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14.2.23

È Natalino il re della spiaggia: «In mare sfido le onde e il freddo

la Nuova sardegna 12\2 2023

 Olbia
Spiaggia dello Squalo, un giorno qualunque dell’anno, lui c’è. Natalino Sergnesi, 54 anni, olbiese doc, è un mito per i frequentatori di Pittulongu e dintorni. Lo conoscono tutti: è quello che ogni giorno arriva in bicicletta e, temerario, si tuffa in mare a petto nudo, anche in pieno inverno, quando l’acqua è gelida, piove e tira vento. Come se non ci fosse un domani. Niente muta in neoprene e cuffietta, giusto un semplice costumino da bagno che vengono i brividi solo a guardarlo. Dopo la nuotata, un piatto di spaghetti a “Sa joga” e il sorriso contagioso di chi ha capito tutto o quasi della vita. «Amo il mare da sempre e non so rinunciarci – racconta Natalino, ancora in costume e con una berritta calata in testa –. È più forte di me: se vengo in spiaggia, devo tuffarmi e nuotare. Non so resistere. Da qualche anno però questa passione è diventata un appuntamento quotidiano, tutto l’anno, anche in pieno inverno». «È successo tutto con la pandemia e il lockdown – precisa – non si poteva fare praticamente nulla e io ho cominciato a venire tutti i giorni in spiaggia, in bicicletta, più di quanto già facevo prima. È proprio nella solitudine del lockdown che ho cominciato a nuotare anche in pieno inverno, senza muta, senza nulla, e piano piano ho scoperto un mondo fatto di natura, buona salute, fisico tonico e tanta passione». La base di partenza di Natalino Sergnesi e il bar ristorante “Sa joga”, in spiaggia allo Squalo. È il ritrovo di tanti nuotatori olbiesi, ma anche degli appassionati di windsurf che si appoggiano alla scuola di Nicola Campus. Una vera e propria “casa del mare” aperta tutto l’anno, l’unica in città come ben sanno gli olbiesi che la frequentano numerosi d’estate come d’inverno. «Ci incontriamo qui, si esce in mare e poi magari si mangia un piatto di spaghetti con le arselle – dice Natalino –. I nuotatori, agonisti o semplici appassionati, sono tanti e tutti molto forti. Gente che nuota sottocosta oppure che va dritta a Tavolara. Io non sono sicuramente il più veloce, però sono quello che non teme il freddo, il vento o la pioggia. Non uso mute, sempre e solo a petto nudo. Adoro la sensazione dell’acqua gelida, mi fa star bene. Grazie anche a questo, credo, godo di ottima salute e mantengo una buona forma fisica. Detto questo, in mare accetto qualunque sfida». «La mia unica paura – aggiunge con una punta di amarezza – non è l’acqua gelida d’inverno, ma la strada provinciale da Olbia a Pittulongu. Io mi muovo in bicicletta, ma dalla città alla spiaggia manca ancora una pista ciclabile e vedo le auto che mi superano, sfiorandomi, a cento all’ora. Questo è il vero pericolo». Niente telefonini né Internet o profili social, eppure amico di tutti, Natalino Sergnesi in passato ha fatto di tutto: dal tassista al piccolo impresario di traslochi. Spesso da una mano nel ristorante della cognata e del fratello, il “Giropizza” a San Simplicio. Adesso nuota e basta, come se il mare fosse la sua unica ragione di vita. «Devo questa grande passione – conclude elencando i suoi ispiratori– agli amici dell’associazione Natu che nuotano con me, come Francesca Midulla. Poi devo tutto al maestro Alessandro Spano, un vero campione di nuoto, il più forte di tutti. E ancora al maestro di nuoto, di judo e di vita Gianni Perdomi. Infine, a don Antonio Tamponi, parroco di San Simplicio, il mio quartiere. Un grazie enorme poi a Luca Bagnoli, titolare del bar ristorante “Sa joga”, allo Squalo, che ogni giorno ospita tutti noi amanti del mare . tutti noi amanti del mare. È la nostra casa».

2.1.23

Ischia, un pescatore ritrova 10 milioni di vecchie lire

 


repubblica.it


Le banconote, distrutte o deteriorate, rinvenute lungo il litorale di Sant'Angelo: i risparmi di un'isolana, il bottino di un contrabbandiere o l'incasso di un peschereccio naufragato?


C'è un piccolo grande giallo, all'apparenza irrisolvibile, che appassiona Ischia e che, come qui accade per ogni piccola storia che si rispetti, alimenta il chiacchiericcio di pescatori e marinai, rimbalzando tra i gozzi colorati e nei vicoli del borgo di Sant'Angelo, sui cui litorali è accaduto il fatto, invero piuttosto insolito.
Che il mare, prima o poi restituisca tutto, lo dicono da sempre i vecchi pescatori, lo ripete Domenico, che ha appena 39 anni ma ha ereditato dal nonno la passione per un mestiere antichissimo, che pur sopravvive alla concorrenza delle multinazionali.


Eppure, quando martedì ha recuperato, tra le conchiglie e i rami arenati lungo la spiaggia del piccolo paesino delle case variopinte, una serie di buste gonfie d'acqua e di qualcos'altro, s'è sorpreso lui per prima. Dentro c'era un vero e proprio tesoro di banconote, distrutte o deteriorate, e comunque non più utilizzabili: blocchi di centomila lire e cinquecento mila lire, qualche valuta straniera e di tutto un po', per un totale di quattro sacchetti dal contenuto in parte perduto. "Non meno di una decina di milioni di vecchie lire, magari i risparmi di una vita", commenta Domenico, che è popolarissimo su TikTok (anche grazie a una certa teatralità, con la quale racconta il suo amore per il mare e per le sue creature) e ha dunque documentato il ritrovamento in un video che, neanche a dirlo, spopola. Alimentando fantasie e congetture anche lì, sui social: qual è la storia di quel malloppo?

"Abbiamo pensato al bottino di un contrabbandiere, come quelli che viaggiavano sui motoscafi nel golfo di Napoli negli anni '90, o all'incasso di un peschereccio, perduto durante qualche operazione in mare, ma l'ipotesi che più ci convince - spiega il pescatore di Lacco Ameno - è che quella cifra sia accidentalmente finita in mare da terra chissà come, e che contenga i risparmi di qualche anziana isolana". Di più: mentre le buste finiranno alla locale stazione dei carabinieri, è partito anche una sorta di toto-scommesse, tra i pescatori della zona, e ci sarebbe anche un'indiziata.

Quanto basta per alimentare una nuova leggenda, tra le tante che qui resistono all'era dei social, nutrendosi delle confessioni sussurrate, rigorosamente "face to face". Quanto ai piccoli tesori che arrivano dal mare, Ischia ha per la verità - come tutte le piccole isole  - una lunga teoria di storie - queste sì, assolutamente inconfutabili  - che appartengono alla cronaca di questi anni: nel luglio del 2018 ai piedi del Castello aragonese fu recuperata una bottiglia con un messaggio in lituano, la donna che la ritrovò impiegò qualche giorno per farlo tradurre. Diceva: "Con il desiderio che ciascuno resti, per l'altro, la persona più importante al mondo, amanti e amici". Romanticissimo. Un paio di anni prima sulla spiaggia di Citara un bagnino raccolse, stropicciandosi gli occhi, un'altra bottiglia proveniente dalla Corsica. Recitava: "Ciao, Hello, Bonjour, Hola. Siamo Betta, Francesco, Lella, Marco, Mauro e Pietro. Affidiamo questo messaggio al mare. Se lo state leggendo è perché il mare ve l'ha fatto trovare". Storie romantiche, in antitesi con l'istantaneità di Facebook, che richiamano episodi certo più celebri, come quello del soldato Thomas Hughes che nel 1914 affidò proprio a un messaggio in bottiglia il saluto alla moglie: il messaggio fu ritrovato da un pescatore 85 anni dopo.


E non ci sono solo i messaggi: una favola a lieto fine è quella di una macchina fotografica trovata in fondo al mare di Ischia nel maggio 2016, distrutta e ossidata. Ciro, che la recuperò, si accorse che la scheda era intatta e restituì le foto felici di una famiglia in vacanza. Partì così la romantica ricerca dei protagonisti: sui social, nessuno li riconobbe. S'impegnò un ragazzo ingegnoso, Miro, indovinando sulla polo dello skipper un piccolo dettaglio e un nome. Quanto bastò per rintracciare cantiere e skipper e riavvolgere il nastro, restituendo la cosa più preziosa - le foto - ai legittimi proprietari. E per quelle, per le foto, non c'è cambio di conio che tenga: sono immortali.

7.3.18

sorprese del mare Australia, il mare restituisce il più antico messaggio in bottiglia della storia: risale al 1886

ecco la mia  hit 
 Lucio Dalla - Come è profondo il mare da(Live@RSI 1978) - Il meglio della musica Italiana
Francesco De Gregori - Mira mare
Fossati De André De Gregori - Questi posti davanti al mare
Creuza -de- ma Fabrizio De Andrè



L'oceano lo ha conservato per 132 anni, poi lo ha fatto riemergere e consegnato su una spiaggia dell'Australia occidentale. Quello trovato da una famiglia di Perth durante una passeggiata è il più antico messaggio in bottiglia mai scoperto finora. Si tratta di un foglio datato 12 giugno 1886 e affidato al mare da una nave tedesca, la Paula, salpata da Cardiff e diretta in quel periodo a Makassar, in Indonesia.
"Una ricerca d'archivio in Germania ha trovato il Giornale di bordo originale della nave Paula, nel quale c'è una nota del 12 giugno 1886 scritta dal capitano che registra il fatto che una bottiglia era stata gettata in mare, alla deriva. La data e le coordinate corrispondono esattamente a quelle sul messaggio della bottiglia", ha affermato il dottor Ross Anderson, del Western Australian Museum.
Il ritrovamento ha una rilevanza da guinness: finora, il il tempo più ampio trascorso tra il lancio e il ritrovamento di un messaggio in una bottiglia era di 108 anni. La famiglia Illman - protagonista dello storico recupero - non aveva capito cosa gli fosse capitato tra le mani. Erano solo incuriositi dalla bottiglia dalla forma strana. Poi hanno visto il messaggio, che era anche bagnato. Per asciugarlo lo hanno messo nel forno, per cinque minuti. "Quando lo abbiamo srotolato, ho visto un messaggio scritto a mano c
on una grafia minuta su un modello prestampato. Chiedeva al lettore di contattare il consolato tedesco", ha raccontato la signora Tonya Illman. Suo marito Kym - che è un fotografo professionista - ha effettuato ricerche sul web e ha scoperto che tra il 1864 e il 1933 l'Osservatorio navale tedesco ha compiuto un esperimento sulle rotte oceaniche. È scattata così la ricostruzione storica che ha permesso di individuare le origini del messaggio. La famiglia Illman ha ora prestato il messaggio al Western Australian Museum, dove resterà esposto al pubblico per i prossimi due anni assieme alla sua bottiglia.

31.1.16

Una storia di mare e d'amicizia


Trinacria selvaggia
Una storia di mare e d'amicizia

Antonio Vanadia30 gennaio 2016 09:25



Ettore, 74 anni, aveva amici e donne in ogni porto, si faceva voler bene per la sua schiettezza e la sua contagiosa allegria; era un uomo che viveva di poco, ricordo il suo orgoglio nel farmi assaggiare il tonno in salamoia che aveva pescato e preparato


Nel settembre del 2008 mi trovavo a Linosa, il porto era deserto, mi accorsi che nottetempo era arrivata una barca a vela, mi avvicinai , notai che portava un nome inconsueto per un natante marino: ”Alpina”, seguiva al nome il disegno di un fiore,una stella alpina.
Era una barca estremamente vissuta che non concedeva nulla alla ridicola e inutile leziosità dei natanti sportivi. Sul ponte lenze da traino,vestiti consunti stesi ad asciugare sulla corda del boma, un bidone strettamente assicurato alla battagliola , un vecchissimo tender cotto dal sole. Il vento cantava in cima all’albero di randa facendo rollare continuamente l’ ”Alpina” ed io seduto su una bitta ascoltavo il respiro profondo del mare.


Vidi emergere un gagliardo anziano che portava sul canuto capo uno zucchetto di cotone colorato, indossava una maglietta sbiadita, spesse bretelle di cuoio reggevano vecchi pantaloni sbiancati dalla salsedine e dal sole rinforzati, in corrispondenza delle ginocchia ,da spesse toppe di cuoio ,il volto era come terracotta brunita dalla fornace.
Iniziò una grande amicizia; mi parlò della sua vita e del suo sconfinato amore per il mare, un mare alto e profondo lontano dalla costa e non percorso da ‘’marinai domenicali’’, lontano dal rumore e dall’obbrobrio della calca estiva, il mare dove i pesci luna e le tartarughe pigramente si dondolano in superficie e le pinne dei cetacei fendono le creste delle onde.
Mi raccontò di anomali sollevamenti della superficie marina, degli squali e delle balene incrociati nel Canale di Sicilia e poi di tempeste e delle tante regate veliche vinte nel corso della sua intensa vita, regate che duravano giorni e si snodavano per centinaia di miglia lungo il bacino del Mediterraneo ,mare che aveva percorso in lungo e in largo dall’Egeo al mare di Alboran.
Ettore, 74 anni, aveva amici e donne in ogni porto, si faceva voler bene per la sua schiettezza e la sua contagiosa allegria;era un uomo che viveva di poco,ricordo il suo orgoglio nel farmi assaggiare il tonno in salamoia che aveva pescato e preparato.
Piu’ di una volta abbiamo parlato della morte quasi celebrandola, di questa Signora che porta la coscienza e l’anima in una dimensione di eternità, mi disse che avrebbe voluto incontrarla in mare aperto, annuii dicendogli che sarebbe stata una conclusione degna della sua splendida vita . Ci salutammo con un appuntamento per l’estate 2009, dovevamo fare una ricerca sui grandi squali pelagici del Canale di Sicilia, ci tenemmo in contatto per mesi.Un giorno lo chiamai ,il suo cellulare era spento,irraggiungibile.
Tutto accadde in un limpido e terso mattino d’estate,Ettore si trovava in navigazione con amici nel mare in burrasca sulla rotta Capraia -Marina di Carrara, un’ onda di proporzioni inusitate investi’ l’ ‘’Alpina’’a sole 4 miglia dal porto, fece in tempo a sganciare la zattera autogonfiabile permettendo ai suoi amici di salvarsi poi fu’ colpito violentemente al capo dal boma e scaraventato in mare,la barca colò a picco nel giro di pochissimi minuti. Il corpo di Ettore fu avvistato dall’equipaggio di un elicottero e recuperato.
Per sua espressa volontà testamentaria il cadavere fu cremato e le ceneri sparse nell’azzurro scrigno del mare che lui aveva sempre amato. Ho negli occhi e nella memoria la sua radiosa felicità nel sentire lo schiocco secco e sonoro della randa che si gonfiava di colpo sotto il gagliardo morso del vento.

7.2.14

Mare e galera, le spine dei ricci

da  l'unione sarda del  6\2\2014
Marco Noce


Sessantasette anni, da più di cinquanta «in acqua», Franco ha iniziato a pescare ricci di mare e venderli per strada in un'epoca che, rispetto al presente, era il Far West: prima del 1987 (quando ottennero la regolarizzazione a forza di scioperi) «eravamo tutti abusivi: io avevo 55 milioni di lire di verbali».Oggi i ricciai di Cagliari, un centinaio, hanno la licenza regionale, molti anche quella ministeriale, ma devono ancora aspettare la bustittedda . La seconda volta sono entrato il giovedì; sono uscito il martedì mattina, e subito in acqua a fare is arrizzonis ». E che doveva fare, rubare?
stagione, entrare in acqua, sperare che non ci sia il maestrale, e nei giorni scorsi erano di nuovo in agitazione. Le nuove regole (etichettatura, provenienza del pescato, Haccp per vendere la polpa in vasetti) sono severe e pensate per dimensioni quasi industriali, e loro continuano a collezionare verbali. Stavolta in euro. Più, quando si spostano fuori città, minacce e gomme squarciate.Franco ha visto di peggio: «Ho anche fatto galera. L'anno del colera era vietatissimo pescare. Mi hanno beccato due volte: una ricci, l'altra bocconi. Mi hanno dato cinque giorni e cinque giorni. Ricordo la prima volta, davanti al portone di Buoncammino, con la

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...