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20.11.24

raccontare i femminicidi di oggi parlando di quelli del passato il caso Beatrice cenci

 Per  il 25  novembre oltre  post  di riflessione   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più anestetizzata ( o quasi  )  ed  un informazione sempre  più  veloce  dove  dopo tre  giorni (  salvo ecezioni )    sono già  dimenticati o  strumentalizzati vedere le  news  riportate   nel  post  precente ,racconterò un  femminicidio  e  una   violenza  di  genere  insieme    del passato . Si tratta di Beatrice Cenci , alla cui condanna a morte vi assistente e trase ispirazione per una delle opere


 più belle e cariche di pathos nonche la secondo alcuni Il capolavoro più sanguinoso ,  Caravaggio. 


Beatrice Cenci (Roma, 6 febbraio 1577 – Roma, 11 settembre 1599) è stata una nobildonna italiana giustiziata per parricidio e poi assurta al ruolo di eroina popolare, per essersi difesa dal padre violento e depravato.

[---- ] da Beatrice Cenci - Wikipedia

Il parricidio

Esasperata dalle violenze e dagli abusi sessuali paterni, si dice che Beatrice giunse alla decisione di organizzare l'omicidio di Francesco con la complicità della matrigna Lucrezia, dei fratelli Giacomo e Bernardo, del castellano Olimpio Calvetti[6] e del maniscalco Marzio da Fioran, detto il Catalano.
Per due volte il tentativo fallì: la prima volta si cercò di sopprimerlo con il veleno ma l’uomo, assai diffidente, fece assaggiare cibo e bevande alla figlia prima di consumarle così questa proposta fu scartata; la seconda con un'imboscata di briganti locali che però, scoperte le possibili conseguenze, si rifiutarono. La terza volta Francesco, stordito dall'oppio fornito da Giacomo e mescolato a una bevanda, fu assalito nel sonno: Marzio gli spezzò le gambe con un matterello, Olimpio lo finì colpendolo al cranio e alla gola con un chiodo e un martello.
Per mascherare l’omicidio, Olimpio cercò di rompere il pavimento di un balcone per far precipitare il cadavere al suolo, ma non ci riuscì. Così demolì il ballatoio per tentare quindi d'infilarci il cadavere ma la cosa era impossibile: il foro era troppo piccolo. Decisero allora di gettare il corpo dalla balaustra della Rocca, sperando che tutti credessero al cedimento della struttura. Il 9 settembre 1598, Francesco fu trovato in un orto ai piedi della Rocca. Dopo le esequie il conte fu sepolto in fretta nella locale chiesa di Santa Maria. I familiari, che non parteciparono alle cerimonie funebri, lasciarono il castello e tornarono a Roma nella dimora di famiglia, palazzo Cenci, nei pressi del Ghetto.

Beatrice Cenci in prigione. Quadro di Achille Leonardi, XIX secolo

Le indagini

Inizialmente non furono svolte indagini, ma voci e sospetti, alimentati dalla fama sinistra del conte e dagli odi che aveva suscitato nei suoi congiunti, indussero le autorità a indagare sul reale svolgimento dei fatti.Dopo le prime due inchieste, la prima voluta dal feudatario di Petrella, duca Marzio Colonna e la seconda ordinata dal viceré del Regno di Napoli don Enrico di Gusman, conte di Olivares, lo stesso pontefice Clemente VIII volle intervenire nella vicenda.La salma fu riesumata e le ferite furono attentamente esaminate da un medico e due chirurghi che esclusero la caduta come possibile causa delle lesioni. Fu anche interrogata una lavandaia alla quale Beatrice aveva chiesto di lavare lenzuola intrise di sangue dicendole che le macchie erano dovute alle sue mestruazioni ma la giustificazione, dichiarò la donna, non le sembrò verosimile. Gli inquirenti furono insospettiti, inoltre, dall'assenza di sangue nel luogo ove il cadavere era stato rinvenuto.I congiurati furono scoperti e imprigionati. Calvetti, minacciato di tormenti, rivelò il complotto. Riuscito a fuggire, fu poi fatto uccidere da un conoscente dei Cenci, monsignor Mario Guerra,[senza fonte] per impedirne ulteriori testimonianze. Anche Marzio da Fioran, sottoposto a tortura, confessò ma, messo a confronto con Beatrice, ritrattò e morì poco dopo per le ferite subite. Giacomo e Bernardo confessarono anch'essi. Beatrice inizialmente negò ostinatamente ogni coinvolgimento indicando Olimpio come unico colpevole, ma la tortura[7] della corda[8] ne vinse ogni resistenza ed ella finì per ammettere il delitto.Acquisite le prove, i due fratelli Bernardo e Giacomo furono rinchiusi nel carcere di Tordinona,[9] Beatrice e Lucrezia in quello di Corte Savella.[10]

Prospero Farinacci, difensore di Beatrice. Da Crasso, Ritratti d'huomini letterati1666

Il processo

Il processo fu affidato al giudice Ulisse Moscato ed ebbe un grande seguito pubblico. Nel dibattimento si affrontarono due tra i più grandi avvocati dell'epoca: l'alatrense Pompeo Molella per l'accusa e Prospero Farinacci per la difesa. Farinacci, nel tentativo di alleggerire la posizione della giovane, accusò Francesco di aver stuprato la figlia, ma Beatrice, nelle sue deposizioni, non volle mai confermare l'affermazione del difensore. Alla fine prevalsero le tesi accusatorie di Molella e gli imputati superstiti vennero tutti giudicati colpevoli e condannati a morte.Cardinali e difensori inoltrarono richieste di clemenza al pontefice ma Clemente VIII, preoccupato per i numerosi e ripetuti episodi di violenza verificatisi nel territorio dello Stato, volle dare un severo ammonimento[11] e le respinse: Beatrice e Lucrezia furono condannate alla decapitazione, Giacomo allo squartamento. Solo per Bernardo il pontefice acconsentì alla commutazione della pena: di soli diciotto anni, non aveva partecipato attivamente all'omicidio, venendo condannato unicamente per non aver denunciato il complotto; per la sua giovane età ebbe risparmiata la vita, ma gli fu imposta la pena dei remi perpetui, cioè remare per tutta la vita sulle galere pontificie, e fu obbligato, inoltre, ad assistere all'esecuzione dei congiunti legato a una sedia. In aggiunta, la notizia della commutazione della pena gli fu deliberatamente nascosta e comunicata solo poche ore prima della scampata esecuzione. Solo alcuni anni più tardi, dopo il pagamento di una grossa somma di denaro, riottenne la libertà.

Castel Sant'Angelo: luogo dell'esecuzione
Esecuzione di Beatrice Cenci

L'esecuzione

L'esecuzione di Beatrice, della matrigna e del fratello maggiore avvenne l'11 settembre 1599 nella piazza di Castel Sant'Angelo gremita di folla. Tra i presenti anche tre artisti: CaravaggioOrazio Gentileschi e la figlia di costui, la futura pittrice Artemisia. La giornata molto afosa causò il decesso di alcuni spettatori per insolazione (che risultò fatale anche al giovane romano Ubaldino Ubaldini, famoso per la sua grande bellezza, come ricorda Stendhal nelle sue Cronache italiane); altri rimasero uccisi nella calca e qualcuno invece scivolò nel Tevere, morendo annegato.La decapitazione delle due donne fu eseguita con la spada[12][13]. La prima a essere uccisa fu Lucrezia, seguì poi Beatrice e infine Giacomo, che fu seviziato durante il tragitto con tenaglie roventi, mazzolato e infine squartato

           [....] 

non  so  che altro dire   alla  prossima


25.11.17

da uomo dico si il femminicidio esiste e le molestie ed le violenze vanno denunciate subito non taciute o dopo 20 anni perchè lo fanno tutte vedi il caso Harvey Weinsten ed l'appendice italiana il caso Trevisan -Tornatore




Lo so che  da  uomo  è difficile   dire qualcosa  di  scontato o che non sia sessista sul femminicidio  




termine controverso: esiste ed  è un fenomeno  sociale  ;  non esiste   è un invenzione  femminile   esiste  solo l'omicido  .
donne Io  contro io il sto per  il primo   significato ) . infatti mi ritrovo nelle parole  di Lorella  Zanardo   riportate in questa  intervista  rilasciata  a GIULIA MENGOLINI su letteradonna.it del  26 maggio 2017   . 
Ma non mi va    di seguire   il  "  consiglio      suggerito   fra i  commenti  di una     discussione , con  alcune donne dei miei contatti /(  una  ex  )    fb in particolare  Cristina,   una discussione  sulk  caso  Harvey Weinsten ed  l'appendice  italiana   il caso Trevisan -Tornatore 

Cosetta Pittau Non ho capito come fate a sapere per certo che menta




Giuseppe Scano non ho detto che mente , ho solo detto cara Cosetta Pittau, che sembra strano che dopo 20 anni e solo perchè qualcuno di coraggioso lo abbia fatto lo faccia tu e non lo abbia fatto prima .



Sira Delli Colli Ho idea Scano che il tuo "analizzarti continuamente" (cosi dichiari nel tuo profilo... )non dia grandi risultati.Comunque grazie per avermi chiarito che sicuramente una volta di più che tra i miei amici ,stoni decisamente.Provvedo subito



Giuseppe Scano Sira Delli Colli Perché stono ? Solo perché esprimo un dubbio è non prendo per oro colato quanto dichiarato dalla Trevisan e da chi pur sapendo che tipo era il porco ( vedi intervista della vedoa Kubain ) prima ci vai o sta zitta per la carriera e dopo 20 /25 quando ormai famosa denuncia ? Tali cose sia che siano molestie sia che siano stupri o o altre violenze vanno denunciare sempre è subito Non è che tu mi picchi o mi maltratti ed io per la carriera sto zitto ma poi dopo 20 anni ti denuncio .



Cristina Ziccanu ma che cavolo ne sai tu, uomo, quindi con un unico neurone nel cervello, cosa può provare e come si possa sentire una donna molestata? Come puoi determinare quando deve parlare? Che ne sai di vergogne, sensi di colpa? Qualcuno ti ha mai tastato il sedere in autobus per capire come ci si sente? E questo è solo un banale esempio! Forse la Trevisan mente, forse no, ma tu non puoi dire che bisogna denunciare subito. Quindi, caro Giuseppe, prima di sparare sfondoni pensa.



  sul mio invito    sul  fatto che  le  molestie   e le  violenze  ( fenomenbi diversi certo  ma  da  il condine  fra una   e  l'altra     è  labilissimo   vadano denuncitati    subito  onde  evitare     sofferrenze  sia    come  questa  




in cui  Cinzia Viola, impiegata comunale a Carrara, venne molestata nel suo ufficio dall'allora autista del sindaco. Dopo quasi 20 anni attende l'ultima sentenza dalla Cassazione. Ecco il suo racconto (a cura di Tecla Biancolatte) - L'ARTICOLO

Ecco perché avevi detto certe cose vanno denunciate subito cara Cristina Ziccanu

Cristina Ziccanu non ricordo cosa avevo detto...
Giuseppe Scano ecco perchè , ho sbagliato scrivendo . intendevo dire ecco perchè certe cose vanno denunciate subito . Era una mia risposta
a quanto , tu cara Cristina Ziccanu, quando lo scrissi qui ( https://goo.gl/mM7cqh ) in commenti mi avevi detto : << ma che cavolo ne sai tu, uomo, quindi con un unico neurone nel cervello, cosa può provare e come si possa sentire una donna molestata? Come puoi determinare quando deve parlare? Che ne sai di vergogne, sensi di colpa? Qualcuno ti ha mai tastato il sedere in autobus per capire come ci si sente? E questo è solo un banale esempio! Forse la Trevisan mente, forse no, ma tu non puoi dire che bisogna denunciare subito. Quindi, caro Giuseppe, prima di sparare sfondoni pensa.>>
Basta con i porci veri o presunti alla Weinstein e le attrici ed attricette che pur di farsi pubblicità dopo vent anni denunciano. IL caso di michela trevisan contro giuseppe tornatore ..... continua https://goo.gl/rcwPek
Cristina Ziccanu confermo quanto detto!
Giuseppe Scano Cristina Ziccanu perchè ? volte soffre di più tenertvi tutto dentrop o quando e poi quando trovate il coraggio per denunciare vedere che le porcate siano prescritte o si finisce assolti per cavilli tipo mancanza di denuncia o denuncia tardiva ?


Ora  poichè non  trovo le parole  parafrasando la canzone  non trovo le parole  di  Maldestro 
preferisco raccontare due storie : una recente " finita bene  " ( sono sarcastico , per  sdramattizzare  , visto che  molte  d'esse  vedere    sul  sito  http://www.inquantodonna.it/ le  storie    tutti i  femminici dal 2015  fin oggi   finisco  con la  brutale  ucccisione  figli\e  comprese o  il deturpamento del loro corpo   )  



da  http://bari.repubblica.it/cronaca/2017/11/24/news/

"Io, da aspirante carabiniera a psicologa in sedia a rotelle: la violenza del mio ex mi ha segnata"Filomena Di Gennaro, originaria della Puglia, fa la psicologa, è mamma di due gemellini e ha sposato l'uomo che l'ha salvata. Lo stalker fu condannato a 11 anni e otto mesi: soltanto uno l'ha passato in carcere

Filomena Di Gennaro (ansa)

Dodici anni fa Filomena Di Gennaro si immaginava già maresciallo. Era riuscita a entrare nella Scuola dei carabinieri e il futuro sembrava costruirsi secondo le sue aspettative. La sua vita, invece, ha preso una direzione diversa: fa la psicologa, è mamma di due gemellini ed è sposata con l'uomo che l'ha salvata. È costretta a muoversi su una sedie a rotelle perché il suo ex fidanzato non voleva rassegnarsi alla scelta che aveva fatto, lontana da lui e dal loro paese in Puglia, e le ha sparato a bruciapelo due colpi di pistola: uno si è fermato a tre millimetri dalla aorta, un altro ha lesionato il midollo spinale dopo aver danneggiato un polmone.

Parla della sua storia agli studenti della Sapienza, a Roma, durante un incontro organizzato dalla polizia di Stato, con tono asciutto e professionale. L'ha raccontata tante volte, come avvertimento per le altre donne. Si commuove però, e non è la sola, quando ammette: "Ho avuto io l'ergastolo perché ho dovuto rinunciare al mio sogno". Il giorno che la sua vita cambiò era il 13 gennaio 2006. Stava uscendo dalla Scuola quando ricevette la telefonata del suo ex. L'ennesima volta a ragionare del perché non potevano stare più insieme. Aveva fatto 360 chilometri in macchina per vederla: lei non avrebbe voluto, ma lui la convinse. In fondo gli voleva bene, non aveva niente da temere.
Evidentemente all'esterno non era questa l'impressione, perché il suo comandante si insospettì. Le chiese dove abitasse: l'avrebbe tenuta d'occhio.
Filomena accettò così di vedere il suo ex e di salire in auto. La discussione si scaldò, lui voleva sposarla. La ragazza uscì e aprì il portone di casa, ma non fece in tempo a richiuderlo. Lui le stava addosso, aveva una pistola. Le sparò un primo colpo e lei a terra in una pozza di sangue chiedeva pietà. Ma lui sparò ancora: "O mia o di nessun


 altro".
La voleva morta. Quindi un terzo colpo. Ma non era per lei. Quando si è svegliata dopo due giorni di coma, ha saputo che il suo comandante aveva atterrato l'aggressore prima che potesse finirla. Lo stalker è stato poi condannato a 11 anni e otto mesi: soltanto uno l'ha passato in carcere. Lui pure ora si è rifatto una vita. E quando si avvicinano le feste e va a trovare i suoi parenti in Puglia, Filomena spera di non incontrarlo per strada


una del passato quella di Beatrice Cenci ( , 6 febbraio 1577 – 11 settembre 1599 ) da


Rappresentazione di Beatrice Cenci
in una fotografia di Julia Margaret Cameron
tratta  da https://it.wikipedia.org/wiki/Beatrice_Cenci

BEATRICE CENCI: LA TRAGICA VICENDA DI UN'EROINA SFORTUNATA

L'11 settembre 1599, in una giornata calda e afosa, sulla piazza di ponte Sant'Angelo vengono messi a morte Beatrice Cenci, la matrigna Lucrezia, suo fratello Giacomo.
Questa la conclusione di un caso criminale destinato a dare vita a un vero e proprio mito che ispirerà la fantasia di artisti come Stendhal, Shelley e Dumas, Guido Reni, Caravaggio, Delaroche e Moravia, oltre a molti registi del cinema. Nell'oscuro caso, infatti, sono intervenuti numerosi elementi destinati a turbare le menti e a dare adito ad accese discussioni: la giovanissima età della ragazza, le violenze subite da parte del padre, le controversie giuridiche, gli intrighi politici per questioni di eredità. La Cenci, poco più che ventenne al momento della condanna, diventa così ben presto il simbolo della ribellione giovanile contro la tirannia dei genitori e delle istituzioni, emblema della bellezza ammaliatrice, dell'innocenza calpestata, dell'indipendenza e dell'orgoglio femminile contro l'oppressione.
Beatrice, figlia di Francesco Cenci, uno degli uomini più ricchi di Roma, ma altrettanto dissoluto e violento, era cresciuta nell'antico palazzo Cenci, di fronte all'Isola Tiberina, nell'area del vecchio ghetto. Bella, appassionata, vitale, forse troppo agli occhi del tirannico padre, che la rinchiude insieme alla seconda moglie Lucrezia nella 
fortezza di Petrella Salto, vicino a Rieti.
Esasperata dalle continue fustigazioni che il genitore continua a perpetrarle, la Cenci, con l'aiuto del suo carceriere detto Catalano, lo fa trucidare, simulando un incidente. All'alba del 9 settembre 1598, il cadavere di Francesco Cenci viene trovato con la testa spaccata nell'orto sottostante il balcone della rocca.
L'uomo viene seppellito con una cerimonia sbrigativa, il caso potrebbe dunque dirsi chiuso. Ma molte voci gridano al delitto e si apre quindi un'inchiesta per "fama", cioè per i sospetti ormai diffusi tra la gente. L'indagine fa emergere una serie di inquietanti circostanze. In particolare, le lenzuola e il materasso di Francesco completamente intrisi di sangue fanno pensare che l'uomo sia in realtà morto altrove. Il primo ad essere arrestato e condotto nella stanza della tortura è il Catalano che, alla vista degli strumenti per il supplizio, confessa tutto per filo e per segno.
Racconta della reclusione delle due donne e delle fustigazioni patite dalla giovane, della cattiveria del padre e quindi del piano. Un "delitto perfetto" risoltosi poi in un completo disastro, perchè l'oppio non basterà ad addormentare Francesco e sarà necessario un tempo considerevole e un notevole spargimento di sangue per uccidere l'uomo, rendendo così poco credibile la simulazione di un incidente. La confessione conduce all'arresto presso Castel Sant'Angelo di Beatrice, ma anche della sua matrigna e dei suoi fratelli, imprudentemente informati del piano omicida.
Beatrice e il fratello Giacomo continuano a negare, non possono essere torturati in quanto appartenenti alla nobiltà e sono sicuri di cavarsela in qualche modo. Non confessa neppure Lucrezia, confidando su appoggi importanti.
Papa Clemente VIII emetterà l'atto decisivo nell'agosto 1599, emanando un motu proprio con il quale autorizza il tribunale a torturare anche la famiglia Cenci. Il fratello Giacomo, sottoposto alla tortura della corda , confessa. Poco tempo dopo il fratellino Bernardo, minore d'età, racconta tutto. Lucrezia, torturata, ma per rispetto senza essere denudata e depilata come vorrebbe l'uso, alla fine cede agli inquisitori. Il 10 agosto Beatrice è appesa, anche lei vestita, alla corda e a quel punto lacerata dal dolore si arrende: "Oimè, oimè, o Madonna santissima ajutame. Calateme che voglio dire la verità". Il processo e la successiva condanna a morte, malgrado le molte attenuanti e la simpatia dell'opinione pubblica, furono determinati dall'interesse di papa Clemente VIII ad appropriarsi dei beni della famiglia Cenci.
Alle nove e trenta dell'11 settembre 1599 i condannati sono condotti al patibolo sulla piazza di ponte Sant'Angelo. L'unico a salvarsi, a causa della tenera età, è Bernardo. Lucrezia è decapitata per prima, subito dopo tocca a Beatrice. Il fratello Giacomo subisce la pena più atroce, prima stordito con un colpo di mazza e infine scannato e squartato.
Un'immensa folla di romani accorre sul posto, commossa dalla giovinezza e dal coraggio della fanciulla nel salire di fronte al boia. In mezzo a loro, c'è sicuramente anche Caravaggio, insieme ad Artemisia Gentileschi. Non è certamente un caso che entrambi gli artisti abbiano poi dipinto, a breve distanza di tempo, due versioni di Giuditta che decapita Oloferne, riportando sulla tela il gesto omicida con una crudezza e un'effusione di sangue che non possono non presupporre uno studio dal vero. 


poichè  due parole  sono poche  ed una troppo    cponcludo qui     questo mio   post     su tale  giornata  




emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...