Spedito da Mezzolombardo a Londra, secondo la tracciatura era tornato a Trento, dove però era sparito. Proteste per l’arroganza di un impiegato
di Marco Weber
L’interno di un centro postale, pieno di pacchi e corrispondenza
TRENTO. «Non solo hanno perso un pacco per la cui spedizione ho pagato trenta euro, ma un loro dipendente dell'ufficio pacchi si è permesso di dirmi che a lui del mio pacco non gli frega nulla, che hanno altro da fare che pensare al mio pacco». È veramente arrabbiato questo cittadino di Mezzolombardo che il 18 dicembre scorso si è recato nell'ufficio postale della borgata e ha spedito un pacco contenente regali di Natale (per un valore di un centinaio di euro) con destinazione Londra. Una vicenda che si è conclusa positivamente ma in tempi inaccettabili per un servizio postale. Ben dieci giorni dopo la Befana.
Ma ecco la storia dall’inizio. Dalla tracciatura del pacco, rilavabile dal sito internet delle Poste Italiane, si evinceva che il pacco era arrivato a Milano, dove doveva essere imbarcato su un aereo, ma poi non si sa perché era stato rispedito all'ufficio pacchi di Trento. Dove però a quanto pare il pacco non c'era.
«Quando ho visto su internet che il pacco risultava rispedito a Trento - afferma colui che ha spedito il pacco - non ne capivo il motivo e quindi ho telefonato per avere informazioni e spiegazioni in merito. Mi hanno detto che la tracciatura è sbagliata, che il pacco probabilmente è a Milano oppure è partito per Londra ma il pacco finora non è arrivato a destinazione e dubito arriverà mai. Lo hanno perso, oppure qualcuno lo ha rubato. Può succedere, anche se non dovrebbe succedere, ma quello che non digerisco è che la tracciatura su internet della mia spedizione è sbagliata e quindi questo servizio sbandierato delle Poste Italiane non serve a niente».
«Inoltre è assolutamente inaccettabile il comportamento di un addetto dell'ufficio pacchi di Trento: ha avuto la insolenza di dirmi telefonicamente che hanno altro da fare che occuparsi del mio pacco. Non stavo parlando con lui, ma con un'altra persone, una donna, che stava rispondendo gentilmente alle mie domande, ma la telefonata era evidentemente in vivavoce perché lui ha sentito quello che dicevo e si è intromesso dichiarando ad alta voce che hanno altro da fare che occuparsi del mio pacco. Ho chiesto il suo nome, mi ha risposto che non intendeva dirmelo. Ho chiesto alla signora con cui avevo iniziato la conversazione come si chiama il signore maleducato, anche lei non ha voluto darmelo».
Non tutti sono stati maleducati, tiene a precisare lo sfortunato cliente delle Poste Italiane, anzi nelle diverse telefonate fatte ha prevalso l'educazione, ma nessuno sapeva dov'era il pacco e nessuno sapeva spiegare perché la tracciatura sul sito internet delle Poste dicesse che era tornato a Trento, ma a Trento non c'era. «Mi hanno detto che anche con altri pacchi spediti il 18 dicembre scorso hanno avuto lo stesso problema, ovvero non sanno dove sono andati a finire, – conclude lo sconfortato utente postale – ma non è che questo mi consoli, anzi lo trovo inaccettabile: il loro mestiere è far arrivare i pacchi a destinazione. La pubblicità che vedo tutti i giorni in televisione dice che sono efficienti e gentili, che di loro bisogna fidarsi. Nel mio caso sono stati inefficienti e un loro dipendente è stato scortese e arrogante. Ho speso
trenta euro di spedizione e poi lui, che lavora all'ufficio smistamento pacchi, mi ha detto che del mio pacco non gliene frega niente».
Alla fine, come detto, la situazione si è sbloccata: il fatidico pacco è arrivato a destinazione ma solo sabato, con quasi un mese di ritardo.
la seconda da http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/ del 16\1\2016 2016/01/16
Rialto, sfratto al carretto del portabagagli: "Altera il paesaggio"
La Soprintendenza nega il permesso in nome del decoro. Fabio: «Una vergogna»
VENEZIA. La Soprintendenza e il Comune sfrattano il «porteur». Da mesiFabio con il suo carretto accoglie i turisti all’imbarcadero di Rialto, in Riva del Ferro, e trasporta le valigie nei vicini alberghi. «Mi sono inventato un nuovo lavoro», diceva con orgoglio, «e ho tutte le autorizzazioni». Ma adesso è arrivato l’ordine di rimozione per il carretto, la piccola panchina e l’ombrellone per cui Fabio Parma aveva chiesto l’autorizzazione. Pochi centimetri quadrati a fianco dell’uscita del vaporetto di linea 2 tra tende, banchetti, stazioni di taxi e gondole, carretti del trasporto.
La lettera è firmata dalla soprintendente Emanuela Carpani. «La concessione di suolo pubblico per l’esercizio dell’attività di portabagagli», scrive la soprintendente, «costituirebbe un ulteriore aggravio per la viabilità e in particolare per le condizioni di decoro di un’area di particolare interesse paesaggistico e monumentale alterando i valori paesaggistici tutelati dalla via acquea del Canal Grande».
Alterando i valori paesaggistici? «Ma avete visto cosa c’è qua intorno?», sbotta Fabio. Maxicartelloni pubblicitari sul ponte di Rialto, tende di ogni qualità, insegne al neon, masegni danneggiati, plastiche e tende dei gondolieri. E non ultimo lo stesso pontile Actv, rifatto da qualche mese. Un blocco di ferro e cemento che occlude più di prima la vista dal Canal Grande. Un edificio che invece secondo la soprintendente «ha costituito l’occasione per il riordino e la razionalizzazione degli spazi pertinenti al pubblico trasporto». Dunque, via il portabagagli. Che offende il decoro e ostacola la viabilità.
«Un’ingiustizia, se la prendono con me, come se dipendesse dalla mia panchina di 50 centimetri il decoro di Rialto. Ho già chiesto un incontro urgente all’assessore all’Edilizia privata De Martin. E voglio parlare al sindaco. Vogliono togliermi il lavoro». Perché ricevuta la lettera di palazzo Ducale, anche il Comune ha inviato la sua lettera al portabagagli. Comunicando che il «nulla osta» rilasciato qualche mese fa deve essere modificato. Sono intervenuti dei «motivi ostativi», e in particolare il divieto della Soprintendenza che nella sua risposta si richiama al Codice dei Beni culturali approvato nel 2004, che disciplina all’articolo 134 le aree sottoposte a tutela. Per il decoro di Rialto dunque è necessario che il portabagali traslochi. Con la sua panchina, il carretto e
l’ombrellone blu che aveva posizionato a fianco del pontile taxi. Anche questo da qualche mese senza copertura dopo l’intervento della Soprintendenza. «Ma darò battaglia, quello che sta succedendo è ridicolo», protesta Fabio. Da mesi noto a Rialto come il «porteur».
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