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17.6.24

Linda Feki, la musicista: «In ospedale a Napoli hanno provato a non farmi abortire con ecografie falsate. È stato umiliante»

 

di   solito   questo nostro blog   non racconta  storie    di  vip  ed  influenzer    hanno  già  troppa (  al  90 %  dei casi autoidotta  e  creata  ad  arte  )   pubblicità  per i  fatti loro   .....   nella maggior  parte  dei  casi   . Ma qui   si tratta   di  una  storia      vergognosa    che  non riguarda    solo  lei  ma  tutte le  donne     che decidono   d'intrapendere  il percorso dell'aborto  .Scelta    condivisibile  o meno     di vita .  Scelta  \  decisione    che   dovrebbe    essere   rispettata     , ma  soprattutto   la  donna  che  decide    di farlo    va  tratta    con umanità  .Quello     che    ha  subito   , e  che  subiscono  tutte le  donne  ,   che 
vogliono  intrapendere  tale  dolorossima  scelta    è  violenza  psicologià ed  etica pari  a quella  del  femminicidio .  on sapendo  cos'altro  dire    se  non  solidarietà  e  vicinanza   al lei    vi  lascio   con la  sua  storia  .  A    voi  ogni  ulteriore     commento



Linda Feki, 33 anni, conosciuta come LNDFK, è una musicista e producer emergente. Di 
padre tunisino e madre italiana, vive a Napoli e attualmente lavora al suo nuovo album. Tre mesi fa ha deciso di abortire, un'esperienza che si è rivelata drammatica e che ha voluto condividere sui social. «Mi sono sentita umiliata. Per questo ho voluto raccontare cosa mi era successo. E moltissime mi hanno scritto, raccontandomi esperienze simili, anche peggiori della mia», ha raccontato in un'intervista al Corriere della Sera.
L'aborto
Linda Feki ha descritto l'inizio del suo incubo presso l'ospedale San Paolo di Napoli. «Il ginecologo mi visita, non chiede nemmeno il mio nome, ma se avessi un partner e che lavoro facesse. E poi il suo conto non mi tornava». Il medico affermava che Linda fosse alla decima settimana, mentre lei era sicura di essere all'ottava. «Aggiunge che se eravamo arrivati fino a questo punto, parlava al plurale nonostante mi fossi presentata da sola, voleva dire che il bambino in realtà volevamo tenerlo». Decisa a chiarire la situazione, Linda ha consultato un ginecologo privato che ha confermato la sua valutazione: «Mi spiega che erano stati messi dei parametri sbagliati. Conferma che ero all’ottava, come dicono anche al Cardarelli, l’ospedale dove a questo punto decido di andare». Ma anche qui non è stato facile. «La ginecologa decide per l’intervento, nonostante ci fossero le condizioni per accedere all’IVG con farmaco, mi mettono in una stanza con altre due donne proprio di fronte alle partorienti. Né al mio compagno né a quello delle altre è consentito l’accesso».Linda ha denunciato anche altre difficoltà significative: «Quando ho chiesto a un’infermiera di staccarmi la flebo lei mi ha risposto di no perché era un’obiettrice. Alla fine dell’operazione il personale medico ci ha tenuto a ribadire il messaggio secondo cui dal momento che la pratica era risultata così dolorosa ci avrei dovuto pensare bene la prossima volta e stare attenta. È stato brutale, hanno fanno di tutto per farmi sentire in colpa».






La condivisione
Linda ha deciso di condividere la sua storia sul suo profilo Instagram per sensibilizzare e dare voce ad altre donne, e dopo averlo fatto ha ricevuto molti messaggi di solidarietà, ma anche di odio: «Moltissime donne mi hanno raccontato le loro esperienze, troppo spesso traumatiche. Mi ha colpito il fatto che la maggior parte di loro non ha potuto raccontarlo a nessuno, per il giudizio subito che alimenta il senso di colpa, e mi hanno ringraziato per averlo fatto al loro posto. C’è chi ha segnalato anche esperienze più positive della mia, soprattutto in regioni come la Lombardia o la Toscana, e sto lavorando ad una lista di ospedali consigliati in base a tutte le esperienze inviatemi. Ho ricevuto anche tanti messaggi di odio, in cui sono stata insultata e definita un’assassina».

5.9.22

La dolorosa battaglia di Carlo Iannelli per la verità su suo figlio Giovanni , con i social come arma


Lo so che voi lettori/lettrici  sarete stanchi di leggere ancora di questa vicenda e vorreste sentire parlare d'altro o  nuovamente d'essa aggiornata . Ma



«Lo so che faccio la figura del rompic… – esordisce Carlo Iannelli   su https://bici.pro/focus/storie/   del  4,9.2022 – non sono un leone da tastiera, ma che cosa devo fare? Quale altro strumento ho per far capire che si sta perpetrando una grave ingiustizia, coprendo non solo chi è stato chiamato in causa, negando la possibilità di arrivare alla verità?».






quindi è per questo nonostante ne abbia parlato a più riprese queste pagine continuo a parlarne riportando l'articolo di Gabriele Gentili  04.09.2022 su https://bici.pro/focus/storie/

7 ottobre 2019. Quel giorno finisce, troppo troppo presto, la vita di Giovanni Iannelli, promettente corridore pratese vittima di una caduta all’87° Circuito Molinese di Molino dei Torti, gara under 23 in provincia di Alessandria. Quel giorno finisce anche la vita, per come era stata fino ad allora dedicata alla famiglia, al lavoro, al sostegno della passione del figlio, per Carlo Iannelli, avvocato toscano (padre e figlio sono insieme nella foto di apertura).

Iannelli correva per la Uniontrade-Cipriani e Gestri. Era un buono sprinter con doti di passista
La vita strappata a 22 anni
Ne inizia un’altra, che si tramuta ben presto in una lotta quotidiana, interminabile, per rendere giustizia a suo figlio. Un autentico inferno, fatto di aule di tribunale, carte bollate, documenti su documenti, un labirinto che non porta mai da nessuna parte.
Giovanni muore a 22 anni. Cade in volata, finisce contro un pilastro di mattoni, a meno di 150 metri dal traguardo. Le immagini tv, le foto scattate (in rete sono ancora disponibili) dimostrano chiaramente che pur essendo una gara nazionale (come se questo dovesse fare la differenza) non ci sono protezioni adeguate. Quelle protezioni minime necessarie per gestire in sicurezza un evento ciclistico, neanche le transenne se non per gli ultimi 40 metri.
La vicenda prende subito una piega strana: il rapporto dei Carabinieri segnala il loro arrivo sul luogo dell’incidente alle 16,15, la gara si conclude alle 16,24… Non vengono fatti rilievi, misurazioni, non vengono scattate foto né sentiti testimoni tra cui gli altri ciclisti coinvolti nella caduta. Sul verbale si scrive che Giovanni è caduto in maniera autonoma per l’alta velocità, in fase di sorpasso di altri corridori. Il rapporto della giudice di gara segnala che il corridore è stato “incauto”.

Il successo di Iannelli alla Coppa Caivano, seconda vittoria nel 2014

  Sempre   secondo   l'articolo   il  padre  Carlo   ha   dovuto  e  sta  subendo   un cammino    di umiliazioni

Questa è solo la prima umiliazione che deve subire Carlo. Nel corso dei mesi, delle udienze, delle arringhe ne arrivano tante altre, affermazioni  ciniche   e  poco rispettose   che fanno rabbrividire come quella dell’avvocato difensore del Comune di Molino dei Torti (chiamato a rispondere in sede penale insieme alla società organizzatrice, ai due direttori di corsa, presidente di giuria e Comitato Regionale Piemontese della Fci):



 «I genitori hanno altri figli e i nonni altri nipoti».

A tre anni di distanza, Carlo è provato, ma non domo: «Due anni dopo è arrivata l’archiviazione da parte della giudice di Alessandria – dice – negando così la possibilità di un processo. Ho percorso mille altre vie legali per far riaprire il caso, trovando spesso porte chiuse e, quando anche qualcuno si rendeva conto di quanto stava accadendo, si scontrava con il classico muro di gomma. Ricorsi rigettati senza neanche essere esaminati nel merito, appena ricevuti. Ma io non mi arrendo, lo devo alla memoria di mio figlio».
La vita di Carlo, che ha sempre vissuto nel ciclismo, da presidente di società a giudice di gara, affiancando quella sua passione al lavoro e corroborandola al seguito di suo figlio Giovanni, passa attraverso due binari. Uno è il costante impegno in sede legale per riuscire ad avere un processo dove finalmente si possa quantomeno discutere di quel che avvenne quel maledetto pomeriggio. L’altro passa attraverso i social.
Molti avranno fatto caso che su Facebook come su Instagram, sotto moltissimi post ciclistici ma anche di altri argomenti, compare Carlo che pubblica gli aggiornamenti su come sta andando la sua battaglia legale. Per certi versi sembra un novello Don Chisciotte, con uno smartphone al posto della lancia, unica arma per combattere uno status quo granitico.

Carlo Iannelli con in braccio Giovanni vicino a Marco Pantani. 

  Conconcordo   pur  non  avendo  conosciuto     solo telefonicamente     e via  email  il pare    con il  fatto       riportato   sempre  dall'articolo in  questione   che  

La sua storia per certi versi ricorda la tenacia con cui Mamma Tonina ha continuato a lottare, giorno dopo giorno, per arrivare alla verità sulla morte di suo figlio Marco Pantani.
«Io ho iniziato ad andare in bici guardando Marco – dice – custodisco in ufficio una foto con lui, mio fratello e Giovanni da bambino. Sono pienamente convinto che dietro la sua morte e le sue vicende precedenti ci sia stato un complotto, ma le similitudini si fermano qui, le circostanze sono troppo diverse».
Il dolore che traspare a ogni sua parola, tanto sofferta quanto soppesata, si mischia alla tenerezza alla domanda su chi fosse Giovanni Iannelli.
«Un ragazzo d’oro, corridore esemplare, che interpretava questo sport con una passione enorme, ma senza cedere mai a nessuna lusinga, a qualsiasi scorciatoia. Si era tesserato a 5 anni, ancor prima di avere l’età per gareggiare da bambino. Ha fatto tutta la trafila, ha iniziato a vincere al primo anno junior, vicino a Signa, battendo in un colpo il campione toscano Baldini e quello italiano Trippi.La 

La sua unica convocazione in azzurro fu a Roubaix, un’emozione enorme
«Un giorno al suo diesse Mirco Musetti arrivò la chiamata di Rino De Candido, selezionatore della nazionale juniores: voleva Giovanni per la Parigi-Roubaix di categoria. Mio figlio si ritrovò in squadra con Ganna, Affini, Plebani. Era entusiasta. In gara forò dopo 40 chilometri perdendo il treno giusto, ma volle finirla a tutti i costi, anche se fuori tempo massimo».
Il 7 ottobre saranno tre anni che Giovanni non c’è più. Carlo continua la sua battaglia: «Chiedo solo che un magistrato abbia il coraggio di andare contro il sistema, di esaminare tutte le carte. Di capire che quel giorno sono state commesse gravi mancanze che hanno portato alla morte di mio figlio e che le stesse sono state artatamente coperte. Io continuerò a lottare e a raccontare la mia battaglia».

ora      quando troverete i suoi commenti in fondo a qualsiasi post, o post   che mette  sulla mia bacheca   , credo   che  li guarderete in modo diverso…ed  non vi lamenterete  più  se   ripeterò sempre  la  sua  storia  e credo  che   che    condividerete    e  denuncerete   questo crimine giudiziario compiuto sulla pelle di un ragazzo Esemplare di un corridore Esemplare di 22 anni con la complicità con il concorso in primis della Federciclismo e quindi delle altre istituzioni sportive e non di questo Paese

22.6.22

Maltrattata perché lesbica, il giudice condanna a tre mesi il caporeparto della Lidl Insultata e umiliata sul posto di lavoro perché omosessuale, Sara Silvestrini, 40enne di Lugo, ha vinto la battaglia in tribunale contro coloro che l’hanno derisa e contro il sindacatoi che faceva filone con il padrone

Non è la prima volta che vengono registrati insulti omofobi sul luogo di lavoro: questa volta è toccato a Sara

  Sara Silvestrini . La  sua  è una storia di ordinaria vergogna, omofobia e grande 
Da sinistra, Federica Chiarentini e Sara Silvestrini
 con l’avvocato Alfonso Gaudenzi da 
https://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna

coraggio.Per anni Sara, magazziniera della Lidl di Massa Lombarda (Ravenna) di 42 anni, ha subìto ogni genere di angheria, vessazione, mobbing puro da parte dei suoi superiori. La sua “colpa”, tra le altre: essere lesbica.
Il supermercato Lidl al centro del ciclone
Una donna che ha avuto la forza di reagire. Non tutti\e ce la fanno purtroppo. Ultimo il caso dell'insegnante che si è data fuoco nel suo camper. E tutto questo a causa dell'odio della gente. Ma come si fa a calpestare i diritti delle persone in questo modo? me lo chiedo ogni santo giorno…come si fa?! Per fortuna lei non era sola ma aveva accanto una compagna che l’ha sostenuta… se penso  a Cloe povera insegnante  transgender  morta  suicida    mi sale una tristezza infinita in quanto siamo un paese con forti sacchè di omofobia , di razzismo clericofascismo , bigottismo.Un paese che sta rientrando al medioevo. Un paese che non progredira' mai o se lo farà sara alla Gattopardo . Un paese senza( salvo eccezioni ) memoria, senza cultura pur avendo la maggior parte del patrimonio artistico ed storico a livello mondiale , ed grandi poet , artisti ed letterati .
foto simbolo 


Ha dovuto subire battute all’ordine del giorno sul suo orientamento sessuale, turni di notte tra camionisti molesti, uno l'aveva anche palpeggiata , verso i quali le era stato pure detto di essere “gentile”. E poi telefonate fuori orario, turni massacranti, straordinari selvaggi, provocazioni e umiliazioni continue davanti ai colleghi. Condizioni di lavoro estreme che le hanno provocato anche disturbi da panico. Tutto per spingerla al licenziamento.Quando l’hanno, infine, licenziata, la donna ha fatto l’unica cosa che le era rimasta: ha impugnato il licenziamento. E, di fronte alla proposta dell’azienda (con il tramite del sindacato) di 15.000 euro in cambio di una liberatoria tombale sulla vicenda, lei, invece di accettare, ha abbandonato il sindacato e ha deciso di fare causa. Oggi, a distanza di anni, ha vinto la sua battaglia. Il giudice ha riconosciuto il mobbing nei suoi confronti e ha condannato a tre mesi il suo capo reparto, ha comminato sanzioni a vari dirigenti e condannato l’azienda a un risarcimento di 30mila euro per lei e la sua compagna, come vittima collaterale.<< È una vittoria personale >> come dice Lorenzo Tosa << che non la ripaga certo di dieci anni di vessazioni, ma le restituisce una seppur tardiva giustizia. Per lei e per le tante Sara che non si piegano alle discriminazioni, umane e lavorative. >>Che sia un esempio per tante che si trovano nella sua situazone . La vittoria resta però a metà. Sara adesso, con l'aiuto del Centro per l’impiego, cercherà di rimuovere quel "licenziata per giusta causa" dal libretto di lavoro perché potrebbe causarle non pochi problemi nella ricerca di una nuova occupazione ma pur sempre testimonianza di regire ai sopprusi e ai papocchi dei sidacati che fanno  alleanza  con il padrone .

12.4.22

Vittoria 42-0 per vincere il campionato provinciale dei giovanissimi

   sembra  una  fake news    invece   come dimostra  la  schermata  sotto presa da https://www.tuttocampo.it/Sardegna la notizia  è  reale  ed  vera

 tale  risultato clamoroso nell'ultima partita del campionato provinciale di giovanissimi di Nuoro durante nella partita Fanum Orosei - La Caletta con la formazione di casa che vince 42 a 0. 

Ecco che A scuotere il calcio non sono solo i casi di razzismo, i bilanci taroccati dei club, le liti in campo tra giocatori, le risse verbali tra dirigenti o le proteste esagerate verso gli arbitri. Fanno notizia, eccome se la fanno, anche vittorie con punteggi che assumono proporzioni improbabili per il mondo del pallone. Ancora di più se questo succede a livello giovanile, dove lo sport dovrebbe essere vissuto come divertimento, senza l’assillo del risultato, ossessione di un mondo professionistico dove si deve fare business.
I fatti. Campionato provinciale giovanissimi del comitato Figc di Nuoro. La partita è Fanum Orosei-La Caletta. La formazione ospite schiera solo dieci giocatori, tutti della categoria esordienti (di due anni o più più piccoli degli avversari). Vince la squadra di casa 40-0. Agli oroseini sarebbero bastate 35 reti per conquistare il primo posto a spese della Lupi di Goceano Bono. Questo perchè le due squadre hanno finito la stagione a pari punti (33), con un successo per parte negli scontri diretti e con la stessa differenza reti negli scontri diretti. Così la differenza reti generale è diventata fondamentale per assegnate la vittoria. La settimana precedente erano stati i “Lupi” a dilagare con la Caletta: 22-0. E già questo “strano” risultato aveva scatenato le prime polemiche.
Richieste. Le due società in lizza – questa la loro versione –, avrebbero chiesto al comitato di competenza di giocare uno spareggio per decidere la vincente del campionato. Risposta: «Il regolamento non può essere cambiato in corsa». La Fanum dice anche di aver chiesto scusa in anticipo agli avversari, e il giorno precedente aveva pubblicato su Facebook un post nel quale invitava tutti al campo per incitare i ragazzi, “costretti” a segnare una valanga di gol.
La Figc regionale. Il referto della partita è arrivato ieri mattina sul tavolo di Gianni Cadoni. Il presidente non l’ha presa bene e pare intenzionato a coinvolgere la Procura federale perchè proceda ad avviare un’indagine e accertare come sono andate le cose. Questo significa che saranno convocati i presidenti delle società coinvolte, e gli educatori. Meglio chiamarli così a questi livelli, e non allenatori. Dovranno dare delle spiegazioni convincenti se vogliono evitare pesanti provvedimenti.
Parla Cadoni. Il numero 1 del calcio sardo ha trascorso una mattinata movimenta al telefono. Ha cercato di assumere più informazioni possibili su un episodio inusuale. «Quanto accaduto è gravissimo – le parole di Gianni Cadoni – perchè va contro la normalità del calcio. Lo sport a questo livello deve andare oltre il risultato, va vissuto in modo ludico. Rispetto, divertimento e cultura devono stare al primo posto. Già qualche settimana fa in un campionato femminile regionale c’è stato un 21-0. Anche in quel caso mi sono molto alterato. Su questa storia è necessario fare chiarezza».
La notizia ha fatto rumore e provocato le reazioni più disparate sui social. Chissà i bambini che in due partite hanno subito 60 gol, senza segnarne nemmeno uno, come reagiranno. Se ora scegliessero un altro sport sarebbero da capire.

E' vero  che  non è bello    e  che   come dice il  commento   sempre della  nuova  Sardegna    d'oggi 

[..]Ed è stata la sconfitta di un intero movimento, mentre dopo la nuova eliminazione dai Mondiali l’Italia del calcio si domanda cosa ci sia di sbagliato, a partire dai settori giovanili. E arriva la peggiore risposta possibile. È stato un tiro al bersaglio, neanche il videogame dei marzianetti era così crudele. E’ stata la giostra del pallottoliere, sia per il Bono che ne aveva segnati 20, sia per la Fanum che ha raddoppiato, per aggiudicarsi il titolo grazie alla migliore differenza reti complessiva.[... ]


Infatti  Sì, si sono scusati i vincitori ma ne sono usciti tutti sconfitti, a parte i bambini della Caletta che continueranno a tirare calci al pallone ricordando sempre quel giorno, domenica scorsa. Si sono appellati a un regolamento sbagliato, hanno detto di non aver potuto fare altrimenti e invece avrebbero eccome. Avrebbero potuto  se  solo  avessero avuto più  coraggio e    rispetto non giocare, rifiutarsi. Sport e sportività sono altra roba. Avrebbero potuto fare entrambe un passo indietro mettendo la Federcalcio davanti al fatto compiuto  costringendola  per  il  futuro  a  cambiare  il regolamento   e   non ipocritamente a  minacciare provvedimenti  per    colpe  che   legalmente    non hanno    


Il regolamento   è sbagliato? Non siamo in guerra, disobbedire si può e in questi casi si  sarebbe   potuto almeno moralmente  . Ancora, avrebbero potuto cucinare un “biscotto”, che nel calcio non piace   a  tutti    quando lo si  deve  fare o stato fatto in competizioni importanti mondiali ed  Europei ( vedere  collegamento citato righe  precedenti )  . Ma ai ragazzini sì, accordandosi per segnare ciascuna i (pochi) gol necessari per costruire una parità perfetta  senza umiliare  che  vince     e  chi perde   e che ci pensasse la Federazione, che a questo livello gli allenatori si chiamano educatori, che il calcio soprattutto   a quel età dev’essere gioco. E poi, a lui non ci pensa nessuno, a chi ha dovuto fare il contabile e non l’arbitro. Ma dove li segni in quel piccolo taccuino tutti quei gol.


1.5.20

Umiliazione allo stato puro, succede al tempo del coronavirus.



L’umiliazione. «Il dolore e la morte non sono il peggio che possa capitare a una persona. Il peggio è l’umiliazione». Scrive così Jo Nesbø  ( 1960 - )  scrittore, musicista e attore norvegese. E quanti modi, parole, azioni servono allo scopo? Tantissimi, quante sono le infinite sfumature di un colore scuro.   Infatti 

L’umiliazione è una parola che descrive un forte senso di imbarazzo o mortificazione – proprio come quella volta che alle medie, dopo averti accompagnato a scuola, tua madre ti chiamò “biscottino” davanti a tutti i tuoi compagni di classe. La parola deriva dal termine latino “humiliare”, che significa”umile”. Quindi, se ci si trova in una situazione che provoca questo tipo di sentimento, si può ottenere una perdita di autostima e del rispetto di sé.

Ora  sono  , per  poter  continuare  ad esporre  il  fatto    con parole mie, talmente  indignato ed  sconfortato  da non trovare  le parole  adatte   che  non siano di pancia   e  preferisco (  Lo  sò  che non è bello ed originale   dipendere  dagli altri  cioè far  si che  siano essi a  parlare  o scrivere  per  te  , ma  a volte  non sempre   se ne  può  fare  a meno   in quanto  siamo animali sociali ed  ogni  ha  bisogno dell'altro\a    ed


La libertà non è star sopra un alberoNon è neanche avere un'opinioneLa libertà non è uno spazio liberoLibertà è partecipazione
 lasciare   la  descrizione  della  vicenda   avvenuta  qui  in paese   , come credo   visto   che ogni regione    e comune  ,  fa   come  .....  gli pare  (  e  poi dicono  che l'italia  è  unita  Bah  )  ,  nel resto   d'Italia  .

Chissà qual’è stato il sentimento di quella persona che al supermercato, con il buono spesa del comune, si è vista ritirare dalla spesa acquistata, la carta igienica e una scatola di camomilla. Come so queste cose? Le so e questo mi basta per inorridire per questa doppia umiliazione, come dice il mio amico al telefono. Si signori, doppia. E non c’è bisogno che spieghi perché. 
L’ordinanza comunale, infatti, risalente al 30 marzo, a cui probabilmente la persona non ha badato, lo specificava benissimo. 
1) I seguenti prodotti di prima necessità:
Pasta, Riso, Latte, Farina, Olio di oliva o di semi, Frutta e verdura, prodotti in scatola (quali legumi, tonno, carne, mais, ecc.), prodotti per la prima colazione (the, caffè, biscotti), Passata e polpa di pomodoro, Zucchero, Sale, Carne e pesce. Prodotti alimentari e per l’igiene per l’infanzia  (omogeneizzati, biscotti, latte, pannolini, ecc.).

«L’umiliazione è uno di quei veleni che uccide lentamente» (Stefano Chiacchiarini).

L’igiene dell’adulto non è compresa e la carta igienica si considera igiene. Come uno shampoo, un sapone o un deodorante che non ne fanno parte. Una persona senza reddito, secondo questa disposizione, non si deve lavare, ma deve rispecchiare il suo stato di “povero” alla luce della ribalta, davanti ad una cassa dove una commessa gentile quanto, a sua volta, umiliata, le ha dovuto dire: “No signora, questi prodotti non sono compresi, mi dispiace”.
Eccessi, sviste, mancanze, omissioni, chissà quali siano stati i sentimenti che hanno fatto decidere di escludere tali beni dal carrello spesa. Non sta a noi giudicare la scelta.La sottolineatura è nel profondo senso di umiliazione che quella persona avrà portato con se a ricordo di questo tempo da coronavirus. Magari vi aggiungerà l’oblio, come spero, ma sa tanto di marchio a fuoco. Sicuramente non il primo, né l’ultimo.Non lo auguro al peggior nemico che non ho di trovarsi in quella situazione. Un’altra lezione è servita, gratis, anche oggi. Imparo sempre di più e non smetto mai di chiedermi il perché di ogni cosa.


28.10.15

1943 -1945 i figli del nemico

in sottofondo  Le luci della centrale elettrica - Una guerra fredda

vedendo la puntata a trasmissione rai3 \ rai storia con Massimo Bernardini e Michela Ponzani rai storia del 28\11\202015 ‪#‎iltempoelastoria‬ in cui si racconta la storia I bambini nati dalle relazioni tra donne italiane e soldati tedeschi sono bollati come "figli del nemico"o  figli di e quelli avuti con gli alleati liberatori come vengono definiti ? .
É stato molto interessante ‼ Una parte di storia che non conoscevo e i libri di storia scolastici   non ne parlano ‼  o si limitano a  dire  in una   al massimo due  righe   che  esse furono linciate     e rasate  in piazza   concordo ( io non avrei saputo dire di meglio ) Damiano Congiu Ovviamente la stupidità umana è sempre attiva in ogni epoca! Emarginare e puntare a dito dei bambini innocenti è sintomo di ignoranza acuta!.  Infatti   tale situazione  rimase  in vigore  fino al 1975  quando     fu  fatta  la legge     n 151 \  19.06.1975 ovvero  Riforma del diritto di famiglia

ottimi i  consigli  




26.1.13

nel giorno della menoria ... [ il caso AUSMERZEN ]

  a  cui devo un grazie  per  avermelo ricordato

… è bene ricordare che le prove dello sterminio iniziarono con i disabili. I documenti cinematografici e d’archivio sono chiari sull’argomento: erano i “malati di mente”, gli “storpi”, tutta quella parte che risultava un problema per i principi dell’eugenetica a dover scomparire dalla faccia della terra. 





Si è scientificamente giustificato l’abominio. Ricordiamolo allora, ricordiamolo anche quando lo Stato taglia i fondi all’assistenza, umilia chi invalido lo è davvero con la caccia alle streghe dei “falsi invalidi”, colpevolizzando i disabili, rei di essere un “peso sociale” per altrettante umilianti 260,00 euro al mese, ricordiamo persino che scientifico non è sinonimo di giusto. Ancora oggi assistiamo alla demonizzazione del diverso e purtroppo a volte la Scienza scade in una complicità raccapricciante. Temiamo la banalità del male, quella del burocrate con la cravatta che pianifica, con matematica precisione, l’inaccettabile.

3.11.12

Vicenza Baby-nuotatore rasato a zero “Punito come gli ebrei”

Non Aveva  tutti  i torti   il  caro e  "  compianto  "  (  perso per  strada  )  cofondatore  del  vecchio blog   (  cdv.splinder.com )  Danny , alias  Danilo Pilato   che commentando  la morte  di Pantani  scrisse  un post   critico  sullo  sporalla  faccia dell'educazione  spartana  e  del  sacrificio  


qui la  versione originale  della sigla   del serial  in questione  )  con   o senza  droghe  e mezzi  sintetici


Infatti  leggete  nell'articolo sotto  da  repubblica  del  3\11\2012   a che cosa  s'è arrivati  .  Posso capire  , meglio  , allontanamento   \ la  scissione del contratto   ,  da parte degli istruttori   della  piscina  o della  squadra    se << Non si impegnava >>  ma  da li  a fare una cosa del genere  non nè  educativo nè formativo  

                        “Rasato come un ebreo”la punizione dell’allenatore

VICENZA — «Ora ti rasiamo i capelli, come agli ebrei». È la minaccia shock che due insegnanti di nuoto hanno rivolto ad un baby-atleta vicentino di appena 11 anni. La colpa da espiare: non aver vinto la gara di nuoto cui aveva partecipato.
Una minaccia che si è tradotta in gesto vero e proprio, eseguito da un’atleta più anziana della comitiva. A denunciare l’episodio, avvenuto a maggio, i genitori del piccolo.
GLI hanno rasato i capelli, come agli ebrei. È l’accusa shock a  tre istruttori di nuoto di Vicenza che avrebbero così punito un baby-atleta di appena 11 anni. La colpa da espiare: secondo alcuni non aver vinto la gara di nuoto a cui aveva partecipato,secondo altri non aver tenuto in ordine la propria stanza e aver commesso delle marachelle durante una trasferta a Locarno in Svizzera, dall’ 11 al 13 maggio scorso. La punizione sarebbe stata eseguita da un’atleta più anziana della comitiva. A denunciare l’episodio,che sarebbe avvenuto durante una meeting internazionale di nuoto, i genitori del piccolo che dopo la trasferta hanno visto tornare loro figlio completamente rasato, con una croce di capelli disegnata in cima alla testa.
L’undicenne ha spiegato di essere stato punito in questo modo dal responsabile degli allenatori, un uomo di 52 anni, e  dalla sua vice di 28, i quali avrebbero poi assegnato l’esecuzione materiale della “lezione” a un’atleta più anziana.
Partendo dall’esposto dei genitori, ora la Procura sta indagando per abuso di mezzi correzione e i tre al centro delle accuse saranno ascoltati dai magistrati il prossimo 8 novembre.  Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il taglio dei capelli sarebbe stato minacciato, ma  non attuato, anche nei confronti di un secondo ragazzino della stessa età, i cui familiari hanno a loro volta presentato denuncia. Il piccolo avrebbe evitato la punizione solo perché i genitori presenti a Locarno lo hanno allontanato dalle competizioni. «Abbiamo stabilito immediatamente di sospendere cautelativamente i due istruttori — spiega il responsabile della società di nuoto vicentina — . Lo abbiamo fatto per difendere i bambini e dar modo agli allenatori di spiegare le proprie ragioni nelle sedi opportune».
I maestri di nuoto si sono giustificati sostenendo che è abitudine rasare i capelli in occasione delle gare, che altri bambini lo avevano già fatto, e che la croce disegnata sulla testa del piccolo rappresentava solo il simbolo della Svizzera, senza alcun riferimento antisemita.
Tant'è , dicono, che in altre trasferte avevano fatto disegnare stelle o bandiere sul capo dei bambini, a seconda del Paese in cui gareggiavano. Una versione che nell'interrogatorio del prossimo 8 novembre dovrà convincere i magistrati. E in-
tanto arrivano le prime reazioni. Lo stesso responsabile della società sportiva ha ammesso: «Se la dinamica si rivelasse come hanno esposto i genitori, si tratterebbe di una cosa che si allontana totalmente dai valori sportivi che professiamo».Più duro il commento del sindaco della cittadina in provincia di Vicenza in cui è accaduto l’episodio: «La società di nuoto ha fatto bene ad allontanare i tre perché la punizione scelta è assolutamente poco felice».
Sulla vicenda indaga la squadra mobile di Vicenza, che però tiene il massimo riserbo considerata la giovane età dei protagonisti.






emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...