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24.9.23

Viola Ardone: "Vi racconto le mie "matte" e i miei studenti, che grande meraviglia"

È il diario poetico di una quindicenne nata e rimasta chiusa in manicomio con la mamma (finita lì perché incinta e fedifraga), è la storia di un dottore basagliano in trincea in corsia e assente in famiglia.

 È "Grande meraviglia" (Einaudi), il nuovo romanzo di Viola Ardone: parla di donne e diritti negati, ieri e oggi, di paternità e figliolanza, ma anche di cura. Quella che la scrittrice professoressa, insegna latino e italiano in un liceo scientifico di Giugliano (Napoli), mette nei suoi romanzi e in aula, con i suoi studenti.
In dialogo con Giulia Santerini    che  troivate  qui Ardone spiega perché a 45 anni dalla legge Basaglia ha sentito il bisogno di scrivere questo libro e del disagio che avverte anche tra i più giovani. Ma ci dice anche di più sul suo modo di intendere e insegnare la scrittura, lavorare a contatto con le nuove generazioni in un'area non facile. Gli occhi accesi di passione, l'esperienza per ammettere che ogni bocciatura è un fallimento. Ma tutti, ci dice Viola, tutti noi oltre a medici e professori, dobbiamo imparare ad accettare di fallire.

12.1.17

ennesimo bla bla dopo l'ultimo omicidio genitoriale avvenuto a Ferrara

Dopo l'ennesimo fatto di cronaca nera  Eccoci  ad  i  soliti  articoli   ed  interviste  vacue  ed ovvie a psichiatri e  sociologi  da  salotti mediatici televisivi  ( ovviamente senza generalizzare )  e  criminologi   che  affermano  : <<   Ciò che colpisce in questa vicenda sono due cose: l’incapacità di reggere la frustrazione da parte di una generazione abituata sempre e soltanto ai sì e che al primo no perde la trebisonda. E il ruolo dell’amico che partecipa al massacro di persone che neanche conosceva. È spaventoso, siamo al deserto educativo totale >> .
Infatti i ecco  cosa  dice il settimanale    
  http://www.famigliacristiana.it/  sull'orribile massacro  di Ferrara  



«RAGAZZI CHE HANNO TUTTO E AL PRIMO NO UCCIDONO»

11/01/2017  «Ciò che colpisce in questa vicenda», spiega lo psichiatra, «sono due cose: l’incapacità di reggere la frustrazione da parte di una generazione abituata sempre e soltanto ai sì e che al primo no perde la trebisonda. E il ruolo dell’amico che partecipa al massacro di persone che neanche conosceva e che probabilmente non aveva motivo per uccidere. È spaventoso, siamo al deserto educativo totale»

Paolo CrepetPaolo Crepet
Frequenti contrasti familiari, dovuti in particolare al cattivo rendimento scolastico del figlio che prendeva brutti voti a scuola. Sarebbe questo il movente del duplice delitto di Pontelangorino, paesino di mille anime in provincia di Ferrara, dove sono stati massacrati nel sonno dal figlio 16 enne della coppia, aiutato da un amico, Salvatore Vincelli, 59 anni, e la  moglie Nunzia Di Gianni, 45, entrambi originari di Torino dove vive l’altro figlio di 25 anni. Il contesto è quello di provincia: la coppia gestiva il ristorante La Greppia di San Giuseppe di Comacchio. Il figlio, secondo gli inquirenti, aveva progettato da tempo di uccidere i genitori e aveva chiesto aiuto a un amico promettendogli una ricompensa di mille euro. Spiegazioni plausibili? «Non ce ne sono», taglia corto lo psichiatra Paolo Crepet, autore, tra gli altri libri, di Baciami senza rete, in cui analizza i rapporti interpersonali giovanili nel mondo digitale. «Siamo di fronte a un problema educativo generale che non spiega il caso di Pontelangorino», afferma. «Ciò che colpisce in questa vicenda è l’incapacità di reggere la frustrazione, una generazione di ragazzi abituata sempre e soltanto ai sì, al primo no perde la trebisonda. Questo è lo sfondo in cui si inserisce questo delitto. Colpisce molto anche l’amico di questo giovanotto perché fatico a capire il motivo per cui ha partecipato all’omicidio. Il figlio aveva una relazione con i genitori che lo rimproveravano per i brutti vuoti presi a scuola, ma l’amico? Forse è solo l’ebbrezza di fare parte di questo progetto di morte uccidendo persone che neanche conosceva. È ancora più spaventoso, siamo al deserto totale».Crepet colloca il massacro di Pontelangorino, che richiama alla memoria quello di Novi Ligure e di Pietro Maso, nel contesto familiare in cui è avvenuto: «È un mondo particolare: famiglie che pensano solo a lavorare e basta, come si faccia a tirare su un figlio così non lo sa nessuno. È un contesto tipico di un certo mondo dove non è vero che manca il lavoro, anzi ce n’è pure troppo, o i soldi. Il ristorante di questa coppia andava bene. Poi è un contesto dove la scuola è implosa, se per scuola si intende un luogo dove il disagio di un ragazzo viene intercettato. Se oggi in Italia qualcuno trascorre una settimana in un istituto tecnico qualsiasi torna a casa vecchio di tre anni. È un luogo di vuoto assoluto, in passato l’istituto tecnico insegnava un mestiere, adesso tutto questo è saltato, uno si iscrive ma senza neanche sapere il perché. Siamo alla follia totale. E gli insegnanti non c’entrano, hanno una vita grama, non possiamo addossare loro colpe che non hanno».Il luogo del delitto
                                                       Il luogo del delitto



«CHI DOVEVA INTERCETTARE IL DISAGIO DI QUESTO RAGAZZO?»

Era prevedibile questo delitto? «Forse sì», risponde Crepet, «se ci fosse un osservatorio permanente sulla giovinezza. Ma mi chiedo: chi doveva accorgersi di questo ragazzo? I genitori erano impegnati a lavorare 24 ore su 24,  la scuola è un vuoto totale, cosa resta? La parrocchia. Che però negli ultimi anni come presenza è un po’ saltata, non credo che questo giovanotto frequentasse l’oratorio, magari l’avesse fatto! Alla fine è stato intercettato da gente come lui, che viaggia in un iperuranio digitale. La digitalizzazione», sottolinea Crepet, «ha aumentato questo disagio, ha acuito questo vuoto. Ci sono ragazzini che per sei ore al giorno giocano alla Play Station dove guadagni punti se schiacci una prostituta sotto un automobile, sono scuole di violenza i cui effetti sono devastanti e resi ancor più pericolosi dallo stato di abbandono in cui vivono questi ragazzi. Non faccio discorsi moralistici però dobbiamo prendere atto che a fronte di questa desertificazione educativa totale il fatto che succedano tragedie come questa è il minimo».
Secondo Crepet queste cose «possono e devono essere intercettate» ma, si chiede, «da chi?». E conclude: «Come dissi dopo il caso di Novi Ligure, almeno che tragedie come questa insegnino, siano occasione di pensiero e di riflessione. Non possiamo risolvere tutto con una scrollata di spalle o con un sensazionalismo che dura qualche giorno e poi si spegne».

Niente di nuovo sotto il cielo é da tempi di Piero maso ( qui    per  chi fosse interessato a  tali cronache i precedenti delitti familiari avvenuti in italia dal 1975   ) sento e leggo   tali analisi . Solo Bla bla mediatici ma niente proposte per uscire con ridurre tali fenomeni
sensazionalismo che dura qualche giorno e poi si spegne».

7.1.13

Sassari Scoppia un incendio nel rifugio, ma lui non fuigge e resta con l’amico malato

Leggo sulla nuova  d'oggi    questa  news  di Daniela Scano

Scoppia un incendio nel rifugio, ma lui resta con l’amico malato
Commovente gesto di amicizia tra senzatetto nell’ex piazzale degli autobus di via XXVAprile, diventato una baraccopoli e una bomba ecologica -

SASSARI.
 Quando è divampato l’incendio, c’è stato un fuggi fuggi generale di barboni. Solo Rashid, che è molto malato e da tempo non riesce più a camminare, non si è mosso dal tugurio che è diventato la sua casa. «Non ti lascio solo», lo ha rassicurato un compagno di sventura che in effetti gli è rimasto accanto, nonostante gli inviti del clochard marocchino ad andarsene per evitare di mettersi nei guai. Il pericolo per i due uomini non era il fuoco, rimasto sempre abbastanza lontano, ma incappare nelle forze dell’ordine che qualche mese fa avevano sgomberato il piazzale di via XXV Aprile dai barboni che l’avevano occupato. Quando i vigili del fuoco sono arrivati, l’altra sera Rashid era al sicuro con il suo amico. Storie di solidarietà nella Epifania degli ultimi.
Il gesto generoso dell’amico di Rashid è la faccia bella della medaglia. Poi ce n’è una bruttissima fatta di degrado sociale, di abbandono e anche di emergenza ambientale.L’altra sera, in quello che da vent’anni dovrebbe diventare il grande centro intermodale, ma che nell’attesa infinita è diventato un porto di mare per i senza tetto e i disperati della città, è divampato l’ennesimo incendio. A volte gli ospiti accendono un fuoco per scaldarsi e poi non controllano le fiamme, ma questa volta l’impressione è che qualcuno abbia agito sistematicamente per bruciare tutto. Forse per “ripulire” la zona dagli scarti della società. Saranno i vigili del fuoco ad accertare come sono andate realmente le cose, certo è che questa volta domare le fiamme è stato più complicato del solito. Il fuoco è stato spento una prima volta, ma è ripartito una seconda e una terza volta nel corso della mattinata di sabato e all’ora di pranzo. Forse le fiamme sono state riaccese o forse hanno continuato a covare sotto un cumulo di materassi, rottami, pneumatici e cataste di legname. Il materiale era rimasto dopo l’intervento drastico della polizia municipale che, dopo lo sgombero, aveva abbattuto la baraccopoli. Il terzo intervento dei vigili del fuoco è durato dalle 15 alle 20.30 ed è consistito nel definitivo spegnimento dell’incendio a cui è seguita la bonifica dell’area. Il lavoro delle squadre è stato seguito dagli abitanti dei palazzi che si affacciano nello spiazzo che sta diventando una bomba ecologica. «Qui quando va bene c’è una puzza da far paura e quando va male, se scoppia un incendio, si respira diossina» è il commento di un residente.Il fatto, spiegano i Guardian Angels che conoscono bene la mappa dei disperati e che l’altra sera si sono presi cura di Rashid, è che subito dopo lo sgombero in via XXV Aprile sono tornati i vecchi ospiti. I romeni si sono accampati nell’ex deposito dei bus, dove l’altra sera è scoppiato l’incendio, mentre altri gruppi hanno preso possesso delle stanze che ospitavano gli uffici. L’altra sera, quando è divampato l’incendio, sono scappati tutti per paura di essere identificati. Solo Rashid è rimasto al suo posto, con la sua unica ricchezza: un amico vero.






emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...