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11.8.25

Sembra poco, ma in un’epoca e in un mondo che tace e fa finta di nulla, sui crimini israeliani le parole di un’icona sportiva planetaria come Momo Salah è uno dei più grandi giocatori africanifanno eccome la differenza.

 da  lorenzo  tosa 



Momo Salah è uno dei più grandi giocatori africani della storia e uno dei più forti in attività in senso assoluto.Ma oggi ha fatto qualcosa per cui ci vuole coraggio, cuore, dignità.Salah ha preso una posizione durissima nei confronti dell’Uefa per il tributo fiacchissimo e pavido che il massimo organo calcistico europeo ha riservato a Suleiman Obeid, il calciatore palestinese morto ammazzato dall’esercito israeliano mentre era in coda per il cibo a Gaza, senza che l’Uefa scrivesse una sola parola sul fatto che sia stato ucciso, in quali circostanze e soprattutto da chi.A quel punto su X Salah ha commentato senza mezzi termini.“Potete dirci come è morto, dove e perché?”.Poche parole che raccontano tutto. Non del calciatore ma dell’uomo. E non è neppure la prima volta che Salah si schiera pubblicamente su quanto sta accadendo a Gaza.Sembra poco, ma in un’epoca e in un mondo che tace e fa finta di nulla, le parole di un’icona planetaria fanno eccome la differenza.È da questi particolari che si riconoscono i campioni veri.

11.6.25

il parrocco di Cese ( Bergamo ) ha sbagliato nel voler celebrare un funerale doppio di un omicidio-suicidio non sempre : «Nonostante il dolore celebriamo l’amore»




i femminicidi di Castel vetrano  ma  soprattutto  di Cese ( bergamo ) riassumiano i fatti per chi non vuole rileggere o non ha fretta il precedente post 

– Mary Bonanno, 49 anni, è stata aggredita dal marito nel garage di casa con una chiave inglese e un coltello. Ferita, ha tentato di fuggire verso il portone, ma è crollata poco dopo. L’uomo si è poi tolto la vita lanciandosi dal terzo piano. e di cui l’avvocato Lorenzo Rizzuto, legale e portavoce della famiglia Campagna coinvolta nell’omicidio-suicidio di Castelvetrano (Trapani) dei coniugi Mary Bonanno e Francesco Campagna, invita la stampa «a trattare la vicenda con la massima discrezione, evitando la spettacolarizzazione e la diffusione di particolari non essenziali e non accertati, al fine di tutelare la memoria delle vittime e il diritto delle famiglie a vivere questo momento di immane dolore nel raccoglimento e nella riservatezza»
 – Uccide la moglie e si spara, i parenti scelgono un unico funerale. Il parroco: «Nonostante il dolore celebriamo l’amore»

 Mi sono chiesto ,soprattutto sul secondo , ma è amore     come  sembra  voler  dire    il parrocco di  Cese   o alcuni  sul caso di CasteVetrano  ? Nel primo caso è chiaro che si tratta di una richiesta , che per alcuni può essere considerata ( come ha fattoi anche il sotto scritto nel post precedente ) strana o oportunistica visto che viene non direttamente dai familiari , ma dall'avvocato di Lui . Si può parlare di richiesta di rispetto per le vittime . Ma non amore come alludono alcuni giornali che hanno descritto la vicemda . Infatti in casi dove un uomo ha ucciso la moglie e poi si è suicidato, non si può parlare di amore. MaSi tratta di un tragico caso di femminicidio-suicidio, in cui un uomo ha commesso un atto di violenza estrema contro la propria partner, togliendole la vita in modo brutale (con una chiave inglese e un coltello) e poi ponendo fine anche alla sua., l'amore autentico è basato su: Rispetto reciproco: La capacità di riconoscere e valorizzare la dignità e l'autonomia dell'altro. Libertà: La possibilità per entrambi i partner di essere se stessi, di prendere decisioni e di perseguire i propri interessi senza coercizione o paura. Supporto e benessere: Il desiderio di vedere l'altro felice e realizzato, e di contribuire al suo benessere fisico ed emotivo. Assenza di violenza: L'amore non può coesistere con la violenza, sia essa fisica, psicologica, economica o sessuale.La violenza non è amore Eventi come quelli di Cene e Castelvetrano sono il risultato di dinamiche relazionali disfunzionali, spesso dominate da possesso, gelosia, controllo e aggressività. Anche se apparentemente "normali" o "senza denunce", queste situazioni possono nascondere una profonda sofferenza e una grave alterazione del concetto di relazione sana.È fondamentale ribadire che l'amore non uccide, non aggredisce e non prevarica. Questi atti di violenza estrema sono la negazione stessa di ciò che l'amore dovrebbe essere. Definire questo tipo di evento come "amore" è estremamente problematico e, per molti, inappropriato. L'amore, nella sua accezione sana e positiva, si basa su rispetto, fiducia, libertà, supporto reciproco e benessere. Un atto di violenza estrema come l'omicidio, specialmente in un contesto di relazione, è l'antitesi di tutto ciò che l'amore rappresenta. È vero che nel caso di Cese il parroco ha parlato di "scelta di amore e fede" nel decidere di celebrare un unico funerale. Tuttavia, è fondamentale comprendere che, in questo contesto, la sua interpretazione dell'amore si riferisce probabilmente a un amore incondizionato e misericordioso verso le anime, anche di fronte a un atto così orribile. Non si riferisce, in alcun modo, a un'approvazione o una legittimazione del gesto violento come espressione d'amore. È una scelta dettata dalla volontà di non aggiungere ulteriore sofferenza alle famiglie già distrutte e di accompagnare, secondo i principi della fede, due persone nell'aldilà. È cruciale distinguere tra: Amore genuino: Caratterizzato da reciprocità, rispetto e assenza di coercizione o violenza Amore malato o distorto cioè tossico

 Spesso basato su possesso, gelosia ( e qui rimando a quanto detto in : la gelosia è una prova d'amore o anticamera del femminicidio \ amore malato ? secondo me la risposta sta nel mezzo https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2025/06/la-gelosia-e-una-prova-damore-o.html ) controllo e paura, che può sfociare in violenza.Nel caso di Cene, il movente della gelosia e l'atto finale di violenza indicano chiaramente una relazione in cui i concetti di amore e rispetto erano stati gravemente distorti o persi, portando a un epilogo devastante. L'amore non uccide, non controlla e non porta al suicidio in seguito a un omicidio.È importante chiamare le cose con il loro nome: si tratta di una tragedia, un atto di violenza omicida, non una manifestazione d'amore

4.6.25

Garlasco, dignità calpestata


   mia   rielaborazione      di  
  

Come tutti i casi più eclatanti , soprattutto quelli che non vegono risolti subito   e  su  cui  vengono fatti degli errori da rimettere indiscussione la vicenda , nel caso do Garlasco si è davanti a una giostra mediatica   fatta   di  insinuazioni e ricostruzioni da romanzo   che non risparmia più nessuno neppure la vittima e i suoi familiari .
 S'è partiti  anzi ripartiti  da Andrea Sempio, il nuovo
mostro, poi ci si è inoltrati in una selva oscura dove si mischiano frammenti di cronaca giudiziaria, gocce avvelenate di gossip e misteri dietrologici che spiegherebbero quel che cinque sentenze  avevano sulla base    d'indagini lacunose  ,  affrettate  ,  mal  fatte  , perizie  ed  reperti non analizzati o  mal  analizzati  . Scena   inquinata e  compromessa da  subito   già spiegato . 
La presunzione di innocenza è finita in qualche canale, dalle parti di Garlasco, e sembra sprofondare ogni giorno di più. Infatti La misura sembra essere ormai colma, dopo il ritorno del caso di Garlasco su tutti i media, virale a tamburo battente tutti i giorni, e questo a 18 anni dall'omicidio di Chiara Poggi, e con la pena dell'unico assassino riconosciuto nonostante i fortissimi dubbi  della legge, Alberto Stasi, quasi prossima alla conclusione. Ora sono i genitori di Chiara a parlare, tramite i loro legali. 
Infatti « Siamo disgustati dalle affermazioni fatte in questi giorni dalle varie trasmissioni televisive. Si continua a infangare la memoria di nostra figlia. È veramente disgustoso ». 
Rompe il silenzio dopo giorni di illazioni e retroscena Rita Poggi, la madre della giovane uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. Ed è furiosa  come bon biasimarla per le teorie che proliferano sul conto di sua figlia e ora anche del figlio , in particolare l’illazione – cui ha dato credito in particolare un servizio delle Iene in onda ieri sera – di una relazione parallela tra Chiara Poggi e un altro uomo, oltre al fidanzato “ufficiale” Alberto Stasi. «Nostra figlia era una ragazza pulita, semplice. Non aveva segreti e non aveva amanti. Ho sentito anche quello ieri sera. Non aveva due telefoni. Quello che è grave è che si fanno illazioni su una ragazza che non può difendersi», replica a muso duro la madre della ragazza al Tg3 Lombardia. Una rabbia e un «disgusto» cui già avevano dato voce in mattinata i legali della famiglia.Insinuazioni e sussurri: la «campagna diffamatoria» contro Chiara Poggi «La famiglia Poggi è da settimane vittima di una assillante campagna diffamatoria da parte di organi di informazione e social, che non sta purtroppo risparmiando nemmeno l’amata Chiara», scrivono in un comunicato gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna. «Ieri sera la trasmissione Le Iene ha addirittura adombrato una presunta relazione sentimentale di Chiara con un “uomo adulto”, utilizzando a tal fine le risalenti dichiarazioni di una persona deceduta, già all’epoca ritenute del tutto false», aggiungono. Secondo i due avvocati della famiglia Poggi, «la continua sovrapposizione fra fughe di notizie, vere o presunte, riguardanti l’attività di indagine e le autonome ricostruzioni romanzesche liberamente costruite dai soggetti più vari, ha determinato l’incontrollabile diffusione di ogni genere di insinuazioni in totale dispregio della realtà dei fatti e del rispetto dovuto ad ogni singola persona a qualsiasi titolo coinvolta nelle vicende in questione».Vittime di una "assillante campagna diffamatoria"
 una assillante campagna diffamatoria da parte di organi di informazione e social, che non sta purtroppo risparmiando  le famiglie poggi e cappa . Ieri sera la trasmissione le Iene ha addirittura adombrato una presunta relazione sentimentale di Chiara con un 'uomo adulto', utilizzando a tal fine le risalenti dichiarazioni di una persona deceduta, già all'epoca ritenute del tutto false".
A denunciarlo sono gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna che rappresentano i familiari di Chiara Poggi - i genitori Giuseppe Poggi e Rita Preda e il fratello della vittima Marco - uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.
Sovrapposizione fra fughe di notizie, vere o presunteA quasi 18 anni dal delitto per cui è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere l'allora fidanzato Alberto Stasi, la Procura di Pavia ha riaperto le indagini e indagato nuovamente per omicidio in concorso Andrea Sempio, amico del fratello della ventiseienne. "La continua sovrapposizione fra fughe di notizie, vere o presunte, riguardanti l'attività di indagine e le autonome ricostruzioni romanzesche liberamente costruite dai soggetti più vari, ha determinato l'incontrollabile diffusione di ogni genere di insinuazioni in totale dispregio della realtà dei fatti e del rispetto dovuto ad ogni singola persona a qualsiasi titolo coinvolta nelle vicende in questione" aggiungono i legali in una nota.
"Nell'auspicio che le autorità preposte possano a loro volta contribuire a porre fine a simili reiterate condotte illecite, la famiglia Poggi provvederà da parte sua ad ogni opportuna iniziativa giudiziaria a tutela della dignità e dell'onore di Chiara" concludono gli avvocati Compagna e Tizzoni.
Ora Che si sappia, finora c'è un solo indagato ufficiale , ma è come se fossero mille e per tutti vale la presunzione di colpevolezza. Perché Sempio telefonava a casa Poggi nei giorni precedenti l'omicidio? E perché i suoi amici non avevano messo a verbale che si chiamavano in quell'agosto maledetto, come peraltro fanno tutte le compagnie di ragazzi? E le gemelle Cappa? Ogni articolo, ogni trasmissione, ogni commento sottolinea che non sono indagate. Sì, sono le non-indagate più sospettate della storia criminale italiana.
Nessun rispetto, in un cocktail allucinogeno che mette insieme tentativi di suicidio, il tutore di Paola e le esternazioni di Stefania, e poi i loro rapporti non così angelici con Chiara e poi ... si potrebbe proseguire per pagine.
C'è un carosello sventurato di personaggi, messi in croce per una parola che non coincide con la versione più o meno politically correct del caso. Ci sono intercettazioni, vecchie di diciotto anni, che vengono riproposte come fossero state carpite ieri.
C'è il santuario della Bozzola, con il contorno di scandali gotici ed erotici ,  voci oblique che è diventato il teatro virtuale di qualunque nefandezza. Si sono persi i confini di questa storia, troppo grande per una provincia troppo piccola.
Ecco che c'è un circuito perverso fra apparati investigativi e sistema dell'informazione. Si muove il primo, sentenzia il secondo. E tutto si giustifica nel nome del sacrosanto diritto ad indagare, perché la verità ha la precedenza su tutto, e nell'altrettanto inscalfibile diritto a darne notizia, subito, perché l'opinione pubblica deve sapere.
Ma sapere che cosa poi ?
Ora i sospetti hanno toccato anche la famiglia della vittima. I ruoli e le parti e le posizioni, teste o imputato, non contano più nulla. Interessa altro. Perché i Poggi non credono a Stasi? E perché difendono Sempio che invece ha il profilo perfetto per questo grande affresco dai colori medioevali ?
Marco Poggi, che non è indagato ma è addirittura il fratello di Chiara, è stato sentito in simultanea con Stasi e Sempio. Gli esperti, o presunti tali, fanno a pezzi le sue dichiarazioni e sottolineano i passaggi ritenuti non convincenti. Di più, si mormora ormai di lei, di quella ragazza appartata le cui immagini sono diventate la colonna sonora delle nostre vite a tutte le ore.
Il tutto fra avvistamenti di supertestimoni, incursioni di influencer, ipotesi che si accavallano.
Bisogna dirlo, senza voler fare i maestrini di un moralismo spicciolo e passare per vecchi tromboni : la dignità di troppe persone viene calpestata ogni giorno senza ritegno. Si aspetta che qualche authority  (  sempre   che servano ancora a qualcosa e non siano la classica foglia di fico    )   fra le tante di cui disponiamo batta un colpo. E ci si chiede con sgomento dove siano finite tutte le leggi  etico morali  ,  le norme e i codici che dovrebbero fare da scudo e salvaguardare le nostre esistenze. La privacy (   se ancora  a tempi d'internet  e  dello sviluppo  sempre  più massiccio  dele  nuove  tecnologie   si  possa  ancora  parlare  d'essa  ed abbia un senso ... ma  qui entriamo  in un discorso      che  ci porterebbe lontano dal  tema  del post  d'oggi   ) è polverizzata, c'è solo la gogna che promette di andare avanti. E avanti ancora chissà  per quanto 

14.7.24

San Giovanni Suergiu, assunto e licenziato: non ha la terza mediaPer Stefano Sulas niente stabilizzazione dopo 29 anni di precariato: la scoperta dopo la firma del contratt

La  storia    di   Stefano Sulas ( scusate  se la pubblico  integralmente  , non m'andava  e poi  non   ci  sono riuscito   ,  di riassumerla )  conferma  il paradosso  , datemi pure   del  populista \  qualunquista , tipico    di  un sistema politico  \  culturale    che  discrimina  \  penalizza   le persone    che  non hanno  
    Stefano Sulas (65 anni) mostra il contratto
di lavoro annullato
 dopo le verifiche su  i suoi  documenti 
 avuto  la possibilità    d'istruirsi scolasticamente .  Infatti   non sapevo  che  per  fare  i lavori socialmente utili    ci volesse   la  terza media  . Ma  allora    mi chiedo   come  hanno fatto  a  fargli fare    tutti quei  corsi   .
 Essa  è   il paradosso \  dilemma    della   burocrazia   assurda  ed astrusa   che  non distingue la regola dall'eccezione  . E  permette   che   gli acculturati non scolasticamente   vengano discriminati  , mentre   ignoranti   e  Gaffers    (    vedi un famoso  ministro di questo  governo    che  confonde  Pompei con il   Colosseo   o   dice  che Colombo  era  contemporaneo di Gallileo )   vengono  osannati  dal media  maistream  e   sono al  potere  .  Ingnorano    che  le  vite  come la  sua  sono  più  dignitose  della loro  e che    ha faticato  per  vivere  onestamente   e  ha  sempre  dimostrasto la dignità e  il  suo valore  erchè non è  solo   un pezzo di carta   a  detterminare  una persona  e  il suo impegno ed  passione  che  ci  mette nel  prorio lavoro ed  i sacrifici  fatti per  dare  alla famiglia   una  vita  dignitosa  . E poi il fatto di non aver pouto studiare  ed essere  andato a lavorare  dopo la  terza  elementare    non significa  che   persone  come lui    siano senza  valore  perchè non è un pezzo di carta  che dettermina il valore  e le  competenze   di  una persona  ma  come esso agisce  con quello che ha  imparato ( ed  impara  semre  visto chje nella  vita  non si  finisce  mai     d'imparare  ) con  : umiltà  , sacrifici  , ed  assenza   di giudizio  

Ma  ora  basta parlare      eccovi la  sua      storia  

unione  sarda    14\7\2024

San Giovanni Suergiu
Aveva già firmato il contratto a tempo indeterminato dopo una vita da precario. Ma il sogno è svanito quando dopo i controlli si è scoperto che non aveva mai conseguito la licenza media.
Stefano Sulas, 65enne di San Giovanni Suergiu, si era fermato alla terza elementare e il Comune non ha potuto stabilizzarlo. «Mi è crollato il mondo addosso – racconta l’operaio – eravamo due Lsu in attesa di stabilizzazione. L’altro collega ce l’ha fatta. Io no. Siamo andati insieme al Comune per firmare il contratto. È passato qualche giorno poi è accaduto quello che non avrei mai immaginato». Dopo 29 anni di lavori socialmente utili e un’esperienza nella zona industriale di Portovesme Stefano Sulas sognava di arrivare alla pensione (potrà andarci tra un anno e nove mesi) con il posto fisso. «Nei giorni scorsi – racconta sconfortato – sono andato in Comune per annullare il contratto».
IL DISPIACERE
«Per me è una notizia terribile – racconta l’operaio – speravo di avere tutti documenti in regola. Si sarebbero dovuti informare, invece ho scoperto di non poter avere il contratto dopo la firma. Nessuno mi aveva detto del titolo di studio, ho sempre fatto tutti i corsi per poter lavorare. Se l’avessi saputo avrei preso anche la licenza media. Io in buona fede nell’autocertificazione ho scritto di aver frequentato fino alla terza elementare. Ora sono fermo in attesa di poter riprendere a lavorare come Lsu, ma sono molto deluso e dispiaciuto. Non riesco a darmi pace. Mi sembra di vivere in un incubo. Dopo alcuni anni di lavoro a Portovesme sono stato in cassa integrazione e mobilità. In seguito ho iniziato a con i lavori socialmente utili. Ho sempre lavorato da quando avevo otto anni, portando i buoi in campagna. La mia era una famiglia numerosa e la priorità era portare il pane a casa».
GLI AMICI
Nella frazione di Is Urigus, gli amici di Stefano Sulas sono dispiaciuti. «Nei giorni scorsi era felicissimo di aver finalmente firmato il contratto – dice Giuseppe Steri – siamo addolorati per Stefano. Ha lavorato per tanti anni e proprio adesso che vedeva vicina la pensione ha dovuto subire questo duro colpo». «L'amarezza dell’operaio è la stessa che prova l'amministrazione comunale che ne ha fortemente voluto la stabilizzazione – spiega la sindaca Elvira Usai - ma di fronte alle verifiche di legge, che siamo tenuti ad effettuare, e che hanno attestato la mancanza del requisito, non possiamo che riportare alla situazione lavorativa precedente l'operaio. Infatti, da lunedì riprende regolarmente a lavorare per il Comune, ma con il contratto da Lsu».

                                   Fabio Murru

15.3.24

La lezione di Luca Garofalo Il ragazzo soffre di una grave malattia degenerativa ma si batte per i propri diritti e non cede al “ragionierismo” della burocrazia di Emiliano Morrone

 LA LENTE DI EMILIANO   da  www.corrieredellacalabria.it/ 15/03/2024 – 6:45



La storia di Luca Garofalo ripropone un brutto paradosso del Servizio sanitario calabrese, [  e non solo purtroppo  aggiunta mia    ] che gli ha negato una carrozzina elettrica a quattro ruote motrici, costo sui 20mila

euro, ma negli anni ha liquidato premi stellari a vari direttori, anche innanzi a clamorosi sforamenti di bilancio.  Il ragazzo vive a Cotronei (Crotone) e soffre di una grave malattia degenerativa che gli ha paralizzato gli arti inferiori. Ciononostante, si batte per i propri diritti e non cede: vuole quel mezzo, che – spiega – «può superare diverse barriere architettoniche» e portarlo «persino in spiaggia».Lo scorso 23 febbraio l’Asp di Crotone aveva respinto la pratica del giovane, ritenendo la carrozzina richiesta «non appropriata e comunque non compatibile». In realtà, la normativa statale consente alle aziende pubbliche della salute di acquistare ausili del genere in casi come quello di Luca, che purtroppo non si alzerà in piedi a mo’ del Lazzaro evangelico e non ha le gambe bioniche del colonnello Steve Austin, “L’uomo da sei milioni di dollari” del piccolo schermo anni ’80. Nei confronti del disabile, un pezzo della burocrazia dell’Asp di Crotone, per fortuna non tutta, ha dato una dimostrazione di ragionierismo disumano e dispettosa cattiveria, dimenticando due capisaldi della Costituzione: che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività»; che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana».

Diritti scambiati per favori

Ma che cosa è la Repubblica, laddove, a Sud come a Nord, i diritti sono spesso scambiati per favori e negli uffici non si tollera il controllo dei cittadini e dell’informazione, manca l’abitudine di vestire i panni altrui ed è frequente scaricare le proprie responsabilità sui livelli superiori o giustificare fatti imbarazzanti con istituti di comodo quali «il sistema» e «l’andazzo»? E tornando a Luca: se gli avesse comprato la carrozzina elettrica 4×4, l’Asp di Crotone sarebbe fallita di colpo o non avrebbe più potuto pagare la diagnostica e la chirurgia affidate (regolarmente) a privati convenzionati? Perché, inoltre, qualcuno ha sentito il bisogno di delegittimare il ragazzo, di farlo passare come un beneficiato sul piano dell’assistenza protesica, per non dire dell’altro di cui abbiamo solide prove? E chi doveva ritirare le carrozzine che per Luca non vanno ormai più bene? È giusto, per riprendere un motto di Paul Valéry, colpire il ragionatore se non si può attaccare il ragionamento?

L’incontro con Stanganelli

Di sicuro Luca ha un carattere, che altrove dà merito: non si piega, non supplica il suo interlocutore e non attende concessioni, ma pretende rispetto e ciò che gli tocca in base alla legge e al diritto. In questa settimana siamo andati a trovarlo, e sarebbe bene che lo facesse quella burocrazia che gli ha voltato le spalle, in modo da rendersi conto degli spazi domestici e delle condizioni personali del giovane, della maturità che mostra e di quanto e perché è seguito e apprezzato a Cotronei e nel resto della Calabria: dai suoi datori di lavoro al sindaco Antonio Ammirati, dal direttore del mensile locale, Pino Fabiano, all’impegnato Giuseppe Pipicelli, dai vicini di casa agli altri concittadini, alla Garante regionale della salute, Anna Maria Stanganelli, che l’ha inserito nel proprio ufficio per raccogliere a titolo gratuito le segnalazioni dei più deboli. Senza scordare il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che già una volta era intervenuto per Luca, sempre a proposito di una carrozzina, e di recente avrebbe avuto tre telefonate di fuoco, raccontano al piano di comando della Cittadella, riguardo all’ultimo episodio che mortifica il ragazzo.

Una “spina nel fianco”

Forse qualcuno avrebbe preferito vedere Luca allettato, remissivo, silente, ma lui ha un pregio esemplare: sa che nelle amministrazioni pubbliche della Calabria si guarda poco con gli occhi dei disabili, dunque non si arrende e, anzi, si allena a combattere meglio, non soltanto per sé. Peraltro, c’è chi l’ha addirittura definito «stalker» e ha confuso un messaggio preimpostato con un eccesso di confidenza del giovanotto. Sono equivoci generati dal pregiudizio mentale, come quello del monaco e blogger che, rincorso da un commerciante tunisino intento a restituirgli il resto di 50 euro, stava preparandosi allo scontro fisico temendo di venire derubato. Luca è una spina nel fianco della burocrazia nostrana. Una volta l’Asp di Crotone gli aveva certificato: «Non ha potuto espletare nostro malgrado la visita medico-sportiva agonistica per mancanza di attrezzatura idonea ad atleti diversamente abili». Se ci sono carenze strumentali e comportamentali, si possono risolvere, come del resto chiede Stanganelli e vuole Occhiuto, senza scontri o tensioni. Luca agisce per principio perché ha un profondo senso della giustizia. «Vorrei sapere – ci dice – se la domanda di una nuova carrozzina l’avesse fatta il figlio di qualche dirigente sanitario. Perciò io voglio che sia l’Asp a comprarla, non un privato. E non mi fermerò finché non avrò raggiunto l’obiettivo». Per via dell’interessamento della Garante Stanganelli, un club filantropico e alcuni imprenditori avevano prospettato una donazione in favore del ragazzo, che ha risposto: «No, grazie. Non può passare il messaggio che con atti di carità si debbano risolvere i problemi in carico al sistema pubblico».

La storia del piccolo Mariano

La vicenda di Luca ricorda quella del piccolo Mariano, che aspettava da molto una carrozzina su misura e infine l’ha ottenuta grazie al racconto del Corriere della Calabria, all’impegno della Garante Stanganelli e alla sensibilità del commissario dell’Asp di Catanzaro, il generale Antonio Battistini. Anche stavolta può prevalere il buon senso. Anche stavolta può vincere l’umanità. Anche stavolta può passare il principio, che Battistini condivise con Stanganelli, secondo cui «il dovere di alleviare la sofferenza prevale sempre su ogni altra ragione».
                    (redazione@corrierecal.it)

8.7.23

È sconvolgente, e al tempo stesso emblematica, la storia di Francesca Galati, colevole di un doppio lavoro per mantere la famiglia

 
È sconvolgente, e al tempo stesso emblematica, la storia di Francesca Galati, ne avevo accenato qui sul blog , la bidella 51enne di Vicenza multata di oltre 2.000 euro dal Ministero dell’Istruzione.  



La sua “colpa”? 

Aver lavorato oltre che come bidella come cameriera. Francesca non guadagnava abbastanza per poter mantenere una famiglia con due figli, ed è stata costretta a lavorare la sera in un bar per arrotondare il
suo stipendio scolastico. Il tutto pagando fino all’ultimo centesimo di tasse.Solo che non ha avvisato la dirigente scolastica dell’Istituto per cui lavora, ritrovandosi una multa da 2170 euro. Semplicemente, non sapeva di doverlo fare Ma soprattutto una legge ingiusta perché il secondo lavoro non era incontrastato con il primo .


 
Un peccato veniale in un Paese in cui 30 milioni a un condannato per mafia è considerato un “fatto privato” e una ministra non si dimette nemmeno di fronte ad un’indagine per falso in bilancio e bancarotta. Perfetto esempio di uno Stato debole coi forti e forte coi deboli.Meno male che un po' di umanità ancora c'è vista Immediata la (meravigliosa) ondata di generosità da parte di tanti che hanno offerto di aiutarla con una colletta. Per quello che vale, aggiungo anch'io , totale solidarietà e vicinanza a Francesca Galati. 

Ma in pochi hanno colto l’aspetto davvero sconvolgente: l’idea che in Italia una dipendente pubblica sia costretta a fare due lavori e orari massacranti per poter arrivare a fine mese. E vivere dignitosamente senza delinquete E invece di essere sostenuta, viene pure bastonata. Per questo non basterà una colletta purtroppo

6.12.22

Napoli, Federica: "Ho una laurea, ma sono felice di aver vinto il concorso da spazzina"

 

  da  https://napoli.repubblica.it/cronaca/2022/12/06

di Antonio di Costanzo

La 24enne da ieri è un'operatrice ecologica nell'azienda dei rifiuti di Napoli: "Finalmente un lavoro vero e di grande dignità. E mi renderà indipendente"

A 24 anni il suo futuro da laureata è in Asìa, l’azienda per la gestione dei rifiuti a Napoli, dove da ieri è stata assunta come spazzina. E la cosa sembra proprio non crearle problemi. Anzi, Federica Castiglia, una laurea in ottica e optometria, è felicissima di aver vinto il concorso nella società del Comune: “E’ un lavoro vero e stabile e, poi, diciamocelo: è un posto fisso che dà ampie garanzie. E non trovo nulla di particolare in una laureata che, come lavoro, sceglie liberamente di fare la spazzina”.

Nessun pentimento per aver rinunciato al percorso di studi che aveva portato a compimento?

“Francamente no. Sono solo molto emozionata. Tra l’altro dopo l’articolo di Repubblica mi stanno chiamando televisioni e giornalisti interessati alla mia storia. Sono diventata famosa”.

Una laureata che fa la spazzina colpisce.

“Per me è un lavoro di grande dignità. E poi l’aver vinto questo concorso e aver conquistato un posto fisso mi dà maggiore tranquillità. A 24 anni soffrivo il fatto di pesare ancora sulle spalle dei miei genitori. È frustrante non riuscire a rendersi indipendente. Devo dire che anni di studio non sono stati ripagati”.

Quando si è laureata?

“Nel 2021. Ero molto indecisa sul percorso di studio. Scelsi l’ottica dopo aver assistito a una lezione che mi rimase impressa, mi iscrissi e mi sono laureata in tempo. Credetemi: ci ho messo davvero tanto impegno, ma poi trovare un lavoro è stato difficile”.

Nulla?

“Solo contratti di apprendistato, senza nessuna garanzia e prospettiva. Invece, ora sono in un posto sicuro, dove i diritti vengono rispettati e la paga è coerente all'orario di lavoro svolto. L’Asìa rappresenta una certezza per il mio futuro”.

Dottoressa Castiglia mica vuole dire di essere pentita di aver studiato?

“No questo no. Anche se qualche dubbio alla fine viene. Ma in fondo a me è andata bene comunque”.

E i suoi genitori, cosa dicono della scelta di partecipare a un concorso da spazzina nonostante la laurea conseguita. Loro che lavoro fanno?

“Mio padre è un poliziotto in pensione, mia madre casalinga. Sono contenti che io abbia trovato una occupazione vera e che adesso sono indipendente da loro. Abbiamo festeggiato”.

Come utilizzerà il primo stipendio?

Finalmente mi potrò comprare un’auto. La prenderò con il cambio automatico. Perché nel traffico è più comoda, è un piccolo sogno che adesso posso realizzare”.

“Finalmente mi potrò comprare un’auto. La prenderò con il cambio automatico. Perché nel traffico è più comoda, è un piccolo sogno che adesso posso realizzare”.

4.8.22

il gesto di dignità e di decoro di Evelina Sgarbi

Se fino ad oggi questa ragazza viveva nell'anonimato...grazie al padre e ai giornali che riportano questa notizia ha finito di esserlo . Stima a lei . La ragazza nella foto si chiama Evelina Sgarbi, ha 22 anni e sì, è la figlia di Vittorio Sgarbi  . Ma del padre ha evidentemente preso solo il cognome.Visto  il  suo atto  di ribellione  .
Quando le hanno proposto di partecipare a quella fiera del trash che si chiama Grande Fratello Vip, lei ha
gentilmente declinato l’invito. No, grazie, ha fatto sapere. Voglio stare lontana dai pettegolezzi.
Un rifiuto che ha suscitato la reazione indginata di Sgarbi padre. Con argomentazioni surreali:
“Ha deciso di non presentarsi al provino contro la mia volontà” ha detto.
“Avrebbe guadagnato cifre ragguardevoli senza alcuno sforzo. Per una ragazza della sua età declinare una simile offerta equivale a sputare sul denaro”.
No, Vittorio, si chiama dignità, decenza, decoro, intelligenza.
E francamente, come dice Lorenzo Tosa, non si capisce da chi abbia preso.

22.6.22

Maltrattata perché lesbica, il giudice condanna a tre mesi il caporeparto della Lidl Insultata e umiliata sul posto di lavoro perché omosessuale, Sara Silvestrini, 40enne di Lugo, ha vinto la battaglia in tribunale contro coloro che l’hanno derisa e contro il sindacatoi che faceva filone con il padrone

Non è la prima volta che vengono registrati insulti omofobi sul luogo di lavoro: questa volta è toccato a Sara

  Sara Silvestrini . La  sua  è una storia di ordinaria vergogna, omofobia e grande 
Da sinistra, Federica Chiarentini e Sara Silvestrini
 con l’avvocato Alfonso Gaudenzi da 
https://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna

coraggio.Per anni Sara, magazziniera della Lidl di Massa Lombarda (Ravenna) di 42 anni, ha subìto ogni genere di angheria, vessazione, mobbing puro da parte dei suoi superiori. La sua “colpa”, tra le altre: essere lesbica.
Il supermercato Lidl al centro del ciclone
Una donna che ha avuto la forza di reagire. Non tutti\e ce la fanno purtroppo. Ultimo il caso dell'insegnante che si è data fuoco nel suo camper. E tutto questo a causa dell'odio della gente. Ma come si fa a calpestare i diritti delle persone in questo modo? me lo chiedo ogni santo giorno…come si fa?! Per fortuna lei non era sola ma aveva accanto una compagna che l’ha sostenuta… se penso  a Cloe povera insegnante  transgender  morta  suicida    mi sale una tristezza infinita in quanto siamo un paese con forti sacchè di omofobia , di razzismo clericofascismo , bigottismo.Un paese che sta rientrando al medioevo. Un paese che non progredira' mai o se lo farà sara alla Gattopardo . Un paese senza( salvo eccezioni ) memoria, senza cultura pur avendo la maggior parte del patrimonio artistico ed storico a livello mondiale , ed grandi poet , artisti ed letterati .
foto simbolo 


Ha dovuto subire battute all’ordine del giorno sul suo orientamento sessuale, turni di notte tra camionisti molesti, uno l'aveva anche palpeggiata , verso i quali le era stato pure detto di essere “gentile”. E poi telefonate fuori orario, turni massacranti, straordinari selvaggi, provocazioni e umiliazioni continue davanti ai colleghi. Condizioni di lavoro estreme che le hanno provocato anche disturbi da panico. Tutto per spingerla al licenziamento.Quando l’hanno, infine, licenziata, la donna ha fatto l’unica cosa che le era rimasta: ha impugnato il licenziamento. E, di fronte alla proposta dell’azienda (con il tramite del sindacato) di 15.000 euro in cambio di una liberatoria tombale sulla vicenda, lei, invece di accettare, ha abbandonato il sindacato e ha deciso di fare causa. Oggi, a distanza di anni, ha vinto la sua battaglia. Il giudice ha riconosciuto il mobbing nei suoi confronti e ha condannato a tre mesi il suo capo reparto, ha comminato sanzioni a vari dirigenti e condannato l’azienda a un risarcimento di 30mila euro per lei e la sua compagna, come vittima collaterale.<< È una vittoria personale >> come dice Lorenzo Tosa << che non la ripaga certo di dieci anni di vessazioni, ma le restituisce una seppur tardiva giustizia. Per lei e per le tante Sara che non si piegano alle discriminazioni, umane e lavorative. >>Che sia un esempio per tante che si trovano nella sua situazone . La vittoria resta però a metà. Sara adesso, con l'aiuto del Centro per l’impiego, cercherà di rimuovere quel "licenziata per giusta causa" dal libretto di lavoro perché potrebbe causarle non pochi problemi nella ricerca di una nuova occupazione ma pur sempre testimonianza di regire ai sopprusi e ai papocchi dei sidacati che fanno  alleanza  con il padrone .

14.10.21

son le piccole cose che ridanno speranza.il caso del bar di pistoia

 Buongiorno, mi scusi, l'altra mattina avevo fame e non avevo soldi. Grazie". Il titolare di un bar di Pistoia ha trovato fuori dalla porta questo messaggio che racconta una storia fuori dal comune: qualcuno ha rubato delle brioche dal bar perché aveva fame, ma non appena ha avuto dei soldi ha lasciato un biglietto anonimo con 10 euro dentro, per chiedere scusa e, allo stesso tempo, dire grazie.

Il foglietto e la banconota sono arrivati il giorno dopo il furto di paste e cornetti e, adesso, il titolare vorrebbe assumere il misterioso mittente. "È una cosa che ci ha colpito molto", ha raccontato. E anche un pasticcere della città, che ha scoperto la storia tramite i social, vorrebbe offrire lavoro a questa persona sconosciuta: "Noi faremo un cartello che appenderemo fuori e speriamo di riuscire a offrire a questa persona un lavoro - ha dichiarato il proprietario del bar derubato - A una persona con tanta dignità è anche giusto dare un'altra possibilità".

3.8.21

quando si dice prendere la vita con filosofia e non reagire a tali imbelli il caso di Ali che ci da una bella lezione di dignità e compostezzail cado di Ali

quando si dice prendere la vita con filosofia e non rewagire a tali imbelli il caso di Ali che ci da una bella lezione di dignità e compostezza  dall'acount  facebbok  #StorieDaCaffè

LA RIVINCITA DI ALÍ
Immaginate una spiaggia di sabbia bianca, nel caldo di agosto.
Immaginate gli ombrelloni, i bambini, le sdraio, i teli mare, la gente, i racchettoni, i materassini, il
caldo cocente.
Riuscite ad immaginarla? Ne avrete viste tante.
Ora immaginate un po' meno gente. Siamo su una spiaggia un po' Vip, la spiaggia della “gente bene” di una città del sud Italia dalla spiccata vocazione commerciale.Qui le signore ci tengono molto: si mantengono, si curano, si ritoccano. Ma anche si guardano, si commentano, si criticano.Sono tutte ossessionate dal fare la cosa giusta: il costume giusto, il ristorante giusto, il marito giusto. Loro, le signore, non vorrebbero sentirselo dire, ma si respira un’aria un po' provinciale.Bene, su questa spiaggia un po' così, ci sono anche loro, quelli che sono nati dalla parte sbagliata del mondo, e per sopravvivere sono stati costretti ad attraversare il mare in qualche modo, e ad inventarsi un mestiere qui da noi. C’è Aisha, che cammina per la spiaggia portandosi dietro in una fascia sua figlia Fili. Sorride a tutti e per 15 € acconcia con traccine afro le teste delle bambine di buona famiglia che vogliono darsi un tocco naif.C’è Omar, che vende borse di marca praticamente identiche a quelle vere. Sorride a tutti, mostra il campionario alle signore. Loro le guardano tutte, solo per poter commentare un po' scandalizzate con le altre signore che “E’pazzesco, sembrano proprio identiche alle originali. Però si capisce che sono false perché c’è un dettaglio che….”Poi però con circospezione prendono il numero di telefono di Omar, che incontreranno in gran segreto per acquistare quei tanto criticati oggetti del desiderio.C’è Khaled, che compare nelle giornate di vento con una scia di coloratissimi aquiloni svolazzanti; c’è Hassan, che trascina sul bagnasciuga una fila di pinguini di gomma che ondeggiano allegri sul loro contrappeso; c’è Tulip, che vende il cocco fresco. Sono tutti educatissimi e discreti, si avvicinano solo se chiamati e sorridono sempre. Sorridono, onostante il caldo e l’ingiustizia.E poi c’è Alì.Alì ha un campionario di anelli, bracciali, collane e gioielli vari in argento, o quel che è.Cammina sulla spiaggia drappeggiato in una lunga tunica, e se una signora lo chiama si inginocchia sulla sabbia, stende un telo e con pazienza espone il suo ben assortito campionario. Intorno a lui si crea sempre un capannello di mamme e bambine, e quando sciorina la merce di solito riesce sempre a vendere qualcosa.Mia moglie e la moglie del mio amico S. sono sue affezionate clienti, e uno dei giochi dell’estate è sfottere S. che lavora, mandandogli una foto della moglie che dilapida il patrimonio di famiglia mercanteggiando con Alì.L’altro giorno Alì è stato chiamato da una signora, di quelle di cui in premessa: ritocchi sul corpo, ritocchi sul viso. Il risultato dei ritocchi è un corpo da pin up e una faccia da megera.Ma Alì tratta con eguale cortesia Principesse e streghe: si inginocchia sulla sabbia, stende il telo e con solennità inizia ad esporre il campionario. La strega però sembra non sapere quello che vuole, e dopo aver fatto tirare fuori fino all’ultima collana dice che non è convinta, e chiede di vedere i bracciali. Pretende di vederli tutti, e un po' seccata decide i passare agli orecchini. Poi non contenta prova con gli anelli. Dopo più di mezz’ora non è ancora soddisfatta, e chiede di rivedere le collane. Sembra finalmente interessarsi ad una, poi cambia e si concentra su una collana che Alì vende a 40 Euro. E ne offre 5.Ora, con Alì, e i venditori da spiaggia in generale, un po' di contrattazione è d’obbligo, loro probabilmente se l’aspettano e la mettono in conto.Un piccolo sconto lo fanno sempre, e lo sconto diventa maggiore se magari compri due o tre cose.E magari offrire 5 € per una collana per cui te ne chiedono 40 potrebbe essere una tecnica di contrattazione, finalizzata magari a chiudere la trattativa ai 35, o addirittura 30 Euro.E invece no.La Pin up col volto da arpia non vuole trattare. Lei, dopo averlo tenuto tre quarti d’ora in ginocchio sotto il sole, ora la pretende quella collana per 5 Euro.E non si limita ad offrirli i 5 Euro, ma per dimostrare tutta la sua pochezza -se mai ce ne fosse bisogno- sventola sotto il naso la banconota ad Ali, ripetendo con aria di sufficienza “Se li vuoi, questi sono”; quasi che Ali, preso dalla fame o dalla necessità debba avventarsi su quella banconota spiegazzata.Così abbiamo lei all’ombra del suo ombrellone, seduta in punta al suo lettino da mare; c’è il telo con la bigiotteria ai suoi piedi sulla sabbia; c’è Alì seduto a gambe incrociate dall’altro lato del telo e c’è una banconota da 5 Euro che viene sventolata davanti alla faccia di Alí come un croccantino davanti al muso di un cane.Ma qui Alì compie il suo capolavoro.Scuote la testa, e quasi scusandosi le dice “Mi dispiace, non posso” mentre con le mani inizia a raccogliere la sua roba dal telo e a metterla a posto.Col piede però, senza che la befana se ne accorga, accumula un po' di sabbia sull’orlo del tuo telo.“Tanto non ti do neanche un euro di più” continua a dire lei.Lui continua a scuotere mestamente la testa e a riporre bracciali sempre con la stessa lentezza; e intanto col piede accumula altra sabbia.“Mi dispiace, cinque euro non posso” ripete ancora Alì alzandosi in piedi, che ha ormai riposto tutta la sua mercanzia. A terra è rimasto solo il telo con l’orlo coperto di sabbia.“Peggio per te!” sentenzia la bisbetica, riponendo la banconota con evidente stizza.“Mi dispiace”, ripete un’ultima volta Alì inchinandosi; intanto raccoglie il telo con un gesto ampio ed elegante che fa volare sulla befana tutta la sabbia accumulata.L’epilogo è cinematografico, con Alì che si allontana lentamente sorridendo, e l’isterica che parte da “Ma vedi sto morto di fame!” e continua a raschiando il fondo del barile del razzismo più becero e ributtante.Ma adesso il sorriso di Alì è diventato anche il nostro sorriso.E in quel sorriso c’è tutto il senso della sua dignità, nonostante l’ingiustizia della situazione. Intanto la stronza continua ad urlare.Inutile far finta di non sentire: in quel berciare bilioso c’è tutta la nostra maledetta ipocrisia.


5.7.21

Malika, la lezione per non buttare via i soldi e la vita


canzone  consigliata 
 Zucchero - Rispetto

lo so  che    vi sarete  , come il sottoscritto  rotti  gli zebedei  stufati diu sentire  parlare  di  marika     e  della sua  vicenda  e  di come ha  spesso i   suoi soldi   e della sua arrampicata  sugli specchi per  giustificarsi  , ma stavolta  (giurò che sarà  l'ultimo post  che dedicherò  a  tali vicende    salvi  chje  che  non s'avverera   la profezia  che  ho  fato    nel  post  precedente , cioè quella  di vederla  ospite  dala de 

filippi ed  affini  )   c'è  una ragazza  omossessuale  o  lgbt   per  usare  il politicamente  corretto    che   hja  avuto  una  situazione   come  qiella  di marika  ma   è  rimasta  fuori  ed  lontrano  dai media   e che  ha   una dignità  perchè non ha  chiesto  niente  a  nesuno  er  si  fa ed  si fattas un mazzo scosi  per  andare  a vanti  . Ma  ora  basta    parlare  lascio la parola   alla Lucarelli  

Malika, la lezione per non buttare via i soldi e la vita


Buongiorno signora Lucarelli, ho 22 anni, lavoro come babysitter, vivo in un appartamento in affitto a Milano, ho un cane e un gatto che non ho potuto portare con me, sono zia di quattro bambini stupendi (due in realtà devono nascere ma so già che saranno meravigliosi), convivo con la mia spettacolare fidanzata, sono un’ex ginnasta e ballerina, mi sono diplomata l’anno scorso dopo due anni di interruzione della scuola per poter lavorare, canto stonata sotto la doccia, ho le lenzuola di Harry Potter, amo la pizza e la tartare di salmone e mi piace tanto l’azzurro. A 18 anni e un mese sono scappata di casa perché la mia vita era diventata insostenibile: giusto un mesetto e mezzo prima mia mamma aveva scoperto nel peggiore dei modi la mia neonata relazione con una ragazza, naturalmente non l’ha accettata. Ho subito violenza verbale e fisica a casa mia, “alzi la voce” era la scusa, ma io la voce la alzavo per essere ascoltata, perché in tutto quel tempo nessuno si era fermato a chiedermi come stessi io che, da studentessa adolescente e povera di una scuola gesuita circondata da spocchiosi ragazzini con la puzza sotto il naso i cui genitori pagavano la mia borsa di studio, mi sono scoperta lesbica e sono stata la prima a non accettarmi.

Mi sono rimboccata le maniche, ho lasciato la scuola, ho lavorato e mi sono potuta addirittura permettere di andare in vacanza con i MIEI soldi sudati con il MIO lavoro.

A maggio di due anni fa sono tornata a casa con mia mamma, ci siamo più o meno riappacificate nonostante lei continuasse a non accettare la mia sessualità. Ho lavorato e nel mentre a settembre sono tornata a scuola. Poi un infortunio, ho lasciato il lavoro per riuscire bene a scuola, ho chiesto la disoccupazione per avere un aiuto perché comunque a casa di mia mamma pagavo l’affitto della mia stanza. Avevo circa, tra tutto, 450 euro di spese al mese escluso il cibo. Di disoccupazione ne prendevo 670,40. O sarebbe dovuto essere così. Ho chiesto la disoccupazione a metà gennaio, con i tempi dell’inps sarebbe dovuta arrivare a febbraio, ma è iniziata la pandemia. Ho visto la mia disoccupazione a maggio. Nel frattempo pagavo a rate la macchinina di mia nonna che intendeva poi regalarmi all’ottenimento della patente di guida (che non potevo, e non posso tuttora, permettermi). Ho arrancato per mesi. Mi sono arrangiata. Mi sono diplomata, ho subito iniziato a lavorare e a settembre ho preso casa con la mia fidanzata. Tutto da sola. Con grandi difficoltà. E non cerco compassione o pacche sulla spalla, sono fiera di ciò che ho fatto e so di non essere l’unica ad averlo fatto.

Mia mamma non mi ha cacciata di casa, ma mi ha reso la vita talmente invivibile per la seconda volta che sono dovuta scappare, di nuovo, definitivamente. Ho preso la decisione di andare via dopo il mio primo stipendio: mi sono presentata al lavoro con un occhio nero e dopo mille domande ho deciso che era ora di finirla.

Da sola con la mia compagna abbiamo affrontato un isolamento, poi la quarantena, gli stipendi quasi dimezzati per sei mesi perché lavoravamo entrambe in un locale nell’ambito della ristorazione. Ho lasciato l’università a cui mi ero iscritta perché la retta non potevo permettermela. Ho rinunciato al mio sogno di studiare e me ne sono costruita un altro: vivere.

Ho deciso di scriverle perché ho sempre pensato che ci fosse qualcosa che non andava nella storia di Malika. Ci sono centinaia di ragazzi come me e come Malika che si ritrovano senza famiglia, ma nessuno riceve 150mila euro da persone che donano loro i soldi per ripartire. E soprattutto nessuno li sputtana in una Mercedes che non serve per ripartire, basta una Twingo usata del 2012 come la mia, che è già un lusso. Sa cosa avrei fatto io con tutti quei soldi? Per prima cosa avrei prenotato privatamente la risonanza magnetica al cervello che aspetto da mesi. Poi avrei fatto la patente. Avrei pagato la retta dell’università. Mi sarei messa una piccola cifra da parte per coprirmi le spalle MENTRE LAVORO. E il resto lo avrei dato a tutte le altre persone che hanno bisogno.

Sono arrabbiata. Perché tutti meritano di ricostituirsi una vita dopo che la propria viene distrutta. Farlo è difficile, io ci sto provando ma a volte sembra davvero impossibile. Malika nella sfortuna (perché ciò che è successo a lei non dovrebbe succedere a nessuno) ha avuto la fortuna di avere un paese che le è stato accanto e un aiuto economico a ripartire. Eppure non se lo meritava. Sa cosa penso? Che chi sta male e davvero ha bisogno, non chiede aiuto. Io non ho mai chiesto aiuto perché mi sento debole, perché non voglio attirare attenzioni su di me. E quando sono andata via di casa con 100 euro in tasca e nemmeno le mie mutande che mia mamma non mi ha mai dato, la prima cosa che mi sono chiesta non è stata “come farò senza soldi e senza vestiti?”, il primo pensiero è stato “e ora come cazzo faccio senza l’abbraccio di mia mamma? Senza sapere che è dalla mia parte? Senza una famiglia? ”. Ce l’ho fatta signora Lucarelli, da sola. Ce la sto facendo. Ho ancora strada da fare ma ce la sto facendo. E sono indignata per come Malika si è comportata


                                    ******


Grazie per questa lettera onesta, forte e priva di retorica, cara A. Io credo che la ricostruzione di una vita debba passare anche attraverso gli sfizi, specie a 22 anni, ma bisogna essere trasparenti fin dall’inizio. Malika ha peccato in questo. Non doveva avventurarsi in promesse di beneficenza e psicologo, era sufficiente un più asciutto “i soldi mi serviranno a vivere con leggerezza i miei 22 anni, ne ho bisogno” e le avremmo perdonato tutto.

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