Trinacria selvaggia
Una storia di mare e d'amicizia
Antonio Vanadia30 gennaio 2016 09:25
Ettore, 74 anni, aveva amici e donne in ogni porto, si faceva voler bene per la sua schiettezza e la sua contagiosa allegria; era un uomo che viveva di poco, ricordo il suo orgoglio nel farmi assaggiare il tonno in salamoia che aveva pescato e preparato
Nel settembre del 2008 mi trovavo a Linosa, il porto era deserto, mi accorsi che nottetempo era arrivata una barca a vela, mi avvicinai , notai che portava un nome inconsueto per un natante marino: ”Alpina”, seguiva al nome il disegno di un fiore,una stella alpina.
Era una barca estremamente vissuta che non concedeva nulla alla ridicola e inutile leziosità dei natanti sportivi. Sul ponte lenze da traino,vestiti consunti stesi ad asciugare sulla corda del boma, un bidone strettamente assicurato alla battagliola , un vecchissimo tender cotto dal sole. Il vento cantava in cima all’albero di randa facendo rollare continuamente l’ ”Alpina” ed io seduto su una bitta ascoltavo il respiro profondo del mare.
Vidi emergere un gagliardo anziano che portava sul canuto capo uno zucchetto di cotone colorato, indossava una maglietta sbiadita, spesse bretelle di cuoio reggevano vecchi pantaloni sbiancati dalla salsedine e dal sole rinforzati, in corrispondenza delle ginocchia ,da spesse toppe di cuoio ,il volto era come terracotta brunita dalla fornace.
Iniziò una grande amicizia; mi parlò della sua vita e del suo sconfinato amore per il mare, un mare alto e profondo lontano dalla costa e non percorso da ‘’marinai domenicali’’, lontano dal rumore e dall’obbrobrio della calca estiva, il mare dove i pesci luna e le tartarughe pigramente si dondolano in superficie e le pinne dei cetacei fendono le creste delle onde.
Mi raccontò di anomali sollevamenti della superficie marina, degli squali e delle balene incrociati nel Canale di Sicilia e poi di tempeste e delle tante regate veliche vinte nel corso della sua intensa vita, regate che duravano giorni e si snodavano per centinaia di miglia lungo il bacino del Mediterraneo ,mare che aveva percorso in lungo e in largo dall’Egeo al mare di Alboran.
Ettore, 74 anni, aveva amici e donne in ogni porto, si faceva voler bene per la sua schiettezza e la sua contagiosa allegria;era un uomo che viveva di poco,ricordo il suo orgoglio nel farmi assaggiare il tonno in salamoia che aveva pescato e preparato.
Piu’ di una volta abbiamo parlato della morte quasi celebrandola, di questa Signora che porta la coscienza e l’anima in una dimensione di eternità, mi disse che avrebbe voluto incontrarla in mare aperto, annuii dicendogli che sarebbe stata una conclusione degna della sua splendida vita . Ci salutammo con un appuntamento per l’estate 2009, dovevamo fare una ricerca sui grandi squali pelagici del Canale di Sicilia, ci tenemmo in contatto per mesi.Un giorno lo chiamai ,il suo cellulare era spento,irraggiungibile.
Tutto accadde in un limpido e terso mattino d’estate,Ettore si trovava in navigazione con amici nel mare in burrasca sulla rotta Capraia -Marina di Carrara, un’ onda di proporzioni inusitate investi’ l’ ‘’Alpina’’a sole 4 miglia dal porto, fece in tempo a sganciare la zattera autogonfiabile permettendo ai suoi amici di salvarsi poi fu’ colpito violentemente al capo dal boma e scaraventato in mare,la barca colò a picco nel giro di pochissimi minuti. Il corpo di Ettore fu avvistato dall’equipaggio di un elicottero e recuperato.
Per sua espressa volontà testamentaria il cadavere fu cremato e le ceneri sparse nell’azzurro scrigno del mare che lui aveva sempre amato. Ho negli occhi e nella memoria la sua radiosa felicità nel sentire lo schiocco secco e sonoro della randa che si gonfiava di colpo sotto il gagliardo morso del vento.
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