scomunicavano gli "uomini d'onore" (...). Ma quanti ne abbiamo visti, di questi ultimi, a fianco dei religiosi nella processione per il santo patrono? Quanti mandanti di stragi sanguinarie hanno giurato e spergiurato sulla Bibbia?


Poveri cristi sono i milioni di morte per fame, un record negativo mai toccato da settant'anni a questa parte. Si sostiene che la speranza può arrivare dalle donne. Ma le donne sono le povere criste per eccellenza.


Marinella, infatti, è stata violentata da bambina; bambina lo è ancora. E' accaduto in Italia, ad opera di italiani. Il suo paese e il "primo cittadino" (Pd), però difendono gli stupratori. D'altra parte, una donna non è nemmeno degna di rappresentarlo, il crocifisso; per la sua stessa natura, peccaminosa e imperfetta, ne è esclusa. Qualcuno di voi ancora ricorderà la querelle sulla crocifissa di Milano, lo scorso anno. Il manifesto venne poi censurato perché il corpo femminile, esclusivamente materiale e inferiore, non poteva in nessun modo raffigurare "il" Cristo. Solo, appunto, "le" povere criste, che non commuovono nessuno.


Ma in questi giorni le cronache, a malincuore, straripano di colui che è diventato, suo malgrado, il povero cristo per eccellenza: e ne avrebbe fatto volentieri a meno. Stefano Cucchi aveva gli occhi persi e fragili fin dall'inizio. Vagolava impercettibile, confuso tra mille altre anime, lontano dal tramestio di qualunque riflettore. Stefano era uno sconfitto in partenza; un martire per caso, come il nome che fatalmente gli era piombato addosso quel giorno, all'anagrafe. Non desiderava testimoniare niente, e le fotografie che ce lo restituiscono ora, col volto tumefatto poco prima di abbandonare per sempre quella periferia d'esistenza da qualcuno chiamata vita, ci raccontano d'un uomo spaurito, indifeso, svaporante in un labirinto incomprensibile. Che ci faccio qui?, sembrava chiedersi. Già: che ci faceva lì? E soprattutto: perché in quel modo? Perché lo si è dato per vinto a 31 anni? Perché lo si è ucciso, ben prima che il suo corpo divenisse la sagoma legnosa che ormai tutti conosciamo, per nulla diversa, tranne che nel colore, dalle salme dei deportati di Auschwitz?


Perché Stefano era, appunto, un povero cristo. La cui appartenenza al genere umano non era per nulla scontata, anzi. Stefano era altro: un drogato, un anoressico, un sieropositivo. Altro. Fatalmente, per forza, nell'ordine delle cose, poteva finire solo così. Perché stupirsene? Il ministro Giovanardi riteneva la sua fine normale, è probabile si sia pure stupito di tanto clamore. Poi Giovanardi ha chiesto scusa. Un sussulto di pietà in un mondo che ha perso l'elementare percezione delle nostre comuni radici. Oggi, quando si parla di radici, non è per unire, ma per separare. Le radici cristiane tanto invocate da Giovanardi a tutela della nostra tradizione gli hanno impedito di vedere in Stefano il volto di quel (povero) Cristo davanti alle cui immagini (in gesso) piamente s'inchina. E l'hanno reso dimentico del fatto che il primo santo della Chiesa, quella Chiesa che tanto gli starebbe a cuore, era un altro povero cristo più disgraziato di Cristo: era un ladro; una nullità, uno sconfitto anche lui. Spazzatura umana, decretano gli americani in questi casi.


Eppure, mai come ora quel corpo infimo, quel rifiuto senza storia, quell'inesistenza così anonima secondo Giovanardi, mai come ora quel silenzio è possente, carnale, vivido. Adesso Stefano finalmente parla e accusa, senza odio, col suo semplice nome. E costringe anche chi voleva silenziarlo a occuparsi di lui. E' stato percosso e umiliato, testimonia un suo compagno di sventure, un nero, un vinto anche lui, che però no, ora "non vuole più tacere". E si scoprono, vieppiù, tanti altri Stefani, tanti altri anonimi confinati nell'anonimato: come quel Giuseppe Saladino defunto a Parma in circostanze oscure. Coetaneo di Stefano, coetaneo di un povero cristo che si credette Cristo duemila anni fa.


I poveri cristi non possono essere oscurati dal crocifisso in legno, o gesso. Per me, quindi, la falsa polemica di questi giorni sarebbe chiusa, anzi, non avrebbe nemmeno dovuto esser aperta. D'altro lato, a parte i già menzionati Ciotti e Gallo, sono stati più esaustivi di me, pur nella diversità di pensiero, Aurelio Mancuso, don Farinella e, soprattutto, Marco Travaglio, nel cui intervento m'identifico del tutto. Riguardo alla famiglia "offesa" dalla presenza della suppellettile, e ai "laici razionalisti libertari" che ne lodano il "coraggio" (naturalmente in Italia, al sicuro e al calduccio) non occorrerebbe spendere neppure una parola, se non fosse per precisare che i fondamentalisti, da qualsiasi parte arrivino, non mi garbano. Li invito a rileggere, anzi a leggere Pasolini in proposito, e per me è chiusa qui.


Qualche parola in più la spendo, invece, dopo aver assistito, su Youtube, alla sarabanda del trittico Santanché-Sgarbi-Meluzzi-Parietti, con la complicità compiaciuta della conduttrice Barbara D'Urso, andata in onda domenica scorsa durante il contenitore per famiglie (!) Domenica Cinque. Anch'essa, come la puntata sullo stupro di Marinella, trasmessa in fascia protetta, in orario di massimo ascolto e alla presenza di bambini.


Il video, certo, si commenta, o dovrebbe commentarsi, da sé, anche perché sia la D'Urso sia gli autori del programma sia i protagonisti di quell'immonda canea hanno artatamente omesso di puntualizzare che, nella diatriba sul crocifisso, i musulmani non c'entrano nulla. La Corte europea ne ha ordinato la rimozione non per loro, che venerano Gesù come profeta dell'Islam, pur giudicando un falso la sua crocifissione; ma per venire incontro alle rimostranze d'una laicissima e perseguitatissima famiglia italo-finlandese, sdegnata dalla presenza di "quell'acrobata sulle pareti" (è uno dei commenti che mi è toccato leggere da parte di uno dei "voltairiani" assertore della "causa"). In effetti qualche parola conviene spenderla, specie dopo aver passato in rassegna - schifati - le "osservazioni" di alcuni utenti. E allora ripenso a Pasolini, un laico autentico (e, per questo, religiosissimo), totalmente alieno dalla parodia dei "razionalisti libertari" alla pastasciutta dei nostri giorni. Rammento le sue pagine sull'arte medievale e rinascimentale, il suo Vangelo secondo Matteo. Il suo Usignolo della Chiesa cattolica, le ultime, terribili pagine sulla Fine della Chiesa nell'incompiuto Petrolio. Quanto ci manca, un empirista eretico sano come lui.


E Pier Paolo l'aveva già individuato, quello scadimento della religione da cultura a tradizione (oggi diremmo: radici cristiane), che inevitabilmente rivelava l'anima pagana del popolo italiano. Oggi un'animatrice del Billionaire, fascista dichiarata, rappresentante d'una formazione politica apertamente antisemita, la paladina delle donne che milita in una combriccola di machisti fin nelle ossa, gorgheggia su "Maometto pedofilo" precisando, per rimarcare la differenza, che "per la NOSTRA cultura questo è inammissibile". E il Meluzzi, il filosofo berlusconiano del Vangelo secondo don Gelmini, assente rumorosamente col capoccione squassato dai lunghi capelli, "che Gesù non era palestinese ma ebreo, e Paolo un cittadino romano". Testuale.


La Bibbia, di cui è innervata la NOSTRA cultura, mette in piazza sacrifici umani dei propri figli (Isacco), patriarchi incestuosi (Lot che giace con le proprie figlie per garantire la continuità della specie dopo la distruzione di Sodoma), lapidazioni d'adultere, roghi di streghe e maghi, ostracismo dei lebbrosi (trattati peggio dei cani rognosi e costretti a munirsi d'un campanello ogni qual volta si avvicinavano a un villaggio abitato, per annunciare la loro orribile presenza), sterminio di omosessuali, schiavismo, legge del taglione, imposizione del velo e del silenzio alle donne (proprio il "romano" Paolo, pur se il passo andrebbe, ovviamente, contestualizzato). Eccetera eccetera per quasi settantasette libri.

 

 


Cristiani, ebrei e musulmani nel grembo dell'unico Dio, miniatura del XII sec. (Istanbul, museo Topkapi).




La Billionairina ne è all'oscuro, per il semplice e banale motivo che l'unico testo sacro esistente a casa sua è il catalogo delle protesi di chirurgia estetica. Il filosofo secondo don Gelmini pure, perché lui è convinto che gli ebrei provengano da Alzate Brianza e i palestinesi, invece, appartengano a un'"altra razza"; quanto a Paolo, nato Saul in quel di Tarso, autodefinitosi "ebreo per nascita e, per cultura, fariseo", credete che tutto questo importi? Non siamo più nel campo della cultura; qui, veramente, siamo nello sterco, ma i Meluzzi e le Billionairine crescono e prosperano proprio nel pantano dell'ignoranza, delle radici marce, di tradizione e distinzione senza passato e prive di futuro.


"L'uomo di Nazareth, Gesù il crocifisso, è figlio integro di una cultura e di una civiltà non occidentale, - ricorda don Farinella - Ebreo, figlio di madre ebrea, cresciuto nella dimensione civile palestinese [checché spiaccia a Meluzzi] e nella cultura semitica del suo popolo, egli è latore di una cultura palestinese-semitica che ancora oggi possiamo assaporare negli scritti del NT. Molti difensori d'ufficio del crocifisso, politici e anche cristiani, se prendessero consapevolezza della ebraicità di Gesù, lo crocifiggerebbero per la seconda volta su una croce più alta e più sicura della prima" (il grassetto è mio).


Il messaggio di Gesù è, al tempo stesso, specifico e universale; in una parola, umano. Nel senso pieno. Per i "laici razionalisti" come per i devoti alla triade "Silicone, Fascio e Billionaire", resta una pietra d'inciampo e mai una testata d'angolo, di cui sbarazzarsi o da usare come arma contundente in nome di radici, identità, tradizione e carote varie.



"Gli idoli delle genti sono argento e oro,/opera delle mani dell'uomo" (Bibbia, salmo 114-115).


Daniela Tuscano







14.6.09

L'ultima campanella


E siamo giunti alla lettera P. Anzi, alla triade. Quest'anno il miracolo è avvenuto, sono riuscita a spiegare P. P. P. ai miei studenti di quinta. "P" come "Programma", l'eterno incubo degli insegnanti. Stavolta concluso, e abbondantemente. Così la voce leggera, bolognese, sfilata e quasi bianca di Pasolini è risuonata nell'aula "Info 3" dell'Istituto tecnico ***, e la sua sagoma al tempo stesso aguzza e gentile, gli occhi protetti da lenti scure, le guance scavate, quasi erose, da chissà quale tormento adolescenziale o profondo, si è materializzata davanti ai miei alunni, soprattutto alle mie alunne. Le quali, alla visione di Comizi d'amore, non hanno potuto trattenere commenti spontanei, ironici, increduli, a volte impazienti. Come volessero parlare direttamente con lui. Termini come "gallismo" sono ormai decaduti nel vocabolario italiano, ma lo spirito no, quello è rimasto, trucemente amorale e già nebbioso, così immobile nell'Italia dove non si ammetteva il divorzio ma la copertura delle corna sì, e piuttosto che sacrificare la santità della famiglia meglio risolvere il tutto con una coltellata. Uomini del Sud, certo, ma pure signore bene preoccupate solo della forma, che sempre, in questi casi, è sostanza. Donne della Bassa emiliana che per le mie allieve "avranno come minimo sessant'anni" e io a spiegare che, al massimo, saranno state quarantenni. Provenienti da un'epoca di infinita pazienza e parti, ma proprio perché ancestrali, più dirette e immediate, ingenue e perciò indulgenti, dei loro uomini. E molti bambini, bambine anche. Si capiva, ha commentato una ragazza, che "Pier Paolo amava le donne". Era così, amava le donne, e si rivolgeva ai giovani da pari a pari. "Ma anche ai cantanti, ai calciatori?" mi ha domandato un'altra, stupita di vedere l'intellettuale in calzoncini corti nel rettangolo di gioco e alle prese con un imbarazzato Peppino di Capri. Signorine al ballo secondo cui gli "invertiti" da curare "se c'è rimedio, sennò pazienza", e le ragazze in sala che protestavano: "Ma non è mica una malattia!". Ignoravano che molti politici attuali, e la Chiesa, e la pubblicistica corrente, la considerano ancora tale. Peggio: secondo i signori appena citati, la "malattia" è tornata a essere un vizio, come si riteneva nei tempi più bui dell'Inquisizione. Lo ignoravano, i ragazzi; ora però lo sanno. Si regolino di conseguenza...


Così abbiamo potuto riflettere anche su quel pensiero di Moravia: "L'uomo religioso non si scandalizza mai". A differenza degli atei cattolici di ieri e di oggi, nel Paese che allegramente sta rinunciando alla libertà, e che alla croce di Cristo preferisce sempre più quella uncinata.
Questo concetto di "homo religiosus" ha lasciato i miei studenti un po' impicciati. Meno male. Affronteranno l'esame e si butteranno nella vita, combattere apertamente il sistema gli riuscirà estremamente arduo, di fatto impossibile, e molti di loro non ci proveranno nemmeno. L'unica speranza, lontana, flebile, fumigante, è aver consegnato almeno l'idea d'una realtà meno prevedibile, se non addirittura parallela, con cui il sistema non può né deve andar d'accordo; e chissà che, dopo la cena assieme, oltre i volti educati, ancora col diritto a un azzurro candore, il ricordo di un anno lontano si riaffacci, di un giorno in cui hanno sentito che "Tonino e Graziella si sposano" , e pensino che l'amore non è crudele sventatezza dei sensi, ma sentimento dolce e rivoluzionario.
In quarta, invece, mi hanno salutato in coro: Nel sole. L'avevamo, o meglio l'avevo, intonata nella gita scolastica a Roma, nel marzo scorso. Sono stata una prof rigorosa, esigente, allegra, canterina e... golosa. Sanno come viziarmi. In fondo, di loro sono anch'io un po' figlia.
Oggi una di loro verrà premiata. Ha vinto un concorso letterario. E' turca. La migliore nella mia materia. Italia multietnica, grazie a Dio.





                                     Daniela Tuscano



4.6.09

Decalogo dell'intercultura

1. Non avrai altro io all'infuori di te.


2. Non nominare la nazionalità degli altri invano.



3. Ricordati di valorizzare le feste di tutte le culture presenti nella tua città.



4. Onora la memoria dei tuoi nonni e raccontala ai tuoi ospiti.



5. Accogli spontaneamente il punto di vista degli altri, non imporre il tuo.



6. Non rubare la parola ai nuovi compagni, prima di tutto impara ad ascoltarli.



7. Non testimoniare sulla cultura degli altri se non ne sai niente.



8. Non desiderare solo la tua cultura: rischi la solitudine e l'arretratezza.



9. Non desiderare solo la cultura degli altri: rischieresti di far morire la tua.



10. Non uccidere le differenze culturali: sono la bellezza dell'umanità.






COGLIETE L'ATTIMO: ACCOGLIETE.






Mohamed Ba


 


 


Ecco invece come la pensa in materia Borghezio, europarlamentare leghista.


19.3.09

La festa del padre


Anniversario. Il 19 marzo 1994 cadeva di sabato. Lo ricordo benissimo perché, il giorno dopo, il placido, mite e sonnacchioso cristianesimo della nostra cittadina di provincia subì una sferzata imprevista. "Assassinato in chiesa", titolarono a caratteri cubitali i maggiori quotidiani. L'assassinato era don Giuseppe Diana, don Peppe per gli amici. Non era la prima volta: nel settembre '93 l'aveva preceduto un suo omonimo, don Pino Puglisi; e poco tempo era trascorso dal martirio di mons. Oscar Romero, in un Salvador così maledettamente uguale al nostro Sud.




A lui, ne sono sicura, non piaceva la definizione "prete anticamorra"; e lo stesso potrebbe dirsi di don Puglisi e monsignor Romero. Un prete "anticamorra" (o antimafia, antidittatura, antirazzista ecc.) è infatti, o dovrebbe essere, una tautologia. Un prete "anticamorra" è un prete che fa il prete.





A don Peppe bastava la Bibbia. "Per amore del mio popolo non tacerò", aveva letto da Isaia, e così abbiamo udito ripetere tante volte anche noi, da monotoni pulpiti. Solo che, a differenza nostra, la fede di don Peppe non era un pezzo d'antiquariato, ma materia turgida, vulcano ribollente, spasmo incontenibile. Da gridare sui tetti, come tutte le verità trapassate dall'amore. La Bibbia era divenuta libro di carne e d'ossa, sangue vivo. Al punto da trasformare quel versetto nel suo testamento spirituale, che ancor oggi interpella, abbatte e consola. Non ci ardeva forse il cuore nel petto, quando ascoltavamo le sue parole?


Don Peppe non portava il clergyman, ha ricordato Roberto Saviano. Mica per puerile ribellismo, mica per accattivarsi qualche velleitaria simpatia radical-chic. E' che quella roba probabilmente sembrava, anche a lui, una tautologia. Un inutile impiccio. Una palandrana che gl'impediva i movimenti. Al più poteva star bene in un museo, in qualche quadro d'epoca, ecco. Forse non ci pensava nemmeno. Aveva altro per la testa.



Il 19 marzo era la sua festa. La festa di don Peppe, ossia, di padre Peppe. Ad altri padri, piccoli padri, padrini, quella sua paternità non piaceva. Troppo schietta, troppo fastidiosamente femminea nella sua pertinace visceralità di curarsi degli altri, di volerli crescere adulti, liberi, indipendenti e tesi, dritti in faccia. Impertinenti. Così hanno voluto cancellargliela, la faccia, alle 7.30 di quindici anni fa.


Ma non ci sono riusciti.


Censimenti. "In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2, 1-7). Un altro brano della Bibbia ci presenta un altro padre, il padre: anch'egli Giuseppe, anzi, soprattutto lui. Un padre discacciato dalla sua terra, un padre anche decisamente strano, che a differenza dei padri suoi contemporanei non parla mai, non alza mai la voce, non giudica, non condanna. Ha una sposa incinta d'un figlio non suo, che sia vergine non lo crede nessuno, tranne naturalmente lui, che probabilmente, le sole volte in cui ha aperto bocca sono state per dialogare con la moglie. Magari per chiederle consigli. Pure questo strano, più che altro inaudito: un uomo del suo tempo, e chissà quanti del tempo attuale, cos'ha mai da dire a una donna? E a una donna di quello stampo, poi? Il figlio ancor più strano si spingerà addirittura oltre, come sappiamo.


La strana famiglia si mette dunque in viaggio per essere censita. Cioè, denunciata. Accade nella Palestina sotto il dominio romano, accade agli ebrei nei Paesi occupati dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale, accade ai rom italiani di cui si pretendono le impronte digitali: coi delinquenti in nuce, non si sa mai! Accade agli immigrati clandestini per i quali è previsto un trattamento peggiore: l'obbligo per i medici di denunciarli alle autorità di polizia. Per loro non c'è posto all'ospedale, figurarsi in albergo. Però, qualche samaritano non ci sta: l'amico Raffaele Mangano mi segnala che esistono, sono tanti, sono anonimi, sono pugnaci. Sono le mani silenti che restituiscono i figli invisibili ai padri rapiti.


Ma cosa dire se persino alcuni esponenti di quelle forze che più favoriscono la disgregazione delle famiglie e la morte del padre si oppongono a certe infamie? Questo: che Dio, malgrado tutto, non ha abbandonato il cuore a sé stesso.


Gli auto-esiliati. Siamo sempre e solo noi che ci allontaniamo. "Una cosa è parlare sorvolando l'Africa a bordo di un aereo, un'altra è vivere tutti i giorni a contatto con chi di Aids muore e con chi, sebbene sieropositivo, cerca di vivere una vita normale - afferma dall'Etiopia suor Laura Girotto, dopo i fulmini di Ratzinger sui diabolici preservativi ("Non servono per combattere l'Aids, anzi, aumentano i problemi", ha sproloquiato, attirandosi il biasimo di qualsiasi persona con un minimo di raziocinio). La religiosa prosegue: "Non si può dire a una coppia di ventenni, di cui uno sieropositivo, che non dovranno più manifestare il loro amore anche attraverso la tenerezza. L'amore fisico non ce lo siamo inventato, ce l' ha dato il buon Dio. E allora in quel caso il profilattico è una sicurezza, consigliarne il suo uso non è più un fatto morale, ma una questione di buon senso". E il card. Dionigi Tettamanzi, attuale arcivescovo di Milano, da tempo ha inserito nei suoi scritti la clausola della "legittima difesa": cioè il diritto del coniuge cattolico di usare il profilattico o di esigerlo se il proprio partner è a rischio o infetto. Il punto, però, è proprio questo: l'amore fisico come dono di Dio. Ratzinger non riesce proprio, a considerarlo tale. Il sesso, per lui, resta peccato.


Anche "papa" significa padre. Di più: babbo. Ma il padre, per Benedetto XVI, non s'identifica con l'uomo bensì col maschio. Lo ha pure scritto: "Madre non è un appellativo col quale rivolgersi a Dio", a rimarcare una differenza sessuale così insuperabile da risultare eterna, addirittura indispensabile per l'accesso in Paradiso.


Gerusalemme: mosaico sull'altare del Dominus Flevit, dove Cristo viene rappresentato come una chioccia attorno ai pulcini. L'edificio è a forma di lacrima.





Eppure: "Ho contato tutte le tue ossa, ti conoscevo ancora prima che tu fossi formato nel grembo materno", recita il salmista. Ma non mi spingo nemmeno troppo oltre: la smentita al padre-maschio Ratzinger viene, a sorpresa, proprio da un giornalista a lui vicinissimo, Vittorio Messori, in un vecchio articolo da lui probabilmente dimenticato.


Povero, casto Papa-maschio. Nella sua residenza principesca, con le sue mani nivee, protetto dal preservativo del suo diritto canonico, cosa gli tocca subire!


La salvezza dai "diversi". Pochi anni fa destò giusta indignazione il rifiuto d'un vescovo di celebrare il matrimonio d'un disabile (e, per quanto possa esser stata condivisa, a me la decisione continua a sembrare inconcepibile e crudele). Ora a cercare l'anima gemella è Pablo, un Down spagnolo fresco di laurea in scienze dell'educazione che pare aver le idee molto chiare su svariati argomenti. Auguri, chissà mai che tu non possa diventare anche un ottimo padre. Un padre vero, intendo: non un semplice maschio.


I padri veri non temono le diversità e Obama, contrariamente al timorato Bush, sembra non avere esitazioni nel perorare la causa delle persone omosessuali. Qui in Italia, invece, dar loro una lezione, specie se portatori di handicap, è diventato un titolo di merito, quasi come stuprare una femmina. Se non fosse stato per altri samaritani...: lo annota Gianni Geraci in una sua lettera aperta.



Quanto risaltano, vive, le parole di Dio, e quanto siamo incapaci di decifrarle noi, anime morte.


Daniela Tuscano






























4.3.09

Se l'Occidente vuole la pace, deve digiunare



SS_Kuwait91_fallenSebastiao Salgado, Workers

Fallen worker: A fire fighter from the Safety Boss team knocked unconscious
by a blast of gas from the wellhead. Greater Burhan Oil Field, Kuwait, 1991



Torno ad un mio post di qualche tempo fa, solamente per aggiornare alcune cifre: l'ente di ricerca americano National Priorities ci fornisce, qui, un aggiornamento sul costo della guerra in Iraq.
Per contrasto, il sito degli Obiettivi del Millennio (MDGs) delle Nazioni Unite, tra i quali il principale è naturalmente sradicare la povertà e la fame, ha invece pubblicato di recente il Rapporto 2008, di cui segnalo uno stralcio.


(...) Continua su Le coordinate galat(t)iche.

22.12.08

Il mio programma per le feste...


"Quest'anno, come tradizione, per prima cosa farò un bell'albero di natale. Il mio papà è andato propio oggi dal quel signore che vende gli abeti sul viale vicino a casa. E' un po' una rottura l'albero vero perchè perde tutti quegli aghi, ma l'effetto che fa sui miei amici quando vengono a casa a trovarmi è super! E poi ci mettiamo tutte le lucine comprate al negozio dei cinesi che suonano le canzoncine e lampeggiano a ritmo di musica..."


alberi











 


Buon Natale amici alberi.


Vi chiedo perdono da parte della mia misera specie.


 











 


 


"I miei genitori mi hanno raccontato che Babbo Natale porta tanti bei doni ai bimbi che sono stati buoni. L'anno scorso non mi ha portato la Winx perchè ho bisticciato con la mia sorellina, ma questa volta sono sicura che arriverà. La mattina di Natale, quando mi sveglierò, troverò tanti pacchi da scartare e dei dolcini alla crema che abbiamo comprato già da un mese, ma che si possono aprire solo quel giorno. Invece so che i bimbi che sono stati cattivi troveranno solo carbone sotto l'albero... Peggio per loro: l'anno prossimo ci penseranno due volte a fare i dispettosi!"


fame


 


 


Buon Natale a tutti i bimbi: che la luce venga davvero finalmente nel mondo e si porti via con sè tutte le menzogne e le ingiustizie!


 


 maialino


  "Per iniziare il nuovo anno invece lenticchie e zampone perchè portano fortuna!!!"


 


 


Sentite? Ditemi: lo sentite l'urlo straziante che il mondo sta gettando verso il cielo?


Perchè? Ecco la domanda che dovremmo porci ogni giorno. Perchè?


E a Natale, quando, così si dice, tutto dovrebbe essere magico, l'urlo diventa un pianto disperato, una richesta, un'invocazione. Una preghiera.


Vieni, o Luce e trascina con te tutte queste tenebre di corruzione e di dolore!




29.11.08

Né pane, né rose

Me ne dolgo, ma non c'è più gioia, non più trasporto né speranza in me per la Giornata della Colletta Alimentare.

Sfileremo, oggi, per la nostra "buona azione annuale". Molti di noi con la morte nel cuore, in verità, perché prevedono che saranno i prossimi beneficiari di quella colletta. Sfileremo davanti a supermercati che, per gli altri 364 giorni dell'anno, mantengono in vita un sistema che non solo ha prodotto, ma considera strutturale la povertà. Come ha acutamente osservato Giorgio Cremaschi, la povertà è indispensabile per il capitale e, paradossalmente, lo arricchisce e l'ingrassa.
La locandina della colletta. Qui si può scaricare l' elenco dei supermercati che partecipano all'iniziativa.




Non c'è gioia, nella nostra carità dalle spalle curve, che s'appresta a diventare essa stessa scarto. Come afferma non casualmente Brunetta il luminare, citando a sproposito ma con cinica ferocia Manzoni: "La crisi è, come la peste, una scopa". Vale a dire, secondo lui, che spazzerà via molti di noi, lazzaroni, fannulloni, sinistrorsi, disfattisti e chi più ne ha, più ne metta. Abbiamo ancora una colpa: quella di non voler morire, di non toglierci di mezzo. Cosa aspettiamo?

Non c'è gioia. Non c'è gioia nel contemplare con occhi sfatati il collasso d'un mondo che ha prodotto ricchezza effimera ed egoista in una sola parte, e piccola, del pianeta. Non c'è gioia, perché non esiste giustizia. E la carità senza giustizia è paternalismo peloso, che genera soltanto tedio, strazio, raccapriccio.

E non avremo nemmeno più il diritto di lamentarci. Stanno mettendo il bavaglio a tutto, e ci riusciranno. Perdonatemi. Non riesco a proseguire. E non so per quanto tempo ancora potrò scrivere su questo blog.


 


 


 

16.6.08

Segnali di fascismo


Dall'amico Carlo ricevo, pubblico e sottoscrivo PAROLA PER PAROLA. Visto che quella parola, nessuno osa più pronunciarla. Proprio come si diceva ai bei tempi, ora tornati: "Tacete, il nemico vi ascolta". Mai avrei immaginato di riviverli. (D. T.)

Militari nelle città . Brutto segno. Brutto come lo è quasi tutto quello che sta facendo, o annunciando di fare, l’attuale governo. Il governo più di destra che la Repubblica italiana abbia mai avuto da quando è nata.


Per i prossimi sei mesi, ovviamente rinnovabili, 2.500 militari si andranno ad affiancare alle forze dell’ordine nel presidiare i luoghi considerati più a rischio delle maggiori città italiane. Se a questa ultima trovata aggiungiamo, con la scusa dell’ultimo giro di vite sulle intercettazioni, le minacce di arresto per i giornalisti; se aggiungiamo la possibilità di chiudere i migranti nei centri di permanenza, come previsto dall’ultima direttiva europea, anche per 1 anno e mezzo e la criminalizzazione di tutti i migranti senza permesso di soggiorno; se aggiungiamo la minaccia di manganelli ed esercito per chi ostacola l’accesso, anche con un pacifico sit-in, ad altre pattumiere a cielo aperto nella già martoriate terre campane; se aggiungiamo i rastrellamenti nei quartieri a più alto tasso di popolazione straniera e gli sgomberi dei campi nomadi; se aggiungiamo, infine, i tanti piccoli atti di razzismo che si moltiplicano e si stanno verificando ormai quotidianamente, ne viene fuori un quadro ben poco felice del nostro Paese.




Come per il lupo, anche per la destra, vale il detto: “perde il pelo, ma non il vizio”.

Tutti questi brutti segni sono, inequivocabilmente, segnali di fascismo. Come il sindaco di Roma, che sotto la camicia porta la croce celtica, numerosi componenti del governo Berlusconi nascondono sotto il vestito la vecchia camicia nera. E, come accadde nel ventennio mussoliniano, anche oggi si sta cercando di stringere nella morsa autoritaria le nostre città, mentre i poteri economici più forti possono fare il loro comodo più indisturbati che mai.



Ecco quindi, la vera faccia del governo Berlusconi: è la faccia inconfondibile del fascismo.


Ora si tratta di contrastarlo, prima che faccia danni irreparabili e ci faccia tornare indietro di cento anni. L’appello a tutti i cittadini democratici è chiaro e semplice: apriamo gli occhi, organizziamoci, formiamo gruppi spontanei in tutti i nostri quartieri e poniamo una barriera nonviolenta contro la dilagante violenza che si sta preparando. Non permettiamo a questi nostalgici di “ordine e disciplina” di rosicchiare pezzo dopo pezzo la sovranità popolare e costruiamo una società più radicalmente democratica, che non dia mai più la possibilità ai fascisti di prendere il potere.




Carlo Olivieri - Roma

13.6.08

Benedetto XVI e Berlusconi : nuova alleanza tra tono e altare ?


Francis Bacon, Studio sul ritratto di Innocenzo X di Velazquez, Iowa, Museo Des Moines Arts.


Nel quasi totale e imbarazzato silenzio delle forze laiche e democratiche ed il propagandistico plauso dei media televisivi, ci sentiamo obbligati ad alcune considerazioni critiche sui recenti sviluppi nel rapporto Stato-Chiesa nel nostro paese.

Il governo Prodi è stato bersagliato per due anni dai vertici della Conferenza episcopale e dal Vaticano e questa ostilità è stata una delle cause principali della sua caduta. Dopo il 13 aprile il rapporto del vertice della Chiesa con le istituzioni è immediatamente cambiato. Il Presidente della CEI Card. Angelo Bagnasco e soprattutto Benedetto XVI, nei loro discorsi tenuti alla recente Assemblea dei vescovi, in nome di una “sana laicità” unilateralmente interpretata, hanno accreditato il nuovo governo, hanno lodato la pacificazione nazionale, hanno dettato l’agenda delle cose da fare non senza dimenticarsi di “chiedere” a proprio diretto favore. Berlusconi è stato poi intervistato dall’ Osservatore Romano e dalla Radio vaticana ed è stato ricevuto dal Papa con grandi onori, accompagnato da Gianni Letta, sottosegretario della Presidenza del Consiglio, preventivamente nominato “gentiluomo di Sua Santità”. Al cattolico adulto di prima si è ora preferito un uomo quasi inviato dalla Provvidenza.
Questa apertura di credito è stata fatta senza alcuna cautela e senza una valutazione di merito delle culture del nuovo governo che sono in contraddizione evidente con la dottrina sociale della Chiesa (liberismo in economia, estremismo sul problema dell’immigrazione, scarsa sensibilità democratica, debole contrasto nei confronti dei poteri criminali, disinteresse per i problemi del rapporto tra Nord e Sud del mondo, mancanza di credibilità personale dei suoi leader ..). Il ripetuto e ben progettato baciamano di Berlusconi a Benedetto XVI davanti alle televisioni è l’icona stessa del servilismo del nuovo corso politico nei confronti del potere ecclesiastico.


Come cattolici crediamo nella laicità della Repubblica, crediamo nei grandi valori della fraternità e della solidarietà, auspichiamo che la nostra Chiesa diventi povera di strumenti mondani e che sappia spogliarsi dei privilegi e dei ruoli di cui gode ora per predicare con maggiore credibilità il Vangelo. Da qui il nostro scandalo per il pagano connubio tra il trono e l’altare che si sta intensificando nel nostro paese e le cui responsabilità principali sono del vescovo di Roma che ha favorito e accettato il servile atto di vassallaggio del capo del governo. E auspichiamo che i cristiani adulti, ben presenti a tutti i livelli nella Chiesa, aprano la bocca senza timidezze su questa questione, rompendo la cappa di conformismo che grava sul cattolicesimo italiano.


L’assemblea nazionale di “Noi Siamo Chiesa”

Milano, 8 giugno 2008

www.noisiamochiesa.org

6.6.08

Schedatura di cittadini ITALIANI: lettera aperta di Giorgio Bezzecchi



Prossimo intervento differenziale per cittadini Italiani ( censimento fotografico   schedatura-Polizia ) , domani mattina, presso il campo comunale di via Impastato a Milano ( famiglie Bezzecchi ).
Sono passati 60 anni dalla promulgazione delle leggi razziali e dalla pubblicazione della rivista "La difesa della razza" di Guido Landra e dei primi rastrellamenti che sfociarono dopo un breve periodo di tempo in un ordine esplicito di ""internamento degli zingari italiani" in campi di concentramento (Circ.Bocchini 27/04/41), quei "campi del Duce" di cui in Italia si è preferito perdere la memoria.

"RICORDARE PER NON DIMENTICARE" - Sono  passati sessant'anni, ma le preoccupazioni, la percezione del pericolo, I PROVVEDIMENTI PUBBLICI SONO GLI STESSI DI OGGI.

È agghiacciante quello che sta avvenendo oggi sotto i nostri occhi, a Milano.Rimanere in SILENZIO oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.NESSUNA collaborazione di Enti o Associazioni è giustificata (VERGOGNA) !

Mi appello alla società civile, chiedo un sostegno per le comunità di Rom e Sinti milanesi… voci dal silenzio…Ricordo che domani sarà schedato anche mio padre, CITTADINO ITALIANO, che ha patito la persecuzione nazifascista con l'internamento in campo concentrazionale italiano (Tossicia) ... mio nonno deportato a Birkenau e uscito dal camino…VERGOGNA

MI VERGOGNO, IN QUESTO MOMENTO, DI ESSERE CITTADINO ITALIANO E CRISTIANO  Chiedo in questo momento tragico per la democrazia e la cultura a Milano ed in Italia, di URLARE il proprio dissenso per questa politica razzista, incivile e becera.

RICORDO E NON DIMENTICO che oggi siamo noi e domani...... ......... ......... .......




Rag. Giorgio Bezzecchi (Rom, medaglia d'oro al valor civico), Milano, 05/06/2008



Per inviare messaggi di solidarietà:
segreteria@operanomadimilano.org
ROMANDROM@libero.it



14.5.07

Senza titolo 1825

Dopo questa news (   di cui riporto  sotto l'articolo )  , e la bellissima poesia  di sephiroth777 ,ovvero lo sfruttamento  sessuale da parte di una mman   di una ragazza  di 12 , sono ancora  di più convinto  che  accorre  visto  la sua impossibile  eliminazione  data la sua antichità  e il suo essere cosi radicato  della legalizzazione   e  il controllo da parte  dello stato   come avviene  nel nord europa  .






 Dallla  nuova sardegna  del 14\5\2007

 SASSARI. I clienti facevano la fila per avere un rapporto con quella ragazzina dalla pelle nera. Guardata a vista dalle colleghe, lei si vendeva ogni sera nella zona industriale di Sassari. Il 26 aprile, quando i carabinieri bloccarono una prostituta evidentemente più piccola dei diciotto anni dichiarati, a Predda Niedda ci fu il fuggi fuggi generale di uomini in cerca di sesso e donne in vendita. I medici hanno stabilito che la ragazza, da allora ospite in un centro di accoglienza, ha solo quattordici anni. Una inchiesta della Procura di Genova, che oggi approda in udienza preliminare, svela inediti e agghiaccianti retroscena della storia. La giovanissima, infatti, è la stessa che, secondo le accuse, due anni fa venne venduta a una maman. A soli dodici anni, Leonore sarebbe stata una delle tante schiave del sesso costrette a battere il marciapiede per ripagare i padroni che le portano in Italia. Sono sedici gli imputati di riduzione in schiavitù, compravendita di persone e favoreggiamento della prostituzione.
La maman aveva paura di lei, anche se non lo avrebbe mai confessato. Non in sua presenza. Il fatto è che la maman temeva che Leonore fosse una strega. Altrimenti dove trovava, lei così minuta, la forza di gelare chi la picchiava con uno sguardo impavido? E poi, perché riusciva a starsene ostinatamente seduta in disparte, senza degnare di uno sguardo i clienti, quando la sua padrona la mandava a battere il marciapiede? Meglio liberarsi alla svelta di quella ragazzina che prima di partire dalla Nigeria aveva fatto il giuramento voodoo di fedeltà, però non sembrava particolarmente impressionata dalla minaccia che il dio Ogun potesse incenerirla.
 Così, nel novembre 2005, Leonore venne venduta per poche migliaia di euro a un’altra maman che aveva bisogno di carne fresca da far prostituire tra i capannoni di un’anonima zona industriale. A Sassari, in Sardegna. Un posto come un altro per Leonore, che qualcuno aveva prelevato nella capanna di un villaggio in Nigeria.
 Ma, anche nella città sarda, la piccoletta diede filo da torcere alla nuova padrona. «Tua figlia è arrogante - tuonò un giorno, al telefono, la donna con la madre della ragazza -. Mi ha chiesto di poterti chiamare ma io, quando ero sotto la mia maman, mi mettevo in ginocchio per pregarla di chiamare i miei genitori». «Perdonala» implorò la madre che, evidentemente, sapeva bene cosa faceva Leonore per vivere. E però non poteva, o non voleva, fare niente per salvarla.
 Forse oggi le maman di Leonore avranno capito che la forza sovrumana di quella ragazzina era solo l’incoscienza dell’età. Perché Leonore, sottratta nei giorni scorsi dai carabinieri ai clienti in fila nella zona industriale di Sassari, ha solo quattordici anni. Quindi ne aveva dodici quando arrivò in Italia in aereo con un passaporto falso, un debito da pagare a chi l’aveva presa in consegna dai suoi genitori. Prologo precocissimo di una vita da marciapiede.
 Leonore potrebbe essere una delle tante schiave, comprate e vendute, trattate come un oggetto di carne viva in quell’imperscrutabile dedalo tracciato dai nuovi mercanti delle donne. Suoi connazionali, con protezioni altolocate in patria e il denaro sufficiente per comprare le ragazze nei villaggi sperduti e portarle in Italia con in tasca un documento falso. E un debito da pagare con il proprio corpo.
 La storia di Leonore è solo una di quelle che stamane, a Genova, saranno rievocate dal pubblico ministero Giovanni Arena in una udienza preliminare che vede sedici persone (quindici nigeriani e un italiano) imputate di riduzione in schiavitù, compravendita di esseri umani, violazione della legge sulla immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione. Tra queste persone ci sarebbe anche l’ultima padrona di Leonore - Faith Omokaro, 31 anni, nigeriana, residente a Sassari ma attualmente detenuta - e l’uomo che nel novembre di due anni fa andò a prelevare la ragazza al porto di Genova per portarla a Sassari. Qui, in un anonimo appartamento di via Lamarmora, il 28 giugno 2006 si chiuse un capitolo della storia di Leonore.
 Quella mattina, molto presto, arrivò la polizia con un ordine di custodia cautelare per Faith, firmato dal giudice delle indagini preliminari Maria Teresa Rubini. Fu la conclusione di una indagine aperta un anno prima della squadra Mobile di Genova. La coppia, difesa dall’avvocato Giuseppe Onorato, si difende negando le accuse.
 L’indagine, ora al vaglio della magistratura, offre uno squarcio inedito sulla tratta delle ragazze nere che ogni sera vagano nelle periferie cittadine. Relitti umani in balìa dei loro padroni e degli uomini che le comprano per pochi euro. Padroni in subaffitto.
 Leonore un anno fa venne identificata, come gli altri occupanti dell’appartamento, dalla polizia. Risultava ventenne, almeno dai documenti, ma sarebbe proprio la stessa ragazza fermata il 26 aprile scorso dai carabinieri in città. Dai controlli, anche sanitari, cui è stata sottoposta, risulta che la ragazzina ha solo quattordici anni.
 La storia di Leonore, così come viene raccontata nell’ordinanza di custodia cautelare e nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, è simile a tante altre ma aiuta a capire come funziona (o come funzionerebbe, avvertono gli avvocati difensori degli imputati, invocando doverosamente la presunzione di innocenza per i propri assistiti) lo schiavismo del terzo millennio.
 Nel novembre 2005 Leonore era a Genova da qualche mese ma la sua maman - Abiodun Egbor, 32 anni - si era stufata di lei. Una telefonata a Victor Osawaru, 30 anni, presunto capo delle maman, e la giovanissima viene «sistemata» a Sassari da Faith, che già de tempo chiede una nuova ragazza. Abiodun è felice di consegnarle la ragazza, ma chiede a Victor di farle fare un rito magico da un santone «perché si metta a lavorare, almeno con la nuova maman». L’«affare» viene concluso una settimana dopo. Al telefono, Victor suggerisce a Faith di telefonare alla madre di Leonore per informarla di averla comprata. Al telefono, Abiodun riferisce a Victor che la madre dell’adolescente è preoccupata per il sospetto di stregoneria che aleggia su sua figlia. La peggiore accusa, annota il gip di Genova, che possa essere mossa a una donna nigeriana.
 «Le ho detto che non dovevano parlare dell’accusa - spiega Victor alla maman -. Lei si è lamentata che in questo modo verrà sfruttata da due persone. Le ho detto che se la vendiamo o no, l’importante è che vada a stare bene dove andrà. Così ho detto a sua madre, che tu hai tolto un po’ dal suo debito... Hai capito?».
 «L’ho sgridata così - insiste l’uomo - e sua madre ha cercato di calmarmi. Le ho detto che non mi piacciono le cose senza senso, che la figlia non può parlare così. Ho detto alla madre cosa ha fatto per cui l’hanno accusata di essere una strega. Le ho detto che starà meglio dove andrà, perché lì fanno presto a estinguere... Vanno due volte a lavorare lì. Se è furba, andrà sia a quello di giorno che a quello della notte. La polizia non le controlla lì...».
 Invece a Sassari - almeno stando alle intercettazioni confluite nella ordinanza di custodia cautelare e poi nel fascicolo processuale - Leonore continua a mostrare un carattere ribelle. È Faith, sfogandosi al telefono con il suo compagno, a lamentarsi perché la ragazza avrebbe spedito soldi di nascosto alla madre. «La picchierò appena torna a casa» annuncia la donna a un’amica, anche lei maman, che le suggerisce di chiamare la madre della ragazzina minacciandola che le manderà dei ragazzi perché la violentino.
Nuovi problemi quando Leonore rifiuta di tagliarsi capelli e le unghie delle mani e dei piedi («è noto - scrive il gip Rubini - che occorrono per fare riti voodoo»). «Mi ha chiesto per quale motivo debba fare questa cosa - si sfoga la maman - e le ho detto che se non vuole farlo da sola ci penserò io, con le forbici, ma deturpandola». Al compagno, che le chiede di non picchiare più la giovane («tanto l’importante è che paghi il suo debito»), Faith annuncia di avere chiesto a suo padre, in Nigeria, di andare a prendere la madre di Leonore e di imporle il «giuramento» voodoo. In modo tale che nel caso in cui la figlia le dovesse inviare del denaro o le dovesse telefonare, di nascosto, Ogun (il dio del ferro) le ucciderà una alla volta. Perché Leonore è un problema, non porta niente dalla «strada», mentre le altre ragazze consegnano anche 1.500 euro ogni dieci giorni alla loro maman.
Faith non sa che le sue minacce, che non fanno presa su Leonore ma terrorizzano sua madre in Nigeria, sono ascoltate dalla polizia di Genova. Qualche settimana più tardi è lei a conoscere il ferro, ma delel sbarre in una cella.
A giudicare dall’inchiesta, la giustizia italiana sarebbe stata capace di scoprire i suoi «padroni». Ma, fino al 26 aprile, non sarebbe riuscita a liberare Leonore. Che, evidentemente, dopo l’arresto della sua presunta sfruttarice ha trovato un’altra maman. Qualche settimana fa, i carabinieri hanno sorpreso la ragazzina a battere a Predda Niedda. Per quella baby prostituta dallo sguardo fiero c’era la fila, hanno spiegato i carabinieri che l’hanno accompagnata in un centro di prima accoglienza per minori. L’unico momento magico per la bambina nigeriana che non ebbe paura di sfidare il dio Ogun.




11.5.07

Senza titolo 1818


PADOVA


Le prostitute di Padova risarciranno i clienti multati per via di un'ordinanza del sindacato con una prestazione gratuita. La disponibilità al risarcimento verrà comunicata ai clienti attraverso il bollino rosa,anche detto bollino dell'amore,che verrà indossato sopra i vestiti e segnato sul marciapiede. E' la contromisura decisa dalle prostitute che operano nella città veneta dopo che il sindaco Flavio Zanonato ha rispolverato un'ordinanza di nove anni fa grazie alla quale si possono multare per intralcio alla circolazione automobilistica i clienti delle prostitute.Tale  news  è  confermata  anche  da tale flash dell'agenzia ANSA del  2007-05-11 11:10 di cui riporto sotto l'articolo 


PADOVA
Prestazione gratis ai clienti padovani se dovessero essere multati dai vigili. E' il ''bollino rosa dell'amore' istituito dalle prostitute.Cosi' la categoria ha risposto all'ordinanza antilucciole del sindaco di Padova Flavio Zanonato.
Come spiegano oggi i giornali locali,che all'iniziativa ha aderito oltre l'80% delle ragazze che lavorano in strada.
IL bollino rosa dell'amore sara' indossato sopra i vestiti cosi' il cliente sapra' che se multato sara' risarcito con una prestazione gratis .

Una bella   protesta simbolica  con cui sono d'accordo perchè come  affermano  i ricercatori di Transcrime la politica del non intervento favorisce la tratta e lo sfruttamento delle ragazze . Il vuoto legislativo lascia mano libera ai sindaci : dalle telecamere di Veltroni ai progetti di quartieri per adulti .

Infatti : << (...) Rendere illegale la prostituzione, punendo la domanda produce una serie  d'effetti positivi  e negativi   spiega  Andrea di nicola  coordinatore di transcrimine  di Trento .
Priimo fra tutti  toglie le luccioe dala strade   e  li  porta  verso gli appartamenti  , dove  è più difficile venire beccati  . La tratta  continua 
-- di Nicola -- si fa  meno visibile  e   nel caso della Svezia, sembra si sia pure ridotta. Anche se essendo un fenomeno clandestino è  difficile avere stime esatte.Spesso le prostitute, poi, si spostano nei Paesi limitrofi, dove la legislazione è più morbida » (...) .
Quindi  una politica  restrittiva (  proibizionista )  va   dunque  a vantaggio  di chi  (  nella maggior parte dei casi , parlo  per esperienza personale  visto che  ad Olbia  a casa  di amici  e conoscenti   certi quartieri sono invibibili per questo problema ,   ipocritamente  )  non vuole le prostitute  sulle strade ed il  mercato ( perchè  di tale fenomeno si tratta  )  del sesso  a  cielo aperto  .                           
Ma  lo stato mettendo fuorilegge e reprimendo   tale fenomeno da'  una  chiara indicazione  che esso sia male  . Una convenzione, certo  giusta ,  ma limitandosi   solo a proibirla   non risolve  certamente tale fenomeno .
Infatti  nel lungo periodo oltre a creare  una'opposizione culturale al  fenomeno  , si creano efettivi   negativi  .
 Per  esempio si è indotti a credere  che la tratta e lo sfruttamento  della prostituzione  ( soprattuttto quella minorile )  da  parte delle  mafie  non esista e  che  gente senza  scrupoli   trascini  con l'inganno o  con la minaccia  le donne  in strada   o pegio,se tale politica repressiva continuasse  nelle case  e negli appartamenti affittati  o subaffittati   .
Allora : << (...)   lasciare le prostitute in strada  ? ---  continua l'articolo intervista  ad Andrea di nicola  --- direi di no  .
Una una politica sulla prostituzione  deve  ridurre i danni dello sfruttamento  delle ragazze,senso d'insicurezza  dei cittadini, contaggio da malattie infettive, ecc.  Non so  se il modello  svedese   possa essere  una  soluzione . Una cosa  è certa  la politica dello struzzo e  del lasciar fare  addottata  in tale ambito  dal nostro paese non paga  . Anzi accuisce  i danni  sociali.Un intervento  dello stato  è  neccessario .Ma  trovare  un  metodo  giusto spetta ai politici non ai  ricercatori >> .
Quindi  a mio  avviso  sarebbe  giusto, anche se per alcuni\e non  eticamente  giusto , ma è il male  minore ,  che  ritornino i  postriboli \ case  chiuse  gestite  dallo  stato  visto  che  fin'ora   non si riusciti a gestire  tale fenomeno  .
Il quale poteva essere risolto  con una politica  familiare  e sociale meno ipocrita  e confessionale   come dice l'utente  vogliopartire 



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