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16.11.25

Diario di bordo n 154 anno III Onifai A centosei anni si è dovuta recare all’ufficio postale per l’autentificazione di una firma per non perdere il diritto alla pensione ed altre storie burocrazia, integrazione tra culture , forza animale

fonte la nuova sardegna online


A 106 anni all’ufficio postale solo per autenticare una firma per  la  pensione .Il sindaco: «La nostra nonnina costretta a spostarsi nonostante le difficoltà»


La nonnina di Onifai Luisa Monne con il sindaco Luca Monne


Onifai 
centosei anni si è dovuta recare all’ufficio postale per l’autentificazione di una firma per non perdere il diritto alla pensione. È successo nei giorni scorsi nel piccolo centro della valle del Cedrino. La signora Luisa Manca, alla veneranda età di 106 anni e con comprensibili problemi di deambulazione, si è dovuta spostare seppur per poche centinaia di metri per assolvere a questa incombenza. A comunicarne la notizia il sindaco del paese Luca Monne. «Abbiamo assistito a un episodio che mette in luce come, nonostante le normative e le leggi a tutela delle persone con difficoltà motorie, spesso manchi una reale sensibilità e disponibilità ad applicarle in modo flessibile e umano – spiega il primo cittadino –. La nostra nonnina tzia Luisa con le sue evidenti difficoltà è stata costretta, nonostante tutto, a recarsi presso gli uffici postali per autenticare una firma, pena la sospensione della pensione». Come spiega ancora Monne è «Un compito che in condizioni normali sarebbe stato semplice, ma che in questo caso si è trasformato in una fonte di grande disagio e sconforto per lei e la sua famiglia. Con grande sforzo la signora ultracentenaria, è stata caricata in macchina per essere accompagnata allo sportello dimostrando, come spesso le frenesie burocratiche si scontrino con la realtà delle persone più fragili. Le leggi italiane prevedono norme di tutela per le persone con disabilità ma è evidente che in molti casi sarebbe necessario prevedere delle misure più flessibili e personalizzate – dice ancora il sindaco –. In questi casi, dovrebbe essere possibile usufruire di alternative come la delega, l’autenticazione a domicilio o procedure telematiche che evitino a persone come tzia Luisa di affrontare inutili fatiche e rischi. È fondamentale che le istituzioni, pur rispettando le normative, si mostrino più sensibili, pronte ad adattarsi alle esigenze di chi si trova in condizioni di vulnerabilità. Chiediamo quindi alle autorità e alle Poste Italiane di rivedere le proprie procedure, prevedendo misure di deroga e strumenti di tutela più efficaci, per evitare che episodi come questo si ripetano. La tutela dei diritti e della dignità di tutte le persone, soprattutto le più fragili, deve essere sempre una priorità affinché nessuno si trovi costretto a vivere situazioni di disagio o esclusione a causa di rigidità burocratiche. Questa non è assolutamente una critica nei confronti dell’ufficiale di Poste, che riceve direttive e si attiene alle normative e a tzia Luisa non possiamo che augurare che queste situazioni, se mai dovessero capitare, si verifichino per molti anni ancora». Per completezza d’informazione, occorre precisare che Poste Italiane si è immediatamente scusata per l’accaduto, e a riferirlo è lo stesso sindaco: «Capiamo le difficoltà ma siamo vicini alle persone, soprattutto alla nostra nonnina» conclude Luca Monne.

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 Cento anni di cemento, mattoni e tanto cuore: la storia della famiglia Rasenti

Olbia Cento anni tondi tondi e una città che, per certi versi, è diventata così grande anche grazie a loro. Perché è dal 1925 che i Rasenti ci mettono cuore, cemento, ferro e mattoni. Stessa licenza, stessa linea di sangue. Dal nonno con la bombetta ai nipoti che parlano di materiali da costruzione ecosostenibili. In mezzo c’è un secolo di storia e di vita familiare: Terranova che si trasforma in Olbia, il dopoguerra, il boom del turismo e una città in continua espansione. «Quando nonno Giuseppe aprì la sua attività Olbia era tutta lì, c’era soltanto quello che oggi chiamiamo centro storico» sottolineano i nipoti Pietro e Giuseppe Rasenti. Tutto cominciò in via De Filippi. Poi, molti anni dopo, il trasloco in fondo a viale Aldo Moro.
«In via De Filippi non ci stavamo più. E soprattutto non passavano più i mezzi. Andavano bene i carretti e i camioncini, ma ce lo vedete voi un autotreno passare in quella strada?». Naturalmente no. Olbia è cambiata e in parte sono cambiati anche loro. Ma la missione – un secolo dopo – resta ancora la stessa: vendere materiale edile e, da qualche tempo, anche elementi di arredo. Pure la passione è sempre la stessa, identica a quella che, un secolo fa, spinse Giuseppe Rasenti a creare una attività tutta sua.
La storia La famiglia Rasenti è presente a Olbia dai primi decenni del Settecento. Due secoli più tardi, invece, la svolta imprenditoriale. «Fu nostro nonno a fondare l’impresa, anche se prima ancora, verso la fine dell’Ottocento, i nostri bisnonni aprirono una rivendita di tabacchi in corso Umberto – racconta Pietro –. Per quanto riguarda la nostra attività, tutto cominciò con un deposito di legname. Presto, però, arrivò il materiale da costruzione più classico: mattoni, cemento, ferro. Il deposito si trovava in via De Filippi, nell’area oggi occupata dalla banca. Poi il trasferimento in viale Aldo Moro, era il 1978». Negli anni Sessanta l’impresa passò nelle mani dei figli di Giuseppe: Tonino e Alvaro, conosciutissimi a Olbia. Dagli anni Novanta, invece, opera la terza generazione: Giuseppe e Manlio, figli di Alvaro, e Pietro e Angelica, figli di Tonino. Trasformazioni e passaggi di consegne che hanno contribuito all’espansione di Olbia.
Perché sono centinaia (se non di più) gli edifici della città – ma anche del borgo di Porto Rotondo – che sono stati costruiti con il materiale acquistato dai Rasenti. «Ma naturalmente, negli anni, è cambiato tutto – ricorda Pietro –. Nel dopoguerra, per esempio, gli olbiesi venivano da noi, prendevano il materiale, si costruivano la casa e poi pagavano piano piano. Non c’erano le banche, bastava una stretta di mano. A Olbia ci si conosceva praticamente tutti. Un tempo la manodopera costava molto meno dei materiali. Oggi, invece, accade l’esatto contrario».
Rasenti oggi Dal 2007 la Rasenti materiali da costruzione spa – che festeggia il centenario proprio in queste settimane – fa parte del consorzio BigMat, con oltre mille punti vendita e 577 soci in sette Paesi. L’azienda olbiese – che in viale Aldo Moro conta sia uno showroom che un negozio di materiali – vanta una ventina di dipendenti e un fatturato di circa sei milioni di euro.
Una attività che continua naturalmente a seguire tutte le trasformazioni del mercato e anche dei materiali richiesti per la costruzione. «Sicuramente tante cose sono cambiate dopo la grande crisi del 2008 – ricorda Pietro Rasenti –. Il mercato si è spostato non tanto sulla costruzione del nuovo ma sulla ristrutturazione. È significativa anche l’evoluzione dal punto di vista dell’innovazione dei materiali. Oggi si parla di cappotto, di isolamento, di ecosostenibilità». «Poi, ovviamente, dagli anni Ottanta-Novanta è cambiata anche l’estetica – sottolinea Giuseppe –. Una spinta di questo tipo, a Olbia, è arrivata soprattutto dalla vicina Porto Rotondo e dalla Costa Smeralda. Realtà internazionali che fatto sicuramente la loro parte nel modo di concepire la casa anche in città».


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Senegalesi, cinesi e sassaresi ridipingono la staccionata di corso Vico: "Esempio di vera integrazione"







Sassari Le signore distribuiscono dolcetti, succhi e caffè tipico del Senegal, i ragazzi armeggiano con rulli, pennelli e vernice bianca, i bambini giocano e mangiano. C'era proprio aria di festa, in occasione del progetto "Scuola della comunità" dell'istituto comprensivo San Donato, con il finanziamento della Fondazione di Sardegna, il patrocinio del Comune e la collaborazione di comitato Centro Storico, comunità senegalese e cinese e di cittadini e associazioni come Il Cenacolo. Un'idea semplice, ma efficace: con i materiali acquistati e donati dalla comunità cinese, la comunità senegale si è messa al lavoro per imbiancare la staccionata che costeggia corso Vico. Nelle prossime settimane, artisti e bambini si dedicheranno a riempire di colori e opere la staccionata. "Un messaggio di pace nel viale delle Rimembranze, dove ogni albero rappresenta un caduto in guerra" ricorda il presidente del comitato Centro Storico Giovanni Ruiu. "L'obiettivo è quello di rigenerare questo tratto di corso Vico coinvolgendo chi vive nel centro storico" spiega la dirigente dell'istituto comprensivo Patrizia Mercuri. Una rigenerazione che, nella strategia del Comune, passa anche dal nuovo mercato di corso Vico: "La settimana prossima pubblicheremo la graduatoria definitiva e già da subito potrà partire il mercato, ogni venerdì dalle 8 alle 14". Insieme a Qiu Zhongbiao, rappresentante della comunità cinese, anche Mor Sow, maestro di musica e presidente dell'associazione Amico del Senegal - Batti cinque: "Siamo qui per dimostrare non solo che ci siamo, ma anche la nostra disponibilità a lavorare per rendere più bello il centro storico di Sassari". (a cura di Davide Pinna)


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Crudeltà sugli animali
Olbia, cagnolina trovata senza le zampette posteriori: la storia di Giada, simbolo di resistenza

La Lida: «E’ stata abbandonata in campagna. Ci siamo chiesti come abbia fatto a sopravvivere»





Olbia Si chiama Giada, pesa cinque chili, e quando i volontari della Lida di Olbia l’hanno vista per la prima volta non riuscivano a credere che fosse ancora viva. La cagnolina è stata trovata sola in campagna, con le zampette posteriori amputate, le ossa esposte, costretta a muoversi trascinandosi sui moncherini. Una scena difficile da reggere anche per chi è abituato a intervenire nei casi più estremi.
La sua storia è stata raccontata in un post dalla Lida, che definisce l’immagine di Giada «un grido silenzioso di sofferenza» e allo stesso tempo un esempio di forza: «Ci siamo chiesti come abbia fatto a sopravvivere da sola in quelle condizioni». Nessuno conosce ancora cosa le sia accaduto né da quanto tempo vagasse ferita nella campagna.
A dare l’allarme è stato un volontario, contattato da chi aveva notato la cagnetta spostarsi con evidente difficoltà. «Si muoveva sui moncherini, mostrando una tenacia incredibile», raccontano dal rifugio I Fratelli Minori. Le foto inviate alla Lida, guidata da Cosetta Prontu, hanno gelato i volontari: «Ci siamo sentiti paralizzati dall’impotenza e dalla tristezza, capendo che la sua vita dipendeva da un gesto di umanità».
Il recupero è avvenuto subito. E mercoledì mattina, 12 novembre, Giada è arrivata al rifugio, accolta – scrivono – «con un abbraccio d’infinito amore e premura». Adesso verrà visitata da un chirurgo ortopedico per valutare la possibilità di un intervento che le consenta di iniziare un percorso di recupero. Un cammino che sarà lungo e complesso, fatto di cure, medicazioni e adattamento, ma che la Lida si dice pronta ad affrontare «passo dopo passo».
È l’ennesimo episodio di crudeltà registrato nel territorio. Solo poche settimane fa l’associazione aveva salvato cinque cuccioli chiusi in un sacco di juta, abbandonati in una campagna olbiese e recuperati appena in tempo. Un caso che aveva suscitato forte indignazione e riacceso il dibattito sulla tutela degli animali e sulla necessità di maggiore responsabilità da parte dei proprietari.
Il messaggio della Lida, oggi, è lo stesso: Giada è una sopravvissuta. «Un esempio vivente della forza della vita, una piccola guerriera», la definiscono. Animale «speciale», uno di quelli che molti chiamano «con un angelo custode». L’associazione invita tutti a non restare indifferenti: «Ogni gesto può fare una differenza enorme. Il vostro supporto è un messaggio potente: esistono ancora speranza, compassione e amore incondizionato».
Il rifugio chiede ai cittadini di diffondere la storia della cagnetta e, per chi può, di contribuire alle cure. «Facciamo in modo che senta questo amore in ogni passo verso il suo lieto fine», si legge nel post. «Perché, nonostante tutto, Giada non ha mai smesso di lottare».




23.10.13

Ha 16 anni e fa il muratore La storia dell'ucraina Olena

Musica   consigliata
VASCO ROSSI CAMBIA-MENTI

Lo  so   che  questo post   scatenerà   vivaci discussioni   come  questa  avvenuta  sulla mia  bacheca  di  facebook    quando  ho  riportato tale  news


Giuseppe Scano ha condiviso un link tramite Angela Nella.
Ricordiamocelo bene bene la prox volta ke diremo ad altri la medesima cosa !!!!

Joele, ucciso a 19 anni in Gb perché italiano. "Rubi il lavoro ai ragazzi inglesi"

da  tastorosso.wordpress.com








Danilo Atzori Guarda che la colpa è di voi sinistroidi di merda!!! I nostri connazionali sono costretti a scappare e non in tutti i paesi sono coglioni come in Italia...avrei voluto vedere se tu padre anzichè far lavorare te avesse preso un extracomunitario o un altro qualsiasi come l'avresti pensata, COGLIONE!!!
4 ore fa · Mi piace


Danilo Atzori Scusa Giuseppe, ma mi hai fatto incazzare parecchio!!!
4 ore fa · Mi piace


Cassan Remo Giuseppe non prendo in considerazione il tuo modo di pensare. Questo ragazzo non è entrato illegalmente con un barcone in Inghilterra, studiava e lavorava per mantenersi, non chiedeva sussidi per vivere, non gli pagavano l'affitto, non gli pagavano lascuola, si stava creando il suo futuro. Quelli che tu velatamente ritieni dei perseguitati, sono da noi illegalmente, li manteniamo noi con i nostri soldi, e ancora non gli va bene niente!Da noi tutti possono venire per lavorare con un contrattodi lavoro o di studio, gli altri rimangano a costruire il loro paese invece di fare guerre trtribali.
3 ore fa · Mi piace


Gippo Pes io abito a londra da anni,conosco molto bene come funziona qua",vi assicuro che ci sono migliaia di italiani che il governo britannico paga il benefit,ed anche housing benefit...sono qua" a scrocco da una vita......potete chiedere a qualsiasi persona abbia abitato a londra,vi dira" le stesse mie cose.......gli italiani emigrano da 50 anni e piu"......quindi.......a voi tirare le somme,poi se vogliamo,ogniuno la pensa come meglio crede,nn perquesto bisogna dargli dl coglione,anche perche" cosi" facendo,nn si migliora propio nulla......
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Gippo Pes e comunque,secondo me,quei 9,facevano parte di una gang,qui in ighilterra,e" di moda ormai.....il lavoro nn centra nulla,hanno voglia di rompere i coglioni e basta......quella era una scusa....tutte cazzate......io ne vedo tutti i giorni......mocciosicagacazzi sono,che nn gli frega un cazzo di chi lavora nel loro paese......vogliono solo divertirsi........ora si che si divertono,dentro,e qui",nn esci dopo due giorni,oppure con gli indultini, grazie varie,etc...etc.....understand.....








Danilo Atzori Bravo Gippo!!!... comunque il mio "coglione" era di rabbia... conoscoGiuseppe da oltre vent'anni e so che sa ragionare... comunque hai fatto benissimo a riportare un po' di verità ai sinistroidi...


Ma   me  ne frego   e  continuo lo stesso  perchè  non sono d'accordo  con l'equazione sempre  più diffusa    extracomunitario  =  uguale   criminale ed  approfittare  , sempre  più diffusa  dai nostri  media  e politicanti che parlano alla pancia  e non al  cuore  

da http://corrieredibologna.corriere.it/ di sabato 19 ottobre 2013


 
BOLOGNA - Capelli biondi, occhi azzurri e un sorriso timido. In araper l’Ediltrophy 2013 che elegge il muratore dell’anno al Saie c’è anche lei, la 16enne ucraina Olena: non esattamente chi ti aspetti di vedere con calcestruzzo e cazzuola in mano, nonostante la recente pubblicità delle chewing gum con Filippa Lagerback in cantiere. Olena arriva dalla scuola edile di Imperia e ha vinto, insieme al suo compagno di scuola turco, le selezioni regionali liguri di questa speciale competizione che mette in gara in due diverse categorie – junior e senior – ventiquattro squadre nella costruzione di una muratura antisismica ad alta efficienza energetica. E a giudicare dal folto pubblico che segue le operazioni all’ingresso di BolognaFiere in Piazza Costituzione, l’idea del Saie e di Formedil (ente paritetico nazionale per la formazione nel settore costruzioni) ha fatto centro.DECORO E RESTAURO – Le specialità di Olena sono decoro e restauro, ma non si è tirata indietro di fronte a una gara da muratori puri: «Tutto è nato perché ho accompagnato alcuni amici alla scuola di formazione edile, poi ho scoperto che mi piaceva molto questo tipo di lavoro e mi sono appassionata. In gara dobbiamo montare un’intercapedine con pannelli termoisolanti costruendo una struttura in mattoni pieni: per me è una cosa nuova ma mi piace imparare a fare cose che non so. Avevamo vinto la gara regionale grazie ad un mosaico». Il loro istruttore li guida, dà suggerimenti, e ricorda orgoglioso che tra le opere di Olena c’è la decorazione e il restauro di una tela rappresentante l’Ultima Cena, poi esposta in un museo a Genova. Un signore anziano che la vede all’opera sorride e annota: «Ero sicuro che venisse dalla Liguria, lì le donne-muratore ci sono da tanto tempo, già da quando ci lavorai io nel 1974».LA STORIA – Olena è in Italia dal 2007 e si è trasferita insieme alla madre da una piccola cittadina ucraina da circa 30.000 abitanti. Ora vivono ad Imperia e la madre la sostiene in questa sua avventura: «Quando le ho detto che volevo fare la scuola edile non ha avuto reazioni particolari: mi ha detto che se me la sentivo lei era contenta e mi ha detto di mettercela tutta». I risultati sono ottimi e, una volta terminato l’Ediltrophy, Olena continuerà ad affinare le sue tecniche di restauro. La considerazione finale testimonia una serietà e un realismo che da una sedicenne non ti aspetti: «In un momento di crisi come questo, in particolare per l’edilizia, credo che sia importante saper recuperare ciò che già c’è ed è stato costruito, che magari ha semplicemente bisogno di un restauro. Ecco perché voglio imparare a fare un po’ di tutto in questo ambito». Poi Olena sorride, saluta, e torna a spargere calcestruzzo sui mattoni della sua opera.
e  dall'unione sarda del 23\10\2013  ( eccetto la  foto  che  come  la prima  è  del corrierebologna  )  

Olena, 16 anni “muratrice” per scelta

Il suo nome, Olena, è la variante ucraina di Helen, parola di origine greca che significa “raggio di sole”. Olena comprende le varianti Alena, Elena, Lenochka, Olinia, nomi di donne ai quali abbiamo affidato la cura dei nostri anziani.Anche Olena è venuta in Italia nel 2007 lasciando una piccola cittadina ucraina. Lo ha fatto per seguire la mamma, coltivando però l'idea di riservare a se stessa un destino diverso da quello di badante. Capelli lunghi e biondi, 16 anni Olena fa la “muratrice”. La parola nel dizionario italiano non esiste, così come il mestiere, riservato quasi esclusivamente ai maschi. Ma la “passione per i muri”, l'ha spinta a iscriversi alla Scuola Edile di Imperia, accompagnata dall'augurio materno: «Metticela tutta». E lei lo ha fatto fino a vincere con un compagno di scuola turco le selezioni regionali per partecipare all'Ediltrophy 2013, gara finale di edilizia che si tiene a Bologna. Insieme hanno costruito «una muratura antisismica ad alta efficienza energetica». Non è la sua specialità: lei preferisce restauro e decorazione ma non si è sottratta alla sfida finale per muratori “puri” con tanto di cazzuola e mattoni. «Voglio imparare a fare un po' di tutto anche se in tempi come questi saper recuperare ciò che si è già costruito, è importante».Una semplice verità.


Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...