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2.9.17

Dalla radice al mondo, una riflessione di Eleonora Casula · Digital PR presso Freelance

http://www.radice.ce.it/dalla-radice-al-mondo-riflessione/#7s8d6f87
Un ottimo  articolo  di Eleonora Casula, professionalità e trasporto, un mix perfetto che fa giungere la tua riflessione al nostro animo.


Radice: root, punto iniziale di un file system, declinazione, soluzione, parte invisibile, chackra. Il chackra della radice, il primo, quello capace di governare i nostri impulsi, i nostri istinti. Radicato nel corpo, quasi prossimo alla terra, secondo gli esperti rappresenta la famiglia.
Ognuno di noi ha una radice, la sua radice, quella profonda ed interiore che nonostante tutto si porta a presso nella vita tra una e mille vicende.
E’ la vita contemporanea, è questo “mondo grande e terribile” che trasforma le radici, quelle vere e forti, in virtuali, algoritmiche e quasi inesistenti.
Donne, uomini e bambini, in fuga dalle guerre, alla ricerca di un presente migliore e di un futuro degno di essere sognato attraversano deserti, langhe desolate, fiumi, mari e borders privandosi delle proprie radici nella speranza di vivere in un mondo migliore, non consapevoli di quello che qui, in questa civile Europa gli attende.
Uomini e donne senza radici si preparano ad affrontare il presente e nel frattempo, come già scriveva Antonio Gramsci “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.” Mostri che nascono grazie al triste contributo di chi quotidianamente genera fake news, notizie false, bufale e messaggi virali, mostri senza coscienza e dignità civile, soggetti sprezzanti della democrazia e della civiltà umana. Razzismo e coscienza non civile sono unite da un sottile filo rosso, lo stesso filo rosso che permette agli abitanti del web di passare il tempo a commentare fatti inesistenti o che, come una antica gabbia, rende tutti gladiatori.
Alla radice dell’insofferenza verso l’altro c’è la paura, il terrore del diverso, nessun essere umano nasce disprezzando il prossimo ma come nel corso della vita si impara ad amare, purtroppo si impara ad odiare infatti come diceva Nelson Mandela “Nessuno nasce odiando qualcun altro per il colore della pelle, il suo ambiente sociale o la sua religione. Le persone odiano perché hanno imparato a odiare, e se possono imparare a odiare possono anche imparare ad amare, perché l’amore arriva in modo più naturale nel cuore umano che il suo opposto”. E’ imparare ad amare, imparare a vivere con il sorriso e con la positività che restituisce all’uomo quelle radici forti e profonde di quella famiglia che, se non c’è, si può trovare altrove.
Perché ci fa paura il diverso? La domanda non è mai di facile risposta, si può persino sbagliare a rispondere, da sempre l’essere umano teme l’ignoto ed oggi come un tempo, il diverso è quel qualcosa di sconosciuto. A pochi interessa che quelli uomini e quelle donne siano senza radici e che per cercare un luogo dove ricostruire la vita siano stati picchiati, violentati e lasciati a morir di sete per giorni e giorni.

18.4.14

L' UOMO CHE CREDE CHE LE NUVOLE LE PORTI IL VENTO.... Tony Bulciu

la bravissima   tony bulciolu  è  riuscita  a rendere in modo originale  questa  opera  de  andreiana







                                 L' UOMO CHE CREDE CHE LE NUVOLE LE PORTI IL VENTO....

Conosco un uomo che crede che le nuvole le porti il vento,
in riva al mare cammina lento.
Lo sguardo volto verso un sasso
non si accorge degli aerei che volano basso, 
che lasciano una moltitudine di scie
che rendono il cielo più trafficato delle vie.
Rilasciano gas velenosi e vapori
che fan diventare vacche i tori!
Il cielo non è più azzurro
ma è diventato color burro.
I gas si addensano
e si formano le nuvole piano piano,
e comincia a piovere e fare tuoni
e si formano le alluvioni.
Quell' uomo che conosco a Flight Simulator pensa ancora di giocare,
la realtà non vuole accettare,
crede ancora che le nuvole le porti il vento
e degli aerei che volano nel cielo è contento!
(Tony)

27.1.14

Verba volant / Memoria di Luca Billi 27 gennaio 2014


Memoria, sost. f.

Secondo la mitologia greca Mnemosine era la dea della memoria. Si tratta di una divinità molto antica, nata prima di Zeus e degli dei olimpii. Esiodo infatti racconta che era figlia di Urano, il Cielo, e di Gea, la Terra, e quindi sorella diCrono, il padre di Zeus, e dei Titani. Sempre l’autore della Teogonia racconta che Mnemosine – che nella lotta tra gli dei e i Titani si era schierata con i primi – venne amata da Zeus, che le apparve sotto forma di pastore. Da quelle nove notti d’amore sui monti della Pieria nacquero le nove Muse.
Diodoro Siculo, nel libro V della Bibliotheca historica, spiega che Mnemosine aveva scoperto il potere della memoria e che lei stessa aveva assegnato i nomia molti oggetti e alle cose astratte che servono agli uomini per capirisi durante le conversazioni. Per questo, in qualche modo, Mnemosine è anche la dea di questo dizionario.
Mnemosine esercita un potere arbitrario quando assegna i nomi alle cose e infatti la memoria è qualcosa di fondamentalmente arbitrario.
Parlate con uno dei vostri vecchi di casa e vi accorgerete che spesso non sono in grado di ricordare cosa hanno fatto pochi giorni fa, ma vi sanno descrivere – con un’incredibile dovizia di particolari – un episodio capitato cinquant’anni fa; naturalmente non avete nessuna possibilità di verificare quei particolari e non potete far altro che confidare della memoria di chi ve li ha raccontati.
Fondamentalmente è per questa stessa ragione che le memorie sono il genere storiografico più infido e carico di menzogne. Chi scrive a volte mente intenzionalmente, anche se per lo più lo fa inconsciamente: è davvero convinto che le cose siano andate proprio come le lui le ricorda, anche se non è vero.
Io sono uno che cerca di esercitare il più possibile la memoria, ovunque ne ho l’occasione e specialmente attraverso il mio blog e i miei post sui social network, ma anche la mia memoria è deliberatamente e dichiaratamente arbitraria. Ricordo a me stesso e a chi mi legge quello che penso sia importante ricordare e che ritengo ingiustamente dimenticato. Per questo motivo non manco di ricordare le stragi di piazza Fontana e della stazione di Bologna, non perdo gli anniversari della morte di Antonio Gramsci e di Giacomo Matteotti, ricordo lacaduta del muro di Berlino e la fine dell’apartheid in Sudafrica. E molto altro – come avete spesso la pazienza di vedere.
L’importante è essere consapevoli che si tratta di scelte, in questo caso le mie scelte, perché questa è appunto la mia memoria.
Ad esempio, l’11 settembre la memoria mainstrem ricorda l’attentato alle Twin towers; io sono uno di quelli che ricorda invece il golpe americano in Cile e l’uccisione di Salvador Allende. Ci sono memorie più o meno importanti ? Per me sì e mi assumo il rischio di fare queste scelte. Ciascuno di noi lo fa, nella sua vita privata come in quella pubblica. Ciascuno di noi ricorda gli episodi della sua vita che vuole ricordare, magari migliorandoli e trasformandoli un po’, e ne dimentica altri.
Anche per questo io diffido come la peste da chi parla di memoria condivisa. La memoria condivisa è una menzogna: è solo il modo per chi è al potere di imporre agli altri la propria memoria. E per annebbiare – o annullare del tutto – le altre memorie. Infatti è importante dire che la memoria è sempre plurale.
Oggi è il Giorno della Memoria: è un giorno importante, di quelli cheapparentemente ricordiamo quasi tutti, vincitori e vinti, qualunque sia la nostra convinzione etica e politica. Non è assolutamente mia intenzione “rovinare” la festa, penso siano importanti tutte le manifestazioni, anche quelle fatte soltanto per obbligo istituzionale, credo sia importanti tutte le parole dette oggi, anche quelle dette senza convinzione e solo per puro esercizio retorico.


La memoria infatti è sempre più forte di noi, dei nostri tentativi di manipolarla e di usarla. La memoria è una dea, molto antica, più antica degli altri dei, di quelli che tengono il potere e di quelli che presiedono alle altre arti. E quindi si può far beffe di questi piccoli maneggi dei mortali.

30.12.13

Buonanotte pirati, vi parla radio libera [ il 4 gennaio il nostro blog fa 10 anni ]

musica  consigliata
  tutta quella degli anni 60\80 in particolare  la  le colonne sonore di : i love radio rock ,  forrest  gump , radio freccia  , lavorare  stanca

in sottofondo




Come da  titolo con questo post  intendo  iniziare  a festeggiare  , lo so che sembrerò matto    visto che ancora  mancano  5  giorni all'anniversario ma  10 anni di blog  sono 10 anni   di vita  nel bene e nel male  .  
Lo faccio parlando   delle  prime radio libere  che  nell'ormai prossimo 2014    celebrano  ( io   i 10 anni di blog  loro )  40 anni  quelle  italiane  50 quelle  straniere   in particolare radio caroline   ne trova  da  cui tutto è incominciato  ne  trovate sotto la storia  per indicare  che  [sic ] ,  dal passaggio da  splinder  a  blogger  ,  per motivi  tecnici o  personali non scrive  più nessuno\a  anche  se  iscritti  ,  che il blog  è aperto  a chiunque  voglia  scrivere  o se  nel caso  non può per motivi tecnici o di tempo perchè magari gestisce un altro blog  , posso  pubblicarli io ovviamente  scrivendo  che sono loro  gli autori   come facevo  con Daniela  e  Matteo 
   
In principio si chiamavano addirittura radio pirata e trasmettevano da navi ancorate in acque internazionali. La più celebre, Radio Caroline, era inglese e non è un caso che sia diventata il soggetto di un film di culto come "I Love Radio Rock". Radio Caroline spezzò il monopolio della Bbc e cominciò nel 1964 a trasmettere il rock, diventando un simbolo di libertà anche in conseguenza della guerra legale che le fecero le istituzioni di Sua Maestà. In Italia le cose in un certo senso furono più facili perché nel 1974 fu la Corte Costituzionale a sancire che il monopolio delle trasmissioni radiofoniche della Rai era incostituzionale. Fu l'inizio di quelle che allora si chiamavano Radio Libere: nel giro di pochi anni diventeranno migliaia, su tutto il territorio nazionale. L'unica vera restrizione era (  1  2  )   l'emittente di Bologna che diventò la voce del Movimento del 1970\77  fino alla chiusura traumatica con l'irruzione della Polizia. Anche la storia di Radio Alice è diventata un film, "Lavorare con lentezza" di Guido Chiesa.E la  storica  radio Gap ( che  aveva   sede alla scuola diaz di Genova  )  la radio dei No global  a Genova  2001   chiusa  anche  essa   nella  notte cilena  della diaz  22 luglio 2001 e altre  radio libere dei Csoa ( centri sociali occupati autogestiti ) in particolare  http://it.wikipedia.org/wiki/Radio_Sherwood ed altre  che ora  non ricordo  i nomi .Ah  dimenticavo  radio faber  (  pagina  facebook e  gruppo facebook   
che le trasmissioni fossero in ambito locale. Bastavano pochi soldi per mettere in piedi una radio e l'occasione fu colta al volo. Nella storia recente, come dice    prima di Internet, è difficile trovare un evento paragonabile sul piano della diffusione della libertà creativa e di nuovi linguaggi della comunicazione. Con gli anni poi anche le radio libere si strutturarono fino ad arrivare all'attuale forma di network commerciali che dominano il mercato. Non per niente l'aggettivo "libere" fu sostituito da "private". Ovviamente in principio fu la musica a sostenere quasi completamente i palinsesti, finalmente riempiti di brani e artisti che trovavano poco spazio nella radio della Rai. Presto comincerà anche quel rapporto diretto con il pubblico che è diventato un elemento chiave della programmazione. Quello della radio libere resta un periodo formidabile e irripetibile, raccontato con affetto e intelligenza da Luciano Ligabue in "Radiofreccia". Ma quella che racconta Ligabue è solo una parte della storia perchè nel panorama variegatissimo di emittenti c'era davvero di tutto e dunque non potevano mancare la politica e la controcultura. Anzi proprio la politica faceva da collante per esperienze come Radio Popolare a Milano, Radio Città Futura a Roma o la storica Radio Alice
 E' quasi superfluo sottolineare l'importanza che la nascita delle radio libere ha avuto per la cultura italiana e per l'evoluzione del linguaggio dei media, al di là del fatto che proprio queste radio sono state una palestra di talenti e, in certi casi, veri e propri laboratori di intelligenza e creatività. Senza contare che le trasmissioni in stereofonia sono cominciate proprio dalle radio libere. Anche in quel caso le radio di stato si sono dovute adeguare.


  dopo questa premessa   tratta   da   dopo questa premessa storico  \  culturale  tratta da http://www.smtvsanmarino.sm/costume/2013/12/29/musica-40-anni-fa-nascevano-radio-libere eccetto gli url ( le frasi in blu ) che sono frutto di mie ricerche  qualche  corsivo qui e la 
racconto  la storia  di quella  che  è  la prima   radio pirata articolo  di     http://controloro.blogspot.it/2009/09/radio-caroline-i-pirati-del-rock-1964.html  (  eccetto qualche corsivo ) altre news   le  trovate  qui  en.wikipedia.org/wiki/Radio_Caroline





La prima vera radio libera europea nacque dalla voglia di fare qualcosa di nuovo, nell'atmosfera effervescente della swingin' London degli anni '60, di un giovane irlandese, Ronan O'Rahilly, che già aveva iniziato ad operare nel mondo della musica, come appassionato di rythm & blues e poi manager, per un breve periodo dei Rolling Stones degli inizi, e poi del bluesman Alexis Korner.
Il contesto era di monopolio assoluto dei mezzi di informazione, in questo caso detenuto dalla BBC,che costituiva per il mondo della musica una strettoia, dalla quale passavano solo le trasmissioni sponsorizzate dalle grandi case discografiche, ed i nomi che queste spingevano. In più era una radio che i giovani percepivano come vecchia e fuori dal tempo.


O'Rahilly venne a sapere che già da tempo in America una radio, Voice Of America, trasmetteva da una nave per una più efficiente copertura, e che alcune piccole radio dell'Europa settentrionale, come Radio Nord e Radio Veronica, usavano lo stesso sistema per aggirare monopoli e divieti. Un approfondimento legale gli consentì di appurare che su una nave, in acque internazionali, le uniche leggi valide sono le leggi del paese nel quale la nave è registrata; quindi se una nave batte, per esempio, bandiera panamense, e le leggi di Panama non vietano le radiotrasmissioni né recepiscono alcun accordo internazionale sulla radiofonia, tutto è in regola.
Facendo due più due O'Rahilly si rese conto di avere in tasca la soluzione, ed una enorme opportunità, altri stavano pensando a qualcosa di simile, ma lui partì in anticipo e, all'inizio del 1964, comprò una vecchia motonave in disarmo, la MV Fredericia, la riadattò e la dotò di un potente trasmettitore da 10KW in onde medie, e la mise in mare con destinazione Mar dell'Irlanda, tutto era pronto per il lancio.

Il nome scelto per la radio era un omaggio alla figlia del presidente americano John F. Kennedy, assassinato l'anno prima a Dallas, e la nave venne ribattezzata ovviamente MV Caroline.
La Domenica di Pasqua del 1964, dalla nave ancorata al largo delle coste irlandesi, cominciarono le trasmissioni. Gli speaker (il primo di essi si chiamava Simon Dee), sopraffatti dalla emozione, non se la sentirono di andare in diretta, e registrarono l'annuncio di inizio delle trasmissioni, che diceva semplicemente "This is Radio Caroline on 199, your all day music station", poi mandarono il primo pezzo, ovviamente un brano dei Rolling Stones.
Già nell'ottobre dello stesso anno 1964 Radio Caroline superava negli ascolti per fascia oraria la BBC, resisteva ai tentativi della stessa BBC e del governo inglese di fare tacere le trasmissioni, e faceva da apripista ad altre radio "pirata", come si diceva allora, e ad un ritorno in forze delle radio private che trasmettevano dall'estero, come la famosa RTL 208, ovvero Radio Luxembourg.
Negli anni seguenti Radio Caroline acquistò una seconda motonave (MV Mi Amigo) che ancorò al largo delle coste dell'Essex, le stazioni diventarono quindi due: Radio Caroline North (l'originale) e la nuova Radio Caroline South, e coprivano ormai tutte le isole britanniche e anche la costa Nord occidentale dell'Europa.
Non mancarono le avversità naturali e legali: la motonave Mi Amigo venne disancorata durante una tempesta nell'inverno del 1966 e si infranse sulla costa. L'equipaggio venne tratto in salvo ma le trasmissioni dovettero essere interrotte per qualche tempo, ma gli organizzatori riuscirono a noleggiare un'altra nave, la Cheeta II, utilizzata per trasmissioni radio in Scandinavia, e che era inattiva in quel periodo a causa delle condizioni atmosferiche avverse nel Mar Baltico.
Dal punto di vista legale invece il governo inglese ottenne l'approvazione di una legge ad hoc per poter perseguire le radio pirata (il Marine Broadcasting Offences Act) che consentiva di perseguire le stazioni che trasmettevano anche dal Mare d'Irlanda e dall'Isola di Man. Radio Caroline dovette
 migrare nel Mare del Nord, dove il governo olandese non aveva ancora preso provvedimenti contro le radio off-shore, e riuscì a continuare le trasmissioni, anche se da quel momento iniziava la sua fase calante, anche perché la BBC iniziava, pochi mesi dopo, le trasmissioni della sua nuova rete Radio 1, modellata sullo stile veloce e musicale delle radio pirata.
Cinque anni dopo, nel 1972, iniziavano a trasmettere le prime radio libere terrestri in UK e l'era delle radio sulle navi iniziava il suo declino.



Appena finito di vedere per la seconda volta vi consiglio un film propriamente ispirato alla CAROLINE.
I LOVE RADIO ROCK per gli amanti del rock uno dei pochi film culto uscito negli ultimi anni bei costumi ottimi attori divertente e scorrevole.
Vi travolgeranno le musiche rimpiangendo di non essere nati in quegli anni per godere a pieno per primi della cosa piu' bella esistente a questo mondo fonte di vita il ROCK!


Questo e' il primo Trailer con titolo diverso ma la solfa e' la stessa guardatelo!








Di seguito la  non banale  e  scontata    come  quelle  sui film ( forrest  gump  esempio )  che  raccontano storie  e  vicende  di quel periodo  colonna portante sonora  se  non volete  comprarvi  il  disco  cliccate qui per scaricarla Attenzione per scaricarla avete bisogno di un programmino scaricatelo da questo link 

1. Duffy - Stay with Me Baby
2. The Kinks - All Day
3. The Turtles - Elenore
4. John Fred and Playboys - Judy in Disguise
5. Martha Reeves - Dancing
6. Beach Boys - Wouldn't it Be Nice
7. Smokey - Ooh Baby Baby
8. Herb Alpert - This Guys in Love
9. Tommy James - Crimson and Clover
10. Jeff Beck - Hi Ho Silver Lining
11. The Who - I Can See for Miles
12. The Troggs - With a Girl Like Yo
13. Boxtops - Letter
14. The Hollies - I'm Alive
15. Chris Andrews - Yesterday Man
16. Paul Jones - I've Been a Bad Bad Boy
17. Tremeloes - Silence Is Golden
18. Skeeter Davis - End of the World

CD: 2
1. Easybeats - Friday on My Mind
2. The Who - My Generation
3. Cream - I Feel Free
4. Jimi Hendrix - Wind Cries Mary
5. Procol Harum - A Whiter Shade of Pale
6. Otis Redding - These Arms of Mine
7. Junior Walker - Cleo's Mood Supremes - The Happening
8. The Turtles - She'd Rather Be with Me
9. The Bystanders - 98.6
10. Kinks - Sunny Afternoon
11. Cat Stevens - Father and Son
12. Moody Blues - Nights in White Satin
13. Dusty - You Don't Have to Say You Love Me
14. Lorraine Ellison - Stay with Me
15. The Mccoys - Hang on Sloopy
16. The Isley Bros - This Old Heart of Mine
17. David Bowie - Let's Dance
18. David Bowie - Let's Dance


25.12.13

Così il senzatetto ritrovò Carlos Santana su ex chittarrista

Così il senzatetto ritrovò Carlos Santana

Quarant'anni fa, Marcus “The Magnificent” Malone era un promettente percussionista, suonava in un garage con l'allora sconosciuto Carlos Santana. Oggi, è un senzatetto di Oakland, in California, che per campare è costretto a rovistare tra la spazzatura, ma il destino ha infine deciso di dargli una mano: un giornalista lo ha scovato, per caso, è lo ha fatto rincontrare con la leggenda del rock latino, che, commosso, si è detto «onorato» di essere di nuovo con lui e anche pronto ad aiutarlo a ripartire.
Il giornalista, Stanley Roberts, della KRON-TV di San Francisco, stava lavorando a un servizio sulle discariche abusive quando la settimana scorsa si è imbattuto in Marcus Malone. Con pudore, l'anziano clochard gli ha raccontato la sua storia. Gli ha raccontato di quando alla fine degli anni '60 suonava nella nel garage di sua madre, prima che il musicista di origine messicana facesse il grande salto, grazie al mitico concerto di Woodstock. Malone però non c'era, a quel concerto, perchè era finito dietro le sbarre a San Quentin. Roberts è così riuscito a organizzare un incontro, ad alta tensione emotiva, nella fatiscente roulotte dove vive Malone.
«È lui: è il magnifico Marcus Malone. Il suo spirito è indomabile», ha detto Santana abbracciandolo, e lo ha abbracciato
.

22.12.13

Cancro come Hiroshima . da http://mattax-mattax.blogspot.it/


Pensare ilcancro

di Matteo Tassinari

Pensare il cancroCome ogni grande e mortale malattia della terra e dell'uomo, il cancro è prima di tutto un "oggetto" da pensare per volgere ad un possibile miglioramento. Un corpo estraneo, vivace, sconosciuto prima, neoplasia (néos “nuovo”, plásis, “formazione”) o tumore (dal latino tumor, “rigonfiamento”), indica una massa anormale di tessuti che crescono in eccesso ed in modo scoordinato rispetto ai tessuti normali e che persiste in questo stato quando va bene, quando va male degenera fino all’approdo di buona speranza, all’epilogo della partita si spera giocata bene, come le poesie Marco di Van Basten o Michel Platinì nel rettangolo verde dove il vento scombina i capelli, mai le idee.
L'uomo nel sacco

 Ripensando alle bufere





L'argomentare dell'oncologo e della letteratura medica, non è sufficiente, come non fornisce neppure un modo di pensarlo, un modo non dico di discuterci, ma di viverlo come parte di me, non chiamandolo più "corpo estraneo" come spesso i dottori dicono. Mi rimane indigesto, mi fa paura,  percepire il tumore come evento generico, incorporeo, elusivoimprecisato, astrattofumosoapprossimativosommario. Come le collezioni di dati, bioritmi, scopie, tomografie assiale computerizzate, geometria proiettiva, rotazione del tubo radiogeno, liquidi di contrasto e su quei dati un nugolo di mosche che discutono, confronti, idee terapeutiche, ricerche, novità, speranze, sudore, pianto. Tutto questo non arriva a formare un pensiero. La religione ripete macchinalmente le sue formule, perché è necessaria una lunga vita di tormento morale per sentire la volontà di Dio come qualcosa di reale e di presente provvidenza e misericordia che non corrispondono a quanto umanamente s'intende con queste parole. La filosofia scantona, non ce la fa nonostante le sue spalle grosse. Dai guadagni stratosferici di Big Pharma International sul cancro non si direbbe l'indotto economico che arreca il tumore come fonte a cui attingere. Il pensiero ha indugiato l’affronto di più sulle grandi pandemie. La peste nera e quella bubbonica, il vaiolo, il colera, la sifilide, oggetto di storici, filosofi, pensatori, romanzieri, cronisti dei tempi in cerca di esplicazioni razionali per cercare di non abbandonarsi troppo all’insondabile mistero della vita. La forza del male obbliga tutti alla sottomissione per quanto energica la nostra risposta di fronte a ciò che fugge per vite intere. Tocca a chi tocca.














Dai al cancro la giustizia che invoca

Si entra in una killing zone, battuta, illimitata, dall'artiglieria atomica e antica, senza la minima speranza. Un chemioterapico sa bene che la cura spesso è peggio del male, nell’atroce prolungamento del dolore con l’aggiunta di altro vomito e tempo da vivere con pruriti insopportabili o escoriazioni nate dal nulla sulle gambe  e ventre. Voler pensare, il cancro, per cercare di spiegarlo. Ma spiegare cosa? Che i linfonodi hanno bisogno di una piallata a base di sedute di radioscopiche? Ripensare il cancro è anche ricordare gli amici colpiti, senza illusioni per me stesso, imbarcato da più di 30anni su questa comune barca da naufragio sicuro, morti di aids o tumori causati dalle difese immunitarie basse o cd4 vicino allo zero quando dovrebbero essere 1200 copie. Pensarlo, sbagliando, sia pure. Se si rifiuta il rischio di errore si è già rinunciato a qualsiasi pensiero sul cancro e la bestia ha già vinto. Questo mai! Quel che conta è uscire dalla nefanda e sinistra passività del silenzio metafisico, dare al tumore la giustizia che invoca, famelico, la giustizia della definizione astratta, il diritto di cittadinanza in un perimetro sacro, in cui l'odore d'ospedale non sia accolto insieme all'eterna verità. Trattarlo con riguardo perché è un enigma che la sfinge cosmica propone ai crocicchi, quando meni una vita non normale (secondo gli altri) perché farselo nemico è la fine prematurata. Non è servilismo, ma chi conosce personalmente Hiv e Cancro sono aspetti importanti, se non altro per il tempo che dedicano a te. Non ti lasciano mai solo, aspettano il momento migliore, per loro, per te il peggiore.
Cellule in stato iniziale di decomposizione tumorale ai polmoni
















“La diffusione 

mondiale del cancro”

La terra contiene la vita, può contenerla e generarla senza essere vivente, perché separiamo natura organica da natura inorganica? L’inorganico io lo penso come qualcosa di puramente immateriale. Sento la musica rock come una proiezione dell'inorganico, come leggo un romanzo di Baricco per saggiarne l’inconsistenza assoluta. Anche le città invase dalle macchine subiscono un'invasione dell'inorganico. Dal mondo non vivente a quello pulsante, sono fatte di metalli e di plastica e hanno bisogno di energia inorganica. La terra è tutta organica, tutta vivente, interamente pulsante. Anche nel pavimento che costò il rogo a Michel Serve (teologo, umanista e medico spagnolo, oltre che dedito allo studio della Bibbia) si interessò a scienze astronomiche, meteorologia, giurisprudenza, anatomia e matematica. Fu rogato nell’ottobre del 1953 dai calvinisti. Tutta vivente, la terra, come la vide Bruno, non come lo vedono i tecnocrati dello sfruttamento e della distruzione. E come essere vivente parlo di vita come cicli, assoggettamento alla morte, morte periodica e morte definitiva. La terra è un essere mortale, è la scoperta che ci spetterà a seguire questo on the road.


Tomografia compiuterizzata assiale
Linfoma biosfera

Il sole agonizza
e agonizzerà ancora per molti decenni. I raggi cosmici, sfilacciandosi, i gas di schermo della biosfera bombardano cancro sui tessuti viventi, sui deserti, gli oceani, i ghiacciai silenziosi come i veri predatori della natura, quando sferrano l’attacco è il caos, il nulla, perché ormai è già tardi. Solo chi è stato azzannato alla gamba da un coccodrillo guatemalteco può capire, gli altri stiano zitti. Spesso ho pensato alla morte per cancro della terra, anche se non l'abitassero che i bei sauri di cui ammiriamo i meravigliosi scheletri, appare sempre meno contestabile che il suo cancro primario abbia nome uomo. La terra è piena di metastasi, molte sono già esplose come Hiroshima.













Non esiste
cancro soggettivo

Ora, penso che sarebbe stato più semplice per me e per voi che leggete questo trattato di medicina empirica, mi era più semplice romanzare le ore vissute con Valerio colpito da aids e tumore, chi si piace si prende e ancora per molti mesi agli infettivi. Ma deprecavo l’idea di fare retorica, o quasi, su un argomento così serio da farti piangere alle 4 di notte in bagno, perché intuisci dove ti sei cacciato, o meglio, dove la vita t’ha cacciato. Non mi pareva il caso a giocare al Balzac su questo argomento e allora ho scelto più un taglio metafisico, alla Ceronetti, dove capisci solo dietro ad una vasta concentrazione sul testo, ma è un capire profondo, non un comprendere teorico, serve sensorialità, tanta. Tutte le epidemie si presentano velate. Chi riesce a strappare il velo e dice, senza inorridire, la faccia che ha visto, non è creduto. La prima volta che mi arrivò una voce sul cancro come evento epidemico mondiale fu negli anni ‘70, leggendo qualcosa. Si trattava dell'opinione di un cancerologo francese che commentava l’atomica di Hiroshima più o meno cosi: “E’ cominciata la diffusione mondiale del cancro”. Ce l'ho dentro ancora quella voce, quelle parole, quella infallibile profezia. Ed ero bambino. Ma è già, subito, un difficile lavoro per il pensiero operare l’allacciamento, in termini speculativi, tra lo bomba di Hiroshima e il cancro mondiale.
Era il 4 dicembre 1993, venti anni fa. Frank Zappa morì a Los Angeles per un cancro alla prostata. Negli ultimi tempi della sua vita, non rinunciò alla sua vena polemica annunciando di volersi candidare alla presidenza degli Stati Uniti in totale dissenso con la politica dell’ex presidente Reagan e con quella di George Bush. Il suo biglietto da visita o slogan era: "Potrei mai far peggio di Ronald Reagan?". Geniaccio!

Il cancro in guerra

Siamo ad un caso si direbbe di pestilenza che segue il carro della guerra, ma con due differenze importanti: nell'area atomizzata siamo già fuori della guerra, siamo nella passività assoluta. e già nel cuore di tenebra della peste e nell'epidemia di cancro abbiamo ormai oltrepassato ogni limite storico di tempo. Dunque, se il cancro epidemico è figlio di Hiroshima, non lo è per cause materiali. Può esserlo per cause metafisiche e se oggi dicessi che lo è lo direi da filosofo quale non sono, non da medico certo. Cinquant'anni dopo, il velo non si è ancora alzato sull'enigmatica faccia, nessuno parla ragionevolmente, di epidemia mondiale di cancro, ma soltanto, eufemisticamente, di pericolo di una diffusione sempre maggiore del carcinoma. Sarebbe troppo rischioso dire che il tumore e pandemico. Alzando senza paura il velo, la faccia, è là. Siamo noi, viviamo, ci muoviamo, parliamo, leggiamo, scriviamo, cerchiamo di superarci senza riuscirvi, con mille possibilità di morire in altro modo perché la Moira permane come realtà generatrice d'infinite cose, in un universo battuto da un’epidemia di tumori maligni. Un vaso di Pandora ancora da scoperchiare, chi lo alzerà quel coperchio? L'uomo cancerifica la terra con la sua presenza in eccesso e la sua attività di delirio consumistico, coi suoi pensieri criminali e con la sua impossibilità di amare al di là di quel che più strettamente gli somiglia. Solo tre o quattro poeti fra tutti hanno sperimentato l'amore infinito, gli altri hanno amato donne, uomini, vino, oppio, qualche gatto e la terra gli salda il conto, d'accordo col cielo e il sole, inondando di cancro l'uomo. “La misura della vita è dunque la differenza che esiste tra lo sforzo delle potenze esterne e quello della resistenza interna. L'eccesso di quelle annuncia la sua debolezza; il predominare di questa è l'indice della sua forza
L'angelo sterminatore
Il deserto si allarga

Mentre l'angelo sterminatore tende a far morire tutto quel che è vivente, gas, petrolio, inquinamenti titanici, elefantiasi della globalizzazione, minacciosi quanto spaventosi inquina le falde terrene per entrare per nostra volontà nel corpo delle generazioni future. Il vile atto di chi ha il senso innato del diabolico. Guardate il lavoro dell'intelligenza, il travaglio della ragione: salvo qualche apparenza e poche eccezioni, è ormai rotto lavoro e travaglio per far crescere e accelerare la morte. Il deserto si allarga e l'allargarsi del deserto è uno stretto luogo dove l'uomo sempre più incapace di pensare la vita, si nasconde per darsi la morte. Guardate le stesse ricerche sul cancro. Non sono anticancro che per chi non vuole pensare, e per chi accetta la spennellata di morte che insita nei luoghi comuni dei “come stai”? Quando sai che hai un cancro e altro di debolezze? Non c’è nulla in quegli immensi apparati tecnologici ed elettronici, in quelle colossali statistiche, in quelle schedature frenetiche, in quelle sperimentazioni su sventurati animali, nulla dico che abbia la faccia della vita. Sono sforzi di beccamorti che s'ignorano. C'è una predestinazione quando si prendono vie errate e qualcosa impedisce che s’imbocchi la giusta, una predestinazione alla bancarotta del vivente. Questa bancarotta non è muta, anzi assume in tutto la forma di un grido, di un'immagine Geschrei dell'onda sonora ben più vasta e prolungata di quella sonnambulicamente trascritto da Edvard  Munch, che se fosse percepito ci sarebbe insopportabile e ci costringerebbe a"fare qualcosa" per placarlo.












Le stelle inacessibili
Senza percepirlo arrivo a conoscerlo, come gli astrofisici arrivano alla conoscenza esatta di presenze stellari inaccessibili per mezzo del calcolo e posso assicurare che non ci sono limiti al suo strazio, più forte di un milione di Ecube e di Racheli, ma mi è impossibile rendermi credibile dal momento che parlo dalla riva di un sistema di pensiero assassinato. Credo di poter dire che lo stato della terra sia attualmente molto peggiore di quello che viene descritto dalla scienza dominante più pessimistica, perché il grido, l'incessante lamento di Munch che non può essere percepito delle forme viventi visibili e non visibili, non è oggetto misurabile, perché interiore e senza canali di comunicazione nervosa esterna, come succede che di certi esseri che ci passano accanto non udiamo nulla, neppure un sospiro, eppure gridano a volte con la forza di mille agonie. 













Enigma cancro

È un sos come il mondo dei segnali a distanza, non ne ha mai conosciuti. Se un Dio all'improvviso ci bucasse gli orecchi, cesseremmo di occuparci d'altro, di nazionalismi o di Etruschi, di carriere dei figli o di mafia, di scacchi e Carmelo Bene e anche di cancro. Solo allora avremmo la percezione di realtà e di forze, di sofferenze e di sciagure, di rimedi dell'irrimediabile e di dicibilità dell'indicibile in cui ci sarebbe una nicchia illuminata, e in questa nicchia, in una luce pallida, lo spirito del cancro riscatterebbe, con qualche parola sommessa ma udibile, tanta cieca solitudine, tanta disperazione davanti agli enigmi da lui piantati all'interno dei corpi, in figura di cellule irriducibili e di degenerazioni organiche interne la cui origine vera è altrove, neppure spazialmente altrove, ma nell'esterno dell'interno là dove i limiti fisici del corpo si perdono nell'illimitatezza cosmica della mente. Alla malattia infettiva e contagiosa per impiantarsi è sufficiente la debolezza fisica a causa di una fragilità immunodepressa, il cancro invece è attratto soprattutto dal sovraccarico di attività psichica, dal dinamismo mentale dissennato, dagli sconvolgimenti dell'anima all'esasperazione mentale.
















Ldolce agonia

E’ questa la cifra totale della sofferenza che ognuno di noi porta in grembo, alcuni riescono a gestirla, altri no. Qui entrano in azione le cliniche della "dolce morte" (mai come in questo caso la parola dolce è stata usata a sproposito) pronte a venirti in aiuto ammazzandoti. Infilare una flebo con cobalto 12 e plutonio concentrato nelle vene di una persona disperata non ci vuole molto, sai quanta gente trovi che lo farebbe, perché è questo il terribile fatto, quanta gente farebbe il serial killer dal camice bianco. Ormai alle follie dell'uomo e della donna sono abituato, c'ho fatto quasi il callo, meno alle sue consistenze. Voglio dire che l'inquietudine sta più nella quantità di persone dedite a devianze mostruose, non tanto le devianze mostruose, per quanto orribili, ma il livello espansionale.













Il pane nella goccia

Pensare al cancro. Appropriarselo come pensiero per respingerlo come paura. Chi pensa opera, non stramazza di passività. Ma un pensiero schiavo dei dati e depurato di qualsiasi relazione col mistero, che mai ci sarà rivelato, del mondo, è un pensiero inoperante, un pensiero morto e che fa morire. Uno straordinario amico Veneto e che il cancro mi sottrasse giusto un paio di un paio d’anni fa, del quale incessantemente rimpiango la lucidità tranquilla anche a malattia inoltrata, la grande cortesia e sollecitudine fino all’estremo anelito mentale, avrebbe immediatamente compreso e condiviso questo mio ragionare del cancro universale che per molti, i più, non sarà così, c’è altro a cui pensare, ora. Sia dunque dedicato a tutti. Sia dedicato anche a tanti volti cari che là, nelle penombre, nelle stanze visitate, non raggiungibili da altri conforti, patiscono e tremano per sé e per altri. Getto il tuo pane sull’acqua e dopo molti giorni lo ritroverai per sfamarti. Acqua e pane. La vita. "Come una goccia di splendore", di Alvaro Mutis, poeta colombiano morto pochi mesi fa che consiglio.

Ma che fatica scrivere 'sto post!

29.11.13

Facebook, incontro di solitudini di matteo tassinari ( http://mattax-mattax.blogspot.it/ )

Facebook, incontro di solitudini

FB: lo spazio
vuoto
sempre pieno

di Franco Bifo Berardi e Matteo Tassinari

Facebook è l’incontro


 di milioni di solitudini. Il posto più solo al mondo. Come gli Ipermercati, trovi di tutto e di tutti, in ingorgo di persone, vociare e tanta gente assieme tutta sconosciuta. Le famose FB, sono il pianeta più popolato esistente, eppure il più fantasma. Dove si trova di preciso? Nessuno potrebbe rispondere a questa domanda, perché Facebook non esiste, semmai esistiamo noi che lo rendiamo vivo, regalando milioni di dati e informazioni private e parecchi dollari al giovane talento Mark Elliot Zuckerberg di White Plains, Stato di New York. Le regole che governano questo territorio affollatissimo e desertico sono misteriose e indiscutibili. Ricordo che un giorni, forse mille anni fa perché il tempo di Facebook è così rapido che si dilata infinitamente nella memoria, c'era un sito che si chiamava "tutti debbono sapere." Era una pagina dedicata alla resistenza contro la riforma Gelmini che in un'era passata si proponeva la distruzione della scuola italiana. Impresa brillantemente condotta a termine. Diecimila persone erano collegate a quella pagina: insegnanti, genitori, studenti. A un certo punto quella pagina scomparve, cancellata senza motivazioni senza spiegazioni. Per violazione di qualche norma di un regolamento che nessuno conosce. Facebook è così. Come le luci di Las Vegas, in mezzo alla città del vizio, del gioco d'azzardo, del brivido, tra la California del sud e l'Arizona, una delle parti più belle State's per la sua incredibile panoramiche e colori, sei pure legittimato a sperare nella botta di culo. Su Facebook a cosa sei autorizzato a fare? Ad una terribile riduzione o livellamento verso il fondo del barile dell'espressione fotografica, letterale, poetica e, scusate se è poco, manomissioni della propria privacy.
Quei famosi 15 minuti
Quando morirà Facebook (e accadrà, nell'infinito del tempo vuoto che ci attende), sarà comunque troppo tardi. Non a caso la frase più ascoltata durante l’ultima estate vacanziera "Ci scambiamo l'amicizia", è il sintomo dell’ansia collettiva di strappare brandelli al quotidiano e immortalarli nella galleria dell’immaginario condiviso, nel tentativo di avvicinarsi inesorabilmente
ai famosi 15 minuti di gloria di warholiana memoria, un modo per mettersi in vetrina, la stessa logica, in dimensioni ridotte, del Grande Fratello. Stessa logica se vogliamo. Ma ad un certo punto è bene svegliarsi dal torpore e dormire un bel sonno. Difficile è narrare qualcosa che valga la pena di leggere e non imporre testi improponibili ringraziando chi invece ci regala i suoi silenzi. Ellissi, iperboli, parole gergali, calembour, vita mangiata negli orari sbagliati, fumo e catrame, tutto vuoto pneumatico per “I nuovi poeti del Web”.
Pensare che Bukowski scriveva i suoi versi dietro gli scontrini fiscali che gli rilasciavano alla mensa dei poveri dove mangiava. Poeti non ci s’inventa, Poeti on the web, né si nasce. Lo si diventa. Questo tu chiedi? Non aspettarti alcuna risposta. Sei su Facebook, quindi accettale tutte, una ti piacerà certamente e sarai contento, convinto d’essere riuscito nella tua piccola operazione per te così rivoluzionaria. Come al mercato della frutta. Capita di ricevere sempre più spesso messaggi (spesso comicamente disperati) di persone che sono state bannate dal social network e annaspano perché la loro socialità
si alimentava sempre più degli scambi di messaggi e della continua consultazione del sito nel quale chi è solo può trovare la coccolante conferma della sua esistenza e la sensazione vaga di avere amici, anche se più tempo passi davanti allo schermo, meno amici avrai nella carne e nello sguardo. Una bomba psichica a tempo destinata a distruggere ogni empatia tra esseri umani, ogni capacità reale e oggettiva di scambio reciproco delle proprie idee e desideri, cercando l'anonimato come metodo aggregativo per non donarsi, la chimica che scatta come quando ci si guarda negli occhi. 


Cultore multitask

erotico reazionario




Non stiamo parlando unicamente di giovanissimi smanettoni, come vorrebbe il luogo comune, ma anche di signore e signori di mezza età che trovano nell’esercizio quotidiano del cambio di “status” un’efficace maniera per lanciare messaggi subliminali in occasionali, quanto impegnative, derive penosamente sentimentali. Facebook sta trasformando tranquille casalinghe e placidi ragionieri in scatenati cultori del multitask erotico, mai ci fu più malandrino attentatore alla serenità della coppia, ma solo perché quello che si faceva di nascosto oggi è sotto il controllo di tutti. Anche il biondino Bill Gates s’è distanziato da Facebook. Ogni giorno, circa 10mila sconosciuti, volevano diventare suoi "amici". Un pò tantini i tontini. E' come se in un bar qualcuno volesse stringervi la mano ogni 10 secondi. Oppure come se la vostra donna volesse ogni 7 minuti 5mila bacini sulla guancia. Diventa stressante, dura anche fisicamente, seppur animati dai migliori intendimenti ardimentosi. Fu all'epoca del fatto che compresi di liberarmi di questo feticcio, di questo Moloch al Silicio, un consorzio umano virtuale extralarge ed eterogeneo, fu quando il mio mouse chiamò i sindacati per eccesso lavorativo e in nero. Avanti, ce ne stanno ancora! Siamo 1 miliardo! Metafora del Titanic. Sarebbe meglio zittirsi in certi casi.
Ti cercano e tu ci cascherai, parrebbe inevitabile, è tutto gratis



Sottovalutati i

lati oscuri di FB
L’amore come l'amicizia e la fratellanza, sono desideri primordiali degli esseri umani o, per usare un’espressione di Jung, una realtà archetipica. Poiché ricorriamo alle storie per dare un significato e struttura agli eventi, è nelle nostre storie d’amore e di amicizia che cogliamo una rilevanza unica. La sincronicità di coloro che amiamo, dunque, non risiede nel soltanto nelle incredibili circostanze in cui si sono formate le nostre storie d’amore, ma nel significato interiore che vediamo e viviamo in queste storie della nostra esistenza. Per questo motivo, Facebook è una trappola. Ed è bene dircelo, prendere coscienza di questo, perché è un prodotto che poi viene in grande parte venduto agli inserzionisti pubblicitari spinti dalla smania dei consumatori a rivelarsi e svelarsi, cedendo informazioni private, quindi, potere alle aziende inserzioniste. Perché quelle stesse referenze possono essere usate in tanti modi, anche per negare un lavoro o una copertura sanitaria. Facebook è così. 
Jaron Lanier intervistato da Harry Kreisler su "Cultura tecnologica"

Lanier: su Fb info alienata




Jaron Lanier ha pubblicato “You are not a gadget”, che costituisce per quel che ne sappiamo la migliore critica del Web 2.0 e particolarmente del social network che ha attratto più di mezzo miliardo di utenti. “La funzione di questo modello non è, scrive Lanier, rendere la vita più facile per la gente. Lanier parte dalla premessa che l’informazione è esperienza alienata. L’esperienza reale è il solo processo che può disalienare l’informazione”. Cosa c’entra in tutto questo Facebook? C’entra eccome! Perché Fb è la forma più compiuta di un totalitarismo algoritmico di cui Lanier parla così: “Con la formazione del Web 2.0, si è verificata una forma di riduzionismo. La singolarità viene eliminata da questo processo che riduce a poltiglia il pensiero.









"Ebbene sì, io li accuso"

Lanier, basandosi sui suoi studi, sostiene che: "Le pagine individuali che apparivano nella prima fase di Internet negli anni ’90, avevano il sapore della persona che le faceva. Se una chiesa o un governo facessero una cosa del genere lo denunceremmo come autoritario, ma se i colpevoli sono i tecnologi, allora sembra che tutto sia  alla moda, inventivo e cool”. Per finire, Lanier si chiede: “Sto forse accusando centinaia di milioni di utenti dei siti di social network di accettare una riduzione di sé per poter usare dei servizi? Ebbene sì, li accuso. Conosco una quantità di persone, soprattutto giovani ma non solo che sono orgogliosi di dire che hanno accumulato migliaia di amici in Facebook. Ovviamente questa affermazione si può fare solo se si accetta una riduzione dell’idea di amicizia.”.







"Mi preoccupa la

prossima generazione"


Il problema è: fino a che punto questa riduzione potrà arrivare? "Se si tratta di persone che hanno ormai un’esperienza psichica ed esistenziale, probabilmente Facebook finirà per essere solo una enorme perdita di tempo e una trappola come è successo per le diecimila persone che hanno affidato a Facebook la loro azione politica e comunicativa. Ma se l’utente ha otto anni o dodici, allora io credo che la questione sia molto più pericolosa. E’ preoccupante, per la prossima generazione che cresce con una tecnologia di rete che esalta un’aggregazione formattata e fittizia. Non saranno forse più inclini a soccombere alle dinamiche di sciame?”.


Non esiste utente FB con figli, che non l'abbia esposto a riprese nel profilo














Facebook?

una trappola!

Queste parole non le ha scritte un umanista nostalgico, né un rabbioso sovversivo luddista, tanto meno uno smanettone di Palo Alto, ma un ingegnere informatico che ha immaginato la rete molto prima che Internet esistesse, noto per aver reso popolare la locuzione virtual reality, realtà virtuale, di cui è peraltro considerato un pioniere. Per questo dovremmo ascoltarle e rifletterne il messaggio, perché la nostra socialità, attraverso la rete ed esca dalla rete e invada la vita, che altrimenti non ha più amicizia, né piacere, né senso. Nella speranza che non tutto si plastifichi, a cominciare dai sentimenti primari.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...