Maela Donadello è stata colpita da un'epatite fumlinante a 19 anni: una donazione le ha salvato la vita
di Sabrina Tomè
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Maela con il piccolo Alvise e il marito Roberto |
PADOVA. Aveva 19 anni quando è stata colpita da un’epatite B fulminante
ed è entrata in coma. Si è salvata grazie a un dono prezioso, il fegato
di una ragazza deceduta mentre lei, con la morte, ci stava lottando.
Maela si è risvegliata dopo il trapianto con la prospettiva di una nuova
vita davanti. E ora, a 37 anni, ha a partorito uno splendido bimbo:
Alvise, nome scelto in onore del medico che le fece il trapianto.
È una storia di speranza, di fiducia, di coraggio e di buona sanità
quella che ha per protagonista un’impiegata del settore informatico,
Maela Donadello originaria di Padova, ma residente a Mira con il marito
Roberto Furegon di 42 anni. Giovedì scorso, poco dopo le 19, alla
Clinica Ostetrica di Padova, la donna ha dato alla luce alla
trentaquattresima settimana e col parto cesareo, un bimbo di 2 chili e
230 grammi.Il neonato è rimasto solo un giorno nella culla termica: ora
sta benissimo, così come in perfetta salute è la sua mamma. Che ha
coronato un sogno ritenuto a lungo irrealizzabile.
Maela si ammala nel marzo del ’98, la diagnosi è terribile: epatite
fulminante. Il tempo, però, è dalla sua parte: pochi giorni dopo, il 4
aprile, la giovane viene ricoverata a Padova e sottoposta a trapianto di
fegato eseguito a dall’équipe del professor Alvise Maffei e Giorgio
Gerunda. Dopo venti giorni Maela, che lotta come un leone per
riprendersi la vita, è già a a casa. «Ho reagito, aiutata forse dalla
giovane età», racconta oggi dal suo letto in Azienda Ospedaliera, «In
questi anni la qualità della vita è stata ottima, non ho avuto problemi
di rigetto». A sostenerla nel percorso clinico sono la dottoressa Rosa
Iemmolo del Policlinico di Modena (Gerunda nel 2003 divenne primario
nell’ospedale della città emiliana). Tutto procede per il meglio, poi,
nell’aprile dello scorso anno, una battuta d’arresto: un intervento di
anastomosi bilio-digestiva per stenosi anastomotica. Maela supera questo
scoglio, ma a luglio si presenta un altro problema che la costringe a
un ricovero a Mirano. L’impiegata si riprende, ma il suo fisico è
indebolito. E lei, che da tempo desidera un figlio, si rassegna all’idea
di non poterlo avere. «Non era arrivato prima, non credevo potesse
arrivare mai più», racconta, «D’altra parte, pensai, non si può volere
tutto». Due mesi dopo, a settembre, Maela è incinta. Seguita a Padova
dal professor Guido Ambrosini, la donna ha una gravidanza che lei
descrive bellissima. Fino a quando aumentano pericolosamente i valori
dei sali biliari. Maela viene immediatamente ricoverata alla Clinica
ostetrica del professor Erich Cosmi.
«Grazie alle cure e al costante monitoraggio è stato raggiunto il fantastico traguardo di 34
settimane», spiega Maela. Alle 19.13 del 14 aprile nasce Alvise. «Il
mio grazie eterno», dice Maela, «oltre alla mia famiglia, ai medici che
hanno fatto della professione una passione, agli angeli custodi,va ai meravigliosi genitori della ragazza che ha donato il fegato».
Tragedia sul lavoro: operaio settantenne cade dalla scala e muore
L'uomo era in un garage in
via De Martino quando è stato colto da un malore. La polizia e
l'ispettorato del lavoro indagano sulla sua posizione contrattuale
di Emilio D'Arco
SALERNO. Quando lo hanno visto a terra, tra barattoli di vernice e gli
attrezzi con i quali stava lavorando, probabilmente il suo cuore aveva
già cessato di battere. Luigi Gaeta, 69enne residente nella frazione
Cappelle, è l’ennesima vittima di un incidente sul luogo di lavoro. Nel
suo caso la situazione è resa più drammatica dall’età. Non sono ancora
chiare le circostanze che avrebbero visto l’uomo lavorare da solo
all’interno di un garage in via Renato De Martino, nel rione Carmine.
Sul luogo della tragedia, dopo le forze dell’ordine sono giunti anche
gli uomini dell’Ispettorato del lavoro per raccogliere la documentazione
necessaria a fare luce sulla vicenda.
Arturo Sessa: «Seguiremo con attenzione le indagini della Procura e dell’ispettorato del lavoro. Se ci saranno delle responsabilità, siamo pronti a fare la nostra parte».
Intorno alle 17 il corpo già senza vita dell’uomo è stato notato da un
operaio della manutenzione della Clinica Tortorella che si trovava in un
locale adiacente al garage di via De Martino dove il 69enne stava
imbiancando la parte superiore della saracinesca interna che dà sulla
strada principale. Il soccorritore ha avvertito dapprima il 118, poi
sono stati gli stessi sanitari della clinica a intervenire, ma per
l’uomo non c’era già nulla da fare. La ferita alla testa dovuta alla
rovinosa caduta dalla scala posta sopra la saracinesca era ampia e
profonda. Ma nel terribile volo, il 69enne pare abbia riportato anche
una frattura al braccio e varie contusioni. Per fare piena luce sulle
cause della caduta, però, saranno necessari accertamenti sanitari
ulteriori rispetto a quelli effettuati sul posto dal medico legale
Giovanni Zotti. L’esito dei primi rilievi farebbe pensare a un malore,
probabilmente un infarto, che avrebbe colto l’uomo proprio mentre si
trovava sospeso sulla scala: ipotesi confermata anche dagli evidenti
segni di pittura non portati a termine. Non è neppure esclusa la
possibilità che una distrazione o un capogiro abbiano fatto scivolare
l’imbianchino.Raveane (Cisl) dopo la tragedia di Plaus: «Serve più formazione, come a Trento»
Sul luogo della tragedia, poco dopo i sanitari, sono giunti anche gli
agenti della polizia di Stato e della scientifica, mentre a seguire è
stato necessario l’intervento della polizia municipale per regolare il
traffico. Il figlio della vittima, accorso poco dopo l’aver appreso la
notizia, era in evidente stato di shock. Intorno alle 18.30, ultimati
gli accertamenti affidati agli agenti della polizia scientifica, la
salma di Luigi Gaeta è stata trasportata all’obitorio dell’azienda
ospedaliera “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”.
Da chiarire, oltre alla dinamica dell’incidente, restano soprattutto le
motivazioni che hanno spinto un uomo di 69 anni lavorare in condizioni
di rischio. Secondo le prime ricostruzioni, il garage, un tempo officina
meccanica, sarebbe dovuto diventare un locale farmacia della Clinica
Tortorella, che si trova a poca distanza. Serviva mettere a nuovo i
locali in questione e per questo era stata disposta l’imbiancatura delle
pareti interne. I dettagli sulla proprietà del garage sono ora al
vaglio dell’Ispettorato del lavoro, intento a valutare non solo
l’effettiva regolarità dell’uomo ma soprattutto chi abbia commissionato
l’intervento. Il garage potrebbe infatti esser stato semplicemente dato
in affitto alla clinica, con lavori a carico del locatore su cui
gravava, quindi, l’obbligo di accertarsi della regolarità della
posizione dei lavoratori. Sono tanti i fattori da valutare, compreso
quello sulla responsabilità della sicurezza e su chi dovesse controllare
effettivamente chi entrava e usciva da quel garage.
L’incidente ha provocato sgomento sia nel quartiere, dove tantissima
gente si è accalcata sull’uscio del garage per capire cosa fosse
accaduto, sia nella frazione di Cappelle dove il 69enne operaio abitava
con i familiarieravigliosi genitori della ragazza che ha donato il fegato».