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13.10.25

Don Ettore Cannavera: «Il carcere crea solo delinquenti, la mia comunità rieduca i minori»Il sacerdote da 30 anni offre ai ragazzi un’alternativa alla detenzione a “La Collina”, l’azienda agricola fondata nella terra ereditata dai genitori a Serdiana


 la nuova  sardegna 
13 ottobre 2025 11:44





Sassari «Facendo il cappellano in carcere ho capito ancora di più che a un adolescente non si può dare solo una risposta punitiva. Come si fa a mandare in carcere un quindicenne, un sedicenne? E c’è anche chi vorrebbe addirittura abbassare l’età minima per la detenzione». Don Ettore Cannavera, già cappellano nel carcere minorile di Quartucciu, ha fondato nel 1994 a Serdiana, nella campagna di Cagliari, la comunità “La Collina”, dove vengono ospitati giovani a cui il magistrato di sorveglianza ha concesso una misura alternativa alla detenzione.
Perché ha lasciato il carcere per fondare La Collina?
«Dopo trent’anni come cappellano, non trovavo una risposta valida, umana, intelligente nel mandare in carcere ragazzi dai 14 anni in su. La nostra Costituzione, all’articolo 27, dice che chi sbaglia ha diritto a essere rieducato, aiutato, reinserito nella società. Il carcere può essere solo punitivo? No. Per questo ho fondato questa comunità, dove ora sono da trent’anni, perché ci sia un percorso educativo. Se sbagli,
abbiamo il diritto e addirittura l’obbligo a punirti, ma anche il diritto e l’obbligo a educarti, a rieducarti».
Quanti ragazzi sono passati dalla Collina in questi trent’anni?
«L’ultimo calcolo che ho fatto è 120, ma lo abbiamo già superato da un anno o due. Di questi, cinque sono rientrati in carcere. Non tutti i percorsi si sono conclusi positivamente, ma qualcuno ha terminato talmente bene che è diventato mio educatore. Uno addirittura è diventato il responsabile dell’azienda agricola: l’ho conosciuto in carcere per un omicidio e l’ho avuto in comunità per scontarlo. Questo vuol dire che noi dobbiamo superare una certa mentalità».
Ha detto che se dovesse rinascere farebbe una scuola per genitori.
«Per non colpevolizzare solamente il ragazzo. Se io metto un adolescente in carcere per un reato, mi chiedo: perché lui ha commesso quel reato e io no? Io sono figlio di genitori mezzo analfabeti, mio padre era un contadino, mia madre aveva la quinta elementare, eppure né io né i miei fratelli siamo finiti in carcere. Il problema è educativo. Quando vedo ragazzi che commettono errori, che addirittura fanno dei reati, mi chiedo: sono nati delinquenti? No, sono diventati. I primi responsabili sono i genitori che li hanno partoriti».
Cosa cerca un ragazzo quando varca la porta della comunità?
«Cerca la relazione affettiva. Hanno bisogno di essere ascoltati. Mi capita qualche volta, dopo cena, che
un ragazzo venga da me: “Don, ti devo parlare”. Si siedono vicino a me e cosa hanno da dirmi? Niente. Avrebbero bisogno della relazione, dell’affetto. Il bisogno fondamentale di ciascuno di noi è la relazione: essere accolti, ascoltati, capiti, ma anche lo stare vicini, camminare insieme. Se tu non hai un rapporto relazionale affettivo, diventi conflittuale. Questi ragazzi di cui mi sono occupato per tanti anni non l’hanno avuta. Non sono diventati relazionali, sono diventati conflittuali».
Che cosa le hanno insegnato questi trent’anni?
«Che i ragazzi, soprattutto gli adolescenti, hanno bisogno di entrare in relazione con chi li ascolti. Noi preti, religiosi, siamo abituati a fare le prediche, a insegnare, a parlare. Ma questo è fondamentale anche per i genitori: prima di dire cosa devono fare, li devo ascoltare perché esprimano i loro bisogni, il loro disagio, le loro aspettative, i loro sogni. Educere in latino vuol dire tirar fuori. Io ho fatto l’insegnante per 35 anni, non di religione, di psicologia. Entravo in classe e dicevo: “Beh, ragazzi, com’è andata la vostra serata ieri? ” I primi dieci minuti parlavano loro, non io. Perché in base a quello che capivo potevo fare l’insegnante. Se erano già incavolati per altro, a cosa serve insegnare filosofia? Prima si ascolta l’altro per capire la sua situazione».
Il contatto con i ragazzi continua anche dopo la comunità?
«Sorrido perché proprio prima mi ha chiamato un ragazzo che è stato qui 5 anni. Ha incontrato una donna, si è fatto la famiglia e ogni tanto mi chiama: “Vieni a cena con noi”. Resta il contatto e ancora il bisogno di incontrarsi. Tanti vengono qui quando il giovedì è aperto a tutti: “Ciao, come stai?”. Qualcuno mi ha chiamato: “Dai vieni, mi è nata una bambina, voglio incontrarti”. Resta la relazione, che è il fondamento del recupero. Questo non avviene nel carcere. Nel carcere devono essere controllati, tenuti dentro per non ricommettere il reato, ma non c’è la relazione, non vivono con loro».
Ha mai pensato d i creare una comunità fuori dalla Sardegna?
«No, di fare una comunità fuori dalla Sardegna non ci ho mai pensato. Probabilmente proprio perché sono molto legato alla mia terra. La comunità è in un terreno che ho ereditato dai genitori, i miei fratelli mi hanno detto: “Quella prendila tu e realizza la comunità”. Parliamo di 45 anni fa. È diventata casa mia. Fuori posso andare per dibattiti, vivere altrove no. Dove sono adesso, dalla finestra vedo l'oliveto che una volta era la vigna piantata da mio padre, dove da bambino andavo a vendemmiare. Sono molto attaccato al posto in cui sono nato e ho vissuto da adolescente».
Come vede il futuro della comunità?
«È una domanda difficile. Io ho ormai 81 anni e tra poco devo lasciare. Sto formando alcuni operatori perché continuino questa esperienza. Ce ne sono di molto in gamba, che hanno 50, 60 anni e possono continuare a portare avanti La Collina come alternativa al carcere. L’alternativa alla punizione, alla privazione della libertà. Io vivo con i ragazzi, la mia camera è di fianco alla loro, mangio con loro. Ricreo un ambiente familiare. Il carcere minorile lo ritengo del tutto antipedagogico, diseducativo. Quando li metti dentro sono in piena formazione e l’entrata in carcere dà loro quell’identità: “Sono un detenuto, sono un criminale”. Questi ragazzi che hanno sbagliato devono essere aiutati a cambiare».

6.5.25

anche la trap come i neo melodici elogia i boss . ecco perchè non si riesce a sradicare la cutura delle mafie e la mafia prospera sempre più


La procura di Catania ha avviato accertamenti sulla performance del rapper Baby Gang che, prima di esibirsi con 'Italiano', avrebbe fatto sul palco una videochiamata con il coautore della canzone, Niko Pandetta, nipote del boss mafioso Turi Cappello, detenuto da ottobre del 2022 a Rosarno in Calabria per spaccio di sostanze stupefacenti.




 Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta o registrata. Nel carcere di Rosarno, e in particolare nella cella di Niko Pandetta, la polizia penitenziaria ha trovato un telefonino.

30.1.23

L’educazione dei ragazzi di Maria Giuseppina Tamponi ( alias Peppy .ta1)

E' vero  dopo la la  laurea    ,  anche    se  ho amici\che  insegnanti  ,  non frequento più  la  scuola   e  non  h  mai  insegnato  . Ma   concordo  con  questo  post  

Si parla di cosa sia più giusto dare come valutazione, smile voto scritto o numerico, si parla di come non bisogna demonizzare il web, si parla di comprensione. Peccato però che non si fa affatto un mea culpa su come siamo arrivati ad avere ragazzini di 14 anni che spingono un coetaneo sotto un treno per motivi non futili di più, di ragazzini che bullizzano i propri insegnanti, di ragazzini che rapinano mini market… forse qualcosa è andato storto, forse dovremmo fare un piccolo esame di coscienza e riportare questi ragazzi nel mondo reale dove i brutti voti spesso te li da la vita, dove le porte chiuse sono assai di più di quelle aperte, dove nulla viene regalato come incoraggiamento!
non solo aggiungo che mi fa piacere che lo faccia una persona giovane lontana dalla mia generazione dove non c’era tutta questa comprensione e giustificazione da parte dei genitori se combinavi qualcosa di grave anzi a casa quando tornavi prendevi “il resto” come diceva mia mamma per  quelle  più gravi . Concludo    con  quanto  dice  Spano Marianna  : <<  Dietro
questi figli ci sono dei genitori che hanno fallito alla grande, quando nasci e cresci con dei valori queste cose non accadono. Dalle chat di classe capisco tanti comportamenti di alcuni ragazzini perché i primi a non sapersi comportare sono proprio i genitori e qui mi fermo.
La parola dei miei genitori era sacra ai miei tempi, spesso non condividevo e non accettavo cercando spesso di ribellarmi, ma infondo ascoltandoli perché dietro quelle parole sapevo ci fosse un motivo x il mio bene.
Fare il genitore è difficile e complicato al giorno d'oggi, ma abbiamo avuto ottimi insegnamenti e faccio affidamento su quelli. >>

24.4.22

vecchio ma accentuato dalle nuove tecnologie o nuovo bullismo ? il caso delle bay bulle di siena

N.b 
non fatevi ingannare dal  titolo ,  nessun sessimo     o maschilismo da parte  mia   . stesso discorso  quando a  comportarno  in tale maniera  sono gli uomini  . 

di cosa  stiamo parlando  

Siena, scoperta babygang di ragazzine: picchiavano coetanee e diffondevano video delle aggressioni



Attiravano coetanee con minacce o inganni in luoghi appartati e poi le aggredivano con calci e pugni, filmando la scena col telefono. E alla violenza fisica si aggiungeva l'umiliazione perché le immagini dei pestaggi venivano diffuse nelle chat. Sono 10 le ragazze tra i 14 e i 15 anni finite sotto indagine a Siena. La babygang - avevano chiamato così anche la loro chat - è stata scoperta dopo la denuncia di una vittima. Alle ragazze è contestato il reato di atti persecutori aggravato dall'odio razziale per l'aggressione a una coetanea di origini straniere.

Leggendo e sentendo del caso delle #baybulle di siena mi viene comì, come credo a molti di noi , chiedermi è il vecchio bullismo ma accentuato dalle nuove tecnologie o nuovo bullismo ? Secondo me vista la mi esperienza scolastica si tratta del primo caso . Infatti niente  di  nuovo  mi si dirà    da  parte  di quelli    della mia generazione  ( anni 70\80 )      e   di quelle precedentiu  . Vero   , il fenomeno  è vecchio come il cucco  ,  soltanto    che  il fenomeno si aggravato    con l'uso improprio   ed  la mancanza     d'educazione  ad  un uso  consapevole  ,  delle  nuove tecnologie .  Ma  soprattutto il fatto  che   se  rima  era   famiglie  disagiate   ed problematiche   adesso   avviene   anche  fra quelli  non problematiche come  fa notare   ques'articolo  ,  da me  riportato  e  con cui con  concordo  , di  Dagospia

LE DIECI BABY BULLE CHE A SIENA TERRORIZZAVANO LE COETANEE SONO 14-15ENNI DI BUONA FAMIGLIA, CON UN DISCRETO LIVELLO DI AGIATEZZA E ISTRUZIONE. ALLORA PERCHÉ SI DIVERTIVANO A PICCHIARE E DERIDERE LE LORO VITTIME, PER POI CONDIVIDERE TUTTO SUI SOCIAL? NON C’ERA UNA RAGIONE, SOLO LA VIOLENZA FINE A SE STESSA – NON HANNO MAI RUBATO NIENTE, PER LORO CONTAVA SOLO LA “SPETTACOLARIZZAZIONE DELLE AGGRESSIONI” – LA GANG AVEVA UN’ORGANIZZAZIONE QUASI MILITARE. CON UNA LEADER, UNA GERARCHIA E ANCHE UNA SPECIE DI TRIBUNALE CHE IMPARTIVA PUNIZIONI A CHI ABBANDONAVA LA BANDA
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 6 persone


Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...