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25.11.25

ecco un modo di combattere i femminicidi aiutare anche gli uomini maltrattanti e spiegare che non è superiore



L'uomo in massima parte non accetta di essere respinto,invece dovrebbe capire e andare avanti
nella sua Vita senza provare rancore che possa sfociare violenza Su questo tema bisognerebbe aumentate
le lezioni di educazione sentimentiuale e di sensibilizzazione nelle scuole




  

 



quando si smetteranno le bufale e le deligittimazioni delle iniziative culturali come quelle contro la mostra sul patricarto il 25 novembre smetterà 'essere una giornata retorica e rompi

<< non insegnare a tua figlia ad essere preda ,insegna a tuo figlio a non essere cacciatore >> ( joumana haddad poetessa libanese -1970 - vivente )

Oggi 25 novembre  giornata     contro la violenza    sulle  donne    in una   classica   (  sempre   di meno  in un clima impazzito   a causa del  cambiament climatico  )  giornata    piovosa    e  plumbea  , si coinclude    quela  che ormai  è  diventata    come  succede  con le  giornate    dell'ipocrisia \    giornate  palla in cui  Fa specie peraltro vedere poi le stesse persone che oggi creano e condividono post come questo, pubblicare domani 25 novembre Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, slogan
contro la violenza di genere.Siete ipocriti ed incoerenti. Perché anche insultare  direttamente  o  indirettamente   una persona via social è violenza.Vedi il  caso   di Valentina  Pitzalis   o   di tutti   quelli  che scrivono commenti contro la cagliaritana Martina Smeraldi, 25 anni pornostar, candidata per l'Oscar del porno, sono spessimo i primi che hanno visto ogni suo film in tutte le piattaforme. E proprio      pe  per  concludere  per  quest'anno la  carrellata   contro culturale   sulla settimana     del 25 novembre in cui  s'approfondiscono retoricamente   ma   anche  no  e [SIC]   si  strumentalizzano \  ideologizzano   i  temi  del femminicidio  stavo cercando   ispirazione   per    creare un post  riuflessivo  e   ìil meno   banale  possibile   .
 Ed l'ho trovato    nella  notizia     riportata  sotto  . Dalla  cui  lettura   si deduce     che la  cultura  ( incultura    in  realtà )    tossica si combatte  andando  oltre  la   solita  contrapposizone   tra  atriarcato ed  anti   patriarcato   .  Insomma    bisognerebbe    ,  solo  cosi   i  femminicidi e la  violenza  di genere   verrà  ridotta  e  forse  scomparità  , smettere  di  alimentare   classificandolo  \  etichettandolo  come  abberrazione \  egenerazione   (  quando non lo  è  ) della  cultura  woke   così una narrazione che sminuisce le istanze portate avanti dal movimento femminista,  vedere    estratto  sotto  ,    riducendo a caricatura battaglie che mirano invece a rendere visibile un problema profondo e tutt’altro che risolto. Si tratta di un meccanismo consolidato, che permette di ignorare le responsabilità culturali, politiche e istituzionali, e impedisce la possibilità di un confronto serio su cosa hanno prodotto le disuguaglianze e la violenza di genere.






"Follia woke", "concentrato di teorie gender", "buffonate", "volgarità": è bastata la locandina dell'evento per scatenare i giornali di destra contro il Mupa, il Museo del patriarcato, l'evento lanciato da ActionAid in occasione della settimana di avvicinamento al 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Una mostra provocatoria, accompagnata da panel e laboratori dedicati a temi come i corpi, la narrazione della violenza e il diritto alla città, con l’obiettivo di immaginare un mondo in cui il patriarcato – origine di stereotipi e discriminazioni che permettono il perpetuarsi della violenza – diventi finalmente solo un “pezzo da museo”.


Quindi   per   combattere  o ridurre    il femminicidio    bisogna andare oltre le  classiche  commemorazioni \  celebrazioni  retoriche ( la maggior parte )   e  mettere  in atto   sul serio  altrimenti  sono  solo  pugnette    e  non  fatti,  delle  serie  politiche   socio culturali  di prevenzione  , educazione,d'aiuto fiscale  \ econimico  ed  legislativo   ai centri  antiviolenza    e  occuparsi  anche degli orfani  dei  femminicidi  . Infatti   Il nostro sistema investe molto  e  male    sulla risposta penale  per  chi commette i reati.  Infatti   ogni tre giorni in Italia viene ammazzata una donna: un dato spaventoso, che non possiamo più accettare  e  prendere  sotto  gamba il  fenomeno :   con discorsi giustificazionalisti e  benaltristi o  in certi casi pseudo  scientifici  come  quelli avvenuti  qualche  giorno fa da  parte  di  due  rappresentanti  governativi   come il  ministro  Nordio e la ministra  Rocella  
 Per fare fronte a questo scempio, le istituzioni hanno   giustamnìmente   introdotto nuovi strumenti di prevenzione: divieti di avvicinamento, pene più  severe e altre forme di tutela come il braccialetto  elettronico. Ma tutto questo, purtroppo, non è bastato.  Si agisce troppo poco e  male    con preconcetti e pregiudizi    sulla prevenzione, l’educazione (  vedere   la  mancata proposta  , problema  atavico   in italia   sono d'anni   che non siriesce  ad  introdurre   nel  sistema scoastico l'eucazione   affettiva  e  sessuale   ) e il contrasto agli  stereotipi. La lotta alla violenza deve spostarsi sul piano sociale e culturale ed  informativo  vista  la  propaganda  e  le  Fake news   e  disinformazione   che  ancora  persiste  . In  sintesi   Dobbiamo come dice      l'articolo  riportato a  sinistra  sopra    tratto  da Giallo    della  scorsa settimana    e il  suo  speciale  sul   25    novembre   Ma  soprattutto    rispettiamo  , proviamoci il  più possibile almeno ,    con i  fatti ogni  giorno : Ma  soprattutot ,  scusate    se mi  ripeto    ancra    una  volta     fare  come la  poesia  citata ad inizio post

8.11.25

Bibbiano, le suore organizzano nel convento il corso di autodifesa per le donne: ma non si diceva porgi l'altra guancia ?

  da :     caffe  ristretto  unione  sarda  , corriere  della sera  tramite   https://www.msn.com/ 

Se non dovesse bastare un Pater Noster per schiantare il bulletto mano morta, ricorrere a una mossa di judo non è peccato neppure per la suora. Il proverbio “aiutati che il ciel ti aiuta” è attualizzato dalle salesiane che a Bibbiano, comune dell’Emilia, suggeriscono alle donne come mettere schiena a terra il delinquente che ci prova. Nei tempi in cui Berta filava l’altra guancia la porgevano le anime pie disposte al martirio, ora il sacrificio suona male: à la guerre comme à la guerre. È più che santo il progetto della direttrice dell’istituto Maria Ausiliatrice suor Paola Della Ciana, laurea in psicoterapia, di promuovere nella palestra della scuola gestita dalle religiose un corso di autodifesa gratuito affidato a un’associazione di judo, rivolto a tutte le ragazze e donne della città, dai 14 anni in su. “Di fronte alla violenza è bene sostenere l’autodifesa, perché la dignità va sempre salvaguarda e protetta. Come dimostrano i femminicidi ci sono situazioni che richiedono una difesa tempestiva e furba”. Rosarium et baculum, per calmare i bollenti spiriti del bollito da una mistura di pastiglie avvelenate. In un tempo in cui le paure sconfinano nel terrore le suore, oltre a far capire quando certe situazioni di pericolo possono sfociare nella violenza, consigliano ciò che serve per calmare gli indemoniati: spada a destra e Vangelo a sinistra.
Infatti è notizia di questi giorni che
Nell’istituto delle figlie di Maria Ausiliatrice, dalla violenza ci si difende e alla violenza si reagisce. Con le mosse di judo.
L’iniziativa è sold out. Le richieste superano di gran lunga i posti disponibili. «Non ci aspettavamo tutto questo interesse e un’adesione così alta», dice suor Paola Della Ciana, la direttrice. E invece. Il connubio religiose-autodifesa si è rivelato vincente.
Dunque. Ore 18:45, mercoledì 5 novembre, inizia il corso di autodifesa per donne organizzato dalle salesiane. Quattro lezioni in tutto (ogni mercoledì) completamente gratuite. Pienone. La location è la palestra dell’istituto. Campagne di Bibbiano, Reggio Emilia. Sì, «quella» Bibbiano.
Correva l’estate populista 2019 quando scattarono gli arresti per un presunto giro di affidi illeciti; ci finì dentro anche l’allora sindaco dem Andrea Carletti: assolto (e non solo lui). La destra cavalcò l’onda. Indimenticabile la t-shirt indossata a Montecitorio dalla senatrice leghista Lucia Borgonzoni: «Parlateci di Bibbiano», c’era scritto.
Parliamone, dunque, oggi. In questa palestra, in questo istituto religioso, i fantasmi dell’inchiesta «Angeli e Demoni» sono un ricordo lontano. E la celebrità inattesa che regala l’iniziativa delle suore è per i bibbianesi un piccolo riscatto. Anche suor Paola sembra pensarla così: «Questa è una comunità sana», rivendica, mentre allieve e istruttori si preparano per la lezione.
Le donne sono sessanta. E ne sono rimaste fuori ben quaranta. «Il 55% ha più di quarant’anni, il 20 fra i trenta e i quaranta, poi ci sono le under trenta», snocciola i dati soddisfatta suor Laura, 37 anni da Livorno. L’idea del corso è sua. Suor Laura insegna alle medie dell’istituto e, spiega, ogni anno organizza qualcosa per il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Quest’anno ha voluto fare le cose in grande. Con la benedizione di suor Paola, che è psicoterapeuta e quindi di violenza ne sa qualcosa.
«Avevamo pensato alla fascia d’età 14-60, ma si sono iscritte anche donne più in là con gli anni», precisa. La senior della squadra è Luciana, 69 grintosi anni. Dice di essere qui perché «questo mondo» non le piace. Ma anche per le sue due nipotine: «Voglio apprendere per insegnare loro come difendersi».
L’istruttore è Ettore Franzoni, della scuola Uchi Oroshi Judo di Bibbiano. Ha accettato di farlo gratis perché ci crede. Cominciamo. «Tornerete tutte a casa con i polsi dolenti», premette. Il primo incontro è infatti dedicato alle tecniche per divincolarsi dalla presa dell’aggressore. Come reagire se ti afferra un polso? E se li afferra tutti e due? «In questo caso dobbiamo chiedere a suor Laura - sorride Ettore - perché non ci resta che pregare». Le donne lo guardano smarrite. Ma lui subito precisa: «Nel senso che la tecnica è quella delle mani giunte, come in preghiera». Sollievo. Le allieve si organizzano a coppie e fanno le prove. «Dovete essere più decise, non tentennate», le sprona l’istruttore. E loro ci danno dentro.
Per riprendere fiato un po’ di teoria. «Quando siete in giro da sole la prima regola è mantenere un atteggiamento attento, avere l’ambiente sotto controllo», spiega il Sensei. «Se qualcuno si avvicina con far sospetto, dobbiamo per prima cosa capire chi abbiamo difronte», prosegue. E via così. Qualcuna prende appunti. Qualcuna registra. Tutte ascoltano in religioso - è il caso di dire - silenzio. Grate. E pronte per la prossima lezione.
«Una precisazione importante - dice suor Paola prima di congedarsi -. Il nostro ordine è stato fondato da don Bosco, ma anche da santa Maria Domenica Mazzarello, donna che nessuno cita mai». La parità di genere si costruisce anche così.
« La prevenzione è » come dichiarato a Vanity Fair Italia « un pilastro della nostra missione. In questo caso significa aiutare le donne a rafforzare fiducia e consapevolezza di sé, riconoscendo la propria dignità in ogni situazione». Educazione, fede e responsabilità civile: parte da qui il corso gratuito di autodifesa al femminile organizzato dalle suore salesiane di Suor Maria Ausiliatrice di Bibbiano (Reggio Emilia). Un'iniziativa nata con l'obiettivo specifico di fornire risposte concrete di contrasto alla violenza di genere. I corsi si tengono nella palestra dell'Istituto che ospita le scuole dell'infanzia, le primarie e le medie. Qui le religiose fanno educazione all'affettività. «Qui è lo spazio dove si combatte la violenza di genere grazie ad un progetto educativo che parte dalla scuola».
A guidare gli incontri sono quattro maestri esperti dell’associazione sportiva Uchi Oroshi Judo, che hanno scelto di mettere gratuitamente a disposizione la loro professionalità. Il loro obiettivo, ha spiegato al Resto del Carlino il maestro Ettore Franzoni, cintura nera 8° Dan, è di insegnare alle donne prima di tutto a mettersi al sicuro, a togliersi dall’imbarazzo di un’aggressione o di una minaccia.Incredule per il riscontro e la risonanza del corso le religiose. L'idea era nata l'estate scorsa da suor Laura Siani, 37 anni, insegnante ed educatrice, che dopo aver testato l'interesse verso il corso da parte degli animatori del Grest poi ha sviluppato il progetto insieme alla direttrice dell’Istituto, suor Paola Della Ciana proponendo l’esperienza per tutta la comunità, in coincidenza con il mese dedicato alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Il corso è andato sold out in pochi giorni: secondo un’analisi interna condotta dalle religiose, il 30% delle iscritte ha tra i 40 e i 50 anni, il 25% tra i 50 e i 60, il 23% tra i 25 e i 40 e il 15% tra i 14 e i 24.

31.10.25

il patriacarto non vive solo negl uomini vive in chi lo giustifica in chi chiude gli occhi in chi chiama rispetto quello che è paura

 Rispondo    con questo   titolo  provocatorio  a  chi mi dice   che  ancora  non è  il 25 novembre    e  che  ho troppa fretta nel giocare  d'anticipo .,  e che  le  femministe   e  le nazi femmiste  mi hanno     fatto il  lavaggio del cervello  con la  teoria   del  patriarcato  .  Lo so che   è  un titolo  provocatorio, perchè non tuttti gli  uomini   e  tutte  le  donne    sono  impregnate  di tale  cultura    , ma  molto spesso  le  provocazioni  ,   come  in questo caso, mettono    o dovebbero in luce una verità spesso trascurata: il patriarcato non è solo un sistema imposto dagli uomini, ma può essere perpetuato da chiunque lo giustifichi, lo minimizzi o lo mascheri da rispetto.  Viviamo in una società che spesso si illude di aver superato il patriarcato, ma la verità è che esso non si manifesta solo nei gesti violenti o nelle parole offensive. Il patriarcato vive anche nei silenzi, nelle
giustificazioni, nelle complicità invisibili. Vive in chi chiude gli occhi davanti alla violenza, in chi chiama “rispetto” ciò che è solo paura. Vive persino in chi, pur non esercitando direttamente il potere, lo difende per convenienza, per abitudine, o per ignoranza.
Questo post nasce dalla necessità di smascherare le forme più subdole di patriarcato: quelle che si nascondono dietro l’indifferenza, dietro le donne che insultano altre donne, dietro chi minimizza il femminicidio o lo trasforma in cronaca sterile. Perché il patriarcato non è solo un sistema maschile: è una cultura che ci attraversa tutti, e che possiamo scegliere di interrompere.



Quindi  smontiamo io  lo  faccio    riportando    un video  so l’indifferenza, la violenza non necessariamente fisica ( vedere video emozionale sopra )  scelto  e riportato perchè racconta    se  pur  rielaborati   episodi in cui il patriarcato è stato difeso o ignorato da chi non lo subisce direttamente.Ma  soprattutto   dovrebbe  far  riflettere su come certe forme di “rispetto” siano in realtà forme di controllo  ed   invitare   a rompere il silenzio, a riconoscere le complicità involontarie e a promuovere una cultura del rispetto autentico l’idea che il patriarcato sia solo maschile, sottolineando che anche donne, istituzioni, o società nel suo complesso possono alimentarlo.denunciamo l’ipocrisia di chi finge di rispettare certe regole sociali, quando in realtà è spinto dalla paura o dalla sottomissione.Invitiamo  alla responsabilità collettiva, perché il patriarcato sopravvive anche grazie all’indifferenza e alla complicità silenziosa.Infatti   esso  è un sistema culturale che si manifesta anche attraververso   l'indiifferenza  , la violenza   psicologica  non necessariamente  fisica  tra  donne  , e la giustificazione di comportamenti oppressivi.

7.4.25

Non si muore perché si rivendica troppa indipendenza: come non si racconta un femminicidio Siamo ancora fermi ad una narrazione sbagliata che cade spesso nella vittimizzazione secondaria e non affronta la vera questione culturale

LEGGI  ANCHE  
  Siti   ed  articoli suggeriti da  https://www.informazione.it/
  • Lo psicoanalista: tra gli uomini resistono pregiudizi e stereotipi mentali. Su tutti quello che la donna è un trofeo da possedere (Open)
  • Vittime di femminicidio, cioè la morte di una donna progettata da un uomo perché si rifiutava di agire secondo le sue aspettative. Ammazzate da ex, fidanzati, mariti, compagni. (Domani)
  • L’antropologo Mario Pollo riflette sui femminicidi che coinvolgono giovani: la mancanza di educazione all’interiorità e ai sentimenti rende i ragazzi incapaci di gestire il rifiuto. Serve riscoprire il senso della vita e la relazione con l’altro (SIR-Servizio Informazione Religiosa)
Da quel  che   leggo  anzi meglio  sfoglio ,   alla  ricerca  di  sfatti  e  storie   o   altri articoli  interessanti  di dibattito     sui media  e  social  su gli ultimi due    (  per  ora  )  femminicidi   mi rendo sempre  più  conto   che  il  discorso (  Ⅰ testo ⅠⅠ video   )  della  Manocchi  fatto qualche  giorno  fa    a  Propaganda live  su  la 7   viene     conferma  sia  la  mia  elaborazione     di un articolo   trovato su  msn.it  che  trovaste  sotto  sia  che   è  il  linguaggio  o  meglio  la  narrazione  di come   tali fatti  vengano riportati   sui : media   ,  soiciale  e  blog  compresi  . 
 Infatti     (  e  qui  inizia  la  mia     riflessione  \  rielaborazione   )  Dall’inizio dell’anno fino ad ora sono 13 i casi di femminicidio avvenuti in Italia.
 Nonostante la loro frequenza e la portata mediatica che hanno alcuni casi più di altri, che arrivano a manipolare l’opinione pubblica e il dibattito collettivo per giorni e giorni, abbiamo ancora difficoltà enormi nella comunicazione che – ricordiamolo – nel caso dei femminicidi e di violenza non solo fisica coincide completamente con la narrazione dei fatti.
 Infatti « si fa ancora molta difficoltà secondo quanto riportato in quest articolo di https://www.wired.it/ , a comprendere che sono ben pochi i casi in cui i femminicidi sono il frutto di raptus episodici e molto più di frequente, invece, rappresentano la conseguenza di una serie di fatti concatenati e regolamentati culturalmente. I movimenti femministi [    è questo  è uno  dei motivi  chhe  condivido    , anche  se  sono  critico   verso  certi asetti del femminismo  come  ho detto   precedentemente  ]  e la loro copiosa produzione letteraria insistono da sempre sul fatto che il femminicidio è parte integrante di una struttura culturale che promuove la misoginia e la violenza sulle donne, un problema sistemico reso ancora più pericoloso perché normalizzato al punto da essere diventato invisibile. ».
Ma sappiamo anche molto bene che nella nostra società, la voce delle femministe e le loro analisi, seppur storicamente solide e consolidate, non trovano  salvo rari casi   un posto centrale nella formazione culturale ed è anche per questo motivo se non sono conosciute, lette o considerate.  Infatti 
Negli ultimi anni, la grande industria culturale del crime ci ha abituate e abituati ad un tipo di narrazione romantica che contribuisce alla confusione della diffusione di un problema. È accaduto anche nel caso   solo  per fare  un esempio recente  di Sara Campanella quando nelle prime ore dalla diffusione della notizia, abbiamo assistito a una narrazione profondamente sbagliata, dalle istituzioni alle forze dell’ordine, dai conduttori televisivi ai giornalisti. Fin dal primo giorno di cronaca abbiamo letto e ascoltato frasi come: “ha rifiutato le attenzioni di”, “non ha ricambiato l’amore”, “è stata vittima di un’affermazione di indipendenza che potrebbe essere stata fatale” oppure “il delitto è avvenuto per motivi sentimentali”. È tutto sbagliato.
Non si muore perché si rivendica troppa indipendenza, come ci è capitato e  ci capita   di leggere sui giornali . Troppa indipendenza per chi? E, soprattutto, dipendenza da chi?
E l’amore non è, e non può mai essere, un movente e quindi anche una giustificazione a  meno  che   non si  parli  d'amore  tossico \  malato ) per commettere un femminicidio. Dobbiamo imparare a riconoscere questo tipo di narrazione e soprattutto contrastarla perché veicola un concetto molto chiaro e pericoloso che ha attraversato l’intera storia delle donne: ovvero quello secondo cui le donne valgono meno, e se valgono meno è perché sono subordinate alla soggettività maschile. Se la violenza agisce, fino alla sua massima manifestazione che è la morte, è perché ci troviamo davanti a un processo di deumanizzazione, secondo cui disporre della vita delle donne significa di fatto negare loro il diritto di esistenza ma significa anche, cosa di cui ci dovremmo occupare urgentemente, pensare di avere il potere per farlo. E questo pensiero è sempre ricorrente nella volontà di un femminicida.
Esiste anche un’altra questione profondamente sbagliata e che ciclicamente si ripropone all’alba successiva di un nuovo femminicidio e consiste nella vittimizzazione secondaria della vittima. Non dovremmo mai cadere nell’errore di giudicare la capacità delle donne di riconoscere i segnali per tempo o la possibilità di denunciare o no, eppure è frequente leggere la domanda retorica: perché non ha denunciato prima?
Se le donne non denunciano o  lo  fanno  solo  tardi   alcune  ormai  prossime  alla   morte  (  vedere  questa   storia   da  noi riportata  in cui   una  donna  ha  asettato   ben  50  anni   prima di denunciare il  marito )  è perché sono immerse nella stessa identica cultura che impedisce all’intera società di riconoscere la misoginia e la violenza.
Ci troviamo davanti a un fenomeno incredibile di persone adultee  purtroppo   non solo    basta  vedere  certi  testi    rap o  Trap  o   di quelli    che   con estrema facilità, puntano il dito contro le donne che non denunciano a tragedia avvenuta ma, prima, non sono capaci di interessarsi e prendersi cura delle questioni che riguardano la nostra società. Lo abbiamo visto anche con il dibattito scomposto scaturito da una serie come Adolescence, la cui vicinanza temporale e tematica con questi ultimi fatti di femminicidio è sorprendente.
Perché Adolescence non è solo una storia di femminicidio a tutti gli effetti ma è anche una storia sulla fragilità di una intera generazione di uomini di cui dobbiamo farci carico.
A tal proposito, in questi giorni abbiamo letto che l’assassino di Sara Campanella, è un ragazzo molto giovane di 27 anni. Una precisazione: a 27 anni si dovrebbe avere già un bagaglio educativo importante che include la gestione della sfera emotiva: rabbia, dolore, rifiuto, fallimento, negazione. Imparare a gestire le emozioni negative è incluso o  almeno  dovrebbe essere  in quella educazione sentimentale che oggi manca completamente, soprattutto nella crescita dei giovani maschi. È necessario iniziare da piccoli, dalla pre-adolescenza fino all’adolescenza. Ed è un lavoro che non può essere solitario o  lasciuato all'improvvisazione  di qualche  coraggioso maestro\a ,  prof   o  educatore  dal momento che dipende completamente dalla struttura culturale in cui siamo immersi. Se ,  come   fanno notare  quei pochi  siti  o media  che  ne  parlano  con spirito critico    come   il sito citato , continuiamo a mantenere una struttura sociale e  culturale misogina e violenta che promuove una certa idea di maschilità, e una  classe  politica  (  aggioranza  ed  oposizione  )    che    tutta  chiacchere  e  distintivo  (  cit  )   che  non riesce  a  fare  una  politica   culturale  seria    se  non solo     aumentare  le pene o  strumentalizzare la  cosa  quando     un  femmnicidio   avviene   da stranieri  o   da  nuovi italiani (  vedere  il  caso  Sula  ) ,    non solo condanniamo le donne a morte certa ma condanniamo anche i giovani uomini al soffocamento delle loro identità.

28.3.25

PARLATE CON L’AGGRESSORE PER TENTARE DI CALMARLO . Manuale di autodifesa puntata n XXII I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco

puntata precedente

 Non tute le situazioni di pericolo possono essere affrontate  in modo razionale. In momenti di alta tensione o di paura, le emozioni possono prendere il sopravvento e rendere difficile pensare in maniera lucida, ed è umano sentirsi  soprafatti in situazioni di emergenza. È importante quindi riconoscere che ogni situazione è unica e può richiedere approcci diversi. Ipotizziamo che veniate bloccate in un angolo, senza via di fuga. Come è meglio comportarsi ? Naturalmente il primo consiglio è cercare di prevenire questo genere di situazioni, anche se a volte, pur mantenendo una soglia di a!enzione elevata, capita che ci si sorprenda a pensare che “a me non capiterà mai”. Torniamo all"esempio di prima. Se siete finite in un angoloperché siete scappate, avete fallito nella capacità di discriminare una via di fuga. Se siete finite in un angolo perché vi ci hanno portate, avete fallito perché avete permesso di fare entrare un soggetto terzo nella vostra “area protetta. Ciò premesso – anche se non avete colpa – dovete affrontare la  situazione in maniera razionale, naturalmente a vostro vantaggio.Cercate di mantenere la calma per pensare in maniera lucida. Se avete la possibilità di scappare, cercate di farlo. Guardate se nelle vicinanze  ci sono delle persone o delle vie di fuga. Se  ritenete di avere le energie emotive sufficienti   per farlo, provate a parlare  con il vostro aggressore  in modo calmo. Ricordate che una conversazione  è in grado di disinnescare  un pericolo. 

Come ? usandoil metodo   di   una   comunicazione  non violenta   proprio   come  si fa    con persone prepotenti ed aggressive, che vi permetteranno di sentirvi un po’ più sicuri e, dove possibile, di migliorare la relazione e disneccare  (  o  almeno  provarci  )   le  tensioni Proprio  come  suggerisce  8 strategie per trattare con persone aggressive e prepotenti  di  https://www.psicologo-milano.it/  ( e  a cui  rimvio per  l'analisi  dei  singoli  punti   sotto  citati   ) 


[⚠️ Prima di iniziare, una precisazione fondamentale: se sei vittima di comportamenti apertamente aggressivi, non usare questi spunti, ma mettiti immediatamente in sicurezza. La protezione personale è sempre la priorità assoluta. Se sei donna e stai ricevendo violenza di genere, chiama immediatamente il numero 1522]
  1. Mantenete la calma: contate fino a 10
  2. Mantenete le giuste distanze e tenete aperta ogni possibilità
  3. Cambiate atteggiamento: da reattivi a proattivi
  4. Imparate a conoscere i vostri diritti
  5. Fate domande, non affermazioni
  6. Mostrate superiorità con l’umorismo
  7. Mantenete un tono formale durante la comunicazione
  8. Fate riflettere le persone aggressive sulle conseguenze del comportamento negativo
  9. Conclusioni: navigare nel mare delle relazioni difficili

n alternativa,  come suggerisce   e  altri  siti    su    Come difendersi da una comunicazione aggressiva   sia  lo  stesso  Manuale di autodifesa -I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco  sul settimanale  Giallo  , a  meno che non siate una lottatrice  o  conoscete   un  po'   di karate  \  arti marziali , è arrivato il momento di  usare lo spray al peperoncino  ( sul'uso vedere puntate XIII  e XIV  e  questo post   di   https://www.laleggepertutti.it/ )

29.11.24

Diario di bordo n 89 anno II Spett.Liliana Segre ..... ., Ipocrisia culturale e letteraria italiana ., a babbo morto ed altre letture ., lasciare o restare per morire ? ed altro sul 25 novembre

 Iniziamo   questo  numero da  una  mia lettera  scritta    di getto    alla  Signora  Liliana Segre

in sottofondo    

Spett Liana segre 
Concordo  con lei   quando  dice  che  a    volte   soprattutto  se  manomesse  (  vedi il saggio  la  manomissione   delle  parole    di  G.Carofiglio )   le  parole  sono importanti  e  diventano clave , come  giustamente  ha  fatto  notare  nel  su  recente   intervento   ( corriere  della sera    del  29\11\2024  )  sull'abuso
presunto   della  parola  genocidio usata ormai  sempre più  per  descrivere  le atrocità che  Israele  ed  alcuni  suoi abitanti   i  cosidetti coloni  ,ha  compiuto e  sta    compiendo  . Ma   in realtà le  cose  son più complesse  e  come  giustamente    fa notare    in   suo  recente articolo    : <<  colpisce che alcuni tra i più infervorati nell’uso contundente della parola malata si trovino in ambienti solitamente dediti alla cura, talora maniacale, del politicamente corretto, del linguaggio sorvegliato che si fa carico di tutte le suscettibilità fin nelle nicchie più minute.  (...)   la cultura antifascista e antitotalitaria [  Sic  ] ha avvertito da sempre le implicazioni velenose delle operazioni di negazionismo, riduzionismo, relativizzazione, distorsione o banalizzazione dei genocidi. Di lì passano inesorabilmente le rivalutazioni delle peggiori dittature e le campagne nostalgiche. Da lì parte il sistematico abbassamento degli anticorpi che sorreggono la coscienza democratica dei cittadini. Inquieta che anche alcuni di coloro che meritoriamente si dedicano alla tutela e alla trasmissione della Memoria sembrino non capire che lasciar passare oggi l’abuso del termine genocidio significa produrre una crepa in un argine. E se crolla quell’argine, domani, potrà passare ben altro >>.
Quindi  non usiamo la parola antisemitismo al posto della più corretta antiisraeliana : "L’impennata delle manifestazioni di antisemitismo nel mondo, a livelli mai visti da decenni, dimostra l’effetto devastante delle tossine che sono tornate in circolo." . Si confonde  e  si  fanno tutt'uno   quelle  manifestazioni sono contro la scellerata politica estera di criminali di guerra quali il leader politico di Israele. Gallant etc. come ben chiarito anche dalla Corte Penale Internazionale su cui il vostro Leader osa discutere, così come nei confronti dell' ONU, il cui segretario generale, Antonio Guterres, è stato definito "persona non gradita". Avete scelto di cavalcare un'onda di crimini ingiustificati in nome di cosa? E la Comunità ebraica che posizioni ha preso?   Mi dispiace Sig.ra Segre,  anche  se   ha  la mia  piena  solidarieta   per  i  vergognosi  attacchi  antisemitici      che    ora  più che  mai sta  subendo  , ma si sbaglia perchè :  uno stato un altro popolo ovviamente  senza  generalizzare    che  si  comporta    in   quel  modo    verso un  altro popolo    ,  e   a  dirlo non sono  solo  i non ebrei  ma   sono anche alcuni esponenti  dellla  sua  stessa   religione ,  commette  appunto  un genocidio  . 

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La tragicomica la fuga di scrittori dalla  rassegna    «Più libri, più liberi», in programma a Roma dimostra   di come stia  scadendo    sempre  più la  nostra  cultura  . La pietra dello scandalo è   stata l’invito al filosofo Leonardo Caffo, sotto processo a Milano per maltrattamenti e  lesioni sulla sua ex compagna, in una  giornata  dedicata  a Giulia  cecchetin    e   alle  done  vittime di femminicidio e  violenza    di genere  . Si è si sta  verificando    quello che diceva Nanni  Moretti    anni fa     

Non è  bastato il suo ritiro, né l’appello alla presunzione di innocenza della direttrice  della kermesse Chiara Valerio, << a fermare  una disdetta vissuta >> secondo il giornale IL DUBBIO << dai più fanatici
come un’obbedienza alla purezza.  IL garantismo non c’entra – ha sentenziato uno dei vati del oralconformismo d’élite, Paolo Di Paolo – l’invito a Caffo era  inopportuno . Facendo intendere che
prima di scegliere gli ospiti, la direzione  avrebbe dovuto vagliare denunce, sospetti
e pettegolezzi sul loro privato. Ma  il più «dritto» di tutti è stato l’idolo delle  masse, il fumettista Zero Calcare. Il  quale ha annullato il suo dibattito con  questa motivazione su Instagram: «Mi è  sembrato evidentemente inopportuno  invitare a una fiera dedicata a Giulia  Cecchettin un uomo (confesso che non
sapevo manco chi 🤔 fosse) accusato  di violenza ai danni della sua compagna ». Ma non ha annullato il firmacopie a cui si sottopone  per ore, per la gioia  di pazienti file di fan  acquirenti. >> . Una prova di
quanti zeri e quanta ipocrisa si siano incrostati nelle condotte della cultura  di questo povero Paese ormai sempre allo sbando . 



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Ed   proprio  per    un  caso  che   fra  i  libri       da me  letti in  questo periodo   c'è ......   "A Babbo morto" è un libro di Zerocalcare che racconta la storia di Babbo Natale che muore e viene sostituito da un improbabile Figlio Natale Il libro è a metà tra favola cinica illustrata e fumetto, magistralmente colorato da Alberto Madrigal.
Natale… i regali, il cenone, i parenti… ma ci avete mai pensato alle condizioni di lavoro dei folletti

nella fabbrica di Babbo Natale? Zerocalcare sì, e vi racconta per la prima volta la scabrosa verità dietro al business della consegna dei regali. Bonus! Le anziane rider della Befana scioperano insieme ai minatori sardi (le cui miniere di carbone vengono chiuse perché nelle calze i bambini preferiscono trovare gli orsetti gommosi), per ottenere migliori condizioni di lavoro!Quando finirete di leggerlo vi ripeterete ad alta voce che Babbo Natale non esiste per sentirvi meno tristi !  Quind cari  :  Genitori  ‹‹  se  proprio    dovete fare  figli  ,  almeno dite  loro  la  verità  >>


Gli altri due libri sono due Noir
 Storico quello di Jacopo De Michelis con il suo nuovo thriller La montagna nel lago (Giunti editore) fresco finalista del Premio Scerbanenco, ambientato proprio in quel 1992, è andato invece a scavare nella vita precedente di Junio Valerio Borghese, prima che teorizzasse un colpo di Stato, quando era ancora il capo della X Mas, unità militare autonoma (anche se il Principe aveva aderito alla Repubblica di Salò), che si ritrovò ad avere una sorta di quartier generale, se non altro per la residenza dello stesso
Borghese a San Paolo, sull’isoletta del lago d’Iseo.
Il centro del racconto, però, è a Montisola, poco distante. Muore Emilio Ercoli, un industriale che ce l’ha fatta: subito dopo la seconda guerra mondiale ha costruito in fretta e con successo un impero sulle reti da pesca. Il suo retificio fattura parecchio e riesce a espandersi anche lontano dal lago d’Iseo. Viene accusato dell’omicidio l’ex amico diventato nel frattempo acerrimo nemico Nevio Rota. Così il figlio di Rota, Pietro, dopo una decina d’anni di lontananza (deliberatamente scelta) torna al paesello. È andato a Milano a cercare fortuna infatti, con il sogno di diventare giornalista. Ma alla fine si ritrova a scrivere per un settimanale scandalistico. Non proprio quello che avrebbe voluto. Addio sogni di gloria dentro una Milano in cui resistono i vizi e gli agi, nonostante gli arresti eccellenti, della città da bere (copyright dell’epoca del reflusso).


Ma siamo nel 1992 e piano piano il sistema dei partiti così come l’avevamo conosciuto sta crollando. La Prima Repubblica sta esalando i suoi ultimi respiri.
Il giornalista così si trasforma presto in investigatore e cerca di venire a capo dell’omicidio del rivale del padre, più che altro per cercare di scagionarlo dalle pesanti accuse.
E qui il thriller diventa anche storico, perché ci riporta proprio a quel 1944, quando la guerra stava ormai per concludersi, con la sconfitta ormai segnata di fascisti, repubblichini e degli ultimi irriducibili del regime e non solo. Tra gli irriducibili anche il principe Borghese che aveva fatto di Montisola e San Paolo un feudo personale e che dialogava senza problemi con i gerarchi nazisti, nonostante la diffidenza invece che gli ufficiali del Terzo Reich avevano nei confronti dei fascisti.
In questo libro i fantasmi del passato e i suoi orrori tornano a farsi vivi e soprattutto si agitano su un delitto che per la chiacchierata vittima – non è spoiler: uno che si sapeva muovere saltando da una parte all’altra della barricata, arrivando anche ad approvigionarsi al mercato nero – fotografa in quel 1944 quanto fossero pericolose e molto grigie diverse zone di un Paese lacerato. Anzi, dilaniato.
Un po’ come accade nell’Italia  oggi    dopo il  1989\1992  ,    uno  degli eventi spartiacquee   della  sua  storia   la prima  repubblica  ,   in cui si ritrova a indagare Pietro. I due livelli temporali, 1944 e 1992, squarciano il velo su altrettanti snodi cruciali della storia d’Italia, anche raccontandola (con la forma del romanzo, non necessariamente storico) e passando per il vissuto dei protagonisti.
Tra l’altro, anche qui non è spoiler, alla fine di quel 1992 tutta questa crime story che sarà risolta (andate a scoprire, leggendo questo libro, chi è l’assassino) diventa una trama perfetta da film. E nel 1992 siamo esattamente ai tempi di Twin Peaks, la perfezione di mistero e suspense firmata da David Lynch per la tv. Il produttore cinematografico nel libro di De Michelis – di fronte al dispiegarsi della storia – dice che l’attore che potrebbe interpretare il giovane reporter Pietro Rota potrebbe essere Kyle MacLachlan (il detective DaleCooper protagonista di Twin Peaks). Ma alla fine chi ha ucciso allora Laura Palmer ?

Medico   \  poliziesco  il secondo
di  Silvia  Marreddu   autrice sarda, esordiente, ha presentato al  suo primo romanzo,
L’Attesa, un thriller ambientato tra la Sardegna, precisamente a Olbia, e Bologna. La trama narra Josephine Orrù, una maestra vicina ai quarant’anni, si rivolge al polo sanitario all’avanguardia Fiat Lux di Olbia, dopo il rifiuto di un’ovodonazione da parte della sorella Michelle, affermata data analyst del Tecnopolo di Bologna. Decisa ad andare avanti, Josephine incorre in una complicanza durante un trattamento. Michelle torna in Sardegna per starle vicino, ma percepiscenell’ospedale un’oscura ambiguità e si scontra subito con il dottor Manca che ha in cura Josephine. Michelle ama il mare e ne conosce le insidie; deve addentrarsi in quelle acque per strappare la maschera al Fiat Lux, correndo un rischio che può esserle fatale. In questo avvincente romanzo Olbia appare luminosa e nel suo golfo incombe il Fiat Lux che come il mare, potente e infido, tradirà la promessa di una terra ospitale e accogliente


Una storia ricca di retroscena che rendono la narrazione avvincente e piena di tensioni.Un esordio  discreto  ma  niente  male    , anche se  ancora  un  po'acerbo   Ma  promettente . Sembra   Cosi  vero  e  autobiografico .  



concludo    con  un bellissimo racconto  e   su  una  riflessione   sul 25     novembre2024  appena  passato   perchè tali  giornata  \  settimana  essa non sia   solo una giornata  d'ipocrisia  o  di strumentalizzazione   ideologica   \  politica  






28.11.24

LE VITTIME DI UN PREDATORE SESSUALE NON HANNO ETÀ + Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco colpire alle aprti sensibili del corpo punta XII



 molti famminicidi  sono il culmine  dell’incapacità di molti sistemi dell’incapacità di molti sistemi di protezione di prevenire il femminicidio, nonostante le denunce e le misure restrittive. Per l’uomo violento, uccidere in modo così plateale non è solo un’espressione di rabbia, ma è indice del controllo totale che pretende di avere su una donna. In aggiunta, si consideri come scegliendo un contesto pubblico l’autore del reato abbia voluto rendere la violenza visibile, umiliando la vittima e terrorizzando chi le era accanto. Questa vicenda evidenzia un problema culturale: il persistere di modelli patriarcali in cui la violenza è uno strumento di affermazione di ‘superiorità’ maschile. La scelta di ignorare il divieto di avvicinamento dimostra come molte misure cautelari siano insufficienti senza un’ef!cace sorveglianza e un cambiamento profondo nella mentalità sociale. È solo attraverso un approccio che integri prevenzione, educazione e un sistema di protezione più efficace che si potrà ridurre il numero di vite distrutte da uomini incapaci di accettare la libertà delle donne”Infatti è per  quello      che  riporto    quelle  puntate   sulle tecniche     d'usare  ( non solo   anche se  è rivolto  ad voi donne  )    come  autodifesa 

Infatti    la  guida   :  Manuale di autodifesaI consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco    cintura  nera  di karate  sull'ultimo  n del settimale  giallo    riporta   un fatto  avvnuto    quas  10  anni  fa  

Torniamo indietro nel tempo  con una notizia tratta dalla pagina 124 del Televideo di  giovedì 16 novembre 2006:

“Un uomo ha aggredito e tentato di violentare una commerciante  di 61 anni a Reggio  Emilia, poco dopo le 19.30, mentre si stava apprestando  alla chiusura. Il giovane è entrato  nel negozio dove c"era  solo la donna che stava completando  le ultime operazioni  prima di tornare a casa e l"ha  colpita duramente con calci e  pugni, abbassandosi i pantaloni  per cercare anche di violentarla. La donna a quel punto  ha reagito con forza riuscendo a evitare di soccombere. Laggressore allora lha colpita di nuovo, ha afferrato la sua borsetta ed è fuggito. Superato lo  shock, la negoziante ha avvisato subito il 118 e i carabinieri che, grazie a una precisa  descrizione, si sono messi alla  ricerca  dell"uomo. La donna è ricoverata  nell"ospedale  cittadino ed è  stata giudicata  guaribile in un mese”. 

Da questa  brutta storia  di cronaca ci  rendiamo conto  che ogni donna  può essere bersaglio di aggressione  sessuale, indipendentemente dall"abbigliamento,  dall"avvenenza o  dall"età. Ecco perché non mi  stancherò mai di ripetere che  può succedere a chiunque. Probabilmente quella commerciante  di Reggio Emilia  non pensava di poter essere  aggredita per stupro a 61 anni,  alle 19.30, mentre si
preparava  a chiudere il negozio per tornare a casa. Uno stupratore non ragiona  come un uomo normale, non agisce rispettando parametri di  scelta precisi, ma in base a raptus momentanei, attaccando la prima vittima che incontra, e questo rende la frase “tanto a me non capiterà mai” come la più sbagliata che si possa pensare.Questa vicenda dimostra anche come una donna, palesemente inferiore come forza e struttura (donna di 61 anni, contro un giovane molto prestante),sia riuscita a difendersi in modo efficace pur non conoscendo  nessuna tecnica,ma solo scaricando tutta la sua rabbia.Forse si tratta di quella rabbia che muove una donna che si trova allimprovviso vittima di una situazione del genere.
Fra  le    tenciche  di autodifesa  oltre  a quelo della  foto a  destra  in alto   c'è  quello  di colpire  alle  parti basse  .  Infatti Alcune parti del corpo umano sono più sensibili di altre. Si chiamano punti vitali. Ecco le zone sensibili a cui mirare. Testa: occhi, tempie,  mento e naso. Tronco: ascelle, clavicole, plesso solare, fegato e reni. Arti inferiori: testicoli, quadricipiti e ginocchia.Ricevere un colpo in un  punto vitale sorprende l’aggressore, che può  mollare la presa. Scappate velocemente.

26.11.24

culturamente mainate ha presentato Donna Fenice V – Crisalidi” di Barbara Cavazzana“

 




Ieri sera in occasione della giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne si è svolto presso il Centro Culturale Lena Lazzari di Malnate (Va) l’evento curato da  Barbara Cavazzana“Donna Fenice V – Crisalidi”. In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, il Centro Culturale Lena Lazzari di Malnate ospiterà un evento speciale a partire dalle ore 21:00. Promosso da Pro Loco Malnate APS, Agedo Varese ODV e patrocinato dalla Città di Malnate, l’iniziativa si presenta come un momento di riflessione, arte e confronto.
Infatti  l
’evento, curato da Barbara Cavazzana,   come  confermato    da questo  spezzone   video riportato sotto per  la  gentile concessione di Cristian Porcino  ,  si propone di attraversare i “paesaggi calpestati dalla rabbia e dall’abuso”, restituendo luce e speranza attraverso l’arte e la parola. Un invito rivolto a tutti per affrontare un tema complesso con sensibilità e profondità. 


 Oltre  a Cristian   ha visto   la  partecipazione 
di numerosi ospiti che hanno contribuito   con le loro performance e testimonianze: Gianni Gandini  Roberto Capellaro  Roberta Barbatelli  Cristian Porcino
  • Italo Carloni  Paolo Martarelli  Cinzia Stracchi
Ogni intervento è stato  finalizzato a sensibilizzare il pubblico, offrendo uno sguardo sulle storie e sui percorsi di rinascita delle donne vittime di violenza. L’evento si concluderà con un dibattito aperto per favorire il confronto e la comprensione del fenomeno.In apertura dello spettacolo è stato proiettato un video ( qui riportato  )  contenente una  riflessione inedita del Prof. Cristian Adriano Porcino Ferrara sulla violenza di genere.






21.6.24

Cagliari ennesima donna morta di prepotenza maschile e domestica

  Ignazia Tumatis, 59 anni, di Cagliari, ieri sera l'ha fatta grossa.È andata a vedere la partita, fuori casa, è rientrata tardi, cose che, lo capite anche voi, non si fanno, e addirittura, una volta rientrata a casa avrebbe riso in faccia al marito Luciano Hellies, che l'avrebbe prontamente fatta fuori con dieci coltellate, avvisando poi le figlie " ho ammazzato la mamma". Quest'ultimo femminicidio , come gli altri d'altronde,mi sconquassa dentro . L'ennesimo femminicidio a Cagliari racconta il solito, triste mondo, fatto di divieti, di controllo ostinato, di uomini che chiudono le loro compagne in recinti fatti di stereotipi e pregiudizi, e che esercitano violenza con una leggerezza che ti lascia questo vuoto assoluto.
Un abisso in cui << precipitiamo in tante e da cui liberarsi è pressoché impossibile.>> ( Patrizia Caddau )



Infatti come  

Patrizia Cadau 7h


Non sapevo bene come definire meglio il brutale femminicidio di Cagliari .Per fortuna mi è venuto incontro un commentatore tipo degli articoli sui giornali. Gli ho chiesto il permesso di poter condividere la sua riflessione sull'ennesima donna morta di prepotenza maschile e domestica per argomentare la genesi della violenza, i pregiudizi che la determinano. Mi ha detto che era un commento pubblico e che potevo condividerlo.Grazie, Andrea: meglio di così, il patriarcato, non poteva essere detto.



25.11.23

Giovanna e Vera, mamme di due vittime di femminicidio: "Noi condannate all'ergastolo del dolore"






 Concludo i miie post    sulla settimana  contro la  violenza di genere  \  femminicidio   contrapponendo  al silenzio  ed  indifferenza    ed  una legge   solo repressiva   ed  peraltro piena  di buchi   secondo alcuni  giuristi\e    come le  grida  manzoniane  

con le storie di Giovanna e Vera.mamme di due vittime di femminicidio: "Noi condannate all'ergastolo del dolore"  Vite parallele di due donne che patiscono  tale  “l’ergastolo del dolore”. Una pena diversa da quella dei loro carnefici perché “se ti comporti bene in carcere puoi essere premiato” dicono condividendo le stesse paure. Giovanna Zizzo è la mamma di Lauretta Russo uccisa dal padre il 21 agosto 2014 a San Giovanni La Punta, in provincia di Catania, mentre dormiva tenendosi stretta alla sorella Marika rimasta gravemente ferita. Vera Squadrito è invece la mamma di Giordana Di Stefano uccisa il 7 ottobre 2015 dall’ex compagno con 48 coltellate a Nicolosi, sempre nel Catanese. A sostenerle c’è padre Giovanni La Rosa, sacerdote anglicano della chiesa di Randazzo. Insieme raccontano il loro dolore.

23.11.23

sarebbe ora di cambiare argomento lasciamola in pace se non fosse per la shitstorm a cui lei ed la sorella sono sottoposte

 Vero la  vignetta di     Vauro  ha ragione . lasciamola in pace . ma ce davanti  a  certi  articoli I II ( qui quelli fra i più vergognosi )  di siti pseudo alternativi che dicono e si presentano   con frasi del  tipo  : <<   Scavalca la censura di regime dei social. Seguici via Telegram su .... >> oltre  alle dichiarazioni   imbelli   (  metaforicamente  parlando  del  suo legale    I  II ) è   impossibile stare zitti ed non replicare e  venire  memo  a    quanti  già detto  nel post  : <<  nei casi di gravi eventi come il femminicidio o violenza di genere se non sia nient'altro da dire meglio il silenzio . mie considerazioni su GiuliaCecchettin ... >>
Capisco essere  contrari   o avere un altro   punto di vista sulle  cause   ed sula  definizione vioenza   di genere  feminicidio  , ma   lanciare  💩🤬  ed  insulti  personali  e  dire  boiate     vedi url    citati nelle prime righe  e  nel  post  :<< Questo (non) avrei voluto sentir dire su Giulia e  le vittime di femminicidi  >>,  mi  fanno  pensare   anche    a me   la frase  in senso   opposto   pronunciata    da   un   famoso   lachè    durante     uno dei   programma  d'approfondimento in cui  si  dibatteva   ssul'argomento  



Quindi   per  favore    evitateci   tali discorsi o commenti  ormai vetusti   che   risalgono al tempo dei  miei avi ,  quando  il femminismo   stava  nascendo   .  

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...