Visualizzazione post con etichetta stereotipi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta stereotipi. Mostra tutti i post

28.6.24

12 Frasi Sessiste Da Eliminare Dal Nostro Vocabolario e una informazione \ disinformazione di genere è una minaccia concreta ai diritti delle donne

 


leggi anche  
in particolare l'introduzione  con  i suoi link  e il primo articolo 



Con le parole ci esprimiamo e comunichiamo. Veicoliamo messaggi e la cultura della nostra società. Non sorprende che proprio le parole celino aspetti sociali che caratterizzano la società in cui viviamo, e questo avviene in positivo e in negativo. Ecco una lista di espressioni sessiste che dobbiamo smettere di pronunciare, o fermare gli altri dal dirle quando le ascoltiamo




. 1. “È un lavoro da uomini/un lavoro da maschi” 2. “Con chi è stata per ottenere quel posto?” 3. “Una donna con gli attributi” 4. “Una donna acida” 5. “Vestita e truccata così non esci” 6. “Cosa indossava?” 7. “Era ubriaca?” 8. “È una donna fortunata: ha un compagno che l’aiuta in casa” 9. “Auguri e figli maschi” 10. “Donna al volante pericolo costante” 11. “È una poco di buono” 12. “Dietro ogni grande uomo, c’è una grande donna
Questo in generale  . Ma  entrando ne dettaglio   ad  esempio    

Sul lavoro
Diverse espressioni utilizzate nel mondo del lavoro sminuiscono le capacità delle donne. Alcune espressioni trasmettono il messaggio che certe posizioni lavorative siano adatte solo agli uomini come nel caso di “Questo lavoro non è adatto ad una donna” e che il ruolo delle donne debba essere confinato alla cucina (“Datti ai fornelli”). Inoltre secondo alcuni modi di dire le donne possono arrivare in alto solo usando il loro corpo (“Con chi sei stata per fare questo lavoro?”). Quando poi una donna dimostra le sue competenze la si paragona a un uomo “Una donna con le palle”. Inoltre le donne sul posto di lavoro vengono talvolta considerate frustrate e acide: “La mia capa/collega è acida, avrà il ciclo” ne è solo un esempio appunto .

Anche  nei rapporti    sentimentali  in cui  L’amore come è possesso
Certe espressioni come “Se non stai con me, non puoi stare con nessuno" e "Perché non hai risposto subito al telefono?" possono sembrare espressioni di amore e preoccupazione, quando in realtà rivelano l'intenzione di avere il controllo sull'altra persona. Vi sono poi altre espressioni che più esplicitamente dimostrano l’intento di controllo, come “Vestita/truccata così non esci”.Esso   porta  anche ad Attacchi all’autostima .  Infatti  Spesso le donne che vivono una situazione di violenza hanno difficoltà ad uscirne perché il maltrattante le umilia al punto da distruggere la forza e l'autostima necessarie per lasciare la relazione tramite espressioni come "Zitta, a nessuno importa quello che dici", "Nessuno ti crederà" o ancora "Sei pazza, non è mai successo, ti inventi tutto". Oppure  a 

  • espressioni  di  minacce

Il timore per la propria incolumità e quella dei loro affetti scaturito da minacce e ricatti come "Se mi lasci, mi uccido", "Se lo dici, ti ammazzo", “Se provi a sentire ancora X (amico/collega), vedrai che succede” è uno dei motivi per cui molte donne rimangono in situazioni di abuso o evitano di denunciare i propri aggressori.

  • di vittimizzazione
Si ricerca spesso un movente o una giustificazione del reato nei comportamenti o nell’abbigliamento della donna. "L’hai provocato”, "Cosa indossavi?" e “Eri ubriaca” sono solo alcuni esempi.

  • Il delitto passionale e il ritratto dell’aggressore fatto dai media 
Gli eventi dall’epilogo più grave vengono narrati come “delitti passionali”, dei gesti folli dovuti al “troppo amore” o giustificati dalla gelosia come qualcosa che “acceca”. Inoltre, spesso l’aggressore viene ritratto come una persona per bene per suscitare empatia nei suoi confronti, ad esempio “Sportivo, credente e ottimo lavoratore: il ritratto di X”. "Crediamo che il linguaggio abbia un ruolo centrale nel cambiamento culturale necessario per avere uno sguardo diverso sul fenomeno della violenza di genere. Infatti Non parliamo di VITTIME parliamo di DONNE, in stato di temporaneo disagio. Il termine “vittima” infatti stigmatizza la donna in un ruolo passivo e ignora la forza di cui è portatrice quando intraprende il faticoso percorso di uscita dalla violenza” dichiara  Manuela Ulivi.



da https://facta.news/storie/








di Anna Toniolo


Nelle ultime settimane Greta Thunberg è stata al centro di una notizia falsa secondo cui l’attivista avrebbe affermato che se gli esseri umani vogliono continuare a combattere le guerre dovrebbero perlomeno usare «carri armati e armi sostenibili». Si tratta in realtà di un video manipolato. Ma l’attivista svedese non è l’unica donna che si è ritrovata, in tempi più o meno recenti, protagonista di notizie completamente false. È il caso per esempio di Elly Schlein, deputata e segretaria del Partito Democratico (PD), a cui sono state attribuite frasi che non ha mai pronunciato. O ancora Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, che si trova da anni al centro di varie narrazioni della disinformazione.
Questi sono solo alcuni esempi di notizie false, satiriche o fuori contesto che riguardano donne che ricoprono posizioni di potere o ruoli pubblici, come scrittrici, giornaliste, artiste o esponenti della società civile che lottano contro le discriminazioni o la crisi climatica. Si tratta di un tipo di disinformazione non casuale, che segue pattern specifici e che si può definire “disinformazione di genere”. Un modus operandi che colpisce le donne online, ma che ha delle ripercussioni anche offline e, soprattutto, ha degli obiettivi ben precisi.
Cos’è la disinformazione di genere
Lucina Di Meco, esperta di uguaglianza di genere riconosciuta a livello internazionale e co-fondatrice di #ShePersisted Global, un’iniziativa per contrastare la disinformazione di genere e gli attacchi online contro le donne in politica, ha definito a Facta.news la disinformazione di genere come «la diffusione di informazioni e immagini ingannevoli o imprecise» contro donne leader politiche o donne che ricoprono incarichi pubblici. Secondo Di Meco, questo tipo di narrazione attinge dalla misoginia, dal sessismo e da stereotipi sessisti che dipingono le donne come «deboli, stupide e che mettono in risalto l’ossessione nei confronti della sessualità delle donne».
Il report A/78/288 delle Nazioni Unite sulla disinformazione di genere e le sue implicazioni per il diritto alla libertà di espressione, pubblicato il 7 agosto 2023, spiega che l’obiettivo generale della disinformazione di genere «è quello di minare i diritti umani, l’uguaglianza di genere, lo sviluppo sostenibile e la democrazia». Sempre nello stesso report si legge che, a differenza di altre forme di disinformazione, quella di genere non si basa solo su informazioni false, ma anche sulle narrazioni di genere esistenti per raggiungere i suoi obiettivi sociali e politici, «tra cui il mantenimento dello status quo di genere o la creazione di un elettorato più polarizzato».

Si tratta, quindi, di un tipo di narrazione coordinata che ha come obiettivo quello di diffondere notizie false sulle donne in posizione di potere, diffusa rafforzando stereotipi di genere già esistenti, caratteristica che contribuisce a rendere questo tipo di disinformazione ancora più difficile da contrastare. «Se un certo stereotipo esiste, questo viene rafforzato» ha spiegato Di Meco, «è molto difficile contrastarlo con dei mezzi puramente razionali e cognitivi» e le operazioni di fact-checking non bastano più.
L’obiettivo è silenziare voci e rivendicazioni
Nel suo rapporto del 2020 Demos, think tank britannico che conduce ricerche mirate al miglioramento della democrazia, ha presentato la disinformazione di genere come una serie di attività online che hanno obiettivi politici, sociali ed economici. L’anno successivo, invece, uno studio condotto da alcuni studiosi del Wilson Center, centro di ricerca che fornisce ai responsabili politici analisi imparziali sugli affari globali, ha evidenziato tre caratteristiche principali di questo tipo di disinformazione: falsità, intento maligno e coordinamento.
«L’obiettivo è quello di silenziare le donne ma anche, e soprattutto, silenziare alcune delle campagne che queste donne portano avanti» ha spiegato Lucina Di Meco, che ha aggiunto come attraverso il lavoro di #ShePersisted Global «quando noi vediamo che non tutte le donne sono silenziate allo stesso modo ci rendiamo conto che non si tratta solamente di misoginia, ma di un programma politico». In particolare, a essere più colpite sono le donne che si fanno portavoce di battaglie che riguardano, per esempio, il diritto di abortire, ma anche altre tematiche legate alla sessualità, come l’educazione sessuale, o l’accoglienza delle persone migranti.
Si tratta di uno schema d’attacco che accomuna le donne di molti Paesi quando si espongono e rivendicano diritti o sfidano i poteri costituiti. Per esempio, Di Meco ha raccontato che in Paesi dove sono presenti governi autoritari o leader populisti che stanno erodendo la democrazia, come la Tunisia o l’Ungheria,«abbiamo visto che le donne che fanno parte di movimenti in opposizione a queste figure politiche, sono ferocemente attaccate». L’obiettivo è, quindi, silenziare le donne e le loro battaglie, ma chi coordina campagne di disinformazione di questo tipo ha come intento anche un ritorno politico in grado di mantenere lo status quo.
La disinformazione di genere nel concreto
Gli esempi che si possono fare per comprendere come la gendered disinformation si concretizza online sono molteplici, ma ne bastano alcuni per inquadrare le caratteristiche di questo fenomeno.
Laura Boldrini, presidente della Camera dal 2013 al 2018 e oggi deputata del Partito Democratico (PD), è stata per anni al centro di campagne di disinformazione che cercavano di ridicolizzare e sminuire la sua persona. Le illazioni nei suoi confronti in riferimento a opinioni e disegni di legge da lei sostenuti sono state numerose, come ad esempio la proposta di legge sulle “misure per la prevenzione e il contrasto della diffusione di manifestazioni di odio mediante la rete internet”, da lei presentata nel 2021, e che l’ha messa nel mirino di offese che la accusavano di voler censurare la stampa e la libertà di espressione.
Boldrini è stata anche vittima di numerose narrazioni di disinformazione sul tema dell’immigrazione che miravano a descriverla come eccessivamente favorevole ai migranti e rifugiati, e allo stesso tempo indifferente e incurante nei confronti dei cittadini italiani. Un esempio è un’immagine falsa che nel 2021 accusava la parlamentare di aver chiesto all’allora primo ministro Mario Draghi «un reddito di dignità di 500 euro al mese per i migranti». La falsa notizia circolava dal 2016 e si trattava, invece, di un video decontestualizzato in cui in origine Laura Boldrini si riferiva al reddito di dignità per i cittadini europei.
Un altro esempio di campagne disinformative che coinvolgono le donne in Italia è quello che riguarda Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva. Le campagne di disinformazione online contro di lei hanno una forte componente sessista e misogina. Molte vignette, infatti, hanno messo in risalto il suo aspetto estetico puntando sullo stereotipo che associa, chiaramente in malafede, bellezza e stupidità e, quindi, una presunta inadeguatezza di Boschi alla politica. Nel 2015, per esempio, era stata diffusa online una foto di Boschi mentre leggeva una copia de L’Unità, storico quotidiano italiano, al contrario. In realtà si trattava di una foto modificata. L’originale era stata twittata dalla stessa Boschi in occasione del ritorno alle stampe del giornale.
Gender-trolling
Quelli appena citati sono solo alcuni dei moltissimi casi di disinformazione di genere che si scagliano contro le donne e contro le loro rivendicazioni. Spesso, però, notizie false, fuori contesto o addirittura nate con intento satirico generano veri e propri discorsi d’odio.
È in questo contesto che si inserisce un altro fenomeno che ha a che fare con la violenza online nei confronti delle donne, quello che Karla Mantilla, autrice ed esperta di studi femministi, ha chiamato Gendertrolling. Il trolling è un comportamento sociale, adottato dai cosiddetti “troll”, che punta a infastidire le persone online tramite insinuazioni che potrebbero avere un fondamento reale, ma che spesso sono, invece, completamente false.
Mantilla ha spiegato a Facta.news che «le donne subiscono una costellazione unica di molestie che io ho chiamato gendertrolling», ed è un fenomeno più feroce, violento, aggressivo, minaccioso, pervasivo e duraturo del trolling generico. Si tratta, sempre secondo Mantilla, di una strategia anche in questo caso rivolta alle donne che fanno valere le loro opinioni online, che vengono assalite da una serie di commenti a sfondo sessuale che includono minacce di stupro o di morte. «Attraverso questa pratica, le idee delle donne non vengono prese sul serio o vengono messe da parte e ignorate» ha spiegato Mantilla, «con il risultato che i contributi intellettuali delle donne al discorso pubblico vengono ignorati, scartati e cancellati».
Essere donne online, occupare posizioni di potere o, semplicemente, esprimere le proprie opinioni può quindi comportare una serie di conseguenze che comprendono campagne di disinformazione, violenza e insulti. Comportamenti che seguono uno schema preciso.
A questo punto sorge spontaneo chiedersi se campagne di odio come quelle citate possano avere conseguenze offline sulle vite delle donne. Sia Karla Mantilla che Lucina Di Meco concordano sul fatto che questo tipo di aggressioni hanno effettivamente ripercussioni sulle vite delle donne che le subiscono, che possono addirittura finire nel peggiore dei modi: portando ad attacchi fisici o alla morte.
La violenza digitale ha conseguenze sulle vite delle persone
In tutto il mondo molte delle minacce che derivano dalla narrazione disinformativa e violenta nei confronti delle donne portano con sé pericoli reali.
Per esempio, l’ex ministra dell’ambiente e dei cambiamenti climatici del Canada Catherine McKenna ha lasciato il suo incarico nel 2021, dopo essere stata bersaglio di campagne disinformative che avevano portato l’odio nei suoi confronti a un livello tale da essere fermata per strada insieme alla sua famiglia, ricevendo minacce. Accusata ingiustamente di diffondere notizie che esageravano le conseguenze dei cambiamenti climatici, McKenna era stata definita “Barbie del clima” da un collega e tale hashtag era stato poi ripreso e diffuso online migliaia di volte.
Un altro esempio da citare quando si parla delle conseguenze concrete che la disinformazione di genere ha sulla vita delle donne è l’assassinio di Jo Cox in Gran Bretagna. La deputata laburista è deceduta dopo essere stata ripetutamente colpita con un’arma da taglio il 16 giugno 2016, una settimana prima del referendum del 23 giugno sull’appartenenza del Regno Unito all’Unione europea (UE). Cox era una politica impegnata nella campagna per il “remain”, ovvero per restare all’interno dell’Unione Europea, nel periodo in cui nel Paese si discuteva della Brexit ed era stata più volte al centro di narrazioni di disinformazione che avevano generato una violenta ondata di odio nei suoi confronti. Mentre eseguiva l’attacco, il suo assassino aveva pronunciato frasi come «prima la Gran Bretagna» e «mantenere la Gran Bretagna indipendente».
Questo omicidio si inserisce in un contesto politico più ampio, in cui suprematisti bianchi e sostenitori del “leave”, quindi dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, hanno condiviso per mesi sui social una serie di informazioni false e teorie del complotto che hanno aumentato la rabbia nei confronti di chi sosteneva, invece, l’appartenenza all’UE.
Su Facebook e Twitter erano stati diffuse notizie false su temi come l’immigrazione, l’Islam e la politica estera. Il giorno prima che Cox fosse barbaramente assassinata, ad esempio, il leader del Partito per l’Indipendenza del Regno Unito Nigel Farage aveva diffuso un’immagine anti-immigrazione che mostrava migliaia di persone migranti, insieme al commento «L’UE ha fallito con tutti noi. Dobbiamo liberarci dall’UE e riprendere il controllo dei nostri confini». In realtà si trattava di una fotografia scattata in Slovenia nel 2015, quindi un anno prima, che mostrava migliaia di persone che avevano appena attraversato il confine con la Croazia e non aveva, quindi, niente a che fare con il Regno Unito. Secondo il deputato laburista Stephen Kinnock, prima della sua morte Cox aveva commentato indignata la diffusione di quell’immagine. Questo mix di odio, notizie false, complottismo e suprematismo ha, infine, trovato in Cox il capro espiatorio perfetto, portando alla più tragica delle conclusioni.
Ma non solo episodi sporadici e specifici, la disinformazione di genere che colpisce le donne può avere conseguenze anche più generalizzate, su tutta una categoria di giovani donne che si sentono intimorite da quanto accade online e dai rischi che comporta esporsi per una determinata causa. Secondo Lucina Di Meco questo ha delle conseguenze molto gravi: «di fatto noi sappiamo che le donne, in particolare le giovani donne, si auto censurano online sempre di più».
Tutto ciò è poi aggravato dalla diffusa assenza di una legislazione specifica per poter affrontare casi di disinformazione come quelli descritti e le piattaforme social, l’ambiente digitale in cui le campagne d’odio si dispiegano, non si sono ancora dotate di strumenti vincolanti e davvero efficaci per evitare che questo tipo di narrative riescano a diventare virali.
Una combinazione di fattori che mette a rischio la presenza delle donne online, la loro credibilità e le loro rivendicazioni, ma che ha anche delle ripercussioni sulle loro vite offline e sui sogni e le aspirazioni delle generazioni future. La disinformazione di genere agisce come un silenziatore per portare avanti dinamiche patriarcali che vedono le donne come soggetti che non possono occupare posizioni di potere ed escludendo di conseguenza un’intera parte della popolazione dalla vita pubblica. Una dinamica che, in ultima analisi, danneggia tutti e tutte.

3.6.24

DIARIO DELLA SETTIMANA N 54 ANNO II .il due giugno spiegato ad un bambino di prima elementare ., Una manager perde il lavoro ( licenziata ) dopo uno stupro di gruppo ., Salva la cugina 15enne dal matrimonio combinato viene picchiato dagli zii genitori della ragazza., I Metallica suonano a Milano e in scaletta compare "Acida" dei Prozac., PALESTINA, L’EQUAZIONE FALSA COL TERRORISMO E LA DECIMA VANNACCI, morti candati alle europee



#Salvini e Borghi attaccano #Mattarella che parla di "sovranità Europea ". #Tajani è solidale. #Conte e #Schlein contro la lega .#Meloni tace : ecco cpme spiegate ad un bambono di 5\6 anni la festa del 2 giugno

------

stop violenza sulle donna, intimo reggiseno buttato sul pavimento© Fornito da News Mondo

Una manager perde il lavoro dopo uno stupro di gruppo: offerti 5mila euro e licenziamento per giustificato motivo.

Dopo aver subito una terribile violenza di gruppo, una manager torinese di 32 anni è stata licenziata dalla sua azienda.
Come riportato da Leggo.it, sembrerebbe che l’azienda abbia offerto circa 5mila euro per cessare il contratto di lavoro con la dipendente.

violenza su una donna© Fornito da News Mondo

Una manager viene violentata e perde il lavoro: il lungo calvarioLa sera del 16 marzo 2023, una donna torinese di 32 anni è stata vittima di uno stupro di gruppo a Milano, mentre si trovava ai Navigli con tre persone che considerava amici.
Dopo una serata trascorsa a bere alcol, la manager è stata aggredita dai tre uomini, che sono stati successivamente identificati e arrestati. Da quel momento, per la donna è iniziato un percorso di visite mediche, ricoveri, e sedute psicologiche e psichiatriche.
Dopo sei mesi di convalescenza, la manager ha tentato di tornare al lavoro, pur non sentendosi ancora pronta. “La mia vita quella notte è cambiata, però ce la farò, mi serve solo un po’ di tempo, ne sono sicura“, aveva confidato all’azienda. Tuttavia, l’11 marzo scorso, l’azienda della donna le ha inviato una lettera di licenziamento per “giustificato motivo“.


Il licenziamento della 32enne: la difesa dell’azienda
La comunicazione, come riportato da La Stampa, recitava: “In un’ottica di maggior efficienza abbiamo deciso di riorganizzare le nostre attività, sopprimendo la posizione da lei attualmente ricoperta” Continua, la lettera: “La informiamo che, dopo attenta verifica, abbiamo constatato l’impossibilità di adibirla ad altre mansioni“. Secondo l’avvocato della vittima, l’azienda non voleva attendere il recupero completo della donna, né rischiare di perdere credibilità a causa di alcuni video della violenza finiti su delle chatL’avvocato ha inoltre aggiunto: “Quello che l’ha davvero distrutta è stato il modo in cui è stata silurata: le sono stati offerti cinquemila euro per chiudere il rapporto di lavoro “o firmi adesso o mai più’“.
L’azienda, da parte sua, ha respinto le accuse, affermando che la decisione è stata presa esclusivamente per motivi di riorganizzazione interna.


.....



 proprio mentre leggo che è stata arrestata in Pakistan Nazia Shaheen la madre di Saman Abbas: trovata in un villaggio ai confini con il Kashmir qui un ritratto che riepiloga la vicenda


 leggo   mi pare  su repubblica.it    questa news che oltre a denunciare i fanatici religiosi ed identitari sfatta un luogo comune che tutti gli immigrati sono cosi . Luogo comune \ stereotipo inculcatoci per 30 anni da questa estra sia parlamentare che extraparlamentare ma che ancora nonostante sia sempre più minoritaria ha lasciato ancora le sue scorie e ha permesso che sia al governo e che anche chi non è di destra ne subisce l'influenza Salva la cugina 15enne dal matrimonio combinato, picchiato al supermercato dai genitori della ragazza . Gli zii hanno organizzato il pestaggio e lo hanno filmato per fare sapere a tutti di averla fatta pagare al nipote. Quel video li ha incastrati. Indagine dei carabinieri nel Bolognese, 40enne finisce ai domiciliari anzichè in carcere come dovrebbe

 BOLOGNA - Ha aggredito e picchiato il nipote, colpevole secondo lo zio di avere mandato a monte il matrimonio combinato che lui e la moglie avevano deciso per la figlia, una ragazzina di 15 anni. Il cugino ha avvisato i servizi sociali, che l'hanno tolta alla famiglia e affidata a una comunità per minori. E' la vicenda avvenuta in un paese del Bolognese e scoperta dai carabinieri, che hanno arrestato un 40enne, finito ai domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico per i reati di atti persecutori e lesioni personali. L'aggressione da cui è partita l'indagine è avvenuta lo scorso 24 aprile in un supermercato di Zola Predosa, dove si trovavano il nipote 20enne dell'indagato insieme alla fidanzata. Lo zio e la moglie li hanno raggiunti e, davanti a cassieri e altri clienti, hanno cominciato a picchiarli, facendoli finire al pronto soccorso con traumi cranici, contusioni varie e 8 giorni di prognosi. Lo stesso 40enne aveva filmato la scena con il telefonino e pubblicato su un social network il video del pestaggio. Un gesto fatto dall'uomo forse a scopo dimostrativo, per fare sapere a tutti di averla fatta pagare al nipote. Quel video gli si è però ritorto contro, quando gli investigatori hanno cominciato a indagare sull'aggressione, scoprendone il retroscena: si era trattato di una rappresaglia nei confronti del nipote e della fidanzata, ritenuti responsabili di essersi intromessi nel matrimonio combinato tra la figlia 15enne e un coetaneo, facendolo saltare. Era stata probabilmente la stessa ragazzina a confidare al cugino di non volersi sposare con il giovane scelto dalla famiglia. Lo stesso cugino ha deciso di aiutarla e ha raccontato tutto ai servizi sociali, che sono intervenuti togliendo la minore alla famiglia. Il padre della ragazza ora è ai domiciliari e lei al sicuro in una comunità. Una vicenda che ricorda quella, tragica, di Saman Abbas uccisa a Novellara per essersi opposta a nozze combinate.


.......


I Metallica suonano a Milano e in scaletta compare "Acida" dei Prozac I Metallica suonano a Milano all'Ippodromo La Maura e dedicano un tributo ad una canzone italiana. Durante il concerto, unica data italiana del tour, il gruppo di heavy metal ha interrotto la scaletta per suonare "Acida" dei Prozac+.c

 Un fuoriprogramma che ha stupito anche il pubblico della band. E' stato Rob Trujillo a spiegare ai fan di aver pensato di suonare un brano italiano: «Se conoscete le parole, cantatela» ha detto prima di iniziare a suonare.


....

a proposito di scrupoli di coscienza, pur non essendo persona informata dei fatti, un interrogativo su tutt’altro argomento, vorrei (con ogni scrupolo, si intende) proporlo, pensando alla vicenda palermitana dell’ingegnere Angelo Onorato: ma davvero a Palermo in campagna elettorale un delitto di mafia deve diventare un suicidio? Se sbaglio chiederò scusa, ma l’idea di tacere i miei dubbi lasciando soli i familiari a non credere alla tesi del suicidio mi inquieta. E tanto.
pensavano in tanti   che, con la morte di B., sarebbe cessato anche il berlusconismo, trascinato nella tomba insieme alle sue spoglie, ma invece si sono sbagliati ancora una volta. Infatti, B. si appresta ora a risorgere anche sulle prossime schede elettorali per le imminenti elezioni europee. Non contenti di aver confermato sul simbolo di Forza Italia il suo nome, ora si invitano gli elettori addirittura ad esprimere, come prima preferenza, il suo nominativo. Non un candidato, ma una mummia.

.....

PALESTINA, L’EQUAZIONE FALSA COL TERRORISMO E LA DECIMA VANNACCI

Negli ultimi anni in Italia, complice il dibattito sui due conflitti che stanno funestando il mondo, si è rafforzata una pratica tanto longeva quanto insopportabile: l'automatismo a stravolgere qualsiasi gesto che prenda una posizione, vestendolo d'ignominia anche quando non ce ne sarebbe motivo o dipingendolo come un'implicita incitazione alla violenza o come un benestare indiretto al cattivo di turno. La confusione di merito già riscontrata nel dibattito sulla guerra in Ucraina, si sta ripetendo in maniera uguale e diversa sul tema del conflitto israelo-palestinese. L'argomentazione indistinta e violentissima per cui chi dichiara la propria contrarietà all'operato d'israele e manifesta la propria solidarietà alla Palestina viene etichettato come antisemita e apologeta del terrorismo é quantomai viziata e pelosa; eppure il timore di sentirsi riversare contro un'accusa tanto grave inibisce molti dal manifestare apertamente il proprio pensiero. Ha dunque mostrato coraggio Matteo Lepore, sapendo a cosa sarebbe andato incontro, quando ha deciso di esporre la bandiera palestinese da una finestra di Palazzo d'accursio. Il sindaco di Bologna, a cui è immediatamente piovuto addosso quel protocollo di critiche preconfezionate di cui sopra, non solo non ha retrocesso dalla sua azione, ma ha saputo replicare mettendo l'accento proprio sulla pratica della critica infamante usata per ridurre i cittadini al silenzio: “Voglio respingere qui e smentire l'interpretazione che esporre la bandiera del popolo palestinese rappresenti oggi un sostegno ai terroristi e un gesto antisemita. È veramente una cosa falsa che va rigettata e respinta... Evitiamo di accusare l'amministrazione comunale e la città di Bologna di essere al fianco dei terroristi solo perché abbiamo un'opinione e vogliamo aprire uno squarcio nel silenzio che ci si chiede di rispettare: chiederci di stare in silenzio significa chiederci di accettare un massacro”. Non lasciarsi intimorire dal fango delle accuse strumentali, ma smontarle e restituirle al mittente, è un buon modo di fare politica. Oggi ce n'è particolarmente bisogno.ANTISEMITA A CHI?
Se avesse voluto raccontare il vero senso della campagna elettorale che sta portando avanti, Matteo Salvini avrebbe dovuto parafrasare lo slogan scelto dalla Lega “Più Italia, meno Europa” e declinarlo soggettivamente: meno Capitano, più Generale. Negli ultimi giorni pre voto lo scritturato Vannacci sta dando il meglio di sé: tra un invito a votare mettendo una Decima sul simbolo della Lega e una citazione de “Il gladiatore” (il solito “Al mio via scatenate l'inferno”), l' 'intruso' sta sbigottendo l'intero ceto politico del Carroccio, che assiste alla sua performance imbarazzato e cerca di evitare commenti per scongiurare la tragedia pre voto. Mentre questo accade il segretario se ne sta un passo indietro, parla di pace, promette condonucci edilizi e guarda orgoglioso la sua creatura scalmanarsi. L'obiettivo? Essere gladiatori senza perdere del tutto la faccia.
MENO CAPITANO, PIÙ GENERALE : Se avesse voluto raccontare il vero senso della campagna elettorale che sta portando avanti, Matteo Salvini avrebbe dovuto parafrasare lo slogan scelto dalla Lega “Più Italia, meno Europa” e declinarlo soggettivamente: meno Capitano, più Generale. Negli ultimi giorni pre voto lo scritturato Vannacci sta dando il meglio di sé: tra un invito a votare mettendo una Decima sul simbolo della Lega e una citazione de “Il gladiatore” (il solito “Al mio via scatenate l'inferno”), l' 'intruso' sta sbigottendo l'intero ceto politico del Carroccio, che assiste alla sua performance imbarazzato e cerca di evitare commenti per scongiurare la tragedia pre voto. Mentre questo accade il segretario se ne sta un passo indietro, parla di pace, promette condonucci edilizi e guarda orgoglioso la sua creatura scalmanarsi. L'obiettivo? Essere gladiatori senza perdere del tutto la faccia.Voto: Vedremo cosa ne dicono le urne

-----

pensavano in tanti   che, con la morte di B., sarebbe cessato anche il berlusconismo, trascinato nella tomba insieme alle sue spoglie, ma invece si sono sbagliati ancora una volta. Infatti, B. si appresta ora a risorgere anche sulle prossime schede elettorali per le imminenti elezioni europee. Non contenti di aver confermato sul simbolo di Forza Italia il suo nome, ora si invitano gli elettori addirittura ad esprimere, come prima preferenza, il suo nominativo. Non un candidato, ma una mummia.

PALESTINA, L’EQUAZIONE FALSA COL TERRORISMO E LA DECIMA VANNACCI

Negli ultimi anni in Italia, complice il dibattito sui due conflitti che stanno funestando il mondo, si è rafforzata una pratica tanto longeva quanto insopportabile: l'automatismo a stravolgere qualsiasi gesto che prenda una posizione, vestendolo d'ignominia anche quando non ce ne sarebbe motivo o dipingendolo come un'implicita incitazione alla violenza o come un benestare indiretto al cattivo di turno. La confusione di merito già riscontrata nel dibattito sulla guerra in Ucraina, si sta ripetendo in maniera uguale e diversa sul tema del conflitto israelo-palestinese. L'argomentazione indistinta e violentissima per cui chi dichiara la propria contrarietà all'operato d'israele e manifesta la propria solidarietà alla Palestina viene etichettato come antisemita e apologeta del terrorismo é quantomai viziata e pelosa; eppure il timore di sentirsi riversare contro un'accusa tanto grave inibisce molti dal manifestare apertamente il proprio pensiero. Ha dunque mostrato coraggio Matteo Lepore, sapendo a cosa sarebbe andato incontro, quando ha deciso di esporre la bandiera palestinese da una finestra di Palazzo d'accursio. Il sindaco di Bologna, a cui è immediatamente piovuto addosso quel protocollo di critiche preconfezionate di cui sopra, non solo non ha retrocesso dalla sua azione, ma ha saputo replicare mettendo l'accento proprio sulla pratica della critica infamante usata per ridurre i cittadini al silenzio: “Voglio respingere qui e smentire l'interpretazione che esporre la bandiera del popolo palestinese rappresenti oggi un sostegno ai terroristi e un gesto antisemita. È veramente una cosa falsa che va rigettata e respinta... Evitiamo di accusare l'amministrazione comunale e la città di Bologna di essere al fianco dei terroristi solo perché abbiamo un'opinione e vogliamo aprire uno squarcio nel silenzio che ci si chiede di rispettare: chiederci di stare in silenzio significa chiederci di accettare un massacro”. Non lasciarsi intimorire dal fango delle accuse strumentali, ma smontarle e restituirle al mittente, è un buon modo di fare politica. Oggi ce n'è particolarmente bisogno.ANTISEMITA A CHI?
Se avesse voluto raccontare il vero senso della campagna elettorale che sta portando avanti, Matteo Salvini avrebbe dovuto parafrasare lo slogan scelto dalla Lega “Più Italia, meno Europa” e declinarlo soggettivamente: meno Capitano, più Generale. Negli ultimi giorni pre voto lo scritturato Vannacci sta dando il meglio di sé: tra un invito a votare mettendo una Decima sul simbolo della Lega e una citazione de “Il gladiatore” (il solito “Al mio via scatenate l'inferno”), l' 'intruso' sta sbigottendo l'intero ceto politico del Carroccio, che assiste alla sua performance imbarazzato e cerca di evitare commenti per scongiurare la tragedia pre voto. Mentre questo accade il segretario se ne sta un passo indietro, parla di pace, promette condonucci edilizi e guarda orgoglioso la sua creatura scalmanarsi. L'obiettivo? Essere gladiatori senza perdere del tutto la faccia.
MENO CAPITANO, PIÙ GENERALE : Se avesse voluto raccontare il vero senso della campagna elettorale che sta portando avanti, Matteo Salvini avrebbe dovuto parafrasare lo slogan scelto dalla Lega “Più Italia, meno Europa” e declinarlo soggettivamente: meno Capitano, più Generale. Negli ultimi giorni pre voto lo scritturato Vannacci sta dando il meglio di sé: tra un invito a votare mettendo una Decima sul simbolo della Lega e una citazione de “Il gladiatore” (il solito “Al mio via scatenate l'inferno”), l' 'intruso' sta sbigottendo l'intero ceto politico del Carroccio, che assiste alla sua performance imbarazzato e cerca di evitare commenti per scongiurare la tragedia pre voto. Mentre questo accade il segretario se ne sta un passo indietro, parla di pace, promette condonucci edilizi e guarda orgoglioso la sua creatura scalmanarsi. L'obiettivo? Essere gladiatori senza perdere del tutto la faccia.Voto: Vedremo cosa ne dicono le urne

26.9.23

“Questa pesca te la manda la mamma”, il nuovo spot di Esselunga fa discutere e secondi alcuni non si specula sui genitori separati i bambini soffrono

Lo spot di Esselunga mette in luce il toccante gesto di una bambina con genitori separati, aprendo il dibattito sui social. Gli utenti di X ( ex twitter ) si dividono sul significato e l'efficacia di questa pubblicità emozionale.

Essa  è una  pubbliccità controversa   .
Infatti essa  non è la solita immagine    di  famiglie   o bambini\e  felici  o  digenitori  che  gli accontentano  come quella  dei budini   (  scusate ma  non ricordo precisamente  quale    )    non   guardo , mettono il silenziatore  o  cambio  canale     oppure  faccio  altro  tenendo il  volume   basso ) Questa  non è  la  classica  pubblicità della  famigliola felice a colazione.
 Con la mamma e il papà sorridenti che giocano con i pargoli prima di uscire tutti insieme di casa. Nel nuovo spot di Esselunga la famiglia è mono nucleo, formata da madre separata e figliola. Ecco la    scena  

  chi ha  visto  lo spot   anche  solo  en passant    salti  sia   questa  descrizione  


Mentre la donna fa la spesa al supermercato con la figlia, la piccola si allontana per andare a scegliere con cura al reparto frutta una pesca. Donerà quel frutto al suo papà dicendo: “Questa te la manda la mamma”. Una piccola bugia detta allo scopo di far riavvicinare i genitori. La pesca della pace, insomma, secondo il suo punto di vista.
Ora  questo spot cinematografico che si conclude con lo slogan  è ‘Non c’è una spesa che non sia importante’ sta facendo davvero discutere.   Infatti    esso è  , sempre    che  non sia  il  tentativo  di fare  uno spot    del  ....  per  creare  discussioni      visto che non tutti\e   vedono  la  pubblicità ormai sempre  più invasiva   anche   nella  ex  tv  di stato  dove  si  paga il  canone  E’ in controtendenza  rispetto   agli spot   brevi  e stereotipati  citati in precedenza  .  Ed  allo   stesso tempo   è emozionale in senso opposto a ciò che siamo abituati a vedere, molto realistico. La campagna, girata a Milano e firmata dall’agenzia creativa Small di New York per la regia del francese Rudi Rosenberg, punta a dimostrare che dietro ogni acquisto c’è un significato più profondo. E ci sono le storie e dei vissuti.
Il dono di quella pesca come stratagemma per far riunire di nuovo la famiglia racconta l’innocenza e la spontaneità dell’infanzia. Di fronte a genitori che non si parlano più, dove lui aspetta in auto sotto il portone nei giorni di visite programmate, arriva quel frutto pacificatore. Che il padre accoglie incredulo ma poi, per un istante, lo attraversa un dubbio. Infatti guarda su verso la finestra di casa. Ora  In un Paese dove le separazioni e i divorzi stanno tornando ai livelli precedenti la pandemia – i dati più recenti, appena pubblicati da Istat e relativi al 2021, registrano un ritorno di separazioni e divorzi come in epoca pre Covid: 97.913, +22,5 per cento le separazioni rispetto al 2020, 83.192, +24,8 per cento i divorzi – ecco che lo spot apre subito il dibattito.
Cosa ne pensano gli utenti di X dove l’hashtag con il nome Esselunga è schizzato oggi fra i trend di ricerca? Si dividono fra chi ritiene lo spot una strumentalizzazione delle emozioni di una bimba con genitori separati e chi invece apprezza il coraggio di mettere al centro della pubblicità i sentimenti di una bambina e il suo punto di vista sulle cose. “Molto toccante, specialmente per chi ha i genitori divorziati”, scrive una commentatrice. “Trovo questa pubblicità toccante nel senso che genera sensi di colpa nei genitori separati. E’ normale che un figlio vorrebbe una famiglia unita ma una pesca non risolve i problemi che hanno portato a questa situazione”, commenta un’altra. “Torniamo ai vecchi valori di una volta quando non si poteva divorziare, non c’era la certezza che Esselunga avrebbe costruito un altro supermercato vicino a casa e poi un altro e un altro ancora. Pentitevi divorziati, siamo alla frutta, scrive un uomo Di opinione opposta una signora: “Mi rivolgo ai separati … i bambini soffrono molto. Pensate a loro e non ai vostri interessi”. Tanti sono i commenti sull’emozione che suscita, considerata “strumentale”. “Un po’ stucchevole. Non si accosta la fragilità di un bambino di famiglia separata al reparto ortofrutta di un supermercato, ci sono altri contesti più consoni per parlarne”, chiarisce un utente. Interviene una donna: “In una valle di lacrime è ridotto questo Paese che si commuove per una pubblicità ipocrita, che propone il più reazionario dei cliché maschilisti. Mamma stronza, papà buono, bimba triste”.
Ricordate la canzone “Piange il telefono” di Domenico Modugno e Francesca Guadagno? Era il 1975, cinque anni dopo la prima legge sul divorzio in Italia. Difficile non piangere per quella storia che ha spezzato il cuore degli italiani. Un padre abbandonato dalla moglie chiama (sul telefono fisso ovviamente) per sentire la vocina della figlia fingendosi un amico. Chiede informazioni. Ecco la strofa in cui la bimba risponde alla domanda su come va la scuola: “Bene, ma dato che la mia mamma lavora è una vicina che mi accompagna a scuola. Però ho solo una firma sul mio diario. Gli altri hanno quella del loro papà io no”..Secondo me   si  guarda  lo  spot  " bendati  " cioè  senza  preclusioni  culturali  può anche  essere oltre  a quanto ho già detto  un tentativo  di creare  polenìmica  e  quindi  farsi pubblicità  doppia   ed a gratis  ,  un  tentativo  d'apertura   verso le famiglie  monogenitorali  . Se  invece devo  giudicarla   tecnicamnte  , dal qiuel oco  che  capisco di marketing  e   tecniche  di comunicazione  mi   sembra   si una bella pubblicità  come  quelle  di una volta  in cui  c'era  carosello  o  gli spot    dei primi anni 80  il Piccolo Mugnaio Bianco. Trascorre le giornate nel suo piccolo Mulino sfornando dolci per l'amata Clementina, che però non si accorge mai di lui. Ma PMB non perde la speranza di conquistarla, perché è un entusiasta di natura e consegna a tutti un insegnamento di vita:   qui  maggiori  dettagli  https://www.mulinobianco.it/comunicazione/pubblicita/anni-80. Ma  in un periodo    in cui le  pubblicità   s'aplicano  anche   ad internet e allo streaming    ed   devo essere  brevi   è più adatta  come  scena  di un film  o di un cortrometraggio di antica memoria . Quindi   concludendo , riguarandola  e dandone  un  giudizo    a freddo   do  ragione    a  un mio  utente faceboook    lontano anni luce    dal mio modo di pensare   Fa discutere i soliti rompiscatole .
Bella e  fuori  dagli schemi, fiuera  ed  indigesta ,  anche   se   secondo www.greenme.it/lifestyle/costume-e-societa    (  qui  l'articolo  completo  )   : <<    La pubblicità di Esselunga ci presenta il più classico degli stereotipi: i figli delle famiglie separate sono tristi, in un’equazione che sembra uscita da uno spot degli anni ‘50   >>,   rispetto a quelle  stucchevoli e melense    come  dicono  anche    certi commenti    sul mio  fb  

Pina Sechi
Cosa non si fa per i soldi, sciacalli!
  • Mi piace
  • Rispondi
  • Nascondi
  • Autore
    Giuseppe Scano
    Pina Sechi perché sciacalli ?
    • Mi piace
    • Rispondi
    • Pina Sechi
      Giuseppe Scano E' di bassa lega fare leva sui consumatori attraverso la tristezza di una bambina che non ha piu una famiglia unita ...secondo Esselunga! E' la pubblicità dell'ortofrutta o della famiglia tradizionale?
      • Mi piace
      • Rispondi
      • Nascondi
    • Daniela Tuscano
      Pina Sechi E quando Benetton faceva le sue campagne "sociali" invece era per beneficenza o per i soldi? Quelli non erano sciacalli di bassa lega? E cosa significa "pubblicità della famiglia tradizionale"? Avrebbe dovuto usare due papà, magari surrogati? (Perché surrogati sono gli acquirenti, non chi partorisce per loro.) A parte che anche in quel caso avreste avuto da ridire, perché si tratta di una separazione e.in quei casi è vietato parlarne, vi informo che nella maggioranza dei casi sono le famiglie che voi chiamate "tradizionali" a separarsi, dato che sono numericamente molte di più e il divorzio c'è solo per loro. Il cortometraggio, girato da un regista francese pluripremiato, rispecchia una realtà, non un desiderio. E a proposito di desiderio... Cosa vi scoccia, riconosxede che il divorzio è triste? Cosa avrebbe dovuto fare la bambina: festeggiare? Anche qui, non riuscite ad andare oltre la vostra mentalità e il vostro mondo di adulti. In certi casi il divorzio è, sì, l'unica soluzione, ma un bambino/a non vede altro che i genitori separati. È ovvio, anzi, banale. E il filmato rispecchia il punto di vista di questi ultimi, non degli adulti. Quindi non c'è nessun attacco al divorzio, nessuna discriminazione, se non nella vostra testa che non vuole riconoscere come realmente è fatta la società. Vi garbi o no.
  con questo   è tutto alla prossima   polemica 




«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...