Caro Merlo, sono più anziana di lei, ero già ragazza negli anni del dadaumpa, e trovo malinconico che le gambe delle Kessler vengano raccontate come simbolo di non so quale libertà o modernità femminile. Per noi non sono mai state un modello di niente, né di bellezza né di trasgressione. Lei potrà anche smentirmi, ma sono convinta che anche i nostri ragazzi di allora inseguissero ben altri fantasmi erotici.
Pia Saladino — Pesaro
Risposta di Francesco Merlo
Erano migliori dei loro balletti e ho una grande simpatia per tutto quello che hanno fatto fuori dalla televisione, per i loro visi con le rughe, per il bene che si volevano, per l'uscita di scena che illumina anche la loro entrata in scena, ma le confermo che nelle mie nostalgie non ci sono le Kessler.
Lei ha ragione e la ringrazio: in quegli anni di ribellione le Kessler non seducevano noi ragazzi e non erano un modello per voi ragazze. Vivevamo "les années Bardot" e le donne che ci facevano sognare non erano quelle che eccitavano il professor Cutolo.
La tv di Renzo Arbore non c'era ancora e non ci piaceva nulla, meno che mai il varietà prude, di quella Rai democristiana, bigotta, e oppressiva che censurava e licenziava i comici, e non è vero che era migliore, più libera e intelligente degli orrori che vennero dopo, ne fu anzi l'origine.
Il 13 dicembre del 1969, l'indomani della bomba di piazza Fontana, Bruno Vespa, annunciando nel Tg l'arresto dell'anarchico Pietro Valpreda, disse: "hanno preso il colpevole". Era sabato e alla 21 partì la sigla delle Kessler a Canzonissima: "Invece i belli come noi che sono tanti / a cantare tutto il giorno vanno avanti". Ecco, forse dovremmo smetterla con la super-retorica funeraria che rende tutti santi i morti della televisione. Ci si può addolorare anche rispettando la verità dell'Italia.
Archie Battersbee aveva 12 anni, in stato vegetativo dal 7 aprile scorso, quando la mamma Hollie lo ha trovato in casa, incosciente, con una corda al collo, forse - ha dichiarato lei - “dopo una sfida online con gli amici, forse su Tik Tok”.Ieri, dopo 120 giorni di agonia in coma irreversibile, dichiarato dal London Royal Hospital cerebralmente morto dai medici e senza alcuna possibilità di risveglio, i giudici hanno dato il via libera ai medici per staccare le macchine che lo tenevano - solo clinicamente - in vita. Una decisione durissima e sofferta ma che ha liberato Archie da un corpormai ridotto a mera prigione.I genitori hanno combattuto fino all’ultimo contro la decisione, hanno addirittura parlato di “esecuzione di un bambino”.Per carità, nessuno può comprendere fino in fondo la reazione di una mamma e un papà davanti a una tale tragedia simile Ma, di fronte all’evidenza, non esiste un gesto di umanità ed empatia più profondo che lasciare un figlio libero di andare, di sfuggire a una non-vita. Credo non ci sia atto d’amore più grande. Doloroso ed enorme
Nella giornata di ieri si è svolto il funerale di Giulia Cecchettin nella basilica di Santa Giustina a Padova. Il padre della giovane, Gino, ha dedicato alla figlia parole toccanti e, insieme ai suoi due altri figli, ha accompagnato il feretro fuori dalla chiesa.Nella trasmissione Pomeriggio 5, durante una conversazione con lo zio della giovane via collegamento, la conduttrice Myrta Merlino ha espresso il suo pensiero su come questo evento rappresenti per l'Italia il "miracolo di Giulia". ⁕
La drammatica vicenda ha scosso tutta Italia e ha acceso i riflettori sulla violenza che troppe volte le donne subiscono. Dalla scomparsa dei ragazzi alla fuga di Filippo Turetta fino al tragico ritrovamento della giovane e a tutta la violenza subita da Giulia.In questi giorni l'intero Paese si è ritrovato a parlare della ragazza sui giornali, in tv e sui social e, talvolta, con fin troppa dovizia oltre ogni morbosità, di particolari. Selvaggia Lucarelli ha proprio fatto notare come si sia arrivati alla "deriva", condividendo il video di una "tizia assurda che nella vita 'ricompone i cadaveri' e racconta particolari macabri tra un consiglio sul rossetto e un corso. Oggi si è superata: dà appuntamento per una live con i colleghi di Padova che hanno sistemato il corpo di Giulia Cecchettin"."Non c’è più alcun limite alcun #pudore, alcuna #pietas, #decenza, #rispetto, #empatia. Un pizzico di #umanità, niente di niente, qui si sta davvero #toccandoilfondo. É una follia, sono scioccata." e ancora: "Come si può pensare di fare una live per raccontare come è stata composta la salma". Sono alcuni commenti al fatto che una delle protagoniste dei #salottitv abbia trasmesso in diretta su #tiktok come è stata composta la salma di #giuliachettin . Stavolta ha fattoancora più #schifo del solito fa tanto la paladina contro il #femminicidio e #leviolenzedigenere o almeno cosi sembra poi casca in simli cose . #cazzboh
12 h fa Fa la cameriera per arrotondare, bidella 51enne multata: «L'ho fatto per mantenere le mie figlie»
Storia di Redazione Web•12 h faHa iniziato a lavorare in un bar, fuori orario scolastico, per arrotondare. Ma Francesca Galati, che di mestiere fa la bidella, non ha avvertito la dirigente scolastica dell'Istituto Trentin di Lonigo, in provincia di Vicenza, e adesso è stata sanzionata dalla Guardia di Finanza, anche se lei (al momento) non ha ricevuto nessuna notifica e lo è venuto a scoprire dai giornali. Una multa pari ai soldi percepiti dal lavoro di cameriera: 2.170 euro da versare al ministero dell'Istruzione, che sicuramente peseranno sulle casse della donna che aveva iniziato un secondo lavoro
proprio per racimolare soldi in più.
E al Corriere della Sera, Francesca racconta la sua versione: «Non posso parlare di sanzione visto che ancora non ho ricevuto nulla. Io stessa sono venuta a saperlo tramite i giornali, il che rende la vergogna ancora più grande. Ora mi sento veramente a pezzi».
La donna spiega di aver agito in buona fede e non sapeva minimamente di dover avvisare la preside per il suo secondo lavoro. «Ho pagato le tasse, denunciando i compensi ricevuti dal bar nel 730», rivela Francesca Galati. Per la 51enne i 1.300 euro percepiti per il lavoro di collaboratrice scolastica non le permettono di mantenere le sue figlie e, proprio per questo motivo, ha deciso di rimboccarsi le maniche e faticare il doppio.
La gara di solidarietà
Nel frattempo i messaggi di solidarietà nei confronti della mamma si sono moltiplicati. Parenti, amici, ma anche sconosciuti. Tutti le hanno espresso vicinanza per la situazione kafkiana in cui si ritrova in questo momento: consapevole di essere stata multata senza aver avuto notizie, con le spese da pagare e due figlie da far crescere.
La storia è finita sui social scatenando la solidarietà dei comuni cittadini ma anche del mondo della politica. Più di qualcuno si è offerto di pagare la multa di tasca propria.
Stefano. È un bambino molto vivace. All’asilo chiede un pennarello. Vuole disegnare. La maestra lo guarda incantata. A 9 anni la catechista gli chiede di disegnare la Madonna con un bambino. Nessuno crede che quel disegno lo abbia realizzato proprio quel bambino vivace.
Dipinge, Stefano. Nel suo cuore c’è la Sardegna. Cresce, si cerca un lavoro. Fa l’elettricista. E dipinge. Poi il manutentore. E dipinge. Nelle tele spuntano le barbe folte degli anziani, i sacrifici delle donne sarde, i colori dei piccoli paesi. “La mia vita è questa, dipingere”.
Lascia il lavoro sicuro. Insegue il suo sogno. Le sue opere arrivano a Roma, Palermo, Londra. Vince dei premi. Uno dopo l’altro. È il 2020. Lo chiamano per esporre a New York. Sempre con la Sardegna nel cuore.
Si cimenta nei murales. Immense pareti prendono vita. Parlano, hanno un’anima. A Muravera, San Vito, Sant’Andrea Frius, Esterzili, Iglesias, Senorbì. Un successo dopo l’altro. Oggi Stefano è uno degli artisti più amati. Non solo in Sardegna.
Maturità 2023, Alexein Ezra Aghib si diploma con 100 dopo aver cambiato tre scuole: “da transgender ho avuto problemi”
Al corso serale del liceo delle scienze umane indirizzo economico sociale dell’istituto Frisi si è diplomato con 100 Alexein Ezra Aghib. Potrebbe sembrare una notizia non rilevante, se non per il fatto che lo studente ha dovuto cambiare tre scuole prima di sentirsi integrato nell’ambiente. A Repubblica ha raccontato la sua storia, invogliando anche gli altri a non mollare davanti alle barriere: “Penso che avrei voluto un ambiente come quello del Frisi da subito e che sono stato fortunato ad avere accanto mia madre, che si è sempre battuta per me. Se guardo indietro penso che vorrei affrontare tutto con la
mentalità che ho adesso: se iniziassi il liceo oggi non lo abbandonerei e stringerei con i compagni quei legami che non ho sviluppato perché cercavo di rimanere in disparte, per non dover spiegare”. E continua: “Al Frisi ho percepito l’impegno della scuola e degli insegnanti per aiutarmi, mi sono sentito accolto. Sono dislessico e discalculico, per la prima volta ho avuto strumenti adeguati per gestire il lavoro a casa e lo studio. Così è cambiata la prospettiva: ho sviluppato passione per lo studio e anche le materie in cui avevo problemi sono diventate semplici da seguire”. Alexein spiega anche cosa è successo negli anni passati: “Prima di arrivare al Frisi ho frequentato tre licei e ho lasciato la scuola tre volte. Sembrava che nessuno volesse venirmi incontro e superare i pregiudizi. Davanti ad ambienti e professori che ponevano ostacoli, invece di aiutarmi a superarli, percepivo la scuola come un luogo respingente e la abbandonavo. La mia disforia di genere ha un ruolo importante in tutto questo, ma le difficoltà erano iniziate prima che facessi coming out, a 15 anni”. “Gli ormoni, modificando il mio aspetto, hanno aiutato – continua lo studente – ma l’ambiente è fondamentale. Se non vivi bene la scuola vuoi lasciarla: il tasso di abbandono scolastico tra gli studenti transgender è del 42 per cento, conosco persone che hanno finito la scuola a 23 anni o hanno lasciato dopo la terza media”. E per quanto riguarda la carriera alias, tanto discussa negli scorsi mesi, lo studente afferma: “Non l’ho chiesta io, mi sembrava impossibile da ottenere, pensavo che gli insegnanti non sarebbero stati d’accordo. Me ne ha parlato il professore di francese, mi ha chiesto se pensavo di poterne trarre beneficio e io ho risposto di sì. Nella scuola precedente gli insegnanti avevano accettato di usare il nome d’elezione, ma non tutti lo facevano e avevo il terrore dell’arrivo dei supplenti: ero obbligato a spiegare davanti a tutti perché sul registro ci fosse un nome diverso. Quando sapevo di avere ore vuote evitavo di andare a scuola. È stato molto difficile soprattutto prima dell’inizio della terapia ormonale, ero consapevole che gli altri mi vedessero come una ragazza mentre io non mi sentivo tale”.
Ottantadue anni ed ex imprenditore edile lui, 77 anni lei. Rosino Tata e Serafina Rosati, originari di Alvito, in provincia di Frosinone, sono sposati da 59 anni e nella loro vita non hanno mai rinunciato all’idea di ottenere il diploma di terza media. Non essere riusciti a ottenere quel titolo di studio, dovendo far fronte a tanti problemi e ristrettezze durante la loro giovinezza, pesava ai due anziani. Ora hanno coronato il loro sogno dopo essersi iscritti alla scuola serale dell’istituto comprensivo “Antonio Sebastiani” di Minturno, il centro della provincia di Latina dove da tempo vivono, e a raccontare la loro storia è il presidente della Commissione cultura del Comune del sud pontino, Matteo Marcaccio.“Esaudito un grande sogno – scrive l’esponente dem sui social – di quelli che solo la scuola riesce a realizzare”. I due anziani hanno superato l’esame e stanno diventando un esempio per i tanti giovani pontini.Insieme a loro ha ottenuto inoltre la licenza media anche la 26enne Najla, una giovane di origine tunisina, che si è presentata all’esame insieme ai suoi due figli. "Un grande grazie ai docenti coordinati dalla professoressa Tucciarone e alla dirigente scolastica Daniela Caianiello, perché senza di loro questi sogni non sarebbero mai diventati realtà", ha concluso Marcaccio.
“Tuo nonno mi chiese di sposarlo con una caramella. Non avevamo niente, si inginocchiò e mi disse :'non ho nulla ora, solo una caramella, ma se vuoi possiamo costruire tutto insieme'
"E tu?"
"Ho aperto la caramella, l'ho divisa in due e l'abbiamo mangiata. Da quel momento abbiamo diviso e condiviso tutto. Siamo caduti, ci siamo rialzati e abbiamo costruito.
Tutto insieme. Abbiamo vissuto momenti difficili, di stanchezza, ma ci siamo sempre stati l'uno per l'altro. Fino all'ultimo"
"Altri tempi nonna"
"Il tempo non cambia il modo di amare.
Quello che è cambiato è che non avete più esempi belli da seguire.
Adesso avete paura di tutto. Non vi sposate per paura di non riuscire a costruire. Appena litigate vi lasciate perché poi pensate di trovarne uno migliore. Siete sempre alla ricerca della perfezione, come se poi esistesse.
Vi manca la percezione della realtà. Della felicità nelle piccole cose.
Fate ste grandi dimostrazioni, anelli da migliaia di euro, un video esagerato per le proposte di matrimonio e poi vi perdete il momento. Quella cosa intima che custodite in due, solo in due per tutta la vita.
È questo che vi manca. Il coraggio di vivere la vita e l' amore per quello che sono e non per come lo immaginate" Una caramella e 50 anni insieme.”
La prof che non ha mai preso un giorno di riposo in più di 30 anni Mentre tiene banco il caso della docente assente 20 anni su 24 da scuola e poi destituita, spunta unʼaltra storia da record da raccontare, stavolta al contrario. La professoressa Nicoletta Minelli, a un passo dalla pensione, in 36 anni di lavoro non ha mai preso un giorno di riposo, di ferie o di permesso. Insegnante dal 1987, non si è (quasi) mai assentata da scuola per senso del dovere e per attaccamento al suo ruolo educativo. Complice anche una salute di ferro
concludo con questa
orriere della calabrua Pubblicato il: 05/07/2023 – 19:20 di Emiliano Morrone
RTI MARZIALI
Taekwondo, la sangiovannese Ilaria Nicoletti convocata in nazionale – FOTO
La giovanissima atleta fa parte dell’Asd Taekwondo in Fiore: «Cercherò di portare una medaglia d’oro alla mia comunità»
SAN GIOVANNI IN FIORE Cintura nera e già medaglia d’oro e d’argento ai campionati italiani, Ilaria Nicoletti riceve dal maestro Zeno Mancina la lettera di convocazione nella nazionale di taekwondo. Segue un lungo applauso, sentito, intenso, corale. La dodicenne ha talento e manifesta soddisfazione. Dopo sorride e si mostra centrata e decisa. «Cercherò di portare una medaglia d’oro alla mia comunità di San Giovanni in Fiore», dice cosciente dei propri mezzi e con la sicurezza conferita dalla disciplina sportiva. Nella Sila Grande è un’insolita serata di fine giugno. Fresco e umidità impongono una maglia in più addosso; anche nelle vicine campagne, in genere surriscaldate, su cui si staglia il borgo collinare di Caccuri, noto per la letteratura, l’arte pasticciera e la qualità olearia.
Gli allenamenti degli atleti dell’Asd Taekwondo in Fiore
I soci dell’Asd Taekwondo in Fiore si sono ritrovati a qualche chilometro dallo svincolo per Caccuri: a Vurdoj, dove un’antica grangia, fondata dai monaci dell’abate Gioacchino, ospita un agriturismo con prato raso ed ampia piscina, tra ulivi secolari e profumi del Sud, segni di storia e Mediterraneo. Sono più di una cinquantina, un record, i minori, tra cui Ilaria, presenti all’appuntamento, al saluto per l’inizio delle vacanze estive caratterizzato da ore di convivialità e consolidamento dello spirito di gruppo. Si tratta degli allievi della scuola di taekwondo che Mancina – cintura nera, tra gli allenatori della squadra regionale e docente di Educazione fisica – ha fondato una quindicina d’anni fa a San Giovanni in Fiore e oggi dirige insieme a Jessica Talarico, che ha gli stessi titoli tecnici e la carica di vicepresidente del Comitato calabrese della Fita, la Federazione italiana taekwondo, del quale fa parte il campione mondiale Simone Alessio, diventato l’idolo dei giovanissimi praticanti.
Gli allievi dell’Asd Taekwondo in Fiore
Lo scorso 9 giugno, come altri bimbi, la promettente Greta, sangiovannese Doc, aveva ottenuto l’autografo di Alessio al Gran Prix di Roma, al Foro Italico, dove circa 2mila ragazzini, lei compresa, erano andati per partecipare al Kim e Liù, una sorta di campionato italiano di taekwondo riservato ai più giovani. Anche la Calabria era dunque presente, e con numerosi collettivi dalle varie province, attrezzati e insieme vincenti. Salvatore, dieci anni e allora cintura blu-rossa, aveva vinto contro un avversario che sembrava imbattibile; il piccolo Antonio, allora cintura verde, aveva dimostrato una classe da adulto e Rosario, un bimbo agilissimo di meno di 20 chili, aveva conquistato l’oro nella sua categoria. «Il taekwondo è anzitutto uno sport mentale», puntualizza Mancina. Un mondo ancora sconosciuto si muove in contesti del genere: tecnici, collaboratori, atleti agli esordi o maturi, squadre regionali con i loro staff e intere famiglie appassionate, con parenti che seguono ogni evento e perfino si allenano e gareggiano.
Il maestro di taekwondo Zeno Mancina
Come il maestro Salvatore Mazza, che ha guadagnato la cintura nera a 44 anni e, per la gioia di vivere con i propri figli gli allenamenti, l’agonismo e la salubrità del taekwondo, aveva già cambiato abitudini personali, quasi rinunciando alla carne e andando in palestra tre volte alla settimana, dal pomeriggio a tarda sera. È un ambiente, quello del taekwondo, in cui si sviluppano amicizia, solidarietà e altri valori: il rispetto delle regole e dell’avversario, mai visto come nemico, e il sacrificio costante per migliorarsi nel carattere, nel fisico e nella capacità di giudizio. Non è poco, in una Calabria in cui tende a prevalere il livellamento generale, il desiderio di soldi, potere e fama oppure l’irregolarità furba o la violenza bruta, tipiche della cultura, della società chiusa della ’ndrangheta.
I piccoli allievi Asd Taekwondo in Fiore
I bambini vengono abituati all’impegno, alla fissazione di obiettivi, «all’innalzamento progressivo – spiega Mancina – dell’asticella», come ad «un’alimentazione sana e regolare, al confronto con atleti, anche di altre regioni o nazioni, più avanti di loro nella preparazione, nella concentrazione e nell’equilibrio psicofisico. Infatti, senza il confronto non c’è crescita». «Nel nostro tempo dilagano – dice poi ai suoi, nella serata a Vurdoj priva di mosche e zanzare – la debolezza, l’infelicità facile, la noia da abbondanza. Noi insegnanti, voi allievi e i vostri genitori, abbiamo una missione: insieme dobbiamo sconfiggere la mancanza di passione che domina nel presente, che impedisce di costruire un futuro migliore e che causa patologie, senso di frustrazione e problemi sociali diffusi. Dobbiamo creare sinergie ed armonia tra persone, prima che tra sportivi, puntando sempre ad elevare la nostra qualità, umana, sportiva e relazionale. E poi bisogna pensare a vincere, piuttosto che semplicemente ad esserci. Qualcuno potrebbe storcere il naso, ma la regola è che ci si prepara per superare ogni ostacolo, non per fermarsi lì davanti e dirci che comunque siamo stati bravi. Impariamo ad essere critici ma costruttivi, a determinare un ambiente stimolante nel quale i più giovani non sentano affatto il bisogno di perdersi con cattivi maestri e pratiche distruttive».
Asd Taekwondo in Fiore premiata
È evidente che il messaggio di Mancina trascenda il terreno del taekwondo e abbia un’alta valenza pedagogica e sociale. Forse è questo lo specifico della scuola, intesa, a prescindere dalle singole discipline, come sede di formazione del carattere e della mente; quale luogo in cui si riescano a trasmettere approcci all’esperienza, prima che alla conoscenza, e in cui gli allievi possano un giorno raccogliere il testimone. Come per la promozione a coach di Antonio Caratozzolo, ventitreenne e cintura nera di taekwondo tra le più forti della Calabria. O, per dirla con il filosofo Maurizio Iacono, come nel caso della «madre di Winnicott, che lascia spazio al suo bambino standogli accanto ma senza sovrapporglisi». (redazione@corrierecal.it)
incuriosito da una lettera , trovate a metà post al centro , lo screenschot dell'immagine , pubblicata dal ilfattoquotiiano mi pare del 19\10\2022 sono andato a cercarmi qualche notizia sul libro ( foto della copertina a sinistra ) citato . Ed incuriosito ho contatto ed intervistato su Facebook l'Autore . Oltre le ricerche in rete ed fra una chiaccherata / intervista e l'altra ho scoperto che l'autore THOMAS LANDINI Nel 2003 a 16 anni s'è trovato catapultato in una vita totalmente differente da quella che avevo fino ad allora vissuto.
Dopo un incidente stradale in cui è stato un mese in coma, per un emorragia cerebrale, ha poi subito un pneumotorace, la rottura di sette vertebre, quattro costole, sterno e plesso brachiale destro. Egli s'è << risvegliato logicamente diverso, cambiato. Nei 19 anni successivi ci sono stati momenti bui ma ho cercato sempre di non scoraggiarmi e alla fine il buio è diventato luce. Devo la mia rinascita, se così possiamo definirla, soprattutto alla mia famiglia e ai miei amici. Se avessi dovuto fare affidamento solo su certe istituzioni molto probabilmente non so se ce l’avrei fatta. La vita da disabile è diversa. >> Ora Ci sono molti tipi di disabilità più o meno evidenti, alle volte quasi invisibili. Troppe persone non possiedono la sensibilità per capire disabile non significa essere un alieno \ strano.Infatti è insufficiente per non dire carente se non ipocrita ed commiserevole l’educazione a partire dalla società, dalla scuola, dallo Stato. Manca , quindi , una visione d’insieme,
che non sia caritatevole o di sostentamento. Latita soprattutto l’ascolto e il comunicarci un senso di
normalità. Basti pensare alle organizzazioni scolastiche e non che con le loro carenze riescono a rendere ancora
più discriminatoria la nostra situazione. Per non parlare della totale assenza d’empatia da parte di troppi
docenti impreparati e limitati al solo “vedere” o a pur non avendone i titoli o la specializzazione a fare l'insegnante di sostengno ai ragazzi disabili pur di aver punteggio er assare di ruolo nell'insegnamento . Fra le domande che avrei voluto fargli c'era anche una su come fa ad affrontare la vita quotidiana . Ma una nota introduttiva inviatami precedentemente e da cui ho estrapolato alcune righe mi ha anticipato
In ambito lavorativo la mia disabilità fa parte d’una sorta di limbo: o troppo o poco disabile. Molte aziende
non mi hanno mai preso in considerazione perché, non potendo utilizzare il braccio destro, se gli serviva
un istruttore amministrativo, erano “necessarie due mani funzionanti” per poter digitare e spostare i
faldoni dei documenti. Allora venivo chiamato da aziende che cercavano magazzinieri appartenenti alla
legge ’68 ma quando precisavo di non utilizzare un arto rispondevano meravigliati “di cercare una legge
’68 senza problemi fisici apparenti.” In dodici anni ho vissuto la rovina del centro di collocamento mirato.
Sono stato convocato per colloqui fallimentari o addirittura inadatti quando cercavano un magazziniere,
scaffalista, autista di muletto. Non sono mai stato indirizzato a un concorso pubblico.
Non restava che tentare di mettersi in proprio puntando sui “famosi” aiuti per persone con disabilità.
Fantascienza! L’80% di invalidità non era sufficiente per nessun tipo di aiuto e nel frattempo l’asl mi
toglieva il sostegno fisioterapico perché “disabile cronico”. Dopo la parentesi in proprio decisi di studiare
per i famosi concorsi pubblici, sostenuto dalla mia famiglia e dai miei amici. Dopo vari tentativi
finalmente vidi la luce. Istruttore amministrativo in un ente pubblico a digitare sul computer e a spostare
faldoni con una mano. Una cosa incredibile agli occhi di certe aziende.
In questi anni la vita mi ha fatto incontrare e anche scontrare contro persone che, volontariamente o
meno non mi interessa, ti portano a seppellire la tua già fragile autostima e a farti sentire inutile e
dipendente dagli altri per qualsiasi esigenza invece di rassicurarti e insegnarti l’autonomia.
All’interno di piccole realtà come quella in cui vivo si sente la mancanza di un sostegno, di una
collaborazione, di un vero insegnamento alla disabilità. Per chi non la prova direttamente, la disabilità
non esiste. Ci sono persone con disabilità che potrebbero dare tanto sia umanamente che fisicamente per
tutto ciò che sono riuscite ad apprendere. Io ho la fortuna di essere riuscito ad entrare in un ambito
lavorativo che amo e per il quale ho studiato: i servizi sociali. In questo ambito riesco a vedere che un
cambiamento sia possibile grazie a politici e colleghi con una visione più moderna, aperti ad esempio alla
tecnologia, alle nuove frontiere mediche, alla collaborazione. Soprattutto verso la disabilità, confido in
una visione costruttiva fatta non solo di sussidi ma di coinvolgimento reale, di crescita comune. Tanti,
troppi disabili si vergognano, si sentono emarginati dalla società in tutte le sue forme. C’è bisogno di una
visione nuova del problema, di una costruzione empatica, solidale e coesa in tutte le espressioni sociali.
Io ora sono felice anche per quello che la mia disabilità mi ha insegnato. Ho una famiglia meravigliosa e
posso continuare a coltivare la mia grande passione che è la scrittura.
Per cercare di condividere ciò che ho imparato in questi anni ho aperto anche un blog “Guida a una
mano” nel quale cerco di dare qualche consiglio e stimolo alle persone che come me devono vivere senza
l’utilizzo di un arto superiore. Ad oggi il riscontro è stato più che positivo con tante persone che mi
hanno scritto e risposto.
Nel 2017 ha pubblicato il suo primo romanzo grazie a Felici Editore, una casa editrice che ha creduto in lui e nelle sue capacità. Egli avrebbe << voluto scriverne un altro che parlasse di disabilità e
discriminazione ma la paura di sfociare in tematiche troppo specifiche e annoiare il lettore mi ha fatto
desistere. Fino a quando un giorno ho pensato: perché non spiegare il tutto allegoricamente, visto che la
storia dell’uomo è piena di allegorie letterarie e artistiche che celano i più diversi significati. In quattro
anni ho appuntato e incamerato tutto quello che sentivo e vedevo; ho scritto, strappato, riscritto,
analizzato. Fino a quando ho preso il tutto e cercato di costruire una storia che potesse supportare il tema
che volevo esprimere. Non è stato facile dare voce a ciò che percepivo, ma con il giusto tempo è nato
“Oscurità e Luce – Il Cavaliere e il Druido” edito sempre da Felici. Un romanzo fantasy ambientato in
una terra inventata, in una società celtico-medievale con magia, amore, uomini, donne, animali magici,
natura, tanta azione, ritmo e, soprattutto, filosofia. Una dicotomia tra bene e male dalle varie sfumature,
mai troppo distinte, che parla della discriminazione e dei suoi mostri e nel quale i personaggi potrebbero
essere benissimo dei disabili. Un romanzo per tutti dove sono convinto che ognuno possa trovare un
personaggio nel quale rispecchiarsi. Una storia che cerca una continua evoluzione, dal finale aperto che
punta ad essere il primo basilare capitolo di una saga >>
Dopo avermi scritto un po' di lui ticca a me fargli delle domande
come mai hai scelto per pubbblicizzare il tuo libro la rubrica di un giornale , il fatto quotidiano in questo caso . ed non un tuo sito internet o un blog ?
Non è stata una scelta specifica, ho inviato molte mail a partire dalle redazioni dei giornali, ai blog
di letteratura, fino ad arrivare agli influencer. Ad oggi quelli del “Fatto Quotidiano” sono gli unici
che mi
hanno preso in considerazione. Personalmente gestisco un sito internet
www.romanzifantasy.com e un blog per persone diversamente abili www.guidaunamano.org e
anche in questi ho pubblicato informazioni sul romanzo
come mai hai scelto un genere poco trattato, almeno da quel che ne so , in italia , il genere fantasy e non invece quello molto più diffuso il noir o l'hard boilet ?
Proporre fantasy italiano in Italia è difficile. Purtroppo c’è un pregiudizio che si protrae da anni,
quello che gli italiani non siano in grado di scrivere fantasy di livello, perciò anche le case editrici
di calibro maggiore non hanno interesse a investirci sopra. Sarebbe bello invertire questa
tendenza, perché autori italiani capaci ce ne sono tanti
come mai lo hai intitolato oscurità e luce Il Cavaliere e il Druido? di soito nel fantasy druido nero è sibolo di malvagità e il cavaliere simbolo di giustizia ? cosa c'è di vero e cosa d'inventato nel romanzo ? fonti d'ispirazione ? riferimenti culturali \ letterari ?
Nel romanzo il Druido Nero è simbolo di oscurità e il Cavaliere un Paladino della luce però da
antagonisti diverranno quasi amici contro un nemico più grande e comune. Gli ideali in principio
differenti si scopriranno più simili di quanto potessero immaginare. I riferimenti sono
celtico/medievali ma la storia è tutta frutto della mia immaginazione
è unico oppure come ho letto da qualche parte è il primo di una triologia ?
Non è un romanzo autoconclusivo e punta ad essere il primo di una saga. Le ispirazioni e i
riferimenti sono molti. Uno su tutti il gioco di ruolo; Tolkien sia letterario che cinematografico;
Eddings e la Saga di Belgariad; le discriminazioni, contestualizzate in un periodo storico
differente; la disabilità; la filosofia e il fantasy in ogni forma