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30.8.16

L'estate sta finendo ed tempo di coserve e di surgelare le verdure


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L’estate comincia a sgranarsi, tra giornate impercettibilmente più corte e serate che invitano a coprire le spalle, per ripararsi da un brivido di umidità imprevista. Ed eventuali  ( salvo  clima  impazzito  )  piovaschi .Iniziano  i giorni in bilico   tra  gli. ultimi giorni  di  vacanze  \  ferie ( salvo  quei pochi  snob e lavoratori  estivi   che decidono di prendersele in settembre  ) per  chi  se  lo può permettere e



 la  ripresa    al solito tram tram  scolastico    lavorativo  .
  Solo l’orto sembra non accorgersene, carico com’è di tutto il sole agostano. Certo, le temperature sono state meno spinte dell’anno scorso, tanto che i vignaioli — soprattutto da metà stivale in su — pregano ogni giorno Giove Pluvio di lasciare ancora le briglie sciolte al sole, per far arrivare l’uva a piena maturazione.
Frutta e verdura per fortuna non hanno bisogno di intercessioni metereologiche. Pomodori e melanzane, prugne e nettarine sono ottime — specie se le lasciano maturare sulle piante — e abbondanti, perfette per organizzare il rito delle conserve.
I giorni sono quelli giusti, in bilico tra gli ultimi momenti di vacanza e la ripresa lavorativa, tra l’ennesima lavatrice da caricare e le prime incombenze cittadine. Non esiste regola fissa: c’è chi ama condividere pentole e vasetti e chi preferisce dedicarcisi in beata solitudine. In un caso o nell’altro, senza fretta né ansie da prestazione, approccio per altro impossibile, visto la lentezza del procedimento.
Una volta deciso il cosa e il quanto, diventa dirimente il medium prescelto: sale, zucchero, aceto, olio, sotto vuoto, affumicato.                                  Come in un caleidoscopio gastronomico, i cibi da conservare si combinano in modi differenti, a volte perfino inusuali. I capperi, per esempio, si trovano benissimo con quasi tutto: sale, olio, aceto. Il siciliano Corrado Assenza preserva il profumo prezioso di quelli più piccoli utilizzando addirittura il miele, a patto che sia delicato e fluido per non
prevaricare. Cipolle e cipolline attraversano  per intero lo spettro delle conserve, dalla confettura al sottaceto, a seconda delle dimensioni. I pomodori, invece, diventano confettura o sottoli a seconda del grado di maturazione: la trasformazione di quelli verdi vanta uno stuolo di appassionati entusiasti, esattamente come per la mela cotogna, a metà tra golosità e memoria d’infanzia (ovvero la cotognata).Ma non di soli ortaggi vivono le conserve, se è vero che il tonno è tornato a correre — così l’hanno battezzato, tonno di corsa — nel Mediterraneo. Dopo anni di appelli angosciati e  di conseguente drastica riduzione delle quote pesca, il ripopolamento ha avuto il successo sperato. Così, lungo il Tirreno, tra Toscana e Sardegna e poi giù verso la Sicilia, la rotta obbligata dei bluefin  verso i fondali propizi alla deposizione delle uova in estate ha incrociato con più frequenza ami e tonnare. E visto che il tonno sottolio piace perfino a chi non ama il pesce (magìe delle conserve), forte è la tentazione di metterlo in barattolo. Lavato in acqua salata super bollente per togliere tutto il sangue, poi cotto al vapore e asciugato benissimo è pronto per il tuffo nell’extravergine,
magnifico antipasto di fine estate. In caso la produzione casalinga vi atterrisca, compratelo in latta o vasetto, meglio se conservato in extravergine (gli altri oli sono generalmente pessimi ed è impensabile che non influiscano sul sapore del pesce). E poi occhio ai numeri: secondo le suddivisioni delle aree di pesca stabilite dalla Fao, il Mediterraneo corrisponde al trentasette. E pazienza se non riuscite a tagliarlo con un grissino.

 Jars with vegetables colorful
Certo  conservare il cibo “è ansia   allo stato puro”, ha scritto  il sociologo Girolamo  Sineri. Ma è anche una  scommessa sul domani:  “chi farebbe mai più marmellate se non  avesse la speranza di vivere almeno il  tempo di poterle mangiare?” L'Ansia e fiducia: ecco i primi  ingredienti che alimentano la cultura  della conserva. Elaborare metodi  efficaci per mantenere i prodotti  vegetali e animali, e poterli utilizzare  ben oltre il loro ciclo “naturale” di vita, è stata nei secoli una delle principali  strategie per affrontare il problema della fame  specie    in tempi di povertà  e di  guerra  . Il metodo più usato fu quello dell’essiccazione, praticata al calore del  sole (là dove il clima lo consentiva) o col fumo (nei paesi freddi) ma più  normalmente, e dappertutto, col sale, protagonista di primissimo piano della  storia dell’alimentazione — e della  sicurezza alimentare. Altro  fondamentale protagonista di questa  storia fu l’aceto. Più costosi, più “tardivi”  furono l’olio e lo zucchero. Sostanze, in  ogni caso, che rendono conservabili i  prodotti solo a costo di modificare il loro  gusto d’origine, in modo più o meno  radicale. Lo stesso principio —  manipolare e modificare le qualità  naturali degli alimenti — valeva per la  tecnica della fermentazione, decisiva  dal punto di vista culturale oltre che  nutrizionale, come espressione della   capacità umana di volgere a proprio
vantaggio, controllandolo, un processo  naturale di per sé negativo come quello  della putrefazione.
Da questa capacità nacquero, nel  tempo, invenzioni straordinarie come i  formaggi e gli altri derivati del latte, i  prosciutti e gli altri salumi, le verdure  (crauti, rape e compagnia) che  integrano la fermentazione con la  salatura. Per queste vie i metodi di  conservazione degli alimenti, messi a
punto sotto l’impulso della fame, hanno  ben presto oltrepassato tale dimensione  con una sorta di “trasferimento  tecnologico” che li ha visti applicati  all’alta gastronomia: così sono nati i  prodotti fini destinati al mercato: salumi, formaggi, confetture, tanti prodotti che oggi costituiscono una parte fondamentale del nostro patrimonio gastronomico. Si rivelano in  tal modo legami sottili, forse
insospettabili, fra il mondo della fame e  il mondo del piacere.
L’invenzione non nasce solo dal lusso  e dal potere, ma anche dal bisogno e  dalla povertà — ecco il fascino della  storia dell’alimentazione: scoprire come  gli uomini, con il lavoro e con la fantasia, hanno cercato di trasformare i morsi  della fame e le ansie della penuria in  potenziali occasioni di piacere.

  altri consigli li  trovate  , oltre  che   sui  siti  riportati  all'inizio   del post  ,    sul numero   di domenica  scorsa  dell'inserto la domenica  di repubblica     (   da  cui  è  deliberatamente  tratto  il post  d'oggi )  pagine  10-12  qui  il  file 
 







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