
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
19.9.09
Abominio - 2

24.6.09
Corpi di ragazza
Al min. 7.21 Nina Moric, ex moglie di Fabrizio Corona, viene usata come "prosciutto" durante una puntata di Striscia la notizia sotto lo sguardo divertito di Pino Insegno.
Alcuni giorni fa è giunta a "Repubblica" la lettera piccata di Antonio Ricci, l'ex-preside più giovane d'Italia ormai affermato e spumeggiante autore di moltissimi programmi di enorme successo, da Drive In a Striscia la notizia, da Paperissima a Emilio, a L'Araba Fenice (che destò scandalo per la partecipazione nuda di Moana Pozzi, le cui "gesta" verranno presto celebrate in un film), all'impareggiabile Velone, e via di seguito. Offeso dall'accostamento, fatto da diversi commentatori, tra le soubrette del suo Drive In e la successiva, dilagante subcultura delle escort, Ricci ha rivendicato invece l'importanza della sua trasmissione "libera e libertaria degli esagerati anni '80, osannata all' epoca da tutti gli intellettuali", definendola "comica e satirica". E a proposito delle ragazze "Fast Food", ha aggiunto: "...come allora ebbi modo di dire, erano iperboli: figure retoriche viventi, caricature parodistiche al pari del paninaro, del bocconiano, del Dott. Vermilione". Ricci ha pure ricordato come, in quegli stessi anni (un po' prima, in verità: si trattava di trasmissioni dei tardi '70) la Rai mandasse in onda le nudità di Rosa Fumetto, Ilona Staller e Barbara D'Urso.
C'è del vero nelle sue affermazioni: la più vera sembra essere la prima: che Drive In fosse uno spettacolo comico e satirico. E' stata un'autentica fucina di talenti, credo che tutti i maggiori comici del tempo siano passati di lì. Ed è vero che anche in Rai si era tentato qualche azzardo. Ma il paragone, in tal caso, non regge: la mia precisazione "dei tardi anni '70" non era oziosa. Negli show cui allude Ricci, accanto a qualche bellezza piccante - per usare un termine desueto, ma caro al nostro premier - si esibivano anche Amanda Lear, Grace Jones, Patty Pravo: donne irrequiete e, nel bene e nel male, simboli non solo di sensualità, ma anche di un'epoca che sfidava il puritanesimo, la censura, le convenzioni piccolo-borghesi. E rischiava grosso. Ci fu un tempo, in Rai, in cui ogni tanto, per strane e miracolose alchimie, simili esperimenti erano possibili: ricordo vagamente talune inchieste dell'ultimo Pasolini (ripescate e assaporate oggi grazie a Youtube), persino servizi sulle "minoranze" sessuali che oggi non troverebbero posto nemmeno in quindicesima serata.
Negli anni Ottanta, invece - come ricorda efficacemente Antonio Labranca - la bizzarria era codificata, a tempo, girava a vuoto per le vie centrali della città cercando inutilmente di sbalordire i turisti o di spaventare qualche vecchietta. Ma non si trattava più di épater le bourgeois: erano invece gli stessi figli della nuova borghesia che, improvvisamente sazi e avidi di materia, cercavano un antidoto alla noia che li opprimeva.
Drive In rifletteva appieno lo "spirito" di questa "materialità". Non era dunque uno spettacolo libertario, ma soltanto esagerato.
La comicità, anche quando diventava autentica satira (e accadeva spesso, va riconosciuto) e non semplice sfottò, seguiva ritmi veloci (fast, appunto) ma scontati. Soprattutto nella rigida differenziazione dei ruoli maschile e femminile. Ricci avrà parlato anche allora di "iperboli, parodie, figure retoriche" ecc. a proposito delle sue Fast Food, è un insegnante di lettere e il suo vocabolario ricco e fiorito, furbo - mica per tutti... -, benché ridondante (iperboli e parodie sono già figure retoriche: attento alle tautologie, prof. Ricci). Io ricordo bene che dichiarò: "Il pubblico vuole le donne? E noi diamogli le donne!". E il ruolo delle donne di Drive In era quanto di più antico il suo scapigliato autore voglia far credere oggi; tanto è vero che da quel programma non emerse praticamente nessuna attrice comica di qualità. Perché il genio folle, l'attore vero, insomma la testa pensante, anche se matta, era l'uomo, come nella più classica delle tradizioni; di là da iperboli e parodie, e anche prescindendo dalle ultime notizie secondo cui alcune di loro servivano come svago per i potenti di turno, compito delle Fast Food era invece, molto più semplicemente, eccitare.
Ricci se la piglia poi con l'architetto Fuksas, colpevole, secondo lui, di aver confuso le sue "parodie" con le ultra-disinibite Ragazze Cin Cin di Colpo grosso. Sarei curiosa di sapere quanti, in tutta onestà, ne sappiano cogliere la differenza; in ogni caso, le une e le altre si ricomposero proprio a Paperissima, in una puntata dedicata, chissà come, agli errori delle procaci figliole. (Consiglio pure, in particolare per il link appena citato, di leggere alcuni commenti a questi filmati, tutti redatti da uomini. Alcuni raggiungono il sublime: "questo e [senza accento] il ruolo vero per le donne", "anche le più feroci femministe depongono le armi: la freschezza e l'ingenuità di quei tempi fanno solo sorridere", "Ti guardano con quelle acconciature e ti salutano ammiccanti! T***e! Le amo", "grazie a questa trasmissione ho scoperto il ruolo della donna... erano le prime volte che mi veniva duro...").
Per concludere con Ricci, la sua autoperorazione suona tanto scomposta e patetica quanto quella delle spogliarelliste che si difendevano argomentando: "No, io non sono una pornostar. Io faccio il burlesque".
Su Non è la Rai forse non è neppure il caso di soffermarsi molto, però questa versione de Lo shampoo di Gaber (!!!) magistralmente interpretata da Antonella Elia (con "piuma" al posto di "schiuma") una sbirciatina la merita. In tal caso concordo con l'anonimo commentatore che, rivolto alla bionda starlette, ha concluso: "Beh, quella una voglia ce l'ha".
Sempre in Scherzi a parte edizione 2009, condotta dal "sinistro" Claudio Amendola, ecco la nuda Belen circondata da maschi vogliosi e vestitissimi. Da notare l'espressione di Paolo Brosio, recentemente miracolato - come ha reso noto lui stesso -.
L'umiliazione del corpo femminile viene pertanto da lontano e, benché più marcata sulle tv commerciali, si ritrova ormai dappertutto, sia sulle reti private sia su quelle pubbliche. E son tutti programmi di prima serata, alcuni (Non è la Rai) destinati a un pubblico di giovanissimi/e. Non delle eccezioni, ma la regola. L'amnesia della morale cui accenna Edmondo Berselli ha radici antiche.
Tuttavia, il vero emblema di questa amnesia a me sembra una trasmissione di cui mi occupai qualche anno fa: La pupa e il secchione. Anche qui il giochetto non cambia, Il pupo e la secchiona sarebbe stato improponibile, il maschio, benché sfigato, è comunque il cervello, la femmina il corpo. Mica un corpo da nulla. Lo testimonia l'esibizione delle "pupe" (dalle fattezze, con ogni probabilità straniere) qui sotto:
Sono consapevole del fatto che agli uomini piacciano molto, hanno palesato cosa in realtà desiderano da noi, ma può darsi che qualcuno capace di guardare oltre le... fessure esista pure, da qualche parte. I commenti sono irripetibili, ma uno, in ogni caso, vale la pena di menzionarlo, perché nella sua crudezza dà l'esatta misura di quel che accade di questi tempi, in giro: "Nora è da stupro violento". E quinci sian le nostre viste sazie.
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N. B.: Marrakech festeggia Fatima al-Mansouri, 33 anni, la sua prima sindaca. "Sono onorata di rappresentare Marrakech, mi auguro di vivere fino in fondo quest'avventura", ha dichiarato la signora Mansouri. Le porgiamo i nostri migliori auguri di buon lavoro.
11.6.09
Lettera agli amici
Nella Bibbia quando Dio vuole mandare un castigo al suo popolo, gli toglie «la Parola» e la siccità diventa sinonimo di mancanza di profeti e profezia. Quando invece vuole benedire il suo popolo, manda i profeti e la Parola scorre come la pioggia e ne impregna tutta la terra. Il profeta Gioele (sec. IV a.C.) annuncia che l’era messianica vedrà una abbondanza straordinaria di profezia: «Sopra ogni carne effonderò il mio Spirito. I vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri vecchi avranno dei sogni, i vostri giovani vedranno visioni»(Gl 3,1). Questo testo non distingue tra Israeliti e non Israeliti (credenti e atei), ma afferma che lo spirito di profezia sarà effuso su tutti: «su ogni carne».
Pensavo a queste parole profetiche, quando lessi l’e-mail di Maurizio Chierici il quale mi comunicava che oltre tre mila persone in quattro giorni avevano letto la mia «Lettera aperta al cardinale Angelo Bagnasco: “Senza la profezia rimane la complicità”». Sono rimasto colpito dalla valanga di adesioni e ho sentito immediatamente la mia responsabilità aumentare. Oltre al sito del settimanale «Domani», (http://domani.arcoiris.tv/?p=602) , la lettera è stata ripresa dal sito di Paolo Moiola (http://www.paolomoiola.it/) e del Tafanus (http://iltafano.typepad.com/il_tafano/) e so che moltissimi l’hanno mandata ai loro contatti e conoscenti. Veramente la rete è uno strumento di democrazia e di libertà.
Con la mia lettera aperta non ho compiuto un atto di coraggio, né ho voluto cercare consensi a buon mercato, ma ho adempiuto un voto di coscienza, cioè un obbligo interiore che mi deriva dal mio essere cittadino di uno stato democratico e laico e di essere al tempo stesso un credente che svolge la funzione di prete nella Chiesa Cattolica. Parlare di coraggio e di paura è fuorviante, oggi è sufficiente essere solo se stessi per emergere in un oceano di servilismo e di omertà. Io non rappresento la Chiesa e non intendo essere un capo popolo, ma nello stesso tempo non posso rinunciare ad essere me stesso e solo me stesso: perché valgo soltanto per il grado di autenticità nella verità che sono capace di dare con la mia vita, la mia dirittura e il mio disinteresse. Non temo le conseguenze di alcun genere perché non ho mai avuto mire di carriera, e oggi sono parroco di una parrocchia senza territorio e senza parrocchiani, mentre don Milani stava meglio: era parroco di 40 persone.
Credo in Dio e il mio Dio ha il volto di Gesù Cristo che ha sempre preso le distanze da ogni forma di potere, che ha messo in guardia dall’esercizio del potere, basato sullo sfruttamento e ha imposto ai suoi discepoli un comportamento e scelte diametralmente opposti. Gesù non ha cercato il compromesso con l’esistente, non è venuto a patti con il potere, né civile né religioso, ma ha indicato le responsabilità e le connivenze, additandole al disprezzo della coscienza illuminata dalla Parola di Dio a favore del principio invalicabile che è la persona umana. A questo scopo non ha esitato a schierarsi contro «il sabato», come dire che ha negato la ragione stessa dell’esistenza della religione. Davanti ai nostri occhi, gli atei travestiti da laici e gli psudo-credenti, travestiti anche da vescovi e cardinali, stanno facendo scempio delle regole della convivenza sociale e umana, basata sui bisogni dei più piccoli e incapaci di badare a se stessi. Costoro contrabbandano i principi e i cosiddetti «valori» con gli affari e le convenienze, con gli intrallazzi e i tornaconti.
E’ tempo della Parola e delle parole di senso: in un mondo seppellito da «morte parole», facciamo sentire il suono e la musica della Parola che libera la coscienza e impegna la volontà per fare argine davanti al degrado politico, sociale, istituzione e religioso in cui stiamo affondando perché abbiamo permesso che un pazzo «malato» di egotismo andasse al governo per guidare l’intera Nazione verso l’abisso della decadenza. Non si può più restare muti senza diventare complici. E’ l’ora che i credenti non chierici e i laici custodi dell’autonomia dello Stato, sorgano dalle loro comode poltrone, e rompano il silenzio di rassegnazione di fronte all’emergenza educativa che sta attanagliando il nostro Paese, divenuto zimbello del mondo intero a causa di un presidente del consiglio che si comporta e agisce come un malato mentale assetato di narcisismo auto celebrativo. I cattolici e in modo particolare i vescovi non possono tacere di fronte a questa deriva che ha toccato livelli da sub-basso impero, senza sentire la colpa di essere responsabili «in solido» di quanto sta accadendo.
I vescovi possono parlare di «emergenza educativa», ma solo se ammettono la loro responsabilità di avere sostenuto un uomo indegno di governare il nostro popolo e a condizione che si assumano la responsabilità piena delle conseguenze del loro sostegno. Il governo sta compiendo scelte scellerate nel più totale disinteresse rassegnato: il decreto sicurezza che ripropone le schedature dei bambini, dei senza fissa dimora, ecc., riportandoci indietro alle schedatura di stampo nazifascista che credevamo finita per sempre con l’avvento della democrazia e la costituzione dell’Europa. Non possiamo tacere di fronte ai poveri che affrontano l’esodo della salvezza verso la Terra Promessa del benessere, senza dimenticare che l’occidente, mèta dei diseredati, è colpevole dello sfruttamento dei paesi da cui essi scappano. Abbiamo depredato l’Africa da oltre due secoli per il nostro benessere (materie prime) e per il sollazzo di pochi imbecilli (safari), stiamo ammazzando l’Africa con le scorie radioattive, vendiamo armi alle bande in permanente guerra, succhiando l’anima all’intero continente e abbiamo anche il coraggio di respingere il barconi della disperazione. L’aggravante sta nel fatto che tutto avviene anche per opera di un governo che si dichiara ispirato ai principi cattolici, appoggiato dal mondo cattolico e sostenuto dai vescovi, i quali di fronte all’immoralità dilagante si girano dall’altra parte come il prete e il sacrestano della parabola del Samaritano (Lc 10,30-33).
Il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, in occasione dell’80° anniversario del Patti Lateranensi (11 febbraio 2009) ebbe a dire che mai le relazione con un governo in Italia erano state così eccellenti come con l’attuale governo. Dopo i fatti degli ultimi mesi, dopo le accuse della moglie, dopo gli eventi di Casoria, su cui il capo del governo ha giurato sulla testa dei figli, dando nei giorni successivi quattro versioni differenti dello stesso fatto, commettendo così uno spergiuro imperdonabile per la morale cattolica, di fronte alle bugie sistematiche ammannite come verità, il cardinale segretario di Stato e il presidente della Cei, a mio avviso, se avessero avuto un minimo pudore evangelico, avrebbero dovuto parlare apertamente e dire: noi come Chiesa rescindiamo unilateralmente il concordato per indegnità morale di un governo che opera palesemente l’ingiustizia, per un presidente del consiglio dichiarato da un tribunale «colpevole di corruzione di testimoni» e responsabile attivo del degrado morale dell’intera nazione con i suoi comportamenti privati, con il suo esempio tracotante, con le sue bugie manovrate come verità, per il suo disprezzo delle istituzioni statuali, per lo spergiuro con cui ha condannato se stesso e i suoi figli: un uomo che spergiura sulla testa dei suoi figli non è degno né della paternità né tanto meno del governo della nazione perché sta scritto: «Non giurate: né per il cielo né per la terra né con qualunque altra forma di giuramento, ma il vostro sì sia sì, il vostro no sia no, in modo da non cadere nel giudizio » (Giacomo 5,12). I vescovi avrebbero dovuto chiedere ad una sola voce le dimissione del governo e avrebbero dovuto dire ai cattolici che non è loro lecito sostenere un megalomane del genere che tutto deforma e inquina a proprio vantaggio, incurante del bene comune dell’intera nazione.
La gerarchia, se vuole proporsi come guida morale, deve distinguersi dai sistemi immorali di governo e ancora di più dalla politica amorale e senza alcun riferimento etico che invece di educare il popolo prospettando la complessità degli eventi e proponendo le soluzioni ragionevoli.
Vediamo minori che compiono «delitti» contro la persona «per noia», che ricattano i coetanei per avere cellulari e denaro, minori che si spostano da una città all’altra per delinquere senza alcun problema … madri che offrono le figlie per lo «jus primae noctis», pur di vederle apparire nude in tv e avere una particina in qualche reality per individui complessati e senza speranza. Non è questa una emergenza educativa?
E’ tempo della profezia. Torni la profezia, ma non la voce esile di un singolo che conta poco, ma torni la voce di un popolo, la voce del popolo del concilio Vaticano II, abortito appena nato, torni il laicato che è la spina dorsale della Chiesa e nessuno abdichi dal proprio servizio, dal proprio compito, dal proprio identità. In questo momento in tutta Italia stano sorgendo gruppi che celebrano il concilio come contrasto alla deriva fondamentalista di una gerarchia e di un papato che invece di guardare avanti, si voltano indietro, rimpiangendo le cipolle d’Egitto. Credo che bisogna assumersi la responsabilità in prima persona. Credo che sia urgente che i credenti e i non credenti prendano penna carta e calamaio e scrivano al Cardinale Bagnasco e al proprio vescovo, facendo sentire la propria voce. Se qualcuno non riesce ad esprimere i suoi sentimenti, copi la mia lettera, vi scriva due parole di accettazione o di rifiuto, di condivisione o di contestazione e la spedisca a titolo personale. Se duemila contatti scrivessero duemila lettere sono duemila segni e duemila parole, autentici sassi che rompono il virus «tacere», autentico strumento di connivenza e di malaffare.
Verrà un giorno in cui la Storia ci chiederà conto se c’eravamo e se abbiamo avuto sentore dei «segni dei tempi» e se siamo stati capaci di viverli e di difenderli con la nostra vita e con le nostre parole del cuore. In caso contrario ci additerà ai posteri come complici indegni del nostro tempo.
Paolo Farinella, prete
26.5.09
Hanno riscoperto la misericordia...


22.5.09
I pupi, i papy e il puparo senza arte


4.4.09
H2O ACQUA IN BOCCA: VI ABBIAMO VENDUTO L'ACQUA
lunedì 30 marzo 2009
H2O ACQUA IN BOCCA: VI ABBIAMO VENDUTO L'ACQUA

26.1.09
Benedizioni


Questi perdonati non pentiti sono i seguaci dell'ex scomunicato arcivescovo Marcel Lefebvre (foto in basso). Su Wikipedia qualche suo adepto ha stilato un'agiografia del sant'uomo, ma non è difficile reperire notizie "serie" sul suo conto. Il sig. Lefebvre (fra poco lo canonizzeranno sul serio, ma io continuerò a reputarlo scismatico), in nome della Tradizione pietrificata nel passato, era un fondamentalista. Considerava il Concilio Vaticano II opera del diavolo. Rifiutava l'ecumenismo, considerava "false" le altre religioni, perché tutti dovevano (devono: i suoi successori la pensano ancora così) convertirsi al cristianesimo. Tacciava d'eresia tutti i Pontefici dopo Pio XII. Ovviamente, da arcivescovo di Dakar, non mi risulta rifiutasse il colonialismo (tutt'altro); quanto agli ebrei, è altrettanto ovvio che si oppose con tutte le sue forze alla revoca della maledizione contro di loro, in quanto "deicidi". E due anni prima di essere scomunicato, nel 1986, ricordo bene che orde di lefebvriani invasero Roma per contestare chiassosamente l'incontro di Giovanni Paolo II con l'allora rabbino capo della città, prof. Elio Toaff. Sorvolarono i cieli della capitale in elicottero gettando volantini nei quali si leggevano le seguenti parole: "Papa fermati, non andare da Caifa".
E ricordo bene pure Ratzinger, i giorni immediatamente successivi alla scomunica di Lefebvre. "Quest'uomo ha molti meriti", rifletteva sconsolato con la sua voce bianca, flebile, quasi aerea. Si capiva chiaramente che, fosse stato per lui, non avrebbe mai e poi mai cacciato da Santa Romana Chiesa questa perla d'uomo.
Ci ha pensato un po', poi, diventato Papa, ha ritirato quella scomunica. Di sabato (il giorno sacro degli ebrei). Tra i "graziati" i vescovi Williamson, Fellay e don Davide Pagliarani. Ciò che soprattutto Williamson pensa sulle camere a gas e, in genere, sulla Shoah è degno di menzione. "Al massimo - ragiona Williamson - duecentomila o trecentomila ebrei morirono nei campi di concentramenti nazisti, ma le camere a gas non sono mai esistite". Al massimo. Due o trecentomila, cosa volete che siano? Alla fine, si tratta solo di ebrei! Ma non è finita: secondo il giornalista di "Repubblica" che ha riportato la notizia, Williamson avrebbe fornito spiegazioni tecniche dettagliate, facendo notare l' altezza e la forma secondo lui inadeguate dei camini e le porte che secondo lui non erano stagne, cioè non a prova di gas.
Altra perla: "L'antisemitismo può essere cattivo solo quando è contro la verità, ma se c' è qualcosa di vero non può essere cattivo. Non sono interessato alla parola antisemitismo".
Don Davide Pagliarani, rappresentante della Comunità qui in Italia, incalzato su Williamson ha così risposto al Tg2 di sabato sera: "Io non sono uno storico e delle camere a gas non mi sono mai interessato".
Mons. Fellay, dal canto suo, afferma che lui alla Shoah crede, del resto "non si è trattato dell'unico genocidio della storia", e si sa che per la Chiesa uccidere anche una sola persona è atto estremamente malvagio, ecc. Si può scommettere che un aborto farebbe fremere di orrore mons. Fellay molto più di sei milioni di luridi deicidi.
Questi sono i nuovi pastori d'anime della Chiesa ratzingeriana (non dico cattolica). Da sabato scorso "antisemitismo" non è più sinonimo di male assoluto; ne esiste infatti anche una versione buona. E non vengano a ciarlare che l'opinione "politica" (?) d'un singolo vescovo non conta nulla: conta, invece, e il Vaticano ha sempre dimostrato di badarvi moltissimo, specie quando si è trattato di schiacciare i teologi della liberazione e di lasciar solo mons. Romero (forse vale la pena di puntualizzare che nei confronti di questi ultimi non sono previste né riconciliazioni, né misericordia, né pubblici abbracci, ecc.).
Post scriptum. Barack in arabo significa "Benedetto". Ma le analogie tra il presidente americano e il papa tedesco si fermano qui. Grazie a Dio (che naturalmente, in tutto questo discorso, non c'entra nulla).
Daniela Tuscano
5.12.08
6 dicembre Giornata Nazionale del Ricordo e dell'Azione sulla Violenza contro le Donne
Cominciò entrando in un'aula, dove urlò alle donne presenti: "Siete un branco di femministe! Io odio le femministe!" .
Separò le 10 studentesse presenti dagli uomini, fece uscire gli uomini, quindi sparò sulle donne, uccidendone sei.
Poi uscì dall'aula, senza che nessuno osasse fermarlo, e proseguì, sparando e ferendo alcuni studenti e alcune studentesse.

Poi entrò nella mensa e sparò ad alcune donne presenti, uccidendone tre.
Salì al piano superiore e sparò ad un'altra donna e a due uomini.
Entrò in un'altra aula e sparò due caricatori sulle studentesse presenti.
Studenti e studentesse cercarono riparo sotto i banchi: lui perlustrò l'aula sparando alle donne rannicchiate, uccidendone quattro.
La prima studentessa a cui aveva sparato agonizzava sul pavimento: lui la uccise con un coltello.
Poi si sedette e si suicidò.
In totale aveva ucciso 14 donne e aveva ferito 13 studenti di entrambi i sessi.
Le donne uccise erano:
Geneviève Bergeron, 21 anni;
Hélène Colgan, 23 anni;
Nathalie Croteau, 23 anni;
Barbara Daigneault, 22 anni;
Anne-Marie Edward, 21 anni;
Maud Haviernick, 29 anni;
Barbara Maria Klucznik, 31 anni;
Maryse Laganière, 25 anni;
Maryse Leclair, 23 anni;
Anne-Marie Lemay, 22 anni;
Sonia Pelletier, 28 anni;
Michèle Richard, 21 anni;
Annie St-Arneault, 23 anni;
Annie Turcotte, 21 anni.
Nella tasca di Marc Lépin venne trovata una lettera in cui spiegava i motivi "politici" del suo gesto.
La lettera riportava anche una lista con 19 nomi di "femministe radicali", che non aveva avuto il tempo di "giustiziare" .
Si trattava di donne che lavoravano in ruoli non tradizionali: una donna pompiere, la donna a capo della polizia, donne impegnate in politica...
Dopo questo fatto il governo del Canada ha dichiarato il 6 dicembre Giornata Nazionale del Ricordo e dell'Azione sulla Violenza contro le Donne.
Sono nati anche diversi gruppi di uomini che si sono assunti la responsabilità di fermare la violenza degli uomini sulle donne.La Campagna del Fiocco Bianco (fiocco che si appuntano gli uomini che dichiarano di assumersi questa responsabilità ) è una delle iniziative nate in seguito a questo episodio.
Nei dieci anni successivi a questo massacro, le studentesse di ingegneria in Canada sono passate passate dal 13 al 19 per cento sul totale degli iscritti.
http://www.chebucto.ns.ca/CommunitySupport/Men4Change/memoriam.html
29.11.08
Né pane, né rose
Sfileremo, oggi, per la nostra "buona azione annuale". Molti di noi con la morte nel cuore, in verità, perché prevedono che saranno i prossimi beneficiari di quella colletta. Sfileremo davanti a supermercati che, per gli altri 364 giorni dell'anno, mantengono in vita un sistema che non solo ha prodotto, ma considera strutturale la povertà. Come ha acutamente osservato Giorgio Cremaschi, la povertà è indispensabile per il capitale e, paradossalmente, lo arricchisce e l'ingrassa.

Non c'è gioia, nella nostra carità dalle spalle curve, che s'appresta a diventare essa stessa scarto. Come afferma non casualmente Brunetta il luminare, citando a sproposito ma con cinica ferocia Manzoni: "La crisi è, come la peste, una scopa". Vale a dire, secondo lui, che spazzerà via molti di noi, lazzaroni, fannulloni, sinistrorsi, disfattisti e chi più ne ha, più ne metta. Abbiamo ancora una colpa: quella di non voler morire, di non toglierci di mezzo. Cosa aspettiamo?
Non c'è gioia. Non c'è gioia nel contemplare con occhi sfatati il collasso d'un mondo che ha prodotto ricchezza effimera ed egoista in una sola parte, e piccola, del pianeta. Non c'è gioia, perché non esiste giustizia. E la carità senza giustizia è paternalismo peloso, che genera soltanto tedio, strazio, raccapriccio.
E non avremo nemmeno più il diritto di lamentarci. Stanno mettendo il bavaglio a tutto, e ci riusciranno. Perdonatemi. Non riesco a proseguire. E non so per quanto tempo ancora potrò scrivere su questo blog.
8.11.08
Scuola, Cossiga spera nel morto e attacca l'Unità

Cossiga torna a colpire. E questa volta se la prende anche con L’Unità. Che abbiamo fatto di male? Sosteniamo la protesta degli studenti. Gravissima colpa per uno che consiglia alla polizia di fermare l’onda, prima infiltrando degli agenti, e poi facendoci scappare il morto. È il succo della lettera aperta che l’ex presidente della Repubblica ha inviato al Capo della polizia Antonio Manganelli. Un lungo testo in cui il picconatore dispensa consigli su come placare la rabbia degli studenti. La sua teoria, in sostanza, è questa: lasciateli fare casino, fateci scappare il morto, magari un bambino. Così poi anche i negozianti puniti dai cortei, anche la gente comune, inizierà ad avere paura. «E con la paura – scrive Cossiga – l'odio verso di essi e i loro mandanti o chi da qualche loft o da qualche redazione, ad esempio quella de L'Unità, che li sorregge».
Il piano che Cossiga ha in mente è preciso e dettagliato. L'ideale, spiega, sarebbe che «qualche commerciante, qualche proprietario di automobili, e anche qualche passante, meglio se donna, vecchio o bambino» fossero feriti o «danneggiate, se fosse possibile, la sede dell'arcivescovo di Milano, qualche sede della Caritas o di Pax Christi».
Finora, infatti, secondo la teoria di Cossiga ha sbagliato a reagire: «Gli studenti più grandi, anche se in qualche caso facendosi scudo con i bambini – spiega – hanno cominciato a sfidare le forze di polizia, a lanciare bombe carta e bottiglie contro di esse e a tentare occupazioni di infrastrutture pubbliche, e ovviamente, ma non saggiamente, le forze di polizia hanno reagito con cariche d'alleggerimento, usando anche gli sfollagente e ferendo qualche manifestante. È stato, mi creda un grande errore strategico. Io ritengo che, data anche la posizione dell'opposizione queste manifestazioni aumenteranno nel numero, in gravità e nel consenso dell'opposizione».
Secondo Cossiga «un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti. A mio avviso, dato che un lancio di bottiglie contro le forze di polizia, insulti rivolti a poliziotti e carabinieri, a loro madri, figlie e sorelle, l'occupazione di stazioni ferroviarie, qualche automobile bruciata non è cosa poi tanto grave, il mio consiglio è che in attesa di tempi peggiori, che certamente verranno, Lei – consiglia a Manganelli – disponga che al minimo cenno di violenze di questo tipo, le forze di polizia si ritirino, in modo che qualche commerciante, qualche proprietario di automobili, e anche qualche passante, meglio se donna, vecchio o bambino, siano danneggiati, se fosse possibile la sede dell'arcivescovo di Milano, qualche sede della Caritas o di Pax Christi, da queste manifestazioni,e cresca nella gente comune la paura dei manifestanti e con la paura l'odio verso di essi e i loro mandanti o chi da qualche loft o da qualche redazione, ad esempio quella de L'Unità, li sorregge».
Poi la provocazione: «L'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio come ho già detto un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita». A quel punto «io aspetterei ancora un po’ - dice - adottando straordinarie misure di protezione nei confronti delle sedi di organizzazioni di sinistra. E solo dopo che la situazione si aggravasse e colonne di studenti con militanti dei centri sociali, al canto di Bella ciao, devastassero strade, negozi, infrastrutture pubbliche e aggredissero forze di polizia in tenuta ordinaria e non antisommossa e ferissero qualcuno di loro, anche uccidendolo, farei intervenire massicciamente e pesantemente le forze dell'ordine contro i manifestanti, ma senza arrestare nessuno».
Infine, Cossiga ha già anche a chi dare la colpa: «Il comunicato del Viminale dovrebbe dire che si è intervenuto contro manifestazioni violente del Blocco Studentesco,di Casa Pound e di altri manifestanti di estrema destra, compresi gruppi di naziskin che manifestavano al grido di “Hitler! Hitler”». E il gioco è fatto. Come nel ’77.
31.10.08
Senza titolo 995



12.6.08
Malati di Cuore
Quest'operazione di "pedagogia di massa" non appariva quindi peregrina: e del resto la stragrande maggioranza dei miei coetanei del Centro e del Sud (ma anche dell'area non milanese) continuava a veder la luce in casa.

Cosa c'entra il Mercato?, chiederete voi. C'entra, c'entra.

E nessuno che si sia ricordato dell'unico, vero accostamento possibile: quello col Guido Tersilli immortalato da Alberto Sordi in due famosissimi e profetici film [nelle foto, le locandine]. Tersilli non è un raffinato e amabile truffatore (ci risiamo) come Lupin, né un genio del Male Assoluto come Mengele: a loro modo, due eccezionalità. No. Tersilli è solo un banale, piccolo uomo qualunque, dall'intelligenza mediocre, sballottato fra la sua stessa piccineria e l'avidità altrui. Uno come tanti. Uno che prima commercia, poi fa affari, nella più piatta e prevedibile logica di Mercato. Questa brada normalità, così grettamente terra-terra, non piace né ai vanitosi rampanti, né ai titolisti in cerca di effettacci thrilling.
9.6.08
Il baciamano

A tutti con amicizia e stima.
PS. "Il Giornale" di Berlusconi questa volta con un titolo virgolettato "Farinella: Arsenico per il Papa", chiede alla gerarchia la mia sospensione a divinis. Non sapevo che il mio vescovo fosse Paolo Berlusconi, ma tutto è possibile, anche l'impossibile, se è possibile che Berlusconi Silvio sia ricevuto dal papa.
Come cattolico praticante, sono indignato e scandalizzato che il papa si presti al gioco mediatico di accreditare come modello di figlio devoto e pio della Chiesa un individuo come Silvio Berlusconi senza chiedergli previamente un atto di conversione e/o di penitenza. Egli è adoratore di «mammona iniquitatis» perché ha fatto l’ingiusta ricchezza con l’inganno, il furto, la corruzione, l’evasione fiscale. Egli è divorziato, abortista e i suoi figli convivono more uxorio, fatti che sarebbero questioni private, se il presidente del consiglio non si dichiarasse cattolico e non andasse dal papa «coram populo et mundo» a parlare in difesa della famiglia secondo la visione della Chiesa: allora anche le sue scelte private diventano fatti pubblici e criteri ermeneutici. Egli è implicato con la mafia (ne ha ospitato uno a casa sua ed è fratello germano di un altro, condanno in secondo grado per mafia). Egli sta perseguitando gli immigrati, tra i quali vi sono migliaia e migliaia di uomini e donne di religione cattolica, di cui il papa dovrebbe essere padre, difensore e vindice, in forza della sua paternità universale. Ho visto latinoamericani, africani e orientali, cattolici, piangere di fronte allo scandalo del papa che accettava l’omaggio di un persecutore ateo e amorale.
1. Silvio Berlusconi ha regalato al papa una croce tempestata di pietre preziose fatta fare apposta: un pezzo unico e solitario. Nello stesso momento a due passi di distanza, la Fao ammetteva il suo fallimento sul dramma della fame del mondo: la croce tempestata di diamanti e il Crocifisso affamato. Mai stridìo di simboli fu più drastico. Il 6 giugno 2008 «fu vera gloria ? Ai posteri l’ardua sentenza». Per me, resta un giorno di lutto per la Chiesa cattolica, un fallimento del papato, una vergogna per l’Italia ferita nella sua dignità di Nazione laica.
6.6.08
Berlusconi sale al Vaticano e il papa scende a palazzo Chigi
1. Il cardinale Bagnasco all’assemblea generale della Cei ha fatto la sua prolusione di circa 50 mila parole (dodici pagine). Ci siamo presi la libertà di spulciare. Gesù Cristo è citato solo una volta e in una citazione scritturistica (quindi come se non ci fosse). Anche la parola vangelo non è mai menzionato. Dio è nominato 13 volte di cui 3 in citazioni. Il papa complessivamente è citato 11 volte (+ 5 volte Giovanni Paolo II) e Chiesa ricorre 25 volte.
2. Il capo dei lefebvriani, il vescovo scismatico Fallay, ha dichiarato che non è in vista alcun accordo con il Vaticano perché il motu proprio sul ritorno alla messa preconciliare non è sufficiente: l’accordo si farà solo quando verranno abrogate tutte le riforme del Vaticano II. Con buona pace di chi pensava che la «restaurazione benedettina» fosse in vista del rientro dei lefebvriani. Anzi, questa risposta dimostra che il papa ha agito perché convinto da sé e per sé che il concilio è una sciagura per la Chiesa e si sta impegnando lentamente, pantofola dopo pantofola, paramento dopo paramento, a riportare la gerarchia ai tempi del merletto (peccato che manchi l’arsenico).
3. Intanto il cardinale Martini, con la libertà di chi sta per morire, accusa preti e vescovi di essere carrieristi invidiosi e maldicenti, che, pur di avere le mutande a strisce rosso-cardinalizio, vendono Gesù Cristo con Madonna e Apostoli incorporati. Non si chiama più «gerarchia cattolica», ma Associazione «Et cum spiritu tuo». Amen.
emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello
Apro l'email e tovo queste "lettere " di alcuni haters \odiatori , tralasciando gli insulti e le solite litanie ...

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