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5.4.25

Sara Campanella e Ilaria Sula, la criminologa Bolzan: «Non sono raptus, non sanno gestire il rifiuto. Ecco i segnali a cui stare attente»

  canzoni  suggerite



Lo so che dovrei parlarle d'atro ed andare avanti . Ma non ce la faccio soprattutot davanti a certi commenti . Meno male che si sono , anche se bisogna cercali con il lumicinio o frugare nella ... massa per cercarli . Infatti fra i commenti /interventi sugli ultimi (?) due femminicidi questi sono quelli che mi hanno colpito di più
 
IL primo trovato sul portale   msn.it non ricordo la fonte precisa ma è molto bello

Le  due     ragazze vittime di giovani uomini, entrambe uccise poco più che ventenni. Hanno molto in comune le tragiche storie di Ilaria Sula, studentessa romana della Sapienza, e di Sara Campanella, palermitana e studentessa a Messina: sono morte giovani, per mano entrambe di ragazzi coetanei o di poco più grandi. Ma perché accade ?

 A Provare a dare una risposta a questa domanda la criminologa e psicologa Flaminia Bolzan, secondo cui il motivo principale è una «incapacità di metabolizzare rifiuti e abbandoni» che trasforma la rabbia in un'emozione «non controllabile» da «scaricare» su quellle  che   poi  saranno  le vittime
Due femminicidi in pochi giorni. L''ultimo  è  il corpo di Ilaria Sula, 22 anni. studentessa romana della Sapienza, è stato trovato in fondo a un dirupo nei pressi del Comune di Poli, all'interno di una valigia.

Ad ucciderla a coltellate, per poi gettarne il corpo, sarebbe stato l'ex fidanzato Mark Samson, di origini filippine. Il giorno precedente  è stata la volta   di  Sara Campanella, 22 anni, nata a Misilmeri (Palermo), è stata uccisa a coltellate davanti l'Università di Messina da un suo collega, Stefano Argentino, 27 anni, che da due anni la perseguitava con messaggi e inviti ad uscire.
Bolzan: «Rabbia e frustrazione non controllabili»
«Ogni caso presenta le sue peculiarità in ordine a motivazioni e modalità operative - spiega Bolzan all'Adnkronos - ad ogni modo il comune denominatore di tutti questi delitti è da ricercare sul piano psicologico nell’incapacità di metabolizzare rifiuti e abbandoni. Per questi soggetti, la rabbia e la frustrazione divengono emozioni non controllabili e anziché essere elaborate sul piano del pensiero
vengono agitate e l’oggetto sul quale 'scaricarle' letteralmente diventa appunto la vittima». Una «escalation di violenza» che, spiega la dottoressa, « non è assolutamente immediato poter prevedere anche perché, in una ratio auto protettiva, il pensiero prevalente è sempre quello che 'certe cose' non possano accadere a noi ».
I campanelli d'allarme
Esistono però dei campanelli d'allarme, dei comportamenti a cui le donne dovrebbero prestare attenzione. « Se e quando ci si trova in un contesto relazionale in cui l’altra parte mostra comportamenti ossessivi e intrusivi nella nostra vita - prosegue - generando in noi una preoccupazione, bisogna immediatamente attivarsi e monitorare tipologia e frequenza di questi comportamenti che, se non si interrompono nell’immediatezza, diventano realisticamente un campanello di allarme. 
Nel caso di Sara, era difficile che la ragazza arrivasse a ritenere che il suo collega potesse compiere un gesto così estremo, ma quello che dobbiamo sottolineare è che laddove i comportamenti intrusivi provochino uno stato di allerta e soprattutto se si nota una escalation in termini di frequenza e/o di modalità bisogna denunciare ».Facile a  dirsi   difficile  a  farsi  come dimostrano storie   come  quella   di questa  Ottantenne   che  ha  enunciato il marito   dopo 50 anni di   abusi e  violenze
Perché è sbagliato parlare di raptus
Sbagliato parlare di 'raptus' , il   cui   termine  è una narrazione che una realtà scientifica. La psichiatria tende a escludere l'idea di un cambiamento improvviso e repentino nei processi cognitivi di una personadavanti a questi casi. Infatti  : «A mio avviso è improprio e fuorviante - sottolinea Bolzan - specie per ciò che attiene il caso di Messina. Dobbiamo infatti tenere conto della persecutorietà dei comportamenti antecedenti del ragazzo, cosa che, a mio avviso, ha un peso enorme nella valutazione dell’excursus e dei processi mentali che poi lo hanno portato ad agire».
Cosa bisogna fare
Femminicidi, tanti, troppi. Uno diverso dall'altro, ma anche uno simile all'altro. «L'attenzione mediatica è altissima, ma lo è altrettanto la frequenza di questi comportamenti - spiega - Al verificarsi di determinati fenomeni infatti contribuiscono una pluralità di variabili, ovviamente non parliamo di responsabilità o colpe, ma di azioni concrete che la società dovrebbe intraprendere non solo in un’ottica repressiva, ma al contrario preventiva e informativa su ciò che è o non è una relazione sana».
A scendere in campo devono essere la società, la scuola, i genitori. «Dobbiamo spiegare ai ragazzi dove risiede il confine tra l’attenzione e l’intrusione - dice Bolzan - A casa basterebbe si parlasse di più di ciò che accade nella vita, soprattutto degli adolescenti, ma per farlo è necessario che in primis i genitori abbiano uno sguardo attento e non giudicante. 
Inoltre dobbiamo sensibilizzare le ragazze rassicurandole rispetto al fatto che denunciare si può e le misure ci sono. La privazione della libertà di scelta e l’intrusività nella vita altrui sono campanelli di allarme molto rilevanti»


L'altro è quello di Francesca Manocchi a propaganda live del 4/IV/2025 



Francesca Mannocchi  ha dato vita, che io ricordi, a uno dei monologhi più importanti, intensi, necessari forse mai pronunciati in televisione.
In questo straordinario intervento, di una grande giornalista, ha detto tutto quello che ha senso dire oggi sul femminicidio, su Sara Campanella, su Ilaria Sula, sulla violenza di genere, sulla cultura del possesso, sul linguaggio tossico dei media, e non  solo sulla colpevolizzazione della vittima, su Nordio e su certa propaganda razzista di una classe politica indegna. 
Prendetevi cinque minuti per leggerlo e ascoltarlo ( trovate il video sopra ) fino in fondo Salvatelo, condividetelo. Praticatelo anzi meglio pratichiamolo
Cominciamo  noi tutti/e a capovolgere il lessico per demolire la violenza contro le donne, come ha fatto Giselle Pelicot: non siamo noi che dobbiamo vergognarci, la vergogna deve cambiare lato perché ci vogliamo tutte vive.”

Grazie Francesca. 🙏

Ma mentre  finisco  di  riportare questi due interventi  ecco   che  leggo    delle dichiarazioni di  

Luana Sciamanna [ foto a   sinistra    ]  avvocata penalista esperta di violenza di genere, situazioni simili le vede e le affronta ogni giorno. Collabora con i centri antiviolenza dei Castelli Romani, nel Lazio, e a lei
si rivolgono per chiedere aiuto molte donne. Quelle che riescono a denunciare.
Gino Cecchettin, papà di Giulia uccisa da con 75 coltellate dal suo ex fidanzato Filippo Turetta ha detto: «Lo stalking è spesso sottovalutato, il pericolo inizia lì». «Il primo errore che molte donne vittime di stalking o violenza commettono è non dare peso a segnali chiari, evidenti che arrivano dai propri partner - spiega Luana Sciamanna-. Un uomo che ti controlla il cellulare, che vuole leggere i tuoi messaggi, che pretende a password delle tue mail, non esprime amore ma solo mania di controllo. Noi donne non dobbiamo pensare che quello sia amore. Certe dinamiche possono apparire innocue, ma in realtà sono manipolatorie. È questo il primo messaggio che diffondiamo quando entriamo nelle scuole per parlare di violenza di genere: attenzione alla manipolazione».
«Denunciate sempre», ha scritto nel suo messaggio pieno di dolore la madre di Sara sul suo profilo Facebook. Sua figlia non aveva denunciato. La studentessa di Messina non le aveva detto nulla delle pressioni e minacce di quel ragazzo, il “malato” come lo definiva con le amiche. «Sì, bisogna denunciare. Ma non tutte hanno il coraggio di farlo. Perché magari sono ricattate, o perché economicamente non sono indipendenti, o più banalmente per la paura di ripercussioni. Se non si riesce a denunciare alle istituzioni, almeno parlare con una madre, una sorella, un’amica. Nel caso di Sara probabilmente non aveva dato troppo peso alle ossessioni di lui che all’ennesimo rifiuto ha fatto esplodere la sua rabbia».
Luana Sciamanna ha scritto un libro che si basa proprio sulla sua esperienza professionale con i casi di violenza di genere. Il titolo è: 100 motivi per non riaprire a un narcisista (Ensemble). «Sì perché spesso dietro uomini violenti si nascondono narcisisti patologici che non accettano un rifiuto e uccidono. Quello che cerco di dire alle donne è di fuggire da certi soggetti manipolatori e violenti».
Tre ragioni per capire che bisogna fuggire: «Numero uno: quando un uomo esercita il controllo a distanza. Quella non è una dimostrazione d’amore. Numero due: quando l’uomo che è accanto a noi vuole farci sentire inadatte, ci sminuisce, in una parola ci manipola. La manipolazione è subdola ma colpisce nella maniera più violenta. Numero tre: Davanti a un uomo violento con il quale abbiamo chiuso, non dare mai una seconda possibilità o un ultimo appuntamento. Spesso si rivela letale».
Per concludere c'è da dire che La politica ( maggioranza ed opposizione ) però, non risponde: il dibattito su questo tema importantissimo viene costantemente dirottato sulle polemiche in merito a una presunta "ideologia gender". E intanto, nelle classi, si continua a parlare poco o niente di violenza patriarcale, di stereotipi nocivi, di cultura dello stupro. E non mancano gli esponenti del governo che provano a spostare il focus dell'attenzione. Come il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che parlando dei femminicidi ha detto che "alcune etnie hanno una sensibilità diversa dalla nostra rispetto alle donne". Affermazioni offensive che alludono semplicemente a delle falsità o a verità parziali

21.3.25

idiozia e razzismo nei media italiani o pubblicità per per far parlare di se ? Il caso di Michelle comi nella trasmissione la zanzara

lo so che parlare di queste persone significa far loro pubblicità gratuita . E non dovrei fare il loro gioco vedere ( video di sottto ) . Ma non resisto ad esprimere il mio disgusto ed indignazione davanti a simili personaggi che pur di far parlare di se fanno e dico ( magari poi non lo sono davvero ) cosi imbelli .E' il caso di Michelle Comi va in trasmissioni come La Zanzara a dire che gli africani puzzano perché in Africa si mangiano antilopi e zebre.
Ormai l’Italia è diventata ( salvo eccezzioni ) questo : persone senza alcuna cultura vanno in radio o in televisione a parlare di cose e luoghi che non conoscono.<<Quando degli idioti si sentono acculturati, basta che aprano bocca per confermare di essere perfetti idioti.>>
( dall'account Facebook di Soumaila Diawara )
Meglio aprire un libro o ... Oltre all’evidente idiozia, qui c’è una dose massiccia di razzismo, del tipo più becero e ignorante. Generalizzare su un intero continente attraverso stereotipi disgustosi non solo rivela una totale mancanza di cultura, ma denota anche un’intenzionale volontà di denigrare.L’Italia sta davvero toccando il fondo se questo è il livello del dibattito pubblico. Il paradosso è che chi si presenta come paladina del femminismo finisce per perpetuare gli stessi meccanismi di discriminazione e oppressione che afferma di combattere.Un libro aperto vale più di mille microfoni accesi nelle bocche degli stolti. 
Questo  il mio   giudizio a  caldo  .  Poi   diminuiti  gli ardori  , a  freddo,  mi  rendo  conto  che    sono  caduto   come  evidenziato    dal protagonista     di questo video  sociale di https://www.facebook.com/k.kiko.co/videos/ 




  
nel  loro  gioco  provocatorio  usato  da  Vip  e  pseudo  vip   per   avere pubblicità gratuita   e  far  parlare  di se  .

19.2.25

Espresso Macchiato di Tommy Cash, dalla polemica social alle carte bollate del codacons che chiede European Broadcasting Union (Ebu), organizzatore dell'Eurovision Song Contest. di cancellarla dalla lista

LE ' notizia      di  oggi che  il   Codacons  ha    chiesto  provvedimenti  per  la  canzone   che  sta  spopolando ovunque  sulla  rete  Espresso macchiato  .    Ricordo  di un brano di Alberto Fortis che cantava ...vi odio voi romani... eppure non risultano prese di posizione, forse questo brano fà più scalpore perché anche  se  in maniera  stereotipata    dice una qualche verità sull'Italia e il suo popolo escludendoovviamente   la parte onesta che sopporta mal volentieri.  L’espresso macchiato diventa un caso.  Infatti secondo  il  quotidiano.net  << Non sono stiamo parlando della classica tazzina di caffé italiano (in questo caso con l’aggiunta di un goccio di latte) ma della canzone del artista estone Tommy Cash che porterà all’Eurovision song contest 2025 (il festival della canzone europea) la sua “espresso macchiato”.E mentre sui social divampano le polemiche sul brano ritenuto da molti irridente se non irrispettoso nei confronti degli italiani (il cappuccino macchiato stereotipo sulla stregua “mafia, pizza mandolino”), il Codacons ha deciso di inviare un ricorso all'European Broadcasting Union (Ebu), organizzatore dell'Eurovision Song Contest. "Ferma restando la libertà di espressione artistica che deve caratterizzare eventi come l'Eurovision, non possiamo non sollevare dubbi circa l'opportunità di far partecipare in una gara seguitissima dal pubblico di tutto il mondo un brano che risulta offensivo per una pluralità di soggetti", spiega il Codacons.>>

la  canzone   in  questione  cioè Espresso Macchiato,è interpretata un po’ in italiano e un po’ in inglese, non mancano i riferimenti, oltre all’espresso macchiato, alla mafia nel passaggio “io ho molti soldi, sudo come un mafioso” o agli spaghetti e al lusso (che si sottende chiaramente legato ai soldi della malavita), e così via  ed  quindi comprensibile  ed  evidente  che   la  cosa   faccia  incazzare  .  Infatti   "In queste ore si stanno registrando numerose reazioni indignate da parte di cittadini e mass media circa il contenuto della canzone 'Espresso Macchiato' del rapper Tommy Cash, scelta per rappresentare l'Estonia al prossimo Eurovision Song Contest 2025 che si terrà a Basilea dal 13 al 17 maggio – scandisce il movimento dei consumatori –. Un testo contenente stereotipi sull'Italia e gli italiani, associati ai soliti cliché del caffè e degli spaghetti, ma soprattutto alla mafia e all'ostentazione del lusso, e che lascia passare il messaggio di un popolo legato a doppio nodo alla criminalità organizzata". Ma  se  è  vero   che giustamente, vanno contrastate le canzoni dei rapper con testi sessisti e offensivi verso le donne , ecc    non  è  con la  richiesta   di  proibirla     che      si risolve   la  questione  cosi li si fa   ancora  più pubblicità  . Cosa  fare    allora  ?  lasciarlo  cantare   e contestarlo   con una contro canzone   magari  o fischiarlo  mentre  la canta  . 

27.12.24

Rahma ragazza algerina contro l’Algoritmo: una ragazza tunisina contro gli stereotipi dell’AI

ne  avevo già  parlato    in qualche  post   qui  sul  blog   . Ma  a  grande  richiesta        visto il n   delle  visualizzazioni     riporto   stavoltà  con  più notizie      la  storia      di  Rahma ragazza algerina  contro l’Algoritmo: una ragazza tunisina contro gli stereotipi dell’AI

da https://it.insideover.com/

 Rahma ha quindici anni, lunghi capelli neri ricci e occhi scuri. La faccia pulita, senza trucco né inganno, uno smalto color lilla alle unghie come tante sue coetanee. Ci risponde da casa, sotto l’occhio vigile ma non invadente della mamma, che la aiuta a ricordare luoghi e date. La sua è una piccola grande storia che da Sfax, sua città di origine, sta facendo il giro d’Italia.Ma andiamo con ordine. Rahma studia e vive nel piccolo e delizioso borgo di Lizzanello, in provincia di Lecce. Dalla Tunisia è arrivata come molti connazionali, a bordo di un barcone. È arrivata in Italia il 9 marzo del 2023 assieme a suo fratello Bayrem e alla mamma: una data che in famiglia ricordano con precisione chirurgica, marchiata a fuoco nella mente. Del loro sbarco, Rahma ricorda distintamente un gruppo di Carabinieri: le loro braccia e le loro divise sono le prime figure di accudimento e accoglienza che ha trovato nel nostro Paese: il segno della salvezza, della fine di una traversata che a tanti come lei è costata, invece, la morte.

Poi arriva la scuola, quella piccola splendida realtà che è l’Istituto “De Giorgi” di Lizzanello-Merine, dove da anni si pratica la “public history”, ovvero una metodologia che “fa” ricerca storica con e per le persone. Come ogni anno la scuola partecipa al Festival Internazionale della Public History, quest’anno intitolato “Gente in cammino. Storie di emigrazione di ieri e di oggi”. I ragazzi si mettono a lavoro e si stringono attorno ai loro compagni con background migratorio. La storia di Rahma e Bayrem va raccontata, come quella del loro compagno John, ghanese.Le prof responsabili del progetto, Anna Grazia Visti e Carmen Mazzeo, aiutano i ragazzi a realizzare un fumetto che racconti le peripezie dei ragazzi e delle loro famiglie. Nel tentativo di approcciarsi alle nuove tecnologie, provano a utilizzare l’intelligenza artificiale per creare le tavole del fumetto, di cui i ragazzi scriveranno “sceneggiatura” e dialoghi. Tutto regolare: volti, colori, ambientazioni. Ma al momento di disegnare il volto della piccola grande Rahma dietro il comando “ragazza tunisina”, il PC restituisce l’immagine di una giovane con il velo


Agli altri alunni potrebbe sembrare normale, del resto stanno appena imparando di più su quel mondo così lontano dal Salento.Ma Rahma punta i piedi.“Io non porto il velo!”, sbotta con le insegnanti. Lei vuole che i suoi capelli lunghi e ricci siano ben in mostra.Prova e riprova non c’è verso di “far capire” all’AI che una donna tunisina non necessariamente indossa il velo. E può perfino non essere di fede islamica. Rahma invece musulmana lo è, ma le è stato insegnato dalla sua mamma che può decidere liberamente. Lei l’hijab ha scelto di non indossarlo: è giovane, è libera, e vuole gustarsi quella libertà che dalla Tunisia è partita e che coltiva in Italia. Come racconterà la sua docente, Rahma da piccola ha indossato il velo, ma poi ha scelto di non portarlo più. Rahma ci racconta di essersi sentita triste e arrabbiata, perché l’intelligenza artificiale-che degli uomini dovrebbe raccontare-ha dipinto qualcosa che non le corrisponde e non ammette eccezioni.Alla fine, studenti e insegnanti, spazientiti, per poter creare un fumetto con una giovane tunisina senza velo, si vedono costretti a inserire il comando per generare l’immagine di un ragazzo tunisino. Un maschio. Così, il laboratorio e l’attività si trasformano da ricerca storica a riflessione sulla “stupidità” dell’intelligenza artificiale. O meglio, sugli stereotipi che ricercatori e programmatori hanno “insegnato” all’intelligenza artificiale che, nei fatti, è una macchina.La piccola storia di Rahma mette i bastoni fra le ruote a un meccanismo al quale stiamo affidando il futuro. “L’intelligenza artificiale non è dotata di pensiero. Siamo noi uomini che possiamo fare la differenzaW l’intelligenza umana, ora e per sempre”, chiosa la professoressa Visti. Rahma, intanto, sbalordita da tanta popolarità, prosegue nella sua vita di adolescente: studia, esce con gli amici, le piace fare sport. E poi vuole imparare bene il francese. Ma quando le chiediamo cosa vuole fare da grande, lei non ha dubbi: il carabiniere.

28.6.24

12 Frasi Sessiste Da Eliminare Dal Nostro Vocabolario e una informazione \ disinformazione di genere è una minaccia concreta ai diritti delle donne

 


leggi anche  
in particolare l'introduzione  con  i suoi link  e il primo articolo 



Con le parole ci esprimiamo e comunichiamo. Veicoliamo messaggi e la cultura della nostra società. Non sorprende che proprio le parole celino aspetti sociali che caratterizzano la società in cui viviamo, e questo avviene in positivo e in negativo. Ecco una lista di espressioni sessiste che dobbiamo smettere di pronunciare, o fermare gli altri dal dirle quando le ascoltiamo




. 1. “È un lavoro da uomini/un lavoro da maschi” 2. “Con chi è stata per ottenere quel posto?” 3. “Una donna con gli attributi” 4. “Una donna acida” 5. “Vestita e truccata così non esci” 6. “Cosa indossava?” 7. “Era ubriaca?” 8. “È una donna fortunata: ha un compagno che l’aiuta in casa” 9. “Auguri e figli maschi” 10. “Donna al volante pericolo costante” 11. “È una poco di buono” 12. “Dietro ogni grande uomo, c’è una grande donna
Questo in generale  . Ma  entrando ne dettaglio   ad  esempio    

Sul lavoro
Diverse espressioni utilizzate nel mondo del lavoro sminuiscono le capacità delle donne. Alcune espressioni trasmettono il messaggio che certe posizioni lavorative siano adatte solo agli uomini come nel caso di “Questo lavoro non è adatto ad una donna” e che il ruolo delle donne debba essere confinato alla cucina (“Datti ai fornelli”). Inoltre secondo alcuni modi di dire le donne possono arrivare in alto solo usando il loro corpo (“Con chi sei stata per fare questo lavoro?”). Quando poi una donna dimostra le sue competenze la si paragona a un uomo “Una donna con le palle”. Inoltre le donne sul posto di lavoro vengono talvolta considerate frustrate e acide: “La mia capa/collega è acida, avrà il ciclo” ne è solo un esempio appunto .

Anche  nei rapporti    sentimentali  in cui  L’amore come è possesso
Certe espressioni come “Se non stai con me, non puoi stare con nessuno" e "Perché non hai risposto subito al telefono?" possono sembrare espressioni di amore e preoccupazione, quando in realtà rivelano l'intenzione di avere il controllo sull'altra persona. Vi sono poi altre espressioni che più esplicitamente dimostrano l’intento di controllo, come “Vestita/truccata così non esci”.Esso   porta  anche ad Attacchi all’autostima .  Infatti  Spesso le donne che vivono una situazione di violenza hanno difficoltà ad uscirne perché il maltrattante le umilia al punto da distruggere la forza e l'autostima necessarie per lasciare la relazione tramite espressioni come "Zitta, a nessuno importa quello che dici", "Nessuno ti crederà" o ancora "Sei pazza, non è mai successo, ti inventi tutto". Oppure  a 

  • espressioni  di  minacce

Il timore per la propria incolumità e quella dei loro affetti scaturito da minacce e ricatti come "Se mi lasci, mi uccido", "Se lo dici, ti ammazzo", “Se provi a sentire ancora X (amico/collega), vedrai che succede” è uno dei motivi per cui molte donne rimangono in situazioni di abuso o evitano di denunciare i propri aggressori.

  • di vittimizzazione
Si ricerca spesso un movente o una giustificazione del reato nei comportamenti o nell’abbigliamento della donna. "L’hai provocato”, "Cosa indossavi?" e “Eri ubriaca” sono solo alcuni esempi.

  • Il delitto passionale e il ritratto dell’aggressore fatto dai media 
Gli eventi dall’epilogo più grave vengono narrati come “delitti passionali”, dei gesti folli dovuti al “troppo amore” o giustificati dalla gelosia come qualcosa che “acceca”. Inoltre, spesso l’aggressore viene ritratto come una persona per bene per suscitare empatia nei suoi confronti, ad esempio “Sportivo, credente e ottimo lavoratore: il ritratto di X”. "Crediamo che il linguaggio abbia un ruolo centrale nel cambiamento culturale necessario per avere uno sguardo diverso sul fenomeno della violenza di genere. Infatti Non parliamo di VITTIME parliamo di DONNE, in stato di temporaneo disagio. Il termine “vittima” infatti stigmatizza la donna in un ruolo passivo e ignora la forza di cui è portatrice quando intraprende il faticoso percorso di uscita dalla violenza” dichiara  Manuela Ulivi.



da https://facta.news/storie/








di Anna Toniolo


Nelle ultime settimane Greta Thunberg è stata al centro di una notizia falsa secondo cui l’attivista avrebbe affermato che se gli esseri umani vogliono continuare a combattere le guerre dovrebbero perlomeno usare «carri armati e armi sostenibili». Si tratta in realtà di un video manipolato. Ma l’attivista svedese non è l’unica donna che si è ritrovata, in tempi più o meno recenti, protagonista di notizie completamente false. È il caso per esempio di Elly Schlein, deputata e segretaria del Partito Democratico (PD), a cui sono state attribuite frasi che non ha mai pronunciato. O ancora Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, che si trova da anni al centro di varie narrazioni della disinformazione.
Questi sono solo alcuni esempi di notizie false, satiriche o fuori contesto che riguardano donne che ricoprono posizioni di potere o ruoli pubblici, come scrittrici, giornaliste, artiste o esponenti della società civile che lottano contro le discriminazioni o la crisi climatica. Si tratta di un tipo di disinformazione non casuale, che segue pattern specifici e che si può definire “disinformazione di genere”. Un modus operandi che colpisce le donne online, ma che ha delle ripercussioni anche offline e, soprattutto, ha degli obiettivi ben precisi.
Cos’è la disinformazione di genere
Lucina Di Meco, esperta di uguaglianza di genere riconosciuta a livello internazionale e co-fondatrice di #ShePersisted Global, un’iniziativa per contrastare la disinformazione di genere e gli attacchi online contro le donne in politica, ha definito a Facta.news la disinformazione di genere come «la diffusione di informazioni e immagini ingannevoli o imprecise» contro donne leader politiche o donne che ricoprono incarichi pubblici. Secondo Di Meco, questo tipo di narrazione attinge dalla misoginia, dal sessismo e da stereotipi sessisti che dipingono le donne come «deboli, stupide e che mettono in risalto l’ossessione nei confronti della sessualità delle donne».
Il report A/78/288 delle Nazioni Unite sulla disinformazione di genere e le sue implicazioni per il diritto alla libertà di espressione, pubblicato il 7 agosto 2023, spiega che l’obiettivo generale della disinformazione di genere «è quello di minare i diritti umani, l’uguaglianza di genere, lo sviluppo sostenibile e la democrazia». Sempre nello stesso report si legge che, a differenza di altre forme di disinformazione, quella di genere non si basa solo su informazioni false, ma anche sulle narrazioni di genere esistenti per raggiungere i suoi obiettivi sociali e politici, «tra cui il mantenimento dello status quo di genere o la creazione di un elettorato più polarizzato».

Si tratta, quindi, di un tipo di narrazione coordinata che ha come obiettivo quello di diffondere notizie false sulle donne in posizione di potere, diffusa rafforzando stereotipi di genere già esistenti, caratteristica che contribuisce a rendere questo tipo di disinformazione ancora più difficile da contrastare. «Se un certo stereotipo esiste, questo viene rafforzato» ha spiegato Di Meco, «è molto difficile contrastarlo con dei mezzi puramente razionali e cognitivi» e le operazioni di fact-checking non bastano più.
L’obiettivo è silenziare voci e rivendicazioni
Nel suo rapporto del 2020 Demos, think tank britannico che conduce ricerche mirate al miglioramento della democrazia, ha presentato la disinformazione di genere come una serie di attività online che hanno obiettivi politici, sociali ed economici. L’anno successivo, invece, uno studio condotto da alcuni studiosi del Wilson Center, centro di ricerca che fornisce ai responsabili politici analisi imparziali sugli affari globali, ha evidenziato tre caratteristiche principali di questo tipo di disinformazione: falsità, intento maligno e coordinamento.
«L’obiettivo è quello di silenziare le donne ma anche, e soprattutto, silenziare alcune delle campagne che queste donne portano avanti» ha spiegato Lucina Di Meco, che ha aggiunto come attraverso il lavoro di #ShePersisted Global «quando noi vediamo che non tutte le donne sono silenziate allo stesso modo ci rendiamo conto che non si tratta solamente di misoginia, ma di un programma politico». In particolare, a essere più colpite sono le donne che si fanno portavoce di battaglie che riguardano, per esempio, il diritto di abortire, ma anche altre tematiche legate alla sessualità, come l’educazione sessuale, o l’accoglienza delle persone migranti.
Si tratta di uno schema d’attacco che accomuna le donne di molti Paesi quando si espongono e rivendicano diritti o sfidano i poteri costituiti. Per esempio, Di Meco ha raccontato che in Paesi dove sono presenti governi autoritari o leader populisti che stanno erodendo la democrazia, come la Tunisia o l’Ungheria,«abbiamo visto che le donne che fanno parte di movimenti in opposizione a queste figure politiche, sono ferocemente attaccate». L’obiettivo è, quindi, silenziare le donne e le loro battaglie, ma chi coordina campagne di disinformazione di questo tipo ha come intento anche un ritorno politico in grado di mantenere lo status quo.
La disinformazione di genere nel concreto
Gli esempi che si possono fare per comprendere come la gendered disinformation si concretizza online sono molteplici, ma ne bastano alcuni per inquadrare le caratteristiche di questo fenomeno.
Laura Boldrini, presidente della Camera dal 2013 al 2018 e oggi deputata del Partito Democratico (PD), è stata per anni al centro di campagne di disinformazione che cercavano di ridicolizzare e sminuire la sua persona. Le illazioni nei suoi confronti in riferimento a opinioni e disegni di legge da lei sostenuti sono state numerose, come ad esempio la proposta di legge sulle “misure per la prevenzione e il contrasto della diffusione di manifestazioni di odio mediante la rete internet”, da lei presentata nel 2021, e che l’ha messa nel mirino di offese che la accusavano di voler censurare la stampa e la libertà di espressione.
Boldrini è stata anche vittima di numerose narrazioni di disinformazione sul tema dell’immigrazione che miravano a descriverla come eccessivamente favorevole ai migranti e rifugiati, e allo stesso tempo indifferente e incurante nei confronti dei cittadini italiani. Un esempio è un’immagine falsa che nel 2021 accusava la parlamentare di aver chiesto all’allora primo ministro Mario Draghi «un reddito di dignità di 500 euro al mese per i migranti». La falsa notizia circolava dal 2016 e si trattava, invece, di un video decontestualizzato in cui in origine Laura Boldrini si riferiva al reddito di dignità per i cittadini europei.
Un altro esempio di campagne disinformative che coinvolgono le donne in Italia è quello che riguarda Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva. Le campagne di disinformazione online contro di lei hanno una forte componente sessista e misogina. Molte vignette, infatti, hanno messo in risalto il suo aspetto estetico puntando sullo stereotipo che associa, chiaramente in malafede, bellezza e stupidità e, quindi, una presunta inadeguatezza di Boschi alla politica. Nel 2015, per esempio, era stata diffusa online una foto di Boschi mentre leggeva una copia de L’Unità, storico quotidiano italiano, al contrario. In realtà si trattava di una foto modificata. L’originale era stata twittata dalla stessa Boschi in occasione del ritorno alle stampe del giornale.
Gender-trolling
Quelli appena citati sono solo alcuni dei moltissimi casi di disinformazione di genere che si scagliano contro le donne e contro le loro rivendicazioni. Spesso, però, notizie false, fuori contesto o addirittura nate con intento satirico generano veri e propri discorsi d’odio.
È in questo contesto che si inserisce un altro fenomeno che ha a che fare con la violenza online nei confronti delle donne, quello che Karla Mantilla, autrice ed esperta di studi femministi, ha chiamato Gendertrolling. Il trolling è un comportamento sociale, adottato dai cosiddetti “troll”, che punta a infastidire le persone online tramite insinuazioni che potrebbero avere un fondamento reale, ma che spesso sono, invece, completamente false.
Mantilla ha spiegato a Facta.news che «le donne subiscono una costellazione unica di molestie che io ho chiamato gendertrolling», ed è un fenomeno più feroce, violento, aggressivo, minaccioso, pervasivo e duraturo del trolling generico. Si tratta, sempre secondo Mantilla, di una strategia anche in questo caso rivolta alle donne che fanno valere le loro opinioni online, che vengono assalite da una serie di commenti a sfondo sessuale che includono minacce di stupro o di morte. «Attraverso questa pratica, le idee delle donne non vengono prese sul serio o vengono messe da parte e ignorate» ha spiegato Mantilla, «con il risultato che i contributi intellettuali delle donne al discorso pubblico vengono ignorati, scartati e cancellati».
Essere donne online, occupare posizioni di potere o, semplicemente, esprimere le proprie opinioni può quindi comportare una serie di conseguenze che comprendono campagne di disinformazione, violenza e insulti. Comportamenti che seguono uno schema preciso.
A questo punto sorge spontaneo chiedersi se campagne di odio come quelle citate possano avere conseguenze offline sulle vite delle donne. Sia Karla Mantilla che Lucina Di Meco concordano sul fatto che questo tipo di aggressioni hanno effettivamente ripercussioni sulle vite delle donne che le subiscono, che possono addirittura finire nel peggiore dei modi: portando ad attacchi fisici o alla morte.
La violenza digitale ha conseguenze sulle vite delle persone
In tutto il mondo molte delle minacce che derivano dalla narrazione disinformativa e violenta nei confronti delle donne portano con sé pericoli reali.
Per esempio, l’ex ministra dell’ambiente e dei cambiamenti climatici del Canada Catherine McKenna ha lasciato il suo incarico nel 2021, dopo essere stata bersaglio di campagne disinformative che avevano portato l’odio nei suoi confronti a un livello tale da essere fermata per strada insieme alla sua famiglia, ricevendo minacce. Accusata ingiustamente di diffondere notizie che esageravano le conseguenze dei cambiamenti climatici, McKenna era stata definita “Barbie del clima” da un collega e tale hashtag era stato poi ripreso e diffuso online migliaia di volte.
Un altro esempio da citare quando si parla delle conseguenze concrete che la disinformazione di genere ha sulla vita delle donne è l’assassinio di Jo Cox in Gran Bretagna. La deputata laburista è deceduta dopo essere stata ripetutamente colpita con un’arma da taglio il 16 giugno 2016, una settimana prima del referendum del 23 giugno sull’appartenenza del Regno Unito all’Unione europea (UE). Cox era una politica impegnata nella campagna per il “remain”, ovvero per restare all’interno dell’Unione Europea, nel periodo in cui nel Paese si discuteva della Brexit ed era stata più volte al centro di narrazioni di disinformazione che avevano generato una violenta ondata di odio nei suoi confronti. Mentre eseguiva l’attacco, il suo assassino aveva pronunciato frasi come «prima la Gran Bretagna» e «mantenere la Gran Bretagna indipendente».
Questo omicidio si inserisce in un contesto politico più ampio, in cui suprematisti bianchi e sostenitori del “leave”, quindi dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, hanno condiviso per mesi sui social una serie di informazioni false e teorie del complotto che hanno aumentato la rabbia nei confronti di chi sosteneva, invece, l’appartenenza all’UE.
Su Facebook e Twitter erano stati diffuse notizie false su temi come l’immigrazione, l’Islam e la politica estera. Il giorno prima che Cox fosse barbaramente assassinata, ad esempio, il leader del Partito per l’Indipendenza del Regno Unito Nigel Farage aveva diffuso un’immagine anti-immigrazione che mostrava migliaia di persone migranti, insieme al commento «L’UE ha fallito con tutti noi. Dobbiamo liberarci dall’UE e riprendere il controllo dei nostri confini». In realtà si trattava di una fotografia scattata in Slovenia nel 2015, quindi un anno prima, che mostrava migliaia di persone che avevano appena attraversato il confine con la Croazia e non aveva, quindi, niente a che fare con il Regno Unito. Secondo il deputato laburista Stephen Kinnock, prima della sua morte Cox aveva commentato indignata la diffusione di quell’immagine. Questo mix di odio, notizie false, complottismo e suprematismo ha, infine, trovato in Cox il capro espiatorio perfetto, portando alla più tragica delle conclusioni.
Ma non solo episodi sporadici e specifici, la disinformazione di genere che colpisce le donne può avere conseguenze anche più generalizzate, su tutta una categoria di giovani donne che si sentono intimorite da quanto accade online e dai rischi che comporta esporsi per una determinata causa. Secondo Lucina Di Meco questo ha delle conseguenze molto gravi: «di fatto noi sappiamo che le donne, in particolare le giovani donne, si auto censurano online sempre di più».
Tutto ciò è poi aggravato dalla diffusa assenza di una legislazione specifica per poter affrontare casi di disinformazione come quelli descritti e le piattaforme social, l’ambiente digitale in cui le campagne d’odio si dispiegano, non si sono ancora dotate di strumenti vincolanti e davvero efficaci per evitare che questo tipo di narrative riescano a diventare virali.
Una combinazione di fattori che mette a rischio la presenza delle donne online, la loro credibilità e le loro rivendicazioni, ma che ha anche delle ripercussioni sulle loro vite offline e sui sogni e le aspirazioni delle generazioni future. La disinformazione di genere agisce come un silenziatore per portare avanti dinamiche patriarcali che vedono le donne come soggetti che non possono occupare posizioni di potere ed escludendo di conseguenza un’intera parte della popolazione dalla vita pubblica. Una dinamica che, in ultima analisi, danneggia tutti e tutte.

3.6.24

DIARIO DELLA SETTIMANA N 54 ANNO II .il due giugno spiegato ad un bambino di prima elementare ., Una manager perde il lavoro ( licenziata ) dopo uno stupro di gruppo ., Salva la cugina 15enne dal matrimonio combinato viene picchiato dagli zii genitori della ragazza., I Metallica suonano a Milano e in scaletta compare "Acida" dei Prozac., PALESTINA, L’EQUAZIONE FALSA COL TERRORISMO E LA DECIMA VANNACCI, morti candati alle europee



#Salvini e Borghi attaccano #Mattarella che parla di "sovranità Europea ". #Tajani è solidale. #Conte e #Schlein contro la lega .#Meloni tace : ecco cpme spiegate ad un bambono di 5\6 anni la festa del 2 giugno

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stop violenza sulle donna, intimo reggiseno buttato sul pavimento© Fornito da News Mondo

Una manager perde il lavoro dopo uno stupro di gruppo: offerti 5mila euro e licenziamento per giustificato motivo.

Dopo aver subito una terribile violenza di gruppo, una manager torinese di 32 anni è stata licenziata dalla sua azienda.
Come riportato da Leggo.it, sembrerebbe che l’azienda abbia offerto circa 5mila euro per cessare il contratto di lavoro con la dipendente.

violenza su una donna© Fornito da News Mondo

Una manager viene violentata e perde il lavoro: il lungo calvarioLa sera del 16 marzo 2023, una donna torinese di 32 anni è stata vittima di uno stupro di gruppo a Milano, mentre si trovava ai Navigli con tre persone che considerava amici.
Dopo una serata trascorsa a bere alcol, la manager è stata aggredita dai tre uomini, che sono stati successivamente identificati e arrestati. Da quel momento, per la donna è iniziato un percorso di visite mediche, ricoveri, e sedute psicologiche e psichiatriche.
Dopo sei mesi di convalescenza, la manager ha tentato di tornare al lavoro, pur non sentendosi ancora pronta. “La mia vita quella notte è cambiata, però ce la farò, mi serve solo un po’ di tempo, ne sono sicura“, aveva confidato all’azienda. Tuttavia, l’11 marzo scorso, l’azienda della donna le ha inviato una lettera di licenziamento per “giustificato motivo“.


Il licenziamento della 32enne: la difesa dell’azienda
La comunicazione, come riportato da La Stampa, recitava: “In un’ottica di maggior efficienza abbiamo deciso di riorganizzare le nostre attività, sopprimendo la posizione da lei attualmente ricoperta” Continua, la lettera: “La informiamo che, dopo attenta verifica, abbiamo constatato l’impossibilità di adibirla ad altre mansioni“. Secondo l’avvocato della vittima, l’azienda non voleva attendere il recupero completo della donna, né rischiare di perdere credibilità a causa di alcuni video della violenza finiti su delle chatL’avvocato ha inoltre aggiunto: “Quello che l’ha davvero distrutta è stato il modo in cui è stata silurata: le sono stati offerti cinquemila euro per chiudere il rapporto di lavoro “o firmi adesso o mai più’“.
L’azienda, da parte sua, ha respinto le accuse, affermando che la decisione è stata presa esclusivamente per motivi di riorganizzazione interna.


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 proprio mentre leggo che è stata arrestata in Pakistan Nazia Shaheen la madre di Saman Abbas: trovata in un villaggio ai confini con il Kashmir qui un ritratto che riepiloga la vicenda


 leggo   mi pare  su repubblica.it    questa news che oltre a denunciare i fanatici religiosi ed identitari sfatta un luogo comune che tutti gli immigrati sono cosi . Luogo comune \ stereotipo inculcatoci per 30 anni da questa estra sia parlamentare che extraparlamentare ma che ancora nonostante sia sempre più minoritaria ha lasciato ancora le sue scorie e ha permesso che sia al governo e che anche chi non è di destra ne subisce l'influenza Salva la cugina 15enne dal matrimonio combinato, picchiato al supermercato dai genitori della ragazza . Gli zii hanno organizzato il pestaggio e lo hanno filmato per fare sapere a tutti di averla fatta pagare al nipote. Quel video li ha incastrati. Indagine dei carabinieri nel Bolognese, 40enne finisce ai domiciliari anzichè in carcere come dovrebbe

 BOLOGNA - Ha aggredito e picchiato il nipote, colpevole secondo lo zio di avere mandato a monte il matrimonio combinato che lui e la moglie avevano deciso per la figlia, una ragazzina di 15 anni. Il cugino ha avvisato i servizi sociali, che l'hanno tolta alla famiglia e affidata a una comunità per minori. E' la vicenda avvenuta in un paese del Bolognese e scoperta dai carabinieri, che hanno arrestato un 40enne, finito ai domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico per i reati di atti persecutori e lesioni personali. L'aggressione da cui è partita l'indagine è avvenuta lo scorso 24 aprile in un supermercato di Zola Predosa, dove si trovavano il nipote 20enne dell'indagato insieme alla fidanzata. Lo zio e la moglie li hanno raggiunti e, davanti a cassieri e altri clienti, hanno cominciato a picchiarli, facendoli finire al pronto soccorso con traumi cranici, contusioni varie e 8 giorni di prognosi. Lo stesso 40enne aveva filmato la scena con il telefonino e pubblicato su un social network il video del pestaggio. Un gesto fatto dall'uomo forse a scopo dimostrativo, per fare sapere a tutti di averla fatta pagare al nipote. Quel video gli si è però ritorto contro, quando gli investigatori hanno cominciato a indagare sull'aggressione, scoprendone il retroscena: si era trattato di una rappresaglia nei confronti del nipote e della fidanzata, ritenuti responsabili di essersi intromessi nel matrimonio combinato tra la figlia 15enne e un coetaneo, facendolo saltare. Era stata probabilmente la stessa ragazzina a confidare al cugino di non volersi sposare con il giovane scelto dalla famiglia. Lo stesso cugino ha deciso di aiutarla e ha raccontato tutto ai servizi sociali, che sono intervenuti togliendo la minore alla famiglia. Il padre della ragazza ora è ai domiciliari e lei al sicuro in una comunità. Una vicenda che ricorda quella, tragica, di Saman Abbas uccisa a Novellara per essersi opposta a nozze combinate.


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I Metallica suonano a Milano e in scaletta compare "Acida" dei Prozac I Metallica suonano a Milano all'Ippodromo La Maura e dedicano un tributo ad una canzone italiana. Durante il concerto, unica data italiana del tour, il gruppo di heavy metal ha interrotto la scaletta per suonare "Acida" dei Prozac+.c

 Un fuoriprogramma che ha stupito anche il pubblico della band. E' stato Rob Trujillo a spiegare ai fan di aver pensato di suonare un brano italiano: «Se conoscete le parole, cantatela» ha detto prima di iniziare a suonare.


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a proposito di scrupoli di coscienza, pur non essendo persona informata dei fatti, un interrogativo su tutt’altro argomento, vorrei (con ogni scrupolo, si intende) proporlo, pensando alla vicenda palermitana dell’ingegnere Angelo Onorato: ma davvero a Palermo in campagna elettorale un delitto di mafia deve diventare un suicidio? Se sbaglio chiederò scusa, ma l’idea di tacere i miei dubbi lasciando soli i familiari a non credere alla tesi del suicidio mi inquieta. E tanto.
pensavano in tanti   che, con la morte di B., sarebbe cessato anche il berlusconismo, trascinato nella tomba insieme alle sue spoglie, ma invece si sono sbagliati ancora una volta. Infatti, B. si appresta ora a risorgere anche sulle prossime schede elettorali per le imminenti elezioni europee. Non contenti di aver confermato sul simbolo di Forza Italia il suo nome, ora si invitano gli elettori addirittura ad esprimere, come prima preferenza, il suo nominativo. Non un candidato, ma una mummia.

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PALESTINA, L’EQUAZIONE FALSA COL TERRORISMO E LA DECIMA VANNACCI

Negli ultimi anni in Italia, complice il dibattito sui due conflitti che stanno funestando il mondo, si è rafforzata una pratica tanto longeva quanto insopportabile: l'automatismo a stravolgere qualsiasi gesto che prenda una posizione, vestendolo d'ignominia anche quando non ce ne sarebbe motivo o dipingendolo come un'implicita incitazione alla violenza o come un benestare indiretto al cattivo di turno. La confusione di merito già riscontrata nel dibattito sulla guerra in Ucraina, si sta ripetendo in maniera uguale e diversa sul tema del conflitto israelo-palestinese. L'argomentazione indistinta e violentissima per cui chi dichiara la propria contrarietà all'operato d'israele e manifesta la propria solidarietà alla Palestina viene etichettato come antisemita e apologeta del terrorismo é quantomai viziata e pelosa; eppure il timore di sentirsi riversare contro un'accusa tanto grave inibisce molti dal manifestare apertamente il proprio pensiero. Ha dunque mostrato coraggio Matteo Lepore, sapendo a cosa sarebbe andato incontro, quando ha deciso di esporre la bandiera palestinese da una finestra di Palazzo d'accursio. Il sindaco di Bologna, a cui è immediatamente piovuto addosso quel protocollo di critiche preconfezionate di cui sopra, non solo non ha retrocesso dalla sua azione, ma ha saputo replicare mettendo l'accento proprio sulla pratica della critica infamante usata per ridurre i cittadini al silenzio: “Voglio respingere qui e smentire l'interpretazione che esporre la bandiera del popolo palestinese rappresenti oggi un sostegno ai terroristi e un gesto antisemita. È veramente una cosa falsa che va rigettata e respinta... Evitiamo di accusare l'amministrazione comunale e la città di Bologna di essere al fianco dei terroristi solo perché abbiamo un'opinione e vogliamo aprire uno squarcio nel silenzio che ci si chiede di rispettare: chiederci di stare in silenzio significa chiederci di accettare un massacro”. Non lasciarsi intimorire dal fango delle accuse strumentali, ma smontarle e restituirle al mittente, è un buon modo di fare politica. Oggi ce n'è particolarmente bisogno.ANTISEMITA A CHI?
Se avesse voluto raccontare il vero senso della campagna elettorale che sta portando avanti, Matteo Salvini avrebbe dovuto parafrasare lo slogan scelto dalla Lega “Più Italia, meno Europa” e declinarlo soggettivamente: meno Capitano, più Generale. Negli ultimi giorni pre voto lo scritturato Vannacci sta dando il meglio di sé: tra un invito a votare mettendo una Decima sul simbolo della Lega e una citazione de “Il gladiatore” (il solito “Al mio via scatenate l'inferno”), l' 'intruso' sta sbigottendo l'intero ceto politico del Carroccio, che assiste alla sua performance imbarazzato e cerca di evitare commenti per scongiurare la tragedia pre voto. Mentre questo accade il segretario se ne sta un passo indietro, parla di pace, promette condonucci edilizi e guarda orgoglioso la sua creatura scalmanarsi. L'obiettivo? Essere gladiatori senza perdere del tutto la faccia.
MENO CAPITANO, PIÙ GENERALE : Se avesse voluto raccontare il vero senso della campagna elettorale che sta portando avanti, Matteo Salvini avrebbe dovuto parafrasare lo slogan scelto dalla Lega “Più Italia, meno Europa” e declinarlo soggettivamente: meno Capitano, più Generale. Negli ultimi giorni pre voto lo scritturato Vannacci sta dando il meglio di sé: tra un invito a votare mettendo una Decima sul simbolo della Lega e una citazione de “Il gladiatore” (il solito “Al mio via scatenate l'inferno”), l' 'intruso' sta sbigottendo l'intero ceto politico del Carroccio, che assiste alla sua performance imbarazzato e cerca di evitare commenti per scongiurare la tragedia pre voto. Mentre questo accade il segretario se ne sta un passo indietro, parla di pace, promette condonucci edilizi e guarda orgoglioso la sua creatura scalmanarsi. L'obiettivo? Essere gladiatori senza perdere del tutto la faccia.Voto: Vedremo cosa ne dicono le urne

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pensavano in tanti   che, con la morte di B., sarebbe cessato anche il berlusconismo, trascinato nella tomba insieme alle sue spoglie, ma invece si sono sbagliati ancora una volta. Infatti, B. si appresta ora a risorgere anche sulle prossime schede elettorali per le imminenti elezioni europee. Non contenti di aver confermato sul simbolo di Forza Italia il suo nome, ora si invitano gli elettori addirittura ad esprimere, come prima preferenza, il suo nominativo. Non un candidato, ma una mummia.

PALESTINA, L’EQUAZIONE FALSA COL TERRORISMO E LA DECIMA VANNACCI

Negli ultimi anni in Italia, complice il dibattito sui due conflitti che stanno funestando il mondo, si è rafforzata una pratica tanto longeva quanto insopportabile: l'automatismo a stravolgere qualsiasi gesto che prenda una posizione, vestendolo d'ignominia anche quando non ce ne sarebbe motivo o dipingendolo come un'implicita incitazione alla violenza o come un benestare indiretto al cattivo di turno. La confusione di merito già riscontrata nel dibattito sulla guerra in Ucraina, si sta ripetendo in maniera uguale e diversa sul tema del conflitto israelo-palestinese. L'argomentazione indistinta e violentissima per cui chi dichiara la propria contrarietà all'operato d'israele e manifesta la propria solidarietà alla Palestina viene etichettato come antisemita e apologeta del terrorismo é quantomai viziata e pelosa; eppure il timore di sentirsi riversare contro un'accusa tanto grave inibisce molti dal manifestare apertamente il proprio pensiero. Ha dunque mostrato coraggio Matteo Lepore, sapendo a cosa sarebbe andato incontro, quando ha deciso di esporre la bandiera palestinese da una finestra di Palazzo d'accursio. Il sindaco di Bologna, a cui è immediatamente piovuto addosso quel protocollo di critiche preconfezionate di cui sopra, non solo non ha retrocesso dalla sua azione, ma ha saputo replicare mettendo l'accento proprio sulla pratica della critica infamante usata per ridurre i cittadini al silenzio: “Voglio respingere qui e smentire l'interpretazione che esporre la bandiera del popolo palestinese rappresenti oggi un sostegno ai terroristi e un gesto antisemita. È veramente una cosa falsa che va rigettata e respinta... Evitiamo di accusare l'amministrazione comunale e la città di Bologna di essere al fianco dei terroristi solo perché abbiamo un'opinione e vogliamo aprire uno squarcio nel silenzio che ci si chiede di rispettare: chiederci di stare in silenzio significa chiederci di accettare un massacro”. Non lasciarsi intimorire dal fango delle accuse strumentali, ma smontarle e restituirle al mittente, è un buon modo di fare politica. Oggi ce n'è particolarmente bisogno.ANTISEMITA A CHI?
Se avesse voluto raccontare il vero senso della campagna elettorale che sta portando avanti, Matteo Salvini avrebbe dovuto parafrasare lo slogan scelto dalla Lega “Più Italia, meno Europa” e declinarlo soggettivamente: meno Capitano, più Generale. Negli ultimi giorni pre voto lo scritturato Vannacci sta dando il meglio di sé: tra un invito a votare mettendo una Decima sul simbolo della Lega e una citazione de “Il gladiatore” (il solito “Al mio via scatenate l'inferno”), l' 'intruso' sta sbigottendo l'intero ceto politico del Carroccio, che assiste alla sua performance imbarazzato e cerca di evitare commenti per scongiurare la tragedia pre voto. Mentre questo accade il segretario se ne sta un passo indietro, parla di pace, promette condonucci edilizi e guarda orgoglioso la sua creatura scalmanarsi. L'obiettivo? Essere gladiatori senza perdere del tutto la faccia.
MENO CAPITANO, PIÙ GENERALE : Se avesse voluto raccontare il vero senso della campagna elettorale che sta portando avanti, Matteo Salvini avrebbe dovuto parafrasare lo slogan scelto dalla Lega “Più Italia, meno Europa” e declinarlo soggettivamente: meno Capitano, più Generale. Negli ultimi giorni pre voto lo scritturato Vannacci sta dando il meglio di sé: tra un invito a votare mettendo una Decima sul simbolo della Lega e una citazione de “Il gladiatore” (il solito “Al mio via scatenate l'inferno”), l' 'intruso' sta sbigottendo l'intero ceto politico del Carroccio, che assiste alla sua performance imbarazzato e cerca di evitare commenti per scongiurare la tragedia pre voto. Mentre questo accade il segretario se ne sta un passo indietro, parla di pace, promette condonucci edilizi e guarda orgoglioso la sua creatura scalmanarsi. L'obiettivo? Essere gladiatori senza perdere del tutto la faccia.Voto: Vedremo cosa ne dicono le urne

finalmente si usa il corpo di uomo e non di una donna per una pubblicità

finalmente uno spot nel quale il corpo usato è quello di un uomo non quello della donna, come sempre accade.Obbiettivo raggiunto  ma perché ...