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19.10.21

La storia del padre che denuncia il figlio 16enne che aveva pestato un compagno di scuola È accaduto a Castrolibero, in provincia di Cosenza. Il giovane ha pestato un ragazzo di 14 anni e, alla fine, ha confessato tutto ai genitori che non hanno esitato e lo hanno portato dai Carabinieri


Questa lettera  e  questo  fatto mi interrogano prima come zio diretto ( la figlia di mio cugino ) ed indiretto  (  il nipote di un parente lontano di mia nonna   paterna  )  e poi come cittadino. Essa Impone a tutti noi una riflessione profonda sulle nostre idee, le nostre convinzioni, sul confine tra le nostre certezze e le nostre debolezze umane. Mi auguro di non vivere mai quello che stanno vivendo i genitori di entrambi, vittima e carnefice, ma mi auguro, se mai dovessi ritrovarmi in quei panni, di avere la stessa dignità di questi genitori. Ma  soprattutto  , mette  in discussione   , le mie credenze  che     certi   genitori    difendo  i  figli a spadfa  tratta  anche  quando  sono  colpevoli  e  li giustificano  sempre  . 
 riprendono  la  news  dal  contatto

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A Castrolibero (Cosenza) accade che un ragazzo di 16 anni massacri di botte uno di 14 e poi confessi tutto ai genitori. In tanti avrebbero difeso il figlio, lo avrebbero coperto, giustificato oltre ogni evidenza. Loro, i genitori dell’aggressore, no. Hanno fatto una cosa molto più semplice e difficile a un tempo: hanno informato le forze dell’ordine. Poi il padre ha spiegato tutto in una lettera di rara dignità e cruda bellezza.
“Da poche ore abbiamo appreso, da nostro figlio, che è lui l'autore dell'aggressione al giovane di Castrolibero. E, da quello stesso istante, il mondo ci è crollato addosso, con una sola certezza: quella di dover informare le Forze dell'Ordine.
Il fatto, da qualunque angolazione lo si guardi, è di gravità inaudita. È grave per la giovane vittima, è grave per la sua famiglia, è grave per nostro figlio, è grave per nostra figlia che,
frequentando quella stessa scuola, rischia di portare il peso di comportamenti non suoi e, se possibile, è ancora più grave per me e mia moglie, che stiamo vivendo il dramma di un fallimento. Perché in questo momento ci troviamo a sperimentare che quello del genitore è veramente il mestiere più difficile al mondo.
Non facciamo altro che chiederci dove abbiamo sbagliato, dopo aver vissuto una vita intera guidati dai valori dell'accoglienza, della correttezza e del senso di responsabilità. Valori lontani anni luce da queste azioni. Non so se avremo mai risposta a questa domanda, ma, proprio sulla base dei valori che ci guidano, riteniamo giusto che nostro figlio impari ad assumersi le sue responsabilità ed a rispondere delle sue scelte e delle sue azioni, sebbene ancora minorenne”.
[....] << Se davvero voglio aiutare mio figlio >> ha dichiarato   a https://www.nextquotidiano.it/  << devo farlo alla luce del sole, non possiamo nasconderci. C’è bisogno che la comunità capisca”, ha scritto il padre del 16enne che aveva picchiato, solo qualche giorno fa, un 14enne in un cortile della sua scuola. Perché il giovane, per motivi ancora da chiarire, aveva ripetutamente colpito al volto l’altro ragazzo. E la madre di quest’ultimo aveva condiviso sui social le foto del minore con il volto insanguinato dal letto del Pronto Soccorso della cittadina in provincia di Cosenza.
Lo aveva fatto per cercare la verità dietro a quell’assurda aggressione. Lo aveva fatto per chiedere a chi avesse visto quel pestaggio di farsi avanti e testimoniare. Ma i giorni sono passati, senza notizie in merito. Fino al “crollo” del 16enne che ha deciso di raccontare ciò che aveva fatto al suo compagno di scuola. E, allora, i suoi genitori hanno trovato il coraggio educativo di fare quel che doveva essere fatto: andare dai Carabinieri per auto-denunciare il proprio figlio. E il padre ha spiegato perché ha deciso di portare avanti questa dolorosa decisione: “Il fatto, da qualunque angolazione lo si guardi, è di gravità inaudita. È grave per la giovane vittima, è grave per la sua famiglia, è grave per nostro figlio, è grave per nostra figlia che, frequentando quella stessa scuola, rischia di portare il peso di comportamenti non suoi. Ed è grave per me e mia moglie, che stiamo vivendo il dramma di un fallimento. Perché in questo momento ci troviamo a sperimentare che quello del genitore è veramente il mestiere più difficile al mondo>>.
Credo come lui che tutti dovremmo dir loro grazie per questo esempio in quanto questi sono Genitori di rara correttezza e responsabilità nei confronti della vittima, del figlio e di loro stessi....decisione difficile, molto difficile , ma che in futuro consentirà a questi genitori il poter andare a testa alta davanti al mondo ...... e per il figlio speriamo un grande insegnamento di vita che difficilmente dimenticherà !!! Infatti questa è una vicenda che racconta di come, spesso e volentieri, sia difficile per i genitori rendersi conto di ciò che fanno i propri figli. Ma si racconta anche come ci sia il tempo per recuperare e restituire al mondo un senso di educazione in linea con il proprio ruolo genitoriale.

 Questo per tutti quelli che dicono che dietro ad un qualsiasi gesto, non c'è una buona famiglia. I ragazzi seppur abbiano alle spalle una buona educazione e valori spesso compiono gesti che nulla hanno a che fare con ciò che gli è stato insegnato. Non sappiamo cosa in quel momento gli passava per la testa, questo non significa che i suoi genitori non siano delle brave persone. Il fatto che lui stesso alla fine abbia denunciato la cosa ai genitori vuol dire che le basi le ha... Ora resta solo da capire e lavorare su di lui perché non si ripeta questa violenza. Complimenti ai genitori per la denuncia, la lettera e per metterci la faccia prendendosi tutta la responsabilità.


 

 

20.10.19

Per gli adolescienti ogni cosa è senza limiti. Ma una cosa senza limiti si chiama deserto. O abisso. il caso della chat shoa party

“Secondo gli psicologi e i criminologi,(  che  non capiscono niente  secondo  me  perchè altrimenti   non si capirebbe  come   mai  quando  si parla   d'immigrazione  o  d'educazione   civica  ti  anno      al  98 %  dei casi  discorsi  tipo quelli di casa pound  o primato nazionale  ed   affini  )    dei casi  quando entrano in una chat gli adolescenti non percepiscono la differenza tra giusto e sbagliato. Per loro ogni cosa è senza limiti. Ma una cosa senza limiti si chiama deserto. O abisso. Buonasera.”

Concordo però  con l'ultima .    << Per loro ogni cosa è senza limiti. Ma una cosa senza limiti si chiama deserto. O abisso. Buonasera.” >>   . Ma  però   oltre  a condannare   bisogna  comprendere e  spiegare loro perchè  sono teorie    errate  ed  aberranti  e cosa     hanno significato   nella storia non giustificare perchè certe cose  non sono   ammissibili ne  giustificabili   oltre  a  condannare    altrimenti  si  sfoccia  nella repressione  e  finirà  che  essi  avranno paura   nell'esprimere    le  loro  opinioni e  cresceranno    indifferenti  e  apatici  . Scadendo   nel conformismo  acritico \ passivo  cioè  finiranno vittime  della propaganda ovvero 



Mio fratello ha rinunciato ad avere un opinionemio fratello ha rinunciato in cambio di un padroneche sceglie al suo posto e che non può sbagliareperché ormai nessuno lo riesce a giudicare"



18.1.18

"Giovane studentessa poco social e poco internet bollata come 'antiga'"

 chi  lo dice  che  tutti  gli adolerscienti  siano bimbiminkia  e ormai internizzatiignora  che   ci sono anche chi  a  13  anni  tenta  di resistere  all'internet  precoce . Infatti  sulla   rubrica lettere del cuore unionedelcuore@unionesarda.it dell'unione sarda del 17\1\2018  ho lettoquesta  email  


"Cara Unionedelcuore
vengo spesso sbeffeggiata dai miei amici e compagni di scuola perché non ho mai voluto affezionarmi ai social o alle varie chat di gruppo da cui ormai dipendono tutti. Per quanto abbia un profilo sia su FB che su Twitter, non sono particolarmente attiva, li utilizzo quando ho tempo e quando mi va, e se c'è qualcosa di urgente che mi chiamino !!
A volte rispondo ai messaggi privati anche dopo tre giorni o una settimana e non partecipo alle discussioni nelle bacheche altrui. Questo fa molto ridere chi invece è onnipresente e risponde in tempo reale a chiunque, da qualunque pc o telefono in qualunque posto si trovi.
Mi chiedo se per essere considerati al passo coi tempi si debba essere schiavi di queste dinamiche, secondo me deleterie. Io ho imparato a gestire le prese in giro di chi mi chiama 'antiga' o 'bidduncula', ma mi chiedo - e capisco - cosa possa provare una tredicenne che si comporta come me e magari viene anche emarginata dal gruppo, sempre che le prese in giro non diventino veri e propri atti di bullismo verso chi appare fragile e stupido solo perchè non ha 1000 like o 200mila follower.
Ma come si fa a far capire che andare controcorrente o più semplicemente fare ciò che veramente si desidera può anche non coincidere con ciò che fa la maggioranza di noi? E come si può spiegare che non seguire il gregge può essere sinonimo di intelligenza e personalità?
A scuola i docenti ci parlano di questo, e io sono perfettamente d'accordo con loro. Ma anche qui vengo addittata perché di norma 'non si può essere d'accordo con chi è già vecchio e non capisce di queste cose'.
E in tema di cuore sembra che non essere 'social' sia un vero punto a sfavore, come se per conoscersi e avere opportunità sentimentali si debba per forza passare da lì. Io invece credo che conti più il tempo passato insieme nella realtà non virtuale. Sbaglio?"
                                                 Francesca C.(Sassari)

5.3.17

anoresia , incoscienza , generosità , passioni ( non solo bimbiminkia ) , delle nuove generazioni

eccovi  alcune   storie  .  ne trovate altre  sulla mia  bacheca  di fb  e  o su quella di 
La Cronaca Italiana


La prima  è  la vittoria  (   uno su  mille   che la  fa    ) contro l'anoressia  

01 marzo 2017

CASTIGLIONE DELLE STIVIERE
Anna racconta la sua anoressia: «Così sono uscita dall’inferno»
A tredici anni i primi disturbi alimentari, poi il controllo delle calorie e infine il rifiuto totale del cibo I genitori l’hanno affidata a un’équipe dell’ospedale di Pieve: «A medici e assistenti dobbiamo tutto»





CASTIGLIONE DELLE STIVIERE. Una storia di gravi disturbi alimentari, di un’adolescente che porta con sé la consapevolezza che uniti si può vincere la paura degli altri e si può risalire la scala dell’inferno. Non senza impegno, ma uscire a rivedere le stelle è possibile. È la storia di una ragazzina che oggi ha quindici anni e che soffriva di anoressia da due anni (la chiameremo Anna, anche se non è il suo vero nome) e di una famiglia di Castiglione delle Stiviere che ha affrontato con lei un lungo calvario. E che ha saputo, non senza fatica, trovare una via d’uscita, un aiuto e una soluzione.
Tanto da arrivare alla guarigione di Anna, una cosa che sembrava impossibile. «Non è stato facile» dicono i tre componenti della famiglia, uniti in un racconto intimo che li ha visti prima separati e isolati e ora seduti attorno allo stesso tavolo a parlare del lungo percorso non ancora terminato.
«Vorremmo far conoscere la nostra storia per dare una mano a chi vive questa situazione – dicono in coro – abbiamo perso del tempo ma siamo riusciti a trovare il giusto percorso e questo ci ha permesso di essere aiutati. Non c’è nulla di male a chiedere aiuto, questo è il primo consiglio. Perché servono specialisti e perché da soli non si può fare nulla. Bisogna stare attenti alle piccole cose che sfuggono nella routine quotidiana o si camuffano nelle tensioni tipiche degli adolescenti verso la propria famiglia».
«Forse il tutto inizia così – racconta Anna, che ha cominciato ad avere disturbi alimentari a tredici anni – di preciso non so dire come sia iniziata. Forse alle scuole medie, con le amicizie, i primi discorsi sull’essere apprezzata, ma anche i primi rapporti con il cibo spazzatura». E allora ecco la dieta forzata, il vomito indotto, il corpo che si fa sempre più sottile, come il rapporto con gli altri.
Questa storia aggiunge un elemento, figlio della nostra epoca, molto spesso sottovalutato, il mondo dei social. Facebook, Tumbler, ma soprattutto Instagram. La colpa non è tutta loro, ma in questa vicenda (e non solo in questo caso) i social entrano da co-protagonisti.
«Arrivata alle scuole Superiori il confronto con le compagne, nel contatto diretto e via social, piano piano mi ha spinto alla ricerca di informazioni sul cibo e sull’essere sana. Questo volevo essere, una ragazza sana. Ho scoperto le cure proposte dai social, quella dell’acqua e limone e dell’acqua e fragole ad esempio, per purificare l’organismo. O quella del the verde. Bevevo litri di the verde. Poi sono arrivata alla fase vegetariana e alla fine vegana. Non volevo grassi, latticini, cibi animali. Poi sono passata alla fase dell’ortoressia, la scelta e l’eliminazione volontaria dei cibi. Poi al calcolo delle calorie, in ultimo sono arrivata a ingerirne solo 200 al giorno, fino alla scoperta di cibi con 5 calorie (le gallette) o con 1 caloria (la Coca-cola 0 o quella Light). Ero sola, per me esisteva solo la bilancia. Mi pesavo di continuo. Mangiare a tavola con i miei era una lotta. Mentivo di continuo, a me stessa e ai miei genitori. A loro dicevo che mangiavo di pomeriggio ma non era vero. Se facevo sport non volevo mangiare, avrei ripreso quello che avevo perso. Masticavo 80 volte prima di ingurgitare il cibo; mangiavo lo yogurt, ma poco e con il cucchiaio girato, sfiorandolo e basta. Tenevo un diario, i miei genitori lo hanno visto dopo. Ci scrivevo quello che mangiavo e che non volevo più mangiare. Ero in un nido, continuavo a perdere peso, esistevo solo io, chiusa in me stessa».
Non è una questione di piacere agli altri – continua Anna – ma solo di ossessione verso il cibo. Non è vero che non hai fame; ne hai, eccome. Qualcosa dentro di te, però, ti dice di non mangiare. Sono uscita da questo inferno con le unghie. Ho chiesto aiuto ai miei, e dopo una dura lotta con me stessa ho trovato nell’equipe di Pieve persone che sanno come si entra in quel nido costruito con tanta cura e tanto dolore. Voglio dire alle altre ragazze che quel nido non è vita, la vera vita è la libertà di non aver paura di mangiare. Nascondersi in quel nido non ci protegge, ma ci isola e tutto perde valore e si resta soli. Chiedere aiuto, anche se difficile, è fondamentale. Chiedere aiuto, uscire dal nido e riassaporare la libertà restituisce tutto, ma è un percorso lungo, bisogna aggrapparcisi con le unghie. E così torna il sorriso...».
«Abbiamo scoperto un mondo di cui non avevamo alcuna coscienza – raccontano i genitori – pagine e pagine sui social, foto, applicazioni, blog dove si parla di fantomatiche diete, di soluzioni per purificare il corpo e renderlo sano, dove vengono messi in mostra corpi scheletrici e l’autolesionismo come vetrina di esposizione».
In questo caso funziona il contrario di quanto insegna ogni personal trainer che si rispetti. E cioè: dividi il problema e affrontane un pezzo alla volta. La nascita di questo problema va guardata nella sua complessità, senza tralasciare nulla, senza poter separare una cosa dall’altra, perché tutti questi elementi concorrere insieme a genera e far esplodere il problema.
«Per questo è complesso – afferma la famiglia – serve l’aiuto di un’equipe preparata che lavori coordinata. Noi abbiamo avuto questa fortuna, ma non è stato facile. Il medico di base è spesso impreparato e inoltre, svuotato della sua funzione, non può essere di grande aiuto. Siamo stati a Gussago (Brescia) ma in quella struttura curano dai 16 anni in su. Siamo stati al reparto di neuropsichiatria al Civile di Brescia, ma anche in quel caso la struttura non è adatta a questi problemi, che sono di diversa natura. Ci sono stati mesi di attesa. Siamo stati anche da una psicologa, però non si è rivelata la persona giusta. Spesso il problema viene letto come causa di noia, indecisione se non di eccesso di possibilità, anche perché colpisce soprattutto ragazze con situazioni familiari e una situazione economica sicure. Dopo mesi di attesa siamo arrivati all’ospedale Poma, al reparto di Neuropsichiatria. E da lì, finalmente, ci hanno indirizzati a Pieve di Coriano dove, nel reparto di Pediatria, c’è un settore di neuropsichiatria, Qui abbiamo trovato l’equipe giusta, a cui va tutta la nostra riconoscenza. Da quel momento, lentamente, abbiamo iniziato una lunga risalita. L’équipe è formata e specializzata in disturbi dell’alimentazione ed è in grado di affrontare la situazione nella sua complessità. Dobbiamo tutto alle dottoresse Accorsi (primario), Bellissimo, Faldoni e Di Genni, alla coordinatrice Ferraresi e a tutto il personale infermieristico e agli Oss che hanno preso a carico la nostra situazione. Nostra figlia è stata ricoverata in una struttura che ha pochi letti e meriterebbe molto più spazio: purtroppo ci sono molte situazioni come la nostra. Il fattore tempo è decisivo, non serve perderne. Se fossimo arrivati qui prima, sarebbe stato meglio per tutti».
Il tempo gioca un ruolo decisivo in tutta la vicenda, sia sul fronte dei genitori – «abbiamo vissuto mesi duri, di lotte e di liti feroci, ma anche di attese alla ricerca di un aiuto che abbiamo trovato e che oggi ci vede frequentare un gruppo di genitori per parlare e confrontarci» sia sul fronte di Anna.


Luca Cremonesi



 la seconda  ( come la terza , non ricordo la  fonte  , ricordo solo che  è un dei tanti giornali  del gruppo GeoLocal (  pagina  fb La Cronaca Italiana ed  account  twitter  @gelocalcronacaitaliana

Empoli, il piccolo Gabriele ha chiesto ai genitori una colletta in favore dei suoi coetanei vittime del terremoto. Poi ha devoluto i soldi all'associazione di volontariato Misericordia. Il suo gesto non è rimasto innoservato tanto che L’Empoli calcio l'ha premiato con una maglia e invitato ad assistere ad un allenamento per farla firmare dai giocatori azzurri

Gabriele Bochicchio (a sinistra), accanto il fratellino Lorenzo e dietro i genitori Stefania e Massimiliano (Foto Agenzia Carlo Sestini)

EMPOLI. Un detto popolare dice che, dai bambini c'è solo da imparare. Il loro animo puro, il loro altruismo e la loro generosità devono essere presi da esempio da molti aduli La generosità e l'altruismo dei quali fare tesoro questa volta sono quelli del piccolo Gabriele Bochicchio. Un "pulcino" di 8 anni, ma con un cuore grande, anzi gigantesco che ha deciso di aiutare chi non è stato fortunato come lui. Gabriele vive a San Pantaleo, una piccola frazione collinare adagiata sulle colline di Vinci. Va a scuola e gioca a pallone nel Montalbano. Come tutti i suoi coetanei passa le giornate tra i banchi e in mezzo al campo di pallone.
A fine agosto era a casa con i genitori, quando sullo schermo della tv ha visto passare le terribili immagini del terremoto che ha colpito il Centro Italia. Case crollate, paesi straziati, piccole frazioni come quella dove abita lui completamente distrutte. Bambini, proprio come lui che hanno perso tutto quello che avevano. Scene che lo hanno impressionato e colpito, a tal punto che parlando con i genitori ha deciso di fare una scelta inconsueta e generosa. Pochi giorni più tardi, l' 8 settembre, sarebbe stato il suo compleanno, da festeggiare come sempre con amici e parenti e soprattutto con tanti regali. Ma lui ha detto no e ha chiesto a mamma e a papà di non ricevere regali ma di utilizzare i soldi che amici e parenti avrebbero speso per farlo felice per aiutare chi ha più bisogno.
«Di regali e giochi ne abbiamo già tanti a casa - racconta il papà Massimiliano - qualcuno in più probabilmente non lo avrebbe reso più felice».
Niente doni, ma un regalo ben più grande è prezioso lo ha fatto a quei bambini come lui, ai quali il terremoto ha strappato il sorriso. E così ha messo su una colletta con il denaro raccolto tra amici e parenti e che doveva essere utilizzato per i doni. Con la somma raccolta lui e la famiglia hanno effettuato un bonifico alla Misericordia di Empoli per aiutare l'Arciocnfraternita nei progetti di aiuto e sostegno alle famiglie terremotate. «Abbiamo scelto la Misericordia perché so quanto impegno mettono in queste iniziative - racconta ancora il papà - proprio alla Miserciordia di Empoli ho fatto l'obiettore». Ha spalancato le sue braccia a chi aveva più bisogno, il piccolo Gabriele, ma un gesto così nobile non poteva certo cadere nel vuoto. È così giovedì 2 marzo proprio la Miserciordia ha voluto donare a Gabriele, quei regali a cui lui aveva rinunciato per il suo compleanno.
Nella sede dell'Arcionfraternita in via Cavour il piccolo Gabriele è arrivato emozionantissimo insieme al papà Massimiliano, alla mamma Stefania e al fratellino Lorenzo. Ad accoglierlo Fabrizio Sestini - presidente della Misericordia - e Alessia Puccini responsabile locale della Onlus Empoli for Charity, l'associazione benefica dell'Empoli calcio che collabora proprio con la Misericordia nei progetti di aiuto alle popolazioni terremotate. Al piccolo Gabriele è stato consegnato un kit con zaino, quaderno e altro materiale dell'Empoli, oltre ad una maglia della squadra azzurra, con l'invito ad assistere ad un allenamento per farla firmare dai calciatori azzurri. «Sono molto contento» ha detto con un filo di voce un emozionantissimo Gabriele. Ma di tante parole questa volta non ce n'è bisogno. Questa volta a fare la differenza è stato un gesto. Semplice ma allo stesso tempo immenso.



Si fanno i selfie lungo i binari e bloccano il traffico dei treni

Protagonisti tre giovani di Montelupo che sono stati identificati dai carabinieri per aver mandato in tilt la circolazione sulla linea Empoli- Firenze



MONTELUPO. Mezz’ora di traffico bloccato sulla linea Empoli Firenze. Il motivo? Tre selfie di troppo che altrettanti giovani si sono fatti lungo i binari ignari o comunque non curanti del fatto che questo avrebbe provocato il blocco della circolazione ferroviaria. Con centinaia e centinaia di passeggeri bloccati nelle stazioni del tratto interessato. E in attesa per decine di minuti che la circolazione potesse ripartire.

L’allarme è scattato intorno alle 15,30 di venerdì 3: «Ci sono persone lungo i binari», questa la notizia data anche da “Muoversi in Toscana”. E si è subito pensato a un incidente, a qualcosa che giustificasse la presenza di persone poco prima della stazione di Montelupo venendo da Firenze, in un tratto vicino a una galleria.Da qui l’intervento della polizia ferroviaria di Empoli. Essendo, però, impegnati in un servizio vicino a Pisa, sul luogo sono giunti prima i carabinieri della stazione di Montelupo fiorentino. Che hanno perlustrato tutto il tratto fino a capire chi erano le persone che erano state segnalate da un macchinista di uno dei treni in transito.In pratica all’altezza di un’ ex vetreria abbandonata sono stati trovati i giovani che, dall’immobile abbandonato, aveva deciso di trasferirsi in prossimità dei binari per farsi selfie col telefono, come da loro stessi candidamente affermato.
Sono tre i ragazzi, giovani e italiani, che i carabinieri hanno trovato e identificato. Nel frattempo nelle stazioni i disagi si stavano accumulando. Con centinaia di pendolari e studenti in attesa dei treni e di notizie su quanto stesse accadendo lungo la linea.Alla fine il bilancio del loro svago è stato pesante. Hanno subito ritardo numerosi treni regionali: 3167 Firenze Santa Maria Novella – Livorno Centrale 30 minuti; 11779 Firenze SMN – Siena 30 minuti; 3115 Firenze SMN – Grosseto 20minuti; 23363 Firenze SMN – Pontremoli 30 minuti; 23384 La Spezia - Firenze SMN 30 minuti; 3156 Livorno Centrale - Firenze SMN 20 minuti; 6876 Siena - Firenze SMN 25 minuti.
Non solo: grazie ai selfie Rete ferroviaria italiana è stata costretta anche a due cancellazioni: la corsa numero 11724 Empoli –Firenze Porta a Prato e la
11725 Firenze Porta a Prato – Empoli.Il traffico ferroviario è ripreso a scorrere regolarmente dopo le 16. Per quanto riguarda i responsabili dei disagi, dopo la loro identificazione, bisognerà capire ora se i carabinieri proseguiranno con una denuncia per interruzione di pubblico servizio.


Mezzana Bigli, il maestro delle campane ha solo 14 anniIl campanaro più giovane d’Italia è di Mezzana Bigli e ha solo 14 anni. Riccardo Stabilini, studente del primo anno del corso per geometri, ha la passione delle campane, dei campanili, delle chiese. Suona ogni domenica le cinque campane della parrocchiale del paese; manovra con le corde quelle della chiesa della frazione di Cascine nuove; è un abile “tastierista” del suono a percussione e ha una collezione di oltre cinquanta campane che conserva in ogni angolo della sua casa. L'ARTICOLO
«Si dice che campanari si diventa – dice Riccardo – ma nel caso mio, pare che campanaro sia nato per pura vocazione. A soli due anni mi portavano sotto il campanile del paese e, al suono delle campane, dicono che rimanevo estasiato». Riccardo Stabilini cominciò da piccolo a disegnare, a mano libera, campanili e chiese ed imparò a distinguere i vari rintocchi di campane: dai concerti festosi ai suoni funebri, fino ai rintocchi battesimali.
«A otto anni – dice – imparai a suonare utilizzando le campane che mi regalavano genitori e parenti, sino alle prime esperienze da campanaro nella chiesa del mio paese. A Mezzana c’è una centralina computerizzata che, attraverso una tastiera, fornisce gli impulsi alle cinque campane in Fa-crescente che dominano dall’alto il paese. Ho imparo a comporre anche diverse melodie».Ogni domenica, prima della messa, Riccardo si esibisce nella chiesa del paese, poi si dedica al suono a corde, cioè alla vecchia maniera, delle due campane della chiesa di Cascine Nuove. «Sono un autodidatta sia con il suono a computer sia con l’uso tradizionale a corde, ma l’ultimo passo l’ho fatto imparando il suono delle tastiere a percussione – spiega il 14enne –. E a Castelnuovo Scrivia, sulla chiesa di San Desiderio, è ancora funzionante una tastiere che si aziona a colpi di palmi delle mani: un suono straordinario di cinque campane in Mi bemolle. Mi sono esibito già alcune volte sotto le indicazioni di alcuni campanari del Monferrato. È stata una vera emozione destare la gente con un concerto a distesa».Riccardo ha anche una collezione di campane: «Tra le varie campane metalliche che negli anni ho ricevuto in regalo, ne spiccano alcune di valore storico tra cui una in bronzo risalente a metà ‘800, comprata da un antiquario, un’altra altrettanto antica, anche se più piccola, che ho inserito nella torre campanaria del mio modellino di chiesa antistante la casa, una nuova e di ottimo valore realizzata l’anno passato dalla celebre fonderia di Reggio Emilia. È una collezione destinata a crescere».Intanto Riccardo pensa al suo futuro. «Dopo il diploma di geometra, vorrei specializzarmi in “campanologia”, la scienza che studia i suoni delle campane e i loro restauri – dice -. A Mezzana Bigli, due delle cinque che svettano dal campanile sono rovinate e potrebbero essere proprio le prime su cui intervenire. E poi il restauro delle chiese. Per ora ho disegnato a mano libera le facciate delle parrocchiali di Mezzana, Sannazzaro, Pieve del Cairo, Mede, Castelnuovo».Dinanzi casa il modellino della chiesetta in legno costruito da papà Paolo e mamma Raffaella con quattro piccole campane ben accordate: «Le uso per esercitarmi con un allenamento ormai quotidiano». E, quando Riccardo non è a scuola, suona anche il mezzogiorno per l’intero rione con un ben accordato scampanio.

Paolo Calvi 


20.10.16

Ballo e sballo: il mondo delle discoteche racconta un’altra storia



Lo so che è un articolo vecchio è datato , ma come da titolo , vede ( ed almeno ci prova ) il mondo delle discoteche e dei locali da ballo sotto un altro aspetto che non solo l'equazione discoteca = droghe . 





da http://www.lavocedinewyork.com/news/primo-piano/ 13\8\2015 di Barbara Gigante

Ballo e sballo: il mondo delle discoteche racconta un’altra storia


In un'estate segnata dalle morti di giovanissimi e polemiche su droghe e discoteche, proviamo a dare un altro punto di vista, quello di chi, come il dj Claudio Coccoluto, nelle discoteche ha passato la vita (senza sballo) o di chi, come suo figlio Gianmaria, nelle discoteche ci è cresciuto (da sano), o di chi, come il buttafuori L.B., nelle discoteche ci lavora (e non è un pregiudicato). Per trovare soluzioni, lontano da giudizi e pregiudizi

di Barbara Gigante - 13 agosto 2015


Avremmo voluto ricordare diversamente l'estate 2015 che mischia alla salsedine dei litorali italiani un'insopportabile scia di morte. Sacrifici umani d'adolescenti o poco più, immolati sull'altare del divertimento o forse solo dell'incoscienza che la tenera età in cui hanno lasciato la vita di per sé comporta. Lamberto Lucaccioni, appena 16 anni, di Città di Castello, prende una pasticca di ecstasy mentre si trova nella discoteca più famosa d'Italia, il Cocoricò di Riccione, e mentre balla e si sballa muore. Era il 20 luglio, meno di un mese fa. Lorenzo Toma, diciottenne leccese, ci ha lasciato all'alba del 9 Agosto, dice l'autopsia, per una malformazione cardiaca, ma solo dopo esser stato al Guendalina, una tra le discoteche più famose del Salento. Tanto è bastato per far pensare si trattasse di un nuovo caso di morte per droga. Non lo era, ma passate poche ore, sulla spiaggia di Messina, viene rinvenuto il corpo ormai esanime di Ilaria Boemi, sedici anni anche lei. L'ultima cosa che ha fatto in vita sua è stata prendere una pasticca di ecstasy “cattiva”. Mancano gli esami tossicologici e forse di nuovo in fretta si cerca di bollare il caso. Allo stesso modo, però, se è vero che questi episodi siano diversi tra loro, sarebbe stupido ignorare un messaggio palese: gli adolescenti, anche se non tutti, muoiono per droga.
La polemica infiamma. Sotto il sole di Ferragosto, ognuno dice la sua sulle presunte responsabilità di morti così sciocche, così inaccettabili. Chi addita la società civile, chi la famiglia, chi se la prende con le istituzioni. La stampa italiana si è data alla pazza gioia: alla povera Ilaria Boemi non è stato risparmiato il setaccio su quanti piercing avesse in volto e come portasse i capelli, in un trionfo di qualunquismo misto a ignoranza che lunga la dice su chi dovrebbe aiutare a interpretare un mondo che invece gli è totalmente estraneo, di cui ignora i codici e i processi sottesi e per questo si permette una perentorietà che tanto somiglia alla boria degli stolti.
A guardare i fatti, un primo dato possiamo trarlo: il provvedimento che ha portato la questura a chiudere per quattro lunghissimi mesi estivi il Cocoricò di Riccione non sembra sia servito affatto a fermare la scia di decessi per abuso di sostanze stupefacenti. Con buona pace del senatore Stefano Pedica del PD, che, come riporta il quotidiano Libero, ha avuto la brillante idea di proporre la chiusura indiscriminata di tutte le discoteche in Italia per un anno, quella del locale romagnolo non ha risolto neanche un po' il problema dello 'sballo'. E' ormai evidente a tutti che sulle coste italiane da quel giorno non sia stata venduta o messa nel bicchiere di altri una sola pasticca di meno. Chi avesse dubbi circa l'inutilità di un provvedimento tanto miope, che altro non ha fatto se non bloccare un'azienda funzionante e prolifera della riviera, dovrà spiegare anche il perché quegli stessi spacciatori che la inquinavano non abbiano mai smesso di vendere pillole letali. 
La tendenza generalizzata è quella dell'associazione discoteca-droghe, come se bastasse allontanare i giovani da quel tipo di musica per metterli in salvo dal pericolo d'inquinarsi il sangue con le famigerate droghe pesanti. Un po' come dire che tutti i metallari sgozzano conigli o che prima della musica dance nessuno si sballasse. Dobbiamo davvero ricordare la diffusione a macchia d'olio dell'eroina negli anni '80? Sul serio serve far notare che tra le soavi melodie dei pacifici Beatles – quella che avranno nello stereo i genitori modello che in questi giorni si sgolano additando le famiglie degli altri – c'era una canzone dedicata all'LSD? Eppure non troverete la versione remixata di Lucy in the Sky with Diamonds sui dancefloor, a conferma dell'equazione discoteca = droghe.



Claudio Coccoluto in consolle a New York

Claudio Coccoluto, uno dei dj storici del Cocoricò e non solo, in queste ultime tre settimane si è speso in tutti i modi, dai giornali alla TV, per provare a salvare quella musica che anche lui produce da una semplicistica riduzione a strumento del demonio. “Sono cresciuto trovando nella musica il mio sballo personale, è sempre una questione di endorfine – afferma – mi sentivo bene a fare quello che facevo e ne ho fatto un lavoro. La verità è che quando uno si sballa la musica se la perde. Si perde un pezzo di creatività e un po' di se stessi. Impossibile, sotto effetto di droghe, cogliere tutte le sfumature che la buona musica ha dentro di sé. A farci caso la musica dei drogati è brutta, di pessima qualità. Quando a contare non è la musica, ma lo sballo, è la musica la prima a perderci”. 
Viene da pensare a Platone che ne la Repubblica aveva bandito la musica per far sì che i suoi cittadini modello crescessero senza distrarsi dalla buona polis. Era il IV sec. a. C., eppure pare ci sia chi la pensi ancora così. C'è da temere, in realtà, che seppure chiudessero tutte le discoteche del mondo, non ci fosse più un solo concerto, una sola performance musicale live sul pianeta, molto probabilmente, chi aveva deciso di farlo lo stesso, riuscirebbe a sballarsi a ritmo di canti gregoriani infiltrato in qualche chiesa. Ancora una volta non si vuol vedere, il pensiero di doversi prendere qualche responsabilità in più atterrisce chi di dovere. Meglio l'esemplarità della chiusura di un'azienda come il Cocoricò, meglio lasciare a piedi i suoi dipendenti e colpire il turismo locale, così da sedare l'opinione pubblica con una bella dose di morfina giustizialista e lasciare tutto com'è, aggiungendo alle droghe dello sballo i sonniferi per l'intelligenza.
Quello che d'interessante c'è nella parabola personale di Claudio Coccoluto non è solo la sua capacità di produrre musica apprezzata a livello internazionale lontano dalle droghe. Tra le discoteche ci ha anche cresciuto due figli. Sani. Il figlio maschio, Gianmaria, ha coraggiosamente scelto d'imboccare la stessa strada del padre, eppure non barcolla sbavando da una consolle all'altra.“Ho cercato d'indirizzare già da molto presto i miei ragazzi a un ragionamento su cosa gli accadeva intorno – spiega il dj – non puoi chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Li ho portati con me a curiosare cosa facesse il padre a 13, 14 anni e ho sfruttato l'occasione per spiegargli cose che a chi è estraneo all'ambiente possono sfuggire”. Creare un dialogo, dunque, non demonizzare o far finta che il problema non esista, ma parlarne per rendere i propri figli capaci di una scelta consapevole.



Gianmaria Coccoluto in consolle

Gianmaria Coccoluto ricorda la prima volta che è entrato in una discoteca insieme al padre: “Mi piaceva molto l'aria festosa, mi è subito sembrata una cosa bella. Intrattenere gli altri con della buona musica mi è parsa una missione nobile”. Rispetto agli eventi drammatici dell'ultimo mese si è fatto una sua idea: “In Italia dovrebbe esserci non dico prevenzione, ma almeno informazione sul tema. Non se ne parla, ci si rifiuta di affrontare il problema come se discuterne equivalesse a diffonderne l'uso”. Quando gli si chiede se ha subìto una qualche forma di pregiudizio perché proveniva e apparteneva al mondo della notte, risponde: “La disinformazione e l'ignoranza creano discriminazione. Vige il pregiudizio di chi non immagina nulla di quanto accada nel mondo dei club. L'unica cosa che sanno fare è condannare, ma è perché non gli interessa sapere. Come con il tema dell'immigrazione, ci si ferma a un titolo di giornale, difficilmente ci si sforza di capire i processi che sono alla base del fenomeno”.
Sull'educazione dei figli da parte delle famiglie di oggi si è detto tutto e il contrario di tutto. Dai commenti sui social di ragazzi orgogliosi d'avere genitori cui debbono rendicontare ogni spesa, fino alla mamma di una delle vittime di ecstasy che chiede di spiegare ai ragazzi come assumere droghe nel modo più sicuro possibile: il ventaglio di opinioni in proposito è quanto mai ampio e colorito. Quella madre, però, non è completamente pazza: all'estero, in numerosissimi festival, piuttosto che fare i benpensanti preferiscono fare i realisti, addirittura allestendo banchetti per analizzare al microscopio le pasticche che i giovani vogliono ingurgitare, in modo da salvarli almeno da quelle tagliate male. Questo in Italia non è che non si può fare, non lo si può manco dire, perché per l'opinione pubblica equivarrebbe a mettergli di proposito un po' di MDMA nel bicchiere, come se quelli che non si drogano non lo facciano perché ne ignorano l'esistenza. 
Contemporaneamente, un certo prurito a sentire le esclamazioni di certi figli modello effettivamente viene: “Mia madre a quell'età mi tirava due sberloni se facevo tardi” e bla bla bla, riporta uno dei tanti commenti Facebook a un link di Repubblica sull'argomento. Che qualcuno faccia tutto quello che dicono mammà e papà, fiero di essere preso a botte in caso di contraddizione, difficilmente basterà a rendere conto di una società sempre più liquida e complicata, in cui la perdita di verticalità nell'educazione viene stupidamente additata come il problema. Anziché prenderla come una possibilità di sostituire il dialogo all'imposizione, sviluppando un'educazione in orizzontale, viene avvertita come una perdita di autorità nelle famiglie. Saranno quelle stesse famiglie in cui al divieto di uscire con un ragazzo si rispondeva facendosi mettere incinta per scappare di casa? Dopo la nostalgia del ventennio fascista dobbiamo davvero sopportare anche quella di una forma educativa obsoleta e improduttiva che tanto lo ricorda? Il viziatone di turno, il figlio di papà coi soldi in tasca, insensibile ai sacrifici e sconsiderato nei comportamenti, è sempre esistito. Sicuramente un atteggiamento lascivo e disattento da parte degli educatori non aiuta, ma sembra altrettanto ridicolo invocare l'ipercontrollo o scaricare sulle famiglie la totale responsabilità di quello che accade al loro esterno. Se è vero che l'adolescenza è una di quelle epoche della vita in cui, per partito preso, si è totalmente in disaccordo con le figure procreatrici che si cercano di contrastare, è altrettanto vero che tenere il fanciullo in una fase d'infanzia perenne, postdatando il momento in cui deciderà di fare di testa propria, non farà che ritardare a sua volta il tempo della maturità, la quale non può che seguire alla messa in discussione del dogma genitoriale, e meno male! Altrimenti se mamma spara con la lupara dovrei farlo per forza anch'io, perché non sono stato capace di fare quel salto, quello scarto dato dalla messa in discussione del mondo che i nostri genitori, ritenendolo il migliore possibile, hanno creato per noi. 
Sarebbe il caso di smettere di puntare il dito esclusivamente sulle famiglie, come ha fatto l'ormai celebre (e dimissionario) sindaco di Gallipoli Francesco Errico, twittando “Se le famiglie esercitassero un po’ più di controllo sui figli non morirebbe un 18enne la settimana in disco. Se non sai educare non procreare”. Forse costerebbe troppa fatica a un sindaco pensare che spetti anche a lui trovare il modo di interessare i ragazzi che vivono nel suo comune con attività ricreative che li distolgano dal cercare se stessi in una pasticca che pompa serotonina. Che si debba essere felici in un modo concepito in laboratorio è non solo inquietante, ma dovrebbe aprire mondi di riflessioni sul perché la vita stessa non sia più in grado di rendersi appetibile agli occhi di giovani sempre più apatici, continuamente annoiati perché non stimolati alla creatività. Il cervello serve a quella: tolto lo stimolo a produrre, di neuroni se ne hanno fin troppi, tanto vale eliminare quelli in eccesso con una bella pasticca.
Oltre la famiglia e la città c'è però lo Stato. E qui si apre un altro burrone senza fondo. Una cosa sembrerebbe ovvia: lo Stato legifera. Orbene, dove sono queste leggi? Quelle basilari, che ad esempio dovrebbero mettere in condizione un locale di escludere la presenza di minorenni al suo interno. Se lo chiede L. B., da più di 20 anni responsabile della security nei locali, ma anche negli stadi e per qualche anno appartenente alle forze dell'ordine (e che ci ha chiesto di rimanere anonimo). “Non è cambiato nulla rispetto al passato – spiega, forte dell'esperienza accumulata sul campo dal 1989 –L'unica legge in proposito è il decreto Maroni del 2009. Una legge incompleta e approssimativa, poi mai più modificata. Quella fu una prima timida operazione per cercare di mettere ordine nei locali. Da allora, l'ex buttafuori è diventato operatore della sicurezza e dovrebbe evitare che la droga entri nei locali ma il decreto non dice come. Il buco legislativo è evidente, non ci mettono in condizioni di fare una perquisizione, non siamo degli incaricati di pubblico servizio. Servirebbe una delega speciale”. Dunque l'addetto alla sicurezza c'è, ma di fatto non può fare nulla per contrastare l'entrata di droghe in una discoteca perché la legge non glielo consente. Come aggravante c'è che rischia personalmente non solo la propria incolumità, trovandosi spesso a separare ubriachi in rissa, ma anche giuridicamente, dal momento in cui, se nel tentativo di riportare l'ordine lascia un segno visibile sul corpo di un cliente che si azzuffa, deve pure rispondere di aggressione privata. “Il risultato è che, contrariamente a quanto previsto dalla legge, i buttafuori sono spesso pregiudicati, perché sono quelli che si fanno meno scrupoli a mettersi in mezzo a situazioni limite – spiega L. B. – con l'aggravante che proprio perché già a contatto con l'ambiente criminoso siano proprio loro a consentire le piazze di spaccio nei locali”. 

Non per fare gli esterofili a tutti i costi, ma possibile che in Italia non si riesca a chiedere uno straccio di documento all'ingresso, mentre in altri Paesi europei l'addetto alla sicurezza è considerato un pubblico ufficiale? Rimettere mano al decreto Maroni sarebbe già qualcosa, per quanto non risolverebbe un problema di alienazione giovanile sul quale occorre interrogarsi più approfonditamente e che non necessariamente passa per le droghe, ma può riscontrarsi anche nell'abuso di legalissimo alcol. Dopo il ricovero al Perrino di Brindisi di quattro minori in coma etilico, il direttore dell'ASL di Lecce, Giovanni Gorgoni, ha tuonato: “Chi beve non è figo è un coglione”. Niente, non ce la possono fare. Appena c'è un problema tirano fuori la bacchetta e iniziano a spartire le acque tra i buoni e cattivi, di qua gli alcolizzati, di là i ragazzi dell'azione cattolica, senza mai una volta chiedersi il perché delle cose, senza che l'eco delle loro parole vuote abbia la minima risonanza su una realtà che va da tutt'altra parte.
  1. Non si finirà mai di parlarne, né di sparare a caso su argomenti che non si vuole neanche provare a cogliere da punti di vista alternativi a quello di partenza. Una cosa però la si può provare a chiedere: salvate la musica, tutta, anche quella che dite non sia degna d'esserlo come la musica da discoteca! Lasciatela stare. Non solo non c'entra nulla, ma potrebbe invece aiutare a salvarsi. “La gente non capisce il mondo delle discoteche perché non vuole capirlo – spiega Coccoluto padre in una delle sue uscite più efficaci – gli rimprovera l'assenza di dialogo che è invece la sua ricchezza. Ci sono moltissimi tipi di linguaggio, non c'è solo quello verbale. In discoteca non si parla, sento ripetere continuamente. Ma è proprio questa la sua bellezza: lasciare spazio ad altre forme di comunicazione, come il body language che non è una chiave di decifrazione della realtà meno nobile della parola. La gente davvero non sa cosa si perde!”.

29.5.12

Dresda Piccolo genio risolve i quesiti di Newton

DRESDA Un piccolo genio tedesco di origine indiana ha risolto un problema posto da Isaac Newton che per 350 anni ha fatto «impazzire» i matematici di tutto il mondo. Shourryya Ray, 16 anni, ha risolto due teorie delle dinamica delle particelle a cui fisici prima di lui si erano avvicinati con approssimazione usando computer che all'epoca di Newton non esistevano. Le soluzioni del teenager permettono calcoli esatti di una traiettoria sotto l'effetto della gravità e della resistenza dell'aria. Ray si è trovato di fronte al problema durante una visita alla Technical University di Dresda. Il sedicenne, che vive da quattro anni a Dresda, è riuscito a calcolare esattamente la traiettoria di un proiettile sottoposto alle due forze. Poi come se non bastasse, ha risolto anche un secondo problema riuscendo a stimare precisamente il tipo d'impatto e di rimbalzo che segue quando un determinato corpo sbatte contro un muro. I due problemi di fisica meccanica e le loro soluzioni potrebbero apportare grandi benefici alla scienza balistica e per questo il giovane Ray è stato celebrato sui quotidiani internazionali come un giovane genio. «Quando i miei professori mi hanno detto che questi quesiti non avevano soluzioni», ha raccontato, «ho pensato tra me e me: “bene, non c'è nulla di male nel provare. Alla fine questa ingenuità da scolaretto mi ha aiutato  ».

6.5.12

Usa, le adolescenti in piazza contro l'uso del photoshop sulle riviste

La petizione promossa da una lettrice quattordicenne del noto magazine Seventeensta riscuotendo molto successo tra le sue coetanee adolescenti. Julia Bluhm ha quattordici anni e vive a Waterville nel Maine, ed è riuscita a creare fermento nell'opinione pubblica statunitense con la sua crociata online contro l'uso massiccio di Phothoshop nelle pagine della rivista per adolescenti Seventeen. "Seventeen Magazine: give girls images of real girls", questo è il titolo della petizione, ha superato le 40mila firme ed è stata consegnata nella redazione di New York durante un incontro tra Julia e alcuni rappresentanti della rivista. 


da http://www.nanopress.it/ Pubblicato il 4 Mag 2012




da http://www.repubblica.it/persone/







Ha 14 anni la promotrice di una petizione di successo che ha fatto discutere negli Stati Uniti. Si tratta della giovanissima Julia Bluhm, di Waterville nel Maine, che ha avviato online una crociata contro l'uso massiccio di Phothoshop nelle pagine della rivista per adolescenti Seventeen. La petizione, dal titolo "Seventeen Magazine: give girls images of real girls" ha superato le 40mila firme ed è stata consegnata nella redazione di New York durante un incontro tra Julia e alcuni rappresentanti della rivista. "Le foto delle ragazzine di Seventeen propongono un ideale impossibile per le giovani di oggi - ha spiegato Julia Bluhm chiedendo la pubblicazione di almeno un servizio al mese con foto non ritoccate (ap)

22.5.09

I pupi, i papy e il puparo senza arte

1. Sulla preside di Genova, Giovanna Cipollina, che scrive le liste di proscrizione, mercoledì prossimo spedirò il mio articolo per la Repubblica/Il Lavoro che verrà pubblicato domenica prossima.

2. Ci mancava questa! Il Corruttore (sic! «C» Maiuscola per dire che rappresenta un modo d’essere irreversibile) di testimoni perché dicano il falso, il papino bugiardo preoccupato della sua «bambina», ora appena maggiorenne, l’«uomo malato» che si crede Napoleone, Gesù Cristo, il Padre eterno, si trucca di nascosto al raduno della Confindustria: il trucco nascosto nel fazzoletto e lui, il papino delicato, che fa finta di asciugarsi il sudore, mentre invece si sta stuccando per «venire meglio in tv». Anche nelle frivolezze è falso. Anche quando agisce di nascosto è finto.

3. La scena raccapricciante però non è lui, ma quelli che gli stavano davanti: il gotha dell’intellighenzia italiota, la classe nobile del Paese, che ascolta in silenzio le fregnacce di un uomo malato (parola di moglie) e alla fine metà dei presenti applaudono e metà stanno zitti. E’ l’immagine amara dell’Italia, trasformata in un immenso teatro finto, dove il puparo muove le file agita i pupi come vuole e quando vuole.


4. Di fronte alle rivelazioni, ormai accertate da la Repubblica che ha dimostrato che Berluglioni ha mentito sul caso di Noemi la ex-minorenne [qui sotto, l'"artistico" book fotografico realizzato quando la ragazza non aveva ancora 18 anni, n.d.r.], di fronte alle accuse atroci di una moglie che lo accusa di pederastìa e di essere uomo malato di paranoia narcisistica, di fronte al vuoto che regna sul terremoto di Abruzzo, trasformato in un palcoscenico tra i ruderi (che romantico!!!), di fronte all’esercito italiano, comandato da La Russa, che dichiara guerra a due barconi bucati di clandestini, di fronte al governo che dichiara guerra all’Unione Europea e all’Onu, ci sarebbe stata bene una presa di posizione della gerarchia cattolica, dal momento che sono in ballo questioni di etica, di giustizia internazionale, di protezione di poveri, emarginati e quindi prediletti da Dio. Sarebbe stato bello!


5. Ci dobbiamo accontentare di piccoli colpi di spillo, dati con stile diplomatico, con linguaggio asettico e, perdinci, non offensivo. Gli interventi del Vaticano e della Cei, che pure ci sono stati e anche tempestivi, sono stati del tutto inadeguati, minimalisti, quasi pudichi.


a. Nulla hanno detto sul caso «del marito che va con le minorenni», non rilevando nel comportamento dalla massima autorità di governo, nemmeno una traccia di disdoro etico. Non sarebbe stato il caso che la Cei chiedesse formalmente le dimissioni di un corruttore di tribunali e di minorenni?



b. Non sarebbe stato il caso che il papa, nel suo candore teologico, affacciandosi alla finestra, avesse detto: non abbiamo niente da spartire con un uomo del genere che mentre manda l’esercito contro le carrette del diritto negato e mentre la gente di Abruzzo cuoce nelle tende militari, egli fotte le minorenni con il plauso della sua maggioranza cattolica?



c. Non sarebbe stato straordinario se il papa o il Bertone o l’Angelo Bagnasco avessero detto pubblicamente che non è lecito ai cattolici collaborare con un uomo del genere sia dal punto di vista etico che politico e civile? Non avrebbero dovuto smentire la clack plaudente del mondo cattolico che pare goda e si diverte e giustifica e approva? Secondo la morale cattolica, non tanto ladro chi ruba che chi para il sacco?



6. Non abbiamo assistito a nulla di tutto questo, ma abbiamo appena sentito un sussurro, quasi un bisbiglio: l’invito ad una «maggiore sobrietà», come dire ad uno stupratore che invece di quattro donne al giorno, se ne faccia soltanto due o tre. Finché non passa la buriana. E’ la morale dell’elastico. Eppure siamo sempre convinti che dalla gerarchia che si appella a Dio e pretende di parlare in nome di Dio, dovessero venire parole e comportamento di fuoco, parole e comportamenti profetici. Se in Italia regna l’omertà, l’accondiscendenza e il servilismo, in Vaticano e in Cei regna l’opportunismo e la convenienza. Non è più il criterio della verità che dirige la vita, ma quello mercantile dell’utilità.





Paolo Farinella, prete - Genova

20.11.08

Fanciulli





Rifiorite nell'attesa,
nel rintocco d'una pendola,
nello scandire delle ansie,
nel meriggio assente.



Vi si contempla in segreto,
e al rientro, nel buio,
il cuore si conforta.



E l'urna degli occhi
nasconde sogni fragranti,
arcobaleni imprevisti,
stupori primordiali.



Siete, e fuggite:
imprendibili meduse,
musicali aquiloni,




al filo tenue della vita
è legato
il nostro splendido domani.
Daniela Tuscano

13.11.08

Loro fermano il nostro futuro......noi fermiamo i loro siti!

Il 13 novembre alle ore 14:00 partecipa al Netstrike contro uno dei siti che rappresenta coloro che vogliono sottrarci il nostro futuro distruggendo l'università pubblica e laica.

Cosa devi fare? Organizzati per avere un accesso ad internet intorno alle 14:00 del 13 novembre, per visitare il sito www.miur.it. Scegli una delle seguenti modalità di partecipazione, calibrate in base alla difficoltà tecnica e il tempo richiesto:


Low
Ingredienti: un browser e 5 minuti del tuo tempo, accessibile praticamente a chiunque sappia usare un mouse [continua]


Medium
Ingredienti: Utilizzare come browser firefox oppure opera. [continua]


High
Ingredienti: Sai cos'è wget? allora questa è la sezione fatta apposta per te [continua]


per informazioni: 133strike@autistici.org


Partecipa alla manifestazione nazionale del 14 novembre a Roma!

23.10.08

gli adolescenti e l'alcool

opo aver letto molti post dei utenti sull'anoressia e bulimia in particolare questo   ho deciso di scrivere sotto forma di elttera  aperta   un post sul fenomeno adolescenti e alcool



Leggo sui giornali che Sono più di 61mila le persone in cura presso i servizi pubblici per l'alcol dipendenza,e si tratta soprattutto di giovani sotto i 30 anni. L'allarmante statistica è stata resa nota durante la prima conferenza nazionalesull'alcol.
Il problema dell'abuso di alcol ormai riguarda soprattutto le fasce più giovani della popolazione con un vero e proprio allarme per la fascia di età fra 11 e 17 anni. Il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella ha diffuso dati preoccupanti: complessivamente, ha detto, sono infatti oltre 740mila i minori tra 11 e 17 anni classificabili come consumatori a rischio, tra loro 470mila ragazzi e 270mila ragazze. Più in generale, ha rilevato il sottosegretario fornendo i dati del fenomeno alcol, in Italia ci sono oltre nove milioni di individui di età superiore agli 11 anni che consuma-no alcol secondo modalità a rischio si tratta di 6.719.665 maschi e 2.117.182 femmine, pari al 26,4% e al 7,8%, rispettivamente, della popolazione italiana .
Al momento, ha ricordato Roccella, sono oltre 61 mila i soggetti alcol dipendenti in carico ai servizi socio sanitari. Nella fascia d'età tra gli 11 e i 15 anni, un ragazzo su cinque è un consumatore di alcol a rischio.
Ora , cari ragazzi\e vorrei capire cosa vi spinge a bere a dismisura e ridurvi uno straccio ogni fine settimana e ogni festività . E' vero che qualche volta si può eccedere , ve lo dice uno che c'è passato e che ad ogni spuntino \ festa si faceva in polvere sia perché lo voleva lui nonostante l'alcool li facesse male ( soffre di cefalea e di riflusso gastro esofageo ) sia per la legge del branco  dalla  quale  lotto ( ed  è questo uno degli scopi del blog  )  con  cadute  e rialzi  per  non cadarci o uscirne  per  quel poco che  c'è rimnasto  di me







dove alcuni amici "ubriaconi" che reggono meglio l'alcool meglio di lui lo facevano con scuse o con toni scherzi ( l'acqua fa male il vino fa bene , bevi compagno , bevila tutta , ecc ) e che poi ha capito che si stava facendo del male otre a fare figuraccce , fra cui l'ultima con una dele sue migliori amiche e che tale esperienza era solo un esperienza negativa effimera , ma iniziando a quell'età ( più basa della mia ,che era 14\15 ) vi fate peggio . E poi , in base alla mia esperienza , questa è per parafrasare una canzone degli anni '60\70 più volte citrata nellla  mia  blog comunity  : << la gente della mia età andare via \lungo le strade che non portano mai a niente (....) >> qui il testo


e che    a volte  è meglio uscire  dalla legge del branco ( vedi video )   e decidere tu   sen  continuare  in una  esperienza  che  è solo distruttiva  o  pure smettere  finche  sei in tempo  . Io ho deciso  di  fermarmi in tempo   con la mia esperienza dell'alcool  infatti , i problemi si dimenticano ma solo momentaneamente per poi tornare passata la sbronza magari più pesantemente di prima Quindi  ragazzi non buttatevi via  , bevete  se  volete bere  , anche  se  moirete di morte lenta  ,  ma  incominciate  più tardi  e  soprattutto  appena vedete che   vi sta facendo male  non continuate  fino alla sbronza 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...