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Due sorelle e un dono alla città in nome dell’amore dei genitori
Brunella e Fiorenza sono tornate dal Texas a Empoli per aiutare il comitato di Santa Maria a restaurare la colonna leopoldina dove si conobbero i loro genitori nel 1945
di Marco Sabia
Da sinistra Fiorenza e Brunella Bruni con Piero Bartalucci, Franco Arrighi, Alberto Michelucci e Piero Meacci del comitato
EMPOLI. La colonna dell’amore. Quella dove si erano conosciuti i loro genitori – lei giovane ragazza di Santa Maria, lui soldato americano – il 13 luglio 1945. Anna Maria Tafi ed Edward Raymond Bruni si sposarono, volarono in America e dalla loro unione nacquero due bambine: Fiorenza e Brunella. Bambine che oggi sono diventate donne e che – sabato scorso – sono tornate a Santa Maria, dove hanno donato 500 euro a testa al locale comitato che sta lavorando per reperire i fondi che servono al restauro della colonna leopoldina, che a Santa Maria è un’istituzione, attorno alla quale ha ruotato la vita sociale di intere generazioni.
Una storia incredibile, perché Fiorenza e Brunella Bruni (il padre era italoamericano, figlio di emigrati) vivono a San Antonio, Texas. Empoli, una città di 48.000 abitanti e San Antonio, una metropoli texana di un milione e trecentomila persone, distanti 9.000 chilometri. Servono sedici ore di volo per arrivare dal Texas alla Toscana, c’è da sorvolare un oceano. Eppure Fiorenza e Brunella, che sabato erano in Italia per un viaggio, lasciano il proprio gruppo e da Padova partono alla volta di Empoli in taxi, per incontrare gli amici di Santa Maria. Ad accoglierne una cinquantina di persone: familiari, lontani parenti ma anche semplici curiosi.
Le due donne hanno donato 500 euro a testa, per un totale di 1000 euro. Soldi che si vanno ad aggiungere a quelli già raccolti per il restauro della colonna. Alle due sorelle è stato regalato un attestato riproducente la colonna leopoldina in un acquarello del pittore Andrea Meini. Ma questo è soltanto il lieto fine di una storia che non ha precedenti. Fiorenza, che ha studiato lingua e letteratura italiana in America e all’università di Firenze, navigando su Facebook scopre l’esistenza del gruppo virtuale creato dal comitato per il restauro della colonna. Così richiede di iscriversi: quando alla controparte empolese – tra cui Piero Bartalucci della casa del popolo – arriva questa richiesta dal Texas, cominciano i primi interrogativi, perché sinceramente Empoli con San Antonio ha poco da spartire.
La voce si diffonde nel quartiere e qualche anziano tira fuori la storia di Anna Maria Tafi, che ai tempi della guerra si era innamorata di un soldato yankee e l’aveva sposato, andando a vivere al di là dell’oceano. Così gli empolesi fanno entrare Fiorenza nel gruppo ed inizia un lungo scambio “epistolare” con le chat dei social network. Perché le sorelle Bruni vogliono ritornare in Italia, anche in virtù del fatto che nelle foto messe su Facebook dal comitato hanno praticamente riconosciuto la casa della madre, dettagli compresi. «Ad un certo punto – racconta Piero Bartalucci del comitato – Fiorenza ci disse che volevano tornare in Italia e dare un contributo per la colonna. Perché la loro madre era proprio vicino a quella colonna quando passarono i soldati americani di pattuglia. E poi c’era da onorare la memoria dello zio Umberto, personaggio molto noto a Santa Maria, nonché frequentatore del circolo. Così ci siamo organizzati, abbiamo preparato un comitato di accoglienza per dare loro il giusto benvenuto e dopo siamo andati a mangiare tutti assieme. Siamo molto felici e contenti di quello che è successo, oltre che del contributo, che è uno dei più cospicui che abbiamo ricevuto».
Bartalucci ha poi spiegato che il comitato è sulla buona strada per raggiungere la somma che serve per l’opera di restauro, pari a circa 18. 000 euro: «Abbiamo già raccolto circa 4.000 euro, poi ne arriveranno altri di realtà importanti, senza contare quelli che ricaveremo dagli eventi che stiamo continuando ad organizzare. Penso che a giugno – con la cena santamariese – potremo raggiungere il traguardo». Un obiettivo raggiunto grazie alla collaborazione fra Peppone (la casa del popolo) e don Camillo (il consiglio parrocchiale), per ridare l’antico splendore alla colonna leopoldina, una delle 16 tuttora presenti in Toscana. Si tratta di costruzioni volute da Leopoldo II di Lorena, realizzate nella prima metà dell'Ottocento con funzione di orientamento stradale.
da http://iltirreno.gelocal.it/piombino/cronaca/2017/05/02/news/
54-chili-in-meno-in-10-mesi-ecco-anna-l-ex-cicciona-1.15281205
Perde 54 chili in dieci mesi. La storia di Anna: "Ora sono una donna realizzata"
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SAN VINCENZO è sempre stata una questione di chili. E oggi, grazie a un intervento di riduzione dello stomaco a cui si è sottoposta con ottimi risultati un anno fa, confessa di sentirsi finalmente una donna realizzata. In grado di poter indossare un abito, senza l’obbligo della confezione su misura e di mangiare una fetta di pizza senza sentirsi in colpa perché quella fetta che per chiunque è una semplice golosità, per lei si trasforma in un acerrimo nemico.Trentanove anni, nata a Campiglia, Anna è felicemente sposata ma non ha figli perché, pur desiderandoli moltissimo, da obesa non ha potuto permettersi una gravidanza, «ma neanche un bambino piccolo a cui badare». Da qualche anno abita a San Vincenzo, dove insieme al marito, cuoco in un ristorante sul mare, gestisce un’edicola. Ma instancabile e versatile, alla faccia del sovrappeso, che la vorrebbe apatica e immobile, nei periodi di maggior flusso turistico, lavora anche alla reception di due strutture alberghiere (Poggio Rosso e La Bandita), «dove il mio aspetto non è mai stato un limite, così come non lo è mai stato nella vita sociale».
I chili in più dinque non le hanno impedito di vivere, muoversi, fare progetti. «Ma rappresentavano ugualmente un mio cruccio e liberarmene è stato un regalo che mi volevo fare. Una vittoria di cui vado fiera e che devo soprattutto a me stessa. La prima volta che ho potuto indossare un abito acquistato in un negozio, senza dover ricorrere al solito capo confezionato su misura, mi sono messa a piangere», ricorda raccontando il suo passato di obesa, un’infanzia che ha avuto come filo conduttore tante diete, la consapevolezza di essere diversa, anche se, un forte carattere, l’ha sempre aiutata a superare gli ostacoli.
Quando è incominciata la vita di Anna in lotta con i chili in più?
«Prestissimo, perché a tre anni ero già la cosiddetta bambina cicciottella».
Mangiava molto o ingrassava pur restando a dieta?
«Sono sempre stata una buona forchetta. Ma non era quello il problema. Siamo in tre fratelli e io sono la più piccola. Mamma ha sempre cucinato bene, i miei fratelli mangiavano come me e io ingrassavo. Continuavano a mettermi a dieta, non mi opponevo e riuscivo a ottenere buoni risultati. Ma non appena raggiungevo un obiettivo mi davano il mantenimento dieta, un chilo alla settimana riprendevo peso.
Nella sua famiglia c'erano persone in sovrappeso?
«Qualcuno in sovrappeso sì, ma obesi mai. Mamma è ingrassata ora che non è più giovane e ho due cugine robuste, ma in famiglia ci sono anche persone magre. La mia poi è una malattia autoimmune. L’hanno scoperto ora, dopo anni di analisi, tentativi, battaglie: il metabolismo è bloccato, il pancreas produce insulina e appena mangio un po’di più ingrasso».
Ha consultato molti specialisti per tentare di dimagrire?
«Dietologi, endocrinologi, nutrizionisti, mi sono sottoposta anche alla dieta del sondino: cinque cicli, senza alcun risultato. A Montefiascone. C’è un centro adatto a questo genere di trattamento. Mi mettevano un sondino naso gastrico attraverso il quale mi nutrivo e per dieci giorni non toccavo cibo. L’ho fatto per cinque volte in 4 mesi. L’ultima stavo andando fuori di testa: il sondino era collegato a una macchinetta che faceva un rumore bestiale. Bii bii biiii, 24 ore su 24».
Risultati?
«Buoni, ma non definitivi. Ho perso 30 chili, ripresi poi tutti in un anno e mezzo. Così sono andata a Milano da un chirurgo che, appena ha saputo la mia storia ha deciso di operarmi».
Quanto le ha condizionato la vita il sovrappeso?
«Abbastanza. Fortunatamente, ho sempre avuto un buon carattere, tanti amici e nessun problema di relazione. Sono arrivata fino a 158 chili per un metro e 64 di altezza, ma nonostante questo andavo a scuola di ballo, esibendomi davanti al pubblico, grazie a un insegnante che mi spronava perché credeva in me, ma anche alla mia voglia di essere come gli altri».
La consapevolezza di avere un corpo ingombrante a che punto della sua vita si è manifestata?
«Fin da bambina perché i bambini sono cattivi, non tanto perché lo fanno di proposito, ma perché dicono ciò che pensano. Inoltre capivo benissimo di essere diversa dagli altri: tutti andavano a comprarsi il vestitino alla moda, mentre a me lo cuciva la sarta».
Ha avuto più problemi con le compagne o con i compagni?
«Con le donne, da bambina e da adulta. Gli uomini mi hanno sempre protetto e sono stati i miei migliori amici. Forse perché, nonostante tutto, mi vedono forte».
A chi deve la sua forza?
«Ai miei genitori che non mi hanno mai contrastato: se volevo fare la dieta mi aiutavano, in caso contrario mi lasciavano libera di decidere, senza farmi pesare la mia obesità o farmela sentire come una cosa di cui avrei dovuto vergognarmi».
Nel lavoro ha trovato ostacoli per i chili in più?
«Per niente. Dopo il diploma in ragioneria mi hanno assunto alla “Tirrenia carni”di San Vincenzo, un’azienda di soli uomini, che mi hanno sempre rispettato e trattato come una principessa. E tuttora dai colleghi, con cui sono stata undici anni, vengo accolta con grande affetto».
Che rapporto ha avuto fino a oggi con lo specchio?
«Sincero, spesso spietato. Ero carina ma grassa. Inutile girarci intorno».
Lei è felicemente sposata con un uomo normopeso. Prova che i suoi chili non le hanno impedito di trovare l’amore.
«La persona che ho accanto – con cui prima di fidanzarmi e sposarmi ero solo amica – mi ha sempre sostenuto, non mi ha mai chiesto di dimagrire e per l’operazione mi ha dato tutto il suo appoggio. Così come me lo ha dato la sua famiglia».
Quando ha deciso di sottoporsi all’intervento?
«Nel momento in cui ho visto che dopo tutti i sacrifici non riuscivo a mantenermi su un peso normale e che in altri modi non avrei risolto il mio problema».
Come hanno reagito i suoi genitori?
«Mi hanno lasciato libera come sempre di decidere, standomi accanto in ogni momento, anche nei giorni di ospedale».
Perché è andata fino a Milano e non si è operata a Pisa, dove c’è un centro super specializzato in fatto di obesità?
«Per una questione di tempi. A Pisa c’era una lunga lista di attesa e io volevo essere pronta prima della stagione turistica, per tornare a lavorare da magra. In ogni caso l’equipe che mi ha operato, quella del dottor Giuseppe Faillace, è collegata a quella di Pisa e gli interventi praticati sono gli stessi».
Non ha avuto paura?
«No. Ero tranquilla ed è andato tutto bene. Gli stessi medici non pensavano di raggiungere certi risultati e mi hanno detto che a obiettivi del genere vorrebbero arrivarci con tutti i pazienti. Avrei dovuto perdere un media del 40 % di peso (38 chili) in un anno e mezzo e invece ne ho persi 54 in dieci mesi. In più non ho avuto nessuna reazione negativa, forse perché, obesità a parte, la mia salute era buona e le mie analisi perfette o forse solo perché sono stata semplicemente molto fortunata».
Oggi tiene ancora le foto della Anna cicciona o le ha buttate?
«Di foto ne ho una sola, non ho mai amato farmi riprendere. Ogni tanto la guardo e mi vedo ancora così, mi immagino sempre grassa. Forse perché non ho ancora preso consapevolezza con il mio corpo. Ma piano piano ci riuscirò, così come riuscirò a volermi più bene e a pensare finalmente un po’a me stessa. Anche se resterò la Anna di sempre, quella che in tanti amavano nonostante i chili di troppo».
Party in spiaggia per i ragazzi arrivati in autostop
Dopo la gara d’autostop lunga oltre 1500 chilometri dalla Polonia sud-occidentale sino a Comacchio, i mille partecipanti alla singolare sfida partita da Poznan hanno vita ad una festa scatenata sulla spiaggia del Florenz
LIDO SCACCHI. Una gara d’autostop lunga oltre 1500 chilometri dalla Polonia sud-occidentale sino a Comacchio. I mille partecipanti alla singolare sfida partita da Poznan con traguardo l’Holiday Village Florenz del Lido degli Scacchi, sono ormai quasi tutti arrivati.
Olga e la sorella Maria, entrambe studentesse poco più che ventenni, con tre soli autostop e circa dieci ore di viaggio hanno sbaragliato sabato tutti gli avversari, aggiudicandosi la nona edizione dell’evento. «Mission Completed!», hanno esultato le due giovanissime autostoppiste.
Intanto martedì i giovani polacchi, tutti di età compresa tra i 20 e i 30 anni, si sono concessi un maxi party in riva al mare, nella struttura ricettiva della famiglia Vitali.«Ogni giorno organizziamo iniziative per i ragazzi, tipo una caccia al tesoro, giochi sportivi, concerti, party in spiaggia - spiega l'organizzatrice - Anna Kaczmarek- ma la gran parte dei nostri autostoppisti ha voglia di visitare la città da soli o in piccoli gruppi organizzati. Ogni anno la gara permette a chi partecipa di scoprire un territorio e quest'anno abbiamo scelto Comacchio. Ognuno tornerà a casa e parlerà della magia e della bellezza che ha trovato qui».
Cuorgnè. Loculi e tombe in vendita dai cittadini al Comune
Acquistati a suo tempo da privati che ora intendono rinunciarvi Potrebbero esserci dei motivi economici. Verranno pagati in base all’utilizzo
CUORGNÈ. Con il mercato dell’edilizia praticamente immobile a causa della recessione e la drastica riduzione degli oneri di urbanizzazione, le concessioni cimiteriali costituiscono una delle voci più rappresentative di entrata per le casse comunali.Che sia o meno da leggere come un’inversione di tendenza riconducibile al critico momento di congiuntura economica che stiamo attraversando, un segnale che va nella direzione opposta arriva, però, da Cuorgnè dove alcuni cittadini (4, i casi al momento registrati) hanno manifestato all’amministrazione comunale l’intenzione di restituire siti, loculi o tombe di famiglia di loro proprietà non essendo più interessati a tali beni, acquistati in passato, che in questo modo verrebbero rivenduti al Comune stesso.
Che sotto possa esserci un problema di natura economica non è chiaro, e nel consiglio di venerdì scorso il sindaco, Beppe Pezzetto, non si è espresso in questo senso, sta di fatto che ai proprietari, come si legge nella delibera di modifica al regolamento comunale di Polizia mortuaria approvata dal parlamentino, «spetterà un rimborso il cui importo è fissato dalla giunta comunale, distinguendo tra bene mai utilizzato e bene retrocesso dopo l’utilizzo».
L’ex sindaco, Giancarlo Vacca Cavalot, dal canto suo, ha sottolineato come vi siano degli anziani che, piuttosto, che lasciare il corrispettivo ai propri eredi da destinare a tale finalità, non fidandosi, in sostanza, che una volta che l’interessato sia passato a miglior vita gli eredi ne eseguano fedelmente le ultime volontà, «chiedono se sia possibile fare un lascito al Comune per il rinnovo del proprio loculo». «Il Comune, in questo modo, può fare cassa e, al contempo, si può dare una sicurezza a questi anziani» ha puntualizzato il capogruppo della minoranza dei Moderati per Cuorgnè.
«È un ragionamento che ha una logica, e se è possibile dal punto di vista tecnico e giuridico perché non prenderlo in considerazione» ha risposto il vicesindaco ed assessore al Bilancio, Laura Febbraro.Chiara Cortese
Che sotto possa esserci un problema di natura economica non è chiaro, e nel consiglio di venerdì scorso il sindaco, Beppe Pezzetto, non si è espresso in questo senso, sta di fatto che ai proprietari, come si legge nella delibera di modifica al regolamento comunale di Polizia mortuaria approvata dal parlamentino, «spetterà un rimborso il cui importo è fissato dalla giunta comunale, distinguendo tra bene mai utilizzato e bene retrocesso dopo l’utilizzo».
L’ex sindaco, Giancarlo Vacca Cavalot, dal canto suo, ha sottolineato come vi siano degli anziani che, piuttosto, che lasciare il corrispettivo ai propri eredi da destinare a tale finalità, non fidandosi, in sostanza, che una volta che l’interessato sia passato a miglior vita gli eredi ne eseguano fedelmente le ultime volontà, «chiedono se sia possibile fare un lascito al Comune per il rinnovo del proprio loculo». «Il Comune, in questo modo, può fare cassa e, al contempo, si può dare una sicurezza a questi anziani» ha puntualizzato il capogruppo della minoranza dei Moderati per Cuorgnè.
«È un ragionamento che ha una logica, e se è possibile dal punto di vista tecnico e giuridico perché non prenderlo in considerazione» ha risposto il vicesindaco ed assessore al Bilancio, Laura Febbraro.Chiara Cortese
naro ottenuto dalla distruzione di altre famiglie?
E poi, come si fa a comprare oggetti che sai benissimo che sono appartenuti ad altri e la cui provenienza è dubbia?
Si puo credere o no, ma anche le cose hanno un'energia e indossare una collana bagnata di lacrime di sofferenza, non fa bene.
Chi sceglie di farlo, si trascina addoso dolore.
Tra i codici sardi che qualche saggio nonno mi ha passato, c'è anche quello che dice che impossessarsi di beni sofferti "no est cosa de omine", dove per omine si intende il genere umano.
In Sardegna alle aste fallimentari fino a poco tempo fa c'era solo qualche sciacallo "del continuente", e l'ho visto con i miei occhi.
Purtroppo stiamo perdendo anche questa buona abitudine... infatti siamo sempre più individualisti, egoisti... e infatti: infelici. Ho visto troppe persone letteralmente devastate durate lo sciopero della fame contro Equitalia di qualche anno fa, ho sentito storie che mi sono entrate nella pelle, ma come fai a comprare una casa sottratta a una famiglia?
Per me resta inspiegabile.
Io dico solo questo, una società armoniosa è una società che si abbraccia, che si aiuta, che ha principi solidi, non si può, per risparmiare due lire, alimentare sofferenza.
Poita, a sa fini, totu torrat.
Vedo "compro oro" proliferare come funghi ovunque... ora che la crisi è forte.
Chissà perché.
È tutto molto triste.
E poi, come si fa a comprare oggetti che sai benissimo che sono appartenuti ad altri e la cui provenienza è dubbia?
Si puo credere o no, ma anche le cose hanno un'energia e indossare una collana bagnata di lacrime di sofferenza, non fa bene.
Chi sceglie di farlo, si trascina addoso dolore.
Tra i codici sardi che qualche saggio nonno mi ha passato, c'è anche quello che dice che impossessarsi di beni sofferti "no est cosa de omine", dove per omine si intende il genere umano.
In Sardegna alle aste fallimentari fino a poco tempo fa c'era solo qualche sciacallo "del continuente", e l'ho visto con i miei occhi.
Purtroppo stiamo perdendo anche questa buona abitudine... infatti siamo sempre più individualisti, egoisti... e infatti: infelici. Ho visto troppe persone letteralmente devastate durate lo sciopero della fame contro Equitalia di qualche anno fa, ho sentito storie che mi sono entrate nella pelle, ma come fai a comprare una casa sottratta a una famiglia?
Per me resta inspiegabile.
Io dico solo questo, una società armoniosa è una società che si abbraccia, che si aiuta, che ha principi solidi, non si può, per risparmiare due lire, alimentare sofferenza.
Poita, a sa fini, totu torrat.
Vedo "compro oro" proliferare come funghi ovunque... ora che la crisi è forte.
Chissà perché.
È tutto molto triste.
infatti hanno ragiomne alcuni commenti a questo post qui l'intera discussione
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