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23.9.25

diario di Bordo Speciale Quando la maternità cambia forma: la storia Laura Marziali in menopausa a 28 anni a causa di un tumore all'utero ., L'accompagnamento nel fine vita: chi è l'assistente spirituale e cosa fa., Resistere con il calcio, la prima calciatrice palestinese a giocare in Italia

da https://www.vdnews.it/societa-e-costume/


A 28 anni a Laura Marziali è stato diagnosticato un tumore all’utero. L'intervento per rimuoverlo ha comportato una menopausa precoce. Da allora, Laura è diventata una voce instancabile nella lotta per i diritti delle persone colpite dal cancro. Dopo aver vinto la sua battaglia contro l’oblio oncologico, ha iniziato a interrogarsi su cosa significhi non poter avere figli in un Paese dove le adozioni richiedono tempi lunghi e la maternità surrogata è vietata.
Da qui è nata una riflessione più ampia sul senso della genitorialità e sulle vie possibili per diventare madri anche senza un legame biologico.



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In Italia, ogni volta che si parla di fine vita c'è una grande divisione tra chi difende il diritto alla scelta e chi – soprattutto nel centrodestra e fra le associazioni cattoliche e ProVita – teme, invece, possibili derive e che s'arrivi a fenomeni come accabadora ( Non ci sono fenomeni esattamente uguali all'agabbadora in Italia soprattutto nel sud , poiché la figura è strettamente legata alla tradizione sarda, ma concetti simili di aiuto a morire esistevano anche altrove in alcune culture, anche se meno strutturati e documentati. Si trattava di pratiche informali e "domestiche" di eutanasia da parte di un familiare o di un vicino di casa, talvolta interpretate come un atto di pietà per porre fine alle sofferenze di un malato terminale. per ulteriori approfondimenti seguire l'asterisco ⁕  ) Nel mezzo,   come  racconta   video comreso   https://www.vdnews.it/societa-e-costume/  ci sono le persone con malattie gravi e degenerative e le rispettive famiglie che si trovano in un limbo giuridico ed esistenziale, senza certezze su come affrontare questo momento con dignità.



La Corte Costituzionale ha già riconosciuto questo diritto, con una sentenza del 2019 che ha stabilito la non punibilità del suicidio assistito in specifiche condizioni: la presenza di una patologia irreversibile, dolori intollerabili, la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e la piena capacità di autodeterminazione del paziente. Riconoscere il diritto di scegliere sul proprio fine vita significa, infatti, mettere al centro l’autodeterminazione della persona, garantendo un percorso regolamentato, sicuro e rispettoso per chi vive una sofferenza estrema.
Nonostante la sentenza del 2019, il Parlamento non ha mai adottato una legge nazionale che regolamenti in modo uniforme la questione, lasciando un vuoto normativo che le Regioni stanno cercando di colmare.
Ma al di là delle leggi, cosa significa davvero accompagnare qualcuno nel fine vita? Grazie al progetto SPHERA, per capirlo siamo andati a Pescara ad incontrare Ilaria Di Liso, assistente spirituale, che offre supporto a chi affronta l’ultima fase della vita. Con lei, abbiamo cercato di esplorare il significato dell’assistenza, tra cura materiale e sostegno interiore, per restituire dignità a un momento che riguarda tutti.

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Resistere con il calcio, la prima calciatrice palestinese a giocare in Italia



Natali Shaheen, nata a Gerusalemme nel 1994, ha cominciato a giocare a calcio a sei anni: «non mi importava di essere l’unica bambina che voleva giocare a calcio. E da subito, non ebbi nessun dubbio nello scegliere il ruolo: a me piaceva fare gol». Ma per allenarsi ha sempre dovuto districarsi tra i vari checkpoint. Adesso si trova a Sassari, dove studia ed è diventata la prima calciatrice palestinese a giocare in Italia. Abbiamo parlato con lei di cosa significhi vivere nella Palestina occupata e come si può diventare professionista nel calcio in questa terra, tra occupazione e cultura patriarcale.

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