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5.6.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto antiviolenza antonio bianco . puntata n XXIX .Anche viaggiare in macchina può essere pericoloso.QUANDO SIETE SOLE, TENETE IN BELLA VISTA IL CELLULARE . + autostop come farlo in sicurezza se viaggi sola


Ecco perché abbiamo scelto di offrirvi qualche consiglio per aumentare la sicurezza quando guidate e per proteggervi dagli scippatori. Del resto quando si è in auto si ha la sensazione di essere al sicuro e al riparo dai pericoli, quasi fossimo a casa. Per esempio, capita che ci si trucchi al semaforo,senza fare caso a ciò che accade accanto a noi.Eppure chi usa spesso la macchina, magari per motivi di lavoro o semplicemente per piacere, deve avere la consapevolezza che può capitare di dover affrontare situazioni spiacevoli: anche in questo caso la sicurezza personale deve essere la priorità assoluta, soprattutto in situazioni potenzialmente pericolose. Ecco alcuni consigli, suddivisi in misure preventive e azioni durante un eventuale a!acco, per aiutarvi a difendervi da un’aggressione in macchina.

N.b I nostri suggerimenti sono di natura generale e non sostituiscono l’assistenza di un esperto in sicurezza o le indicazioni delle autorità competenti. Qualche esempio pratico.

Un caso frequente èquello del finto incidente, quando si costringe l’automobilista a fermarsi con la scusa di un incidente e si approfitta per aggredirlo o derubarlo.

Un altro è quello della gomma tagliata, che si consuma soprattutto nei parcheggi oppure nei pressi dei supermercati: si trova la propria auto con una gomma a terra, di solito la posteriore destra, in modo che il ladro, mentre il proprietario dell’auto si accerta del danno o cambia la ruota, può svuotare la macchina di tu!i gli oggetti preziosi.

Il consiglio è sempre quello di evitare il confronto diretto con l’aggressore e di cercare aiuto, di chiamare subito i soccorsi e di avvicinarsi ad altre persone, meglio ancora se a strutture pubbliche frequentate. Non isolatevi, e se vi accorgete di essere seguiti o affiancati, cercate altre persone e chiedete aiuto, e nel frattempo mostrate il cellulare. Spesso basta questo gesto per dissuadere gli aggressori.







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Le regole da seguire per fare autostop da sole e in totale sicurezza

Inoltre, nel caso non riesca a trovare un passaggio, la strada statale ti permette di riuscire più facilmente a raggiungere la città  e cercare un posto per dormire ( a proposito, sai che puoi farlo gratis con couchsurfing?ho scritto degli articoli a riguardo ?), o vagare nei campi in cui ti trovi e piazzare una tenda.
Imparare a fare autostop viene naturale, perché, a differenza delle altre esperienze, è proprio sul posto che capisci dove stai sbagliando. Tuttavia, leggere qualche regola comune prima di addentrarti in questa avventura può solo che farti bene.
Autostop sicuro: il sito di riferimento  Hitchiwiki.com ti permette di vedere in quali paese è più facile fare autostop e in quale è più difficile; è un sito basato sulle esperienze di altri autostoppisti.E’ possibile anche scaricare l’app con le mappe in cui sono segnati i punti migliori, i commenti degli utenti sulle direzioni e i tempi di attesa.Esiste anche una sezione per noi donne, con consigli dati dalle più esperte tutte al femminile 
Le strade in cui è meglio fare autostop
La statale 
Le strade statali (o secondarie se preferisci intenderle così) sono le più sicure. Le macchine percorrono lunghi km, e non sono velocissime come in autostrada, quindi avrai più possibilità non solo di essere caricato ma di avere già dal tuo primo passaggio una macchina che giunge a destinazione.
E’ molto importante appostarsi su un rettilineo (curve assolutamente vietate) in un punto dove ci sia dopo di te abbastanza spazio per la macchina per appostarsi e farti salire. Questo per permettere al passeggero di notarti , decidere se fermarsi, e uscire in totale tranquillità dalla carreggiata.
Inoltre, nel caso non riesca a trovare un passaggio, la strada statale ti permette di riuscire più facilmente a raggiungere la città  e cercare un posto per dormire ( a proposito, sai che puoi farlo gratis con couchsurfing? ho scritto degli articoli a riguardo ?), o vagare nei campi in cui ti trovi e piazzare una tenda.

L’autostrada
Camminare lungo l’autostrada, o fare autostop in autostrada è illegale in alcuni paesi , come ad esempio l’Italia. Non credo che tu voglia finire in polizia solo per provare un’esperienza wild.
Ci si può appostare solamente negli autogrill e nelle stazioni di servizio. E il rischio che nessuno ti prenda è molto alto.  Ma soprattutto va contro il vero spirito dell’autostoppista. Quando alziamo il pollice è la macchina che deve venire verso di noi, no noi che andiamo verso le macchine. E facendo il contrario non solo risultiamo più elemosinanti, ma possiamo insospettire il conducente.

In città
Assolutamente inutile. Innanzitutto le macchine non percorrono molti km, e soprattutto è pressoché inesistente la probabilità che ti possano caricare per andare nella tua stessa direzione.

Fare autostop di giorno
E’ sempre meglio fare autostop durante il giorno: le ore di luce facilitano sia te sia la persona che ti deve caricare a bordo. Di notte invece è sconsigliato: non vi vedono in faccia, quindi difficilmente si fidano. Inoltre la probabilità di incontrare più persone che guidano troppo veloce o in stato d’ebrezza è più alta. Quelli che si possono fermare saranno solo con cattive intenzioni secondo me.

Scrivere su un cartello la destinazione
Molti lo consigliano ma io sinceramente sono restia dal farlo. Questo perché se si ferma una persona che poco mi convince ma che sta andando nelle mia stessa direzione, con il cartello purtroppo non posso mentire. Invece senza posso inventarmi delle scuse ?.

Conoscere il conducente
Che sia chiaro: non sono tassisti ma persone. E soprattutto, stanno facendo un bellissimo gesto nei nostri confronti. Non c’è cosa peggiore quindi che limitarsi a salire in macchina e non parlare. Anche se non sei molto loquace, cerca di instaurare una conversazione. Parla di te, racconta la tua storia. Ascolta la loro. Durante i miei passaggi in auto sono nati i più bei discorsi!

Se tuttavia capita che sei sola e il conducente inizia a provarci, puoi cambiare discorso, e se inizia ad insistere a dare un “no” secco. Nel caso peggiore hai lo spray al peperoncino  o fischietto antistupro che puoi usare come tua arma di difesa . 

Adotta un’attitudine positiva
Sono convinta di non aver aspettato tantissimo per strada perché oltre al fatto di essere da sola (lo ammetto, questo elemento aiuta sempre) sfoggiavo i miei sorrisi che imploravano pietà. Cercavo di guardare negli occhi il conducente, e se lui mi faceva il gesto del no, mi limitavo a fare spallucce. Nonostante quella persona mi lasciasse per strada, adottavo un atteggiamento molto zen, ed è quello che consiglio anche a te di fare: mettiti nei suoi panni, non ti conosce e non ha il tuo stesso grado di fiducia.

Non dormire
Se fai autostop è perché ti piace socializzare, conoscere le persone del posto, parlare. Quindi anche se la macchina ti fa effetto culla e sarai tentata nell’appisolarti, cerca di resistere: questo sarà molto apprezzato dalla persona che si trova alla guida.

Non chiedere di fare deviazioni durante il percorso
Ripeto che il guidatore non è un tassista: lui non chiede soldi per il passaggio, tu non fai deviare la sua guida. La persona stava già andando in quella direzione e tu ti sei semplicemente aggiunta. E’ molto importante però scendere in un punto utile in modo che tu possa continuare ad autostoppare senza difficoltà.

Seguire il percorso con il GPS
Nonostante le indicazioni, a volte può capitare di prendere il passaggio dalla parte sbagliata. Grazie al GPS potrai usare la mappa anche se sei offline. ?

Tieni lo zaino sempre con te
Un po’ come la borsa negli autobus o le valigie in aeroporto, è sempre meglio avere lo zaino sempre con se, ed evitare di metterlo nel bagagliaio: non si sa mai.Un po’ come la borsa negli autobus o le valigie in aeroporto, è sempre meglio avere lo zaino sempre con se, ed evitare di metterlo nel bagagliaio: non si sa mai.
Come dicevo anche nelle stories che ho pubblicato su Instagram, fare autostop inizialmente sembra molto difficile perché non sai come approcciarti. Ma man mano che ti mostri e tenti, inizi a capire come funziona e quali tecniche devi adottare per renderlo più facile. Non è una corsa contro il tempo, quindi (a meno che si sta facendo buio) non essere stressata.
Quando il conducente arriva, hai una manciata di secondi per vederlo in volto e capire con chi starai andando. Se solo una parte del tuo istinto ti dice di diffidare, inventa una scusa e rifiuta il passaggio. Aspetta con calma. Quello giusto arriva.
E detto ciò, non mi resta davvero di consigliarti di provarci. Fare autostop da sola è un’esperienza forte per una donna, ma ti da tanto. Capisci di aver alzato l’asticella delle tue sfide, di esserti superata. E una volta che riesci, la tua autostima sale a 3000, ti senti un’amazzone invincibile. Ti rendi conto che anche un altro pregiudizio dato da troppe persone che hanno paura di questo mondo, era falso. E che hai fatto bene a dare ascolto solo a te stessa.

4.6.19

Il cammino di Barbara per Mediterranea: da Bologna a Lampedusa facendo l'autostop e Cagliari a sorpresa, i mercati diventano biblioteche

Risultati immagini per barbara CASSIOLIC'è chi macina chilometri in pellegrinaggio verso Santiago de Compostela, confine Ovest d'Europa e chi, invece, s'inventa un cammino tutto suo, puntando all'altro confine, quello più a Sud, Lampedusa, per ricordare i migranti morti nel mar Mediterraneo. Barbara Cassioli, 32 anni, assistente sociale bolognese, è partita il 21 marzo, "giorno simbolo della Primavera" come sottolinea lei stessa, da Livergnano (Bo) e ha raggiunto l'isola il 2 giugno. 
Un viaggio rigorosamente in autostop e senza soldi perché lo scopo è ben preciso: tutto ciò che non spende e quello che le offrono durante il tragitto lo destina mensilmente alla ong Mediterranea, tramite bonifici sulla piattaforma di crowdfunding 
Produzioni dal Basso e raccontando il viaggio sul suo blog. "Grazie a tutte le persone che mi hanno ospitato, pagato cene, autobus o traghetti - racconta - finora ho donato circa 850 euro e conto di arrivare intorno a 1200 euro entro la fine di questa bellissima avventura". L'abbiamo incontrata in Calabria dove abbiamo viaggiato con lei da Gioiosa Jonica a Rosarno.
                  Video di Gianluca Palma



Il blog e   la  pagina facebook  di Barbara Cassioli
https://viaggiareapiediscalzi.com/
https://www.facebook.com/viaggiareapiediscalzi/


  e sempre  dal suo blog  uno dei testi più belli 


                            La cosa più difficile di questo viaggio.
FB_IMG_1558548470335.jpg“-Ne*ri di me*da, per me possono affondare tutti” (Grosseto, circolo arci)


-“Sono dei traditori della loro patria se se ne vanno” (Grosseto, circolo arci)
-“Gli stranieri sono avvantaggiati rispetto agli italiani perché un giorno a settimana hanno diritto a non lavorare” (Porrettana)
-“Beh, ma anche agli irregolari Conviene vivere in Italia perché lo Stato gli dà qualcosina ogni giorno” (Pistoia)
-“Chissà poi perché non prendono l’aereo!?” (Piombino)
-“Con tutti questi ne*ri, la città è pericolosa” (Grosseto)

La cosa più difficile di questo viaggio non è fare l’autostop e non sapere chi mi carica.Non è non sapere dove dormirò tra 3 giorni.Non è nemmeno salire a piedi al Vomero, sotto al sole, con questo zaino e neanche chiedere una pizzetta senza poterla pagare quando ho una gran fame La cosa più difficile di questo viaggio é il toccare con mano l’ignoranza nel suo significato etimologico, creata ad arte da una classe dirigente, per essere pilotata e lanciata, come una bomba, nella rabbia.Nella guerra innaturale contro l’essere umano più fragile.Sentire queste frasi con le mie orecchie é atroce, sconfortante, mi fa paura perché sono menti sdradicate dai corpi, dalla realtà e dunque facilmente pilotabili in qualsiasi direzione.Perché sono menti che non pensavo ma bevono come lavandini.Occhi che non vanno oltre. Corpi che non vivono, orecchie sorde che hanno paura. Vivono nella paura e nella convinzione di essere vittime di ingiustizia.É la cosa più faticosa di tutto il viaggio,Ma è lì che devo stare.Sono loro le persone che io cercavo.Per respirare un attimo e poi domandare, raccontare. Aprire la porta e così uno spiraglio. A volte sono riuscita.“Non lo sapevo che i marocchini avessero bisogno del visto per venire in vacanza qui”. “Non lo sapevo che gli eritrei non hanno il passaporto”A volte, invece, non c’è nemmeno stato modo di arrivare alla maniglia, solo urla, solo violenza. Nessuna intenzione di ascoltare chi ha più conoscenze e competenze in materia. È troppo bello avere un nemico chiaro da combattere che viene da fuori. Dà troppo gusto per stare a sentire cosa c’entra Dublino con l’obbligo di consegnare le impronte in frontiera.Sono loro le persone con cui io devo stare. É lì che c’è bisogno di ascoltare le paure, di accogliere e di mettere un po’ di luce.Cosa ti spaventa? Perché sei così arrabbiato? Cosa ti manca?É che lì che posso raccontare di me, di quanto è cresciuto Mustapha in questi anni e di quanto è bello vederlo sereno, dei deliri e delle contraddizioni del sistema d’accoglienza e della complessità mondiale che non si può ridurre ad un dibattito politico. É lì che voglio portare domande, più che risposte.È lì che tutta la bellezza che io osservo in questo Paese va travasata. É lì che la finestra va aperta per far entrare la luce. É la cosa più difficile di questo viaggio, ma é la sola che è urgente fare.





Cagliari a sorpresa, i mercati diventano biblioteche

Per lo scrittore David Herbert Lawrence era una città "sorprendente". Pochi sanno della sua vivace attività culturale. A Cagliari i mercati vengono riconvertiti in spazi per la condivisione e la contaminazione artistica e intellettuale. Come l'ex mercato civico oggi pieno di teatri, sale per dibattiti e biblioteche o l'ex mattatoio, oggi centro culturale per mostre


5.5.17

radici , solidarietà, sacrificio , libertà , autostop , crisi econimica , compro oro , degrado sociale, sacrifici

leggi  anche  


Due sorelle e un dono alla città in nome dell’amore dei genitori 
Brunella e Fiorenza sono tornate dal Texas a Empoli per aiutare il comitato di Santa Maria a restaurare la colonna leopoldina dove si conobbero i loro genitori nel 1945

di Marco Sabia


Da sinistra Fiorenza e Brunella Bruni con Piero Bartalucci, Franco Arrighi, Alberto Michelucci e Piero Meacci del comitato

EMPOLI. La colonna dell’amore. Quella dove si erano conosciuti i loro genitori – lei giovane ragazza di Santa Maria, lui soldato americano – il 13 luglio 1945. Anna Maria Tafi ed Edward Raymond Bruni si sposarono, volarono in America e dalla loro unione nacquero due bambine: Fiorenza e Brunella. Bambine che oggi sono diventate donne e che – sabato scorso – sono tornate a Santa Maria, dove hanno donato 500 euro a testa al locale comitato che sta lavorando per reperire i fondi che servono al restauro della colonna leopoldina, che a Santa Maria è un’istituzione, attorno alla quale ha ruotato la vita sociale di intere generazioni.
Una storia incredibile, perché Fiorenza e Brunella Bruni (il padre era italoamericano, figlio di emigrati) vivono a San Antonio, Texas. Empoli, una città di 48.000 abitanti e San Antonio, una metropoli texana di un milione e trecentomila persone, distanti 9.000 chilometri. Servono sedici ore di volo per arrivare dal Texas alla Toscana, c’è da sorvolare un oceano. Eppure Fiorenza e Brunella, che sabato erano in Italia per un viaggio, lasciano il proprio gruppo e da Padova partono alla volta di Empoli in taxi, per incontrare gli amici di Santa Maria. Ad accoglierne una cinquantina di persone: familiari, lontani parenti ma anche semplici curiosi.
Le due donne hanno donato 500 euro a testa, per un totale di 1000 euro. Soldi che si vanno ad aggiungere a quelli già raccolti per il restauro della colonna. Alle due sorelle è stato regalato un attestato riproducente la colonna leopoldina in un acquarello del pittore Andrea Meini. Ma questo è soltanto il lieto fine di una storia che non ha precedenti. Fiorenza, che ha studiato lingua e letteratura italiana in America e all’università di Firenze, navigando su Facebook scopre l’esistenza del gruppo virtuale creato dal comitato per il restauro della colonna. Così richiede di iscriversi: quando alla controparte empolese – tra cui Piero Bartalucci della casa del popolo – arriva questa richiesta dal Texas, cominciano i primi interrogativi, perché sinceramente Empoli con San Antonio ha poco da spartire.
La voce si diffonde nel quartiere e qualche anziano tira fuori la storia di Anna Maria Tafi, che ai tempi della guerra si era innamorata di un soldato yankee e l’aveva sposato, andando a vivere al di là dell’oceano. Così gli empolesi fanno entrare Fiorenza nel gruppo ed inizia un lungo scambio “epistolare” con le chat dei social network. Perché le sorelle Bruni vogliono ritornare in Italia, anche in virtù del fatto che nelle foto messe su Facebook dal comitato hanno praticamente riconosciuto la casa della madre, dettagli compresi. «Ad un certo punto – racconta Piero Bartalucci del comitato – Fiorenza ci disse che volevano tornare in Italia e dare un contributo per la colonna. Perché la loro madre era proprio vicino a quella colonna quando passarono i soldati americani di pattuglia. E poi c’era da onorare la memoria dello zio Umberto, personaggio molto noto a Santa Maria, nonché frequentatore del circolo. Così ci siamo organizzati, abbiamo preparato un comitato di accoglienza per dare loro il giusto benvenuto e dopo siamo andati a mangiare tutti assieme. Siamo molto felici e contenti di quello che è successo, oltre che del contributo, che è uno dei più cospicui che abbiamo ricevuto».
Bartalucci ha poi spiegato che il comitato è sulla buona strada per raggiungere la somma che serve per l’opera di restauro, pari a circa 18. 000 euro: «Abbiamo già raccolto circa 4.000 euro, poi ne arriveranno altri di realtà importanti, senza contare quelli che ricaveremo dagli eventi che stiamo continuando ad organizzare. Penso che a giugno – con la cena santamariese – potremo raggiungere il traguardo». Un obiettivo raggiunto grazie alla collaborazione fra Peppone (la casa del popolo) e don Camillo (il consiglio parrocchiale), per ridare l’antico splendore alla colonna leopoldina, una delle 16 tuttora presenti in Toscana. Si tratta di costruzioni volute da Leopoldo II di Lorena, realizzate nella prima metà dell'Ottocento con funzione di orientamento stradale.


da                        http://iltirreno.gelocal.it/piombino/cronaca/2017/05/02/news/

54-chili-in-meno-in-10-mesi-ecco-anna-l-ex-cicciona-1.15281205
Perde 54 chili in dieci mesi. La storia di Anna: "Ora sono una donna realizzata"
San Vincenzo: Dalla taglia 60 alla 44. La vita di Anna Bellinoha combattuto fin da piccola con il suo aspetto fisico e le cattiverie dei bambini. Poi l’operazione: «Piansi quando comprai il primo vestito "normale"»

di Maria Antonietta Schiavina



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E Barbara perde 75 chili in un solo annoDieta e duri allenamenti in palestra con allenatori qualificati: «Per me inizia una nuova vita»





SAN VINCENZO è sempre stata una questione di chili. E oggi, grazie a un intervento di riduzione dello stomaco a cui si è sottoposta con ottimi risultati un anno fa, confessa di sentirsi finalmente una donna realizzata. In grado di poter indossare un abito, senza l’obbligo della confezione su misura e di mangiare una fetta di pizza senza sentirsi in colpa perché quella fetta che per chiunque è una semplice golosità, per lei si trasforma in un acerrimo nemico.Trentanove anni, nata a Campiglia, Anna è felicemente sposata ma non ha figli perché, pur desiderandoli moltissimo, da obesa non ha potuto permettersi una gravidanza, «ma neanche un bambino piccolo a cui badare». Da qualche anno abita a San Vincenzo, dove insieme al marito, cuoco in un ristorante sul mare, gestisce un’edicola. Ma instancabile e versatile, alla faccia del sovrappeso, che la vorrebbe apatica e immobile, nei periodi di maggior flusso turistico, lavora anche alla reception di due strutture alberghiere (Poggio Rosso e La Bandita), «dove il mio aspetto non è mai stato un limite, così come non lo è mai stato nella vita sociale».



Miss Islanda lascia concorso bellezza: "Mi hanno chiesto di dimagrire, me ne vado"
Arna dice basta. Per "l'orgoglio dell'Islanda e di tutte le donne del mondo" abbandona il Miss Grand International, uno dei più prestigiosi concorsi di bellezza al mondo, dopo aver ricevuto pressioni per dimagrire. La bella Miss Islanda 2015 Arna Ýr Jónsdóttir, 20 anni, sostiene infatti di essere stata invitata dagli organizzatori della gara a perdere peso prima del concorso, "a smettere di fare colazione, mangiare solo insalata per pranzo e bere acqua tutte le sere fino a quando ci sarà la gara". Per lei, che ora ha deciso di dire addio ai concorsi di bellezza, è un insulto e per questo "me ne vado con orgoglio". Gli organizzatori sostengono si sia trattato di un equivoco, una incomprensione dovuta alla lingua, ma la splendida Miss nega: "Nessun incomprensione, anche se si sono scusati. Me ne vado da vincitrice"(a cura di Giacomo Talignani)


I chili in più dinque non le hanno impedito di vivere, muoversi, fare progetti. «Ma rappresentavano ugualmente un mio cruccio e liberarmene è stato un regalo che mi volevo fare. Una vittoria di cui vado fiera e che devo soprattutto a me stessa. La prima volta che ho potuto indossare un abito acquistato in un negozio, senza dover ricorrere al solito capo confezionato su misura, mi sono messa a piangere», ricorda raccontando il suo passato di obesa, un’infanzia che ha avuto come filo conduttore tante diete, la consapevolezza di essere diversa, anche se, un forte carattere, l’ha sempre aiutata a superare gli ostacoli.

Quando è incominciata la vita di Anna in lotta con i chili in più? 
«Prestissimo, perché a tre anni ero già la cosiddetta bambina cicciottella».
Mangiava molto o ingrassava pur restando a dieta?
«Sono sempre stata una buona forchetta. Ma non era quello il problema. Siamo in tre fratelli e io sono la più piccola. Mamma ha sempre cucinato bene, i miei fratelli mangiavano come me e io ingrassavo. Continuavano a mettermi a dieta, non mi opponevo e riuscivo a ottenere buoni risultati. Ma non appena raggiungevo un obiettivo mi davano il mantenimento dieta, un chilo alla settimana riprendevo peso.
Nella sua famiglia c'erano persone in sovrappeso?
«Qualcuno in sovrappeso sì, ma obesi mai. Mamma è ingrassata ora che non è più giovane e ho due cugine robuste, ma in famiglia ci sono anche persone magre. La mia poi è una malattia autoimmune. L’hanno scoperto ora, dopo anni di analisi, tentativi, battaglie: il metabolismo è bloccato, il pancreas produce insulina e appena mangio un po’di più ingrasso».
Ha consultato molti specialisti per tentare di dimagrire? 
«Dietologi, endocrinologi, nutrizionisti, mi sono sottoposta anche alla dieta del sondino: cinque cicli, senza alcun risultato. A Montefiascone. C’è un centro adatto a questo genere di trattamento. Mi mettevano un sondino naso gastrico attraverso il quale mi nutrivo e per dieci giorni non toccavo cibo. L’ho fatto per cinque volte in 4 mesi. L’ultima stavo andando fuori di testa: il sondino era collegato a una macchinetta che faceva un rumore bestiale. Bii bii biiii, 24 ore su 24».
Risultati?
«Buoni, ma non definitivi. Ho perso 30 chili, ripresi poi tutti in un anno e mezzo. Così sono andata a Milano da un chirurgo che, appena ha saputo la mia storia ha deciso di operarmi».



Smartphone, le app che aiutano a perdere peso
Per dimagrire ci vuole una alimentazione sana e bisogna fare sport. Lo sappiamo tutti fin troppo bene, ma ora per avere successo nella dieta si possono usare tante app che aiutano a non sgarrare, a seguire un regime alimentare controllato e consumare calorie. Uno studio americano del Georgia Technology Institute ha dimostrato infatti una maggiore percentuale di perdita di peso nelle persone che si aiutano con gli smartphone per rimanere in forma. Il successo nel dimagrimento per chi usa la tecnologia come personal trainer è fino a quattro volte superiore: dalle community per sostenersi e incoraggiarsi a vicenda alle che aiutano con il conteggio delle calorie, fino a quelle per cucinare light senza rinunciare al gusto e tabelle per il calcolo della massa grassa

Quanto le ha condizionato la vita il sovrappeso? 
«Abbastanza. Fortunatamente, ho sempre avuto un buon carattere, tanti amici e nessun problema di relazione. Sono arrivata fino a 158 chili per un metro e 64 di altezza, ma nonostante questo andavo a scuola di ballo, esibendomi davanti al pubblico, grazie a un insegnante che mi spronava perché credeva in me, ma anche alla mia voglia di essere come gli altri».
La consapevolezza di avere un corpo ingombrante a che punto della sua vita si è manifestata? 
«Fin da bambina perché i bambini sono cattivi, non tanto perché lo fanno di proposito, ma perché dicono ciò che pensano. Inoltre capivo benissimo di essere diversa dagli altri: tutti andavano a comprarsi il vestitino alla moda, mentre a me lo cuciva la sarta».
Ha avuto più problemi con le compagne o con i compagni? 
«Con le donne, da bambina e da adulta. Gli uomini mi hanno sempre protetto e sono stati i miei migliori amici. Forse perché, nonostante tutto, mi vedono forte».
A chi deve la sua forza?
«Ai miei genitori che non mi hanno mai contrastato: se volevo fare la dieta mi aiutavano, in caso contrario mi lasciavano libera di decidere, senza farmi pesare la mia obesità o farmela sentire come una cosa di cui avrei dovuto vergognarmi».
Nel lavoro ha trovato ostacoli per i chili in più? 
«Per niente. Dopo il diploma in ragioneria mi hanno assunto alla “Tirrenia carni”di San Vincenzo, un’azienda di soli uomini, che mi hanno sempre rispettato e trattato come una principessa. E tuttora dai colleghi, con cui sono stata undici anni, vengo accolta con grande affetto».
Che rapporto ha avuto fino a oggi con lo specchio?
«Sincero, spesso spietato. Ero carina ma grassa. Inutile girarci intorno».
Lei è felicemente sposata con un uomo normopeso. Prova che i suoi chili non le hanno impedito di trovare l’amore. 
«La persona che ho accanto – con cui prima di fidanzarmi e sposarmi ero solo amica – mi ha sempre sostenuto, non mi ha mai chiesto di dimagrire e per l’operazione mi ha dato tutto il suo appoggio. Così come me lo ha dato la sua famiglia».




Sei consigli per dimagrire usando il cervello
Il libro "Il cervello affamato", di Stephan J. Guyenet, spiega a chi vuole correggere la propria alimentazione come riconoscere i falsi stimoli del cervello e imparare a controllare la fame nervosa. Ecco sei semplici consigli per dimagrire pensando concentrandosi sul nostro cervello e non sulla bilancia.

Quando ha deciso di sottoporsi all’intervento?
«Nel momento in cui ho visto che dopo tutti i sacrifici non riuscivo a mantenermi su un peso normale e che in altri modi non avrei risolto il mio problema».
Come hanno reagito i suoi genitori? 
«Mi hanno lasciato libera come sempre di decidere, standomi accanto in ogni momento, anche nei giorni di ospedale».
Perché è andata fino a Milano e non si è operata a Pisa, dove c’è un centro super specializzato in fatto di obesità? 
«Per una questione di tempi. A Pisa c’era una lunga lista di attesa e io volevo essere pronta prima della stagione turistica, per tornare a lavorare da magra. In ogni caso l’equipe che mi ha operato, quella del dottor Giuseppe Faillace, è collegata a quella di Pisa e gli interventi praticati sono gli stessi».
Non ha avuto paura?
«No. Ero tranquilla ed è andato tutto bene. Gli stessi medici non pensavano di raggiungere certi risultati e mi hanno detto che a obiettivi del genere vorrebbero arrivarci con tutti i pazienti. Avrei dovuto perdere un media del 40 % di peso (38 chili) in un anno e mezzo e invece ne ho persi 54 in dieci mesi. In più non ho avuto nessuna reazione negativa, forse perché, obesità a parte, la mia salute era buona e le mie analisi perfette o forse solo perché sono stata semplicemente molto fortunata».
Oggi tiene ancora le foto della Anna cicciona o le ha buttate? 
«Di foto ne ho una sola, non ho mai amato farmi riprendere. Ogni tanto la guardo e mi vedo ancora così, mi immagino sempre grassa. Forse perché non ho ancora preso consapevolezza con il mio corpo. Ma piano piano ci riuscirò, così come riuscirò a volermi più bene e a pensare finalmente un po’a me stessa. Anche se resterò la Anna di sempre, quella che in tanti amavano nonostante i chili di troppo».


Party in spiaggia per i ragazzi arrivati in autostop  

Dopo la gara d’autostop lunga oltre 1500 chilometri dalla Polonia sud-occidentale sino a Comacchio, i mille partecipanti alla singolare sfida partita da Poznan hanno vita ad una festa scatenata sulla spiaggia del Florenz



Dopo l'autostop, la festa in spiaggia a Lido ScacchiNonostante la temperatura non propriamente estiva i ragazzi polacchi protagonisti della gara di autostop da Poznan a Lido Scacchi hanno dato vita a un party sulla spiagga del Florenz LEGGI L'ARTICOLO

LIDO SCACCHI. Una gara d’autostop lunga oltre 1500 chilometri dalla Polonia sud-occidentale sino a Comacchio. I mille partecipanti alla singolare sfida partita da Poznan con traguardo l’Holiday Village Florenz del Lido degli Scacchi, sono ormai quasi tutti arrivati.




In mille dalla Polonia a Comacchio in autostopIl racconto di alcuni dei mille ragazzi arrivati sulla costa da Poznan: chi ha avuto qualche problema, anche con le forze dell'ordine, ma anche chi ha trovato un passaggio direttamente qui da chi non doveva nemmeno passare per Lido Scacchi LEGGI L'ARTICOLO

Olga e la sorella Maria, entrambe studentesse poco più che ventenni, con tre soli autostop e circa dieci ore di viaggio hanno sbaragliato sabato tutti gli avversari, aggiudicandosi la nona edizione dell’evento. «Mission Completed!», hanno esultato le due giovanissime autostoppiste.




Intanto martedì i giovani polacchi, tutti di età compresa tra i 20 e i 30 anni, si sono concessi un maxi party in riva al mare, nella struttura ricettiva della famiglia Vitali.«Ogni giorno organizziamo iniziative per i ragazzi, tipo una caccia al tesoro, giochi sportivi, concerti, party in spiaggia - spiega l'organizzatrice - Anna Kaczmarek- ma la gran parte dei nostri autostoppisti ha voglia di visitare la città da soli o in piccoli gruppi organizzati. Ogni anno la gara permette a chi partecipa di scoprire un territorio e quest'anno abbiamo scelto Comacchio. Ognuno tornerà a casa e parlerà della magia e della bellezza che ha trovato qui».

Cuorgnè. Loculi e tombe in vendita dai cittadini al Comune 

Acquistati a suo tempo da privati che ora intendono rinunciarvi Potrebbero esserci dei motivi economici. Verranno pagati in base all’utilizzo


CUORGNÈ. Con il mercato dell’edilizia praticamente immobile a causa della recessione e la drastica riduzione degli oneri di urbanizzazione, le concessioni cimiteriali costituiscono una delle voci più rappresentative di entrata per le casse comunali.Che sia o meno da leggere come un’inversione di tendenza riconducibile al critico momento di congiuntura economica che stiamo attraversando, un segnale che va nella direzione opposta arriva, però, da Cuorgnè dove alcuni cittadini (4, i casi al momento registrati) hanno manifestato all’amministrazione comunale l’intenzione di restituire siti, loculi o tombe di famiglia di loro proprietà non essendo più interessati a tali beni, acquistati in passato, che in questo modo verrebbero rivenduti al Comune stesso.
Che sotto possa esserci un problema di natura economica non è chiaro, e nel consiglio di venerdì scorso il sindaco, Beppe Pezzetto, non si è espresso in questo senso, sta di fatto che ai proprietari, come si legge nella delibera di modifica al regolamento comunale di Polizia mortuaria approvata dal parlamentino, «spetterà un rimborso il cui importo è fissato dalla giunta comunale, distinguendo tra bene mai utilizzato e bene retrocesso dopo l’utilizzo».
L’ex sindaco, Giancarlo Vacca Cavalot, dal canto suo, ha sottolineato come vi siano degli anziani che, piuttosto, che lasciare il corrispettivo ai propri eredi da destinare a tale finalità, non fidandosi, in sostanza, che una volta che l’interessato sia passato a miglior vita gli eredi ne eseguano fedelmente le ultime volontà, «chiedono se sia possibile fare un lascito al Comune per il rinnovo del proprio loculo». «Il Comune, in questo modo, può fare cassa e, al contempo, si può dare una sicurezza a questi anziani» ha puntualizzato il capogruppo della minoranza dei Moderati per Cuorgnè.
«È un ragionamento che ha una logica, e se è possibile dal punto di vista tecnico e giuridico perché non prenderlo in considerazione» ha risposto il vicesindaco ed assessore al Bilancio, Laura Febbraro.Chiara Cortese




naro ottenuto dalla distruzione di altre famiglie?
E poi, come si fa a comprare oggetti che sai benissimo che sono appartenuti ad altri e la cui provenienza è dubbia?
Si puo credere o no, ma anche le cose hanno un'energia e indossare una collana bagnata di lacrime di sofferenza, non fa bene.
Chi sceglie di farlo, si trascina addoso dolore.
Tra i codici sardi che qualche saggio nonno mi ha passato, c'è anche quello che dice che impossessarsi di beni sofferti "no est cosa de omine", dove per omine si intende il genere umano.
In Sardegna alle aste fallimentari fino a poco tempo fa c'era solo qualche sciacallo "del continuente", e l'ho visto con i miei occhi.
Purtroppo stiamo perdendo anche questa buona abitudine... infatti siamo sempre più individualisti, egoisti... e infatti: infelici. Ho visto troppe persone letteralmente devastate durate lo sciopero della fame contro Equitalia di qualche anno fa, ho sentito storie che mi sono entrate nella pelle, ma come fai a comprare una casa sottratta a una famiglia?
Per me resta inspiegabile.
Io dico solo questo, una società armoniosa è una società che si abbraccia, che si aiuta, che ha principi solidi, non si può, per risparmiare due lire, alimentare sofferenza.
Poita, a sa fini, totu torrat.
Vedo "compro oro" proliferare come funghi ovunque... ora che la crisi è forte.
Chissà perché.
È tutto molto triste.
infatti    hanno ragiomne  alcuni commenti   a questo post  qui  l'intera  discussione
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Enrico Migliavacca
Enrico Migliavacca Cara Claudia, tocchi un argomento per me molto doloroso. Tre anni fa, dopo la morte di nostro padre, io e mia sorella abbiamo passato momenti molto difficili. Siamo stati costretti a cedere parte dei ricordi di famiglia ad un compro oro. In pratica, abbiamo dovuto rinunciare, per sopravvivenza, a parte della nostra storia e ad un pezzo di cuore 

Giuseppe Melis
Giuseppe Melis Compro oro , sala scommesse , gratta e vinci , slot machine sono i segni inequivocabili di disagio e abbandono sociale , Portogallo prima , Spagna , Italia e Grecia a seguire !!! I Popoli indebitati e senza lavoro o diritti sono più facili da "Illudere" con "spiccioli" guadagnati facilmente .........lo chiamo Degrado Sociale........Ma tanti ci sguazzano !!
:(

Silvia Nieddu Ma sopratutto, chiediamoci fino a che punto ci ha fatto arrivare lo Stato . Costretti a vendere i ricordi , come nella seconda guerra mondiale😢












































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