30.1.16

Zerez, l'unica dimensione


Parafrasando il bel post di Loris Righetto "Può una poesia cambiarti la vita?", rispondiamo che cambiarla è forse eccessivo, ma illuminarla, renderla più chiara e percepibile a noi stessi, forse sì. E se tanto può uno scritto, quanto può una vicenda umana, una storia in carne e ossa, insomma una persona? È questa la sensazione che si prova dopo aver ascoltato Claude Zerez, profugo siriano, esperto di Storia dell'arte e arte sacra, ospite domenica 24 gennaio del centro culturale "Alessandro Manzoni" di Bresso.
Claude Zerez,  al centro  . foto   presa  da  https://www.facebook.com/media/set/?set=a.938586892856606.1073741957.128059093909394&type=3  di Daniela ( l'autrice  dell'articolo ) dove  ne trovate altre  

Zerez vive attualmente in Francia. Nel conflitto che insanguina il suo paese ha perso la figlia ventenne, il padre, un fratello e un cugino.
Lo studioso ha lodato "il calore e il cuore dei fratelli italiani", senza dimenticare "la ragione e il cartesianesimo dei francesi". Al cuore, o meglio ai visceri, sicuramente ha parlato, ridestando la nostra antica memoria, sepolta da tempo sotto il cumulo dello scetticismo.
Zerez, cristiano di Aleppo, ci ha accompagnati con un filmato nelle strade bruciate dal sole e nelle penombre fetali, culla della civiltà. Perché l'umanità nasce in Mesopotamia, fra Iraq e Siria. I primi segni di civilizzazione risalgono a settemila anni prima di Cristo. Da quelle parti è nata la scrittura, antenata di quella attuale.
La sensazione è d'un luogo bello, immerso nel tempo e fuori di esso. Uno scampolo d'eterno. A Maaloula, il villaggio cristiano dove ancora si parla e si prega il Padre Nostro in aramaico, la lingua di Gesù, sorgeva la chiesa più antica del mondo, dedicata a Sergio e Bacco, i due martiri e amici, fatti sfilare prima del supplizio in abiti femminili, molto venerati in Oriente. Edificata sui resti d'un antico tempio pagano, è stata quasi completamente distrutta nel 2013, quando il villaggio venne assaltato. La stessa sorte, anzi peggiore, è toccata a San Paolo presso Damasco, alla basilica di San Simeone lo stilita... e a moltissime altre. Ad Aleppo sono state demolite le ultime chiese armene.
Il suq di Aleppo non esiste più. Le vittime sono sia cristiane sia musulmane (anche il minareto d'una moschea del nono secolo è stato raso al suolo e il tempio è cosparso di rovine). "Si viveva in pace, un tempo" ricorda Zerez, e la sua voce non muta tono. È la stessa, semplice, calda ed essenziale, da umanista, da docente. In ogni docente latita un poeta. Rimane sottotraccia, poi d'improvviso esplode. Le pietre degli edifici gli sono care perché conosce il linguaggio dei simboli, e dietro i simboli scorre sangue umano. Sì, per molti secoli le due fedi hanno convissuto pacificamente e ancora adesso, appena si può, ci si riappropria dello spazio rubato, si prosegue, si lava un pavimento, si prega insieme - nella chiesa di San Giorgio si recano cristiani e islamici -, si studia. Dove si può, perché le scuole vengono sistematicamente distrutte.
Le vittime si contano da entrambe le parti. La figlia di Zerez è stata rapita e assassinata da Daesh e il corpo gettato in strada. L'ha recuperato un amico islamico cui la ragazza riuscì a regalare un rosario. Ai funerali, celebrati dopo quaranta giorni, la chiesa era gremita più di musulmani che di cristiani.
Nelle zone controllate da Daesh è proibito tutto, dalla musica alla TV. Il Gran Mufti di Damasco, Ahmad Badr ed-Din Hassoun [noto alle cronache italiane per aver partecipato al digiuno per la pace indetto da Papa Francesco nel 2013, ndA], ha condiviso il dolore di Zerez. Accusato di moderatismo, per ritorsione s'è visto rapire, torturare e uccidere un figlio.
"Non esiste un confine netto tra bene e male, i buoni e i malvagi si trovano dappertutto", ripete Zerez che, come molti orientali, si esprime per apoftegmi, d'una semplicità fin troppo evidente, parabolica. Ma se a pronunciarli è uno che ha attraversato il dolore più atroce, quello per cui non esiste perdono umano, nulla risulta più scontato. E le proposizioni assumono un altro peso, si fanno solide, aprono gli occhi e smascherano il velo dei sofismi. Daesh ha invaso Palmira, occupato il villaggio cristiano di Kariatin, deportato 270 ostaggi. Il parroco, noto per il suo impegno a favore di tutti, è stato camuffato da jihadista e liberato. Si è battuto per la salvezza degli altri concittadini.
Non sempre finisce bene. Durante lo scorso venerdì santo, un cristiano di Raqqa che rifiutava di convertirsi è stato crocifisso in modo da "celebrare" degnamente il suo Dio - questa l'irridente sentenza. Un uomo che aveva rifiutato di consegnare a Daesh la figlia di nove anni s'è visto recapitare la testa della bambina dopo alcuni mesi. Nel 1900 i cristiani erano il 30% della popolazione, ora si attestano intorno allo 0.6%. Corsi e ricorsi storici: lo stesso avvenne nel 1916, dopo il genocidio degli armeni in Turchia.
"Il commercio di organi umani è molto fiorente soprattutto dopo i bombardamenti russi che hanno distrutto una parte considerevole di oleodotti, principale fonte di guadagno per Daesh - prosegue Zerez. - La prospettiva ventilata dai terroristi ai poveri è d'altronde allettante: se un giovane accetta di arruolarsi, gli si garantiscono cento euro al giorno. Poi lo si radicalizza, anche ricorrendo a un'amfetamina come il Captagon che elimina fame, paura e freni inibitori. Dopo sei mesi di addestramento si ordina al 'neofita' di decapitare i genitori e di portarne la testa ai capi di Daesh. Se rifiuta, saranno gli stessi addestratori ad attuare un'incursione, usando violenza alle donne di casa e successivamente eliminandole con tutti gli altri membri della famiglia. Il problema non è religioso. È politico. È culturale. Una casa si ricostruisce, un conflitto armato si può vincere. Ma come ridonare l'innocenza a bambini addestrati a giocare con le teste dei condannati? Queste sono generazioni perdute per i prossimi cinquant'anni".
La maggior parte dei "miliziani" è straniera: "Non parlano nemmeno arabo quindi non conoscono realmente il Corano. Si prefiggono di sradicare dall'Oriente sia il cristianesimo sia la storia siriana".
Zerez ne ha pure per i "foreign fighters" d'origine europea. "Due terzi di essi sono francesi - spiega -, cercano la famiglia che loro manca".
La famiglia, sì. "Hanno cominciato a dimenticare le loro radici giudeo-cristiane e cercano un nuovo senso della vita per colmare il vuoto familiare e spirituale che li opprime". Non c'è spazio, nemmeno qui, per cavilli politicamente corretti. "Il reclutamento avviene tramite il web, come per i loro colleghi di origine extraeuropea. È ben strano - constata il Nostro, ma nemmeno in tal caso muta l'espressività dell'eloquio, sempre ugualmente passionale, mai sarcastico - In nome della laicità e col pretesto d'un presunto 'rispetto' verso altri culti, si aboliscono i presepi [il nostro 'premier', da buon italiano, s'è spinto ben più in là: addirittura velando le antiche statue pagane nude nel timore urtassero la 'sensibilità' del dovizioso ospite iraniano, che peraltro non gli aveva chiesto nulla, ndA]. Ma gli occidentali ignorano che, da noi, i presepi vengono allestiti non solo dai cristiani ma dagli stessi musulmani, i quali considerano Gesù un profeta di pace e di luce. A Damasco, durante le processioni, chiudono le serrande dei negozi in segno di rispetto".
Il dialogo con l'Occidente, lo ammette, è difficile. "Dalle nostre parti non si conosce il concetto di cittadinanza né quello di democrazia. La prima identità è etnica: sei un curdo, un siriano ecc. prima d'ogni altra cosa. La seconda è religiosa; la terza, patriottica. Sono soprattutto i cristiani a tenervi. Io, ad esempio, sono arabo per cultura, ma le mie radici sono aramee. In Siria esiste una confederazione di etnie; se crolla un regime, il rischio di finire come la Libia è concreto e reale. Non so quale soluzione suggerire. So che, in politica, prevalgono gli interessi. L'Occidente stringeva affari con Gheddafi e Assad; poi li ha considerati acerrimi nemici, senza peraltro assumere posizioni precise. La guerra sta dilagando pericolosamente in un effetto-domino che, muovendo dalle ostilità fra sunniti e sciiti, sta per diffondersi in Arabia Saudita, Pakistan, paesi del Golfo e naturalmente Europa: soprattutto in seguito all'intervento russo vi si sono infiltrati 4000 jihadisti, millantandosi come profughi. Si tratta di cellule dormienti, pronte ad agire non appena ricevano un ordine dall'alto". Le cause della guerra sono molteplici: analfabetismo diffuso (circa il 23%), povertà, esasperazione per la corruzione diffusa capillarmente, dalla sommità all'ultimo dei funzionari.
"Dopo l'assassinio di mia figlia ho trascorso sei mesi a ribellarmi contro Dio. Ma, più tardi, la sua assenza è stata sostituita da una grande presenza spirituale. Ho solo quella. Il cimitero dove è stata sepolta non esiste più. Eppure ho avvertito la sua protezione durante la fuga, come facesse scudo a me, a mia moglie, al resto della mia famiglia. Abbiamo superato indenni tutti i pericoli, i posti di sbarramento. No, non ho perso la fiducia nell'umanità. Uomini e donne di pace esistono. Un ebreo canadese molto facoltoso, Steve Maman, ha letteralmente comprato - come Schindler ai tempi del nazismo - centoventi ragazze cristiane e yazide per poterle liberare dalla schiavitù sessuale cui erano destinate. Ricordo con grande affetto le famiglie beduine che sempre ci hanno ospitato e pregato con noi. Penso ancora al Gran Mufti, che accoglieva con me i pellegrini cristiani donando loro un versetto del Corano in cui si loda la Vergine Maria [nella sura 'L'Interdizione', ndA]. Penso agli amici musulmani che mi chiamano profeta, perché secondo loro li aiuto non solo ad amare di più i miei correligionari ma ad approfondire la loro stessa fede. Anche in Libano, i cristiani sono spesso pontieri: vi si trovano comunità miste, di drusi, di sunniti, dove i cristiani non mancano mai per la loro opera di mediazione e pacificazione. Perdono, sì, perdono di cuore. Ma non dimentico. Senza memoria non v'è umanità. Non dimentico, perché 'non sanno quello che fanno'. E ricordo per loro e per me. È il nostro destino, vivere la croce. La nostra dimensione è l'esodo. Ma in Oriente aspettiamo sempre la resurrezione. Arriverà".

© Daniela Tuscano

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