Daniele Jommi Il mio parere è che in Italia c'è paura ingiustificata dei farmaci antidolorifici oppiacei. Nessuno deve sentire talmente tanto dolore fisico da voler morire: si deve medicare PRIMA di arrivare a tanta sofferenza. Non sono solo questi i problemi, ma in Italia potremmo iniziare a migliorare con le cure palliative. Dovremmo iniziare da qui.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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4.9.25
il vitimismo di rocco tanica
No, Rocco Tanica non è stato censurato da nessuno.
È stato semplicemente scartato dal Festival Terre Tagliamento, come è nel pieno diritto di qualunque organizzatore di qualunque festival pubblico o privato, che decide chi invitare e chi no. A chi confermare o a chi ritirare l’invito.
E no, dare dell’antisemita mostrando Francesca Albanese vestita da ballerina bambina sessualizzata incitando qualcuno alla masturbazione non è una critica legittima - come ci ripetono spesso queruli orde di trombettieri di corte e scribacchini di certi noti giornaletti - ma vergognosi, orrendi, beceri, insulti sessisti.
E ha fatto non bene ma benissimo il festival a ritirare l’invito.Con motivazioni talmente limpide da rasentare l’ovvio.“Perché queste frasi sono incompatibili con la tradizione democratica e civile della nostra comunità”.
Quando Rocco Tanica , in questo caso ,imparerà la differenza tra satira e insulti da bar e a stare civilmente in uno spazio pubblico, allora sarà certamente invitato a un festival ed eviterà figure di 💩🤬
Quando lanostra classe politica imparerà la differenza tra critica e insulto, tra censura e scelta, tra dignità e vergogna, allora forse potremmo cominciare a definirci un Paese civile.Ma sarà sempre troppo tardi.
1.4.20
nazifemministe un termine idiota usato a sproposito
ecco perchè , come si può leggere dal titolo nazifemministe .
no aggiungo altro a quanto riportato neglu url \ sitri per approfondire che trovate prima dell'articolo e all'articolo sotto in quanto due parole sono poche ed una è troppo .
da https://lapiega.noblogs.org/ del 2019/12/02/
Da quando le donne parlano per sé stesse i rappresentanti del vecchio regime sessuale sono talmente nervosi che ora sono loro a rimanere senza parole. È forse per questo che i signori del patriarcato coloniale sono andati a pescare nel loro libro di storia necropolitica alla ricerca di insulti da lanciarci addosso e, caso curioso, hanno scelto quello che hanno sempre a portata di mano: nazista!Dicono di noi che siamo delle nazifemministe. Dicono che non possono più salire in ascensore con una ragazza – che peccato – perché questa potrebbe essere una ‘nazifemminista’ che li accuserà di stupro. Dicono che non possono più esercitare liberamente l’arte della conquista virile alla francese. Dicono che le donne hanno preso il potere nelle università, che vincono premi letterari e che sono loro che, ebbre di gender studies, dettano legge nel cinema e nei media. Capovolgendo egemonia e subalternità, i padri del tecnopatriarcato attribuiscono un potere assoluto alle minoranze sessuali, alle donne, alle persone trans, omosessuali, ai froci, alle lesbiche e ai corpi di genere non binario; straordinariamente trasferiscono su quest’ultimi soggetti quelle violenze totalitarie che sono state e sono tuttora le loro. Come è possibile applicare l’aggettivo ‘nazista’ proprio ai corpi che il nazismo considerava subumani e dispensabili?Nulla giustifica l’utilizzo dell’aggettivo ‘nazifemministe’ per qualificare le richieste di riconoscimento delle donne, delle persone trans, di quelle omosessuali o di sesso non binario come soggetti politici autonomi. Non penso che valga la pena perdersi in una discussione teorica. L’argomento migliore e più efficace è attenersi ai fatti.Quando avremo violato e smembrato un numero di uomini pari alle donne, alle persone omosessuali o trans che avete violato e smembrato voi, semplicemente per il fatto di essere uomini, o perché il loro corpo o le loro pratiche non corrispondevano a ciò che noi intendiamo come corretta mascolinità eterosessuale sottomessa, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando avremo deciso in un Parlamento composto solo di donne, in un consiglio d’amministrazione composto solo di donne, che un uomo per il semplice fatto di essere uomo deve essere meno pagato di una donna in qualsiasi impiego e circostanza, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando vi sarà proibito di eiaculare fuori da una vagina, pena l’accusa di aborto e tutte le vostre pratiche sessuali al di fuori del letto eterosessuale saranno considerate grottesche o patologiche, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando le vostre gambe tremeranno nell’attraversare una strada buia e cercherete intimoriti le chiavi del portone nelle tasche per rientrare il più veloce possibile, quando una figura femminile in fondo al viale vi farà voltare e correre, quando le strade di ogni città saranno nostre, allora voi potrete chiamarci nazifemministe. Quando le scuole non insegneranno che libri di Gertrude Stein e Virginia Woolf e quando James Joyce e Gustave Flaubert saranno diventati degli scrittori “mascolinisti” e quando i musei d’arte dedicheranno una settimana all’anno all’esplorazione delle opere sconosciute degli ‘artisti maschili’ e quando le storiche pubblicheranno ogni dieci anni un magazine per parlare del ruolo degli ‘uomini invisibili nella storia’, allora, a quel punto, potrete chiamarci nazifemministe.Quando le psicologhe, le psicanaliste e le psichiatre, esperte in sessualità umana, saranno esclusivamente delle lesbiche radicali che si riuniranno in assemblee chiuse per stabilire la differenza tra mascolinità normale e patologica, quando invece di commentare Freud e Lacan interpreteremo la vostra sessualità mascolina eterossessuale, le vostre aspettative e i vostri piaceri secondo le teorie di Valerie Solanas e Monique Wittig, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando le vostre madri, zie, cugine, sorelle, amiche e mogli avranno sempre qualcosa da dire sul vostro modo di vestire, di acconciarvi, di parlare, di essere brutti o grassi, belli o magri, e quando ve lo diranno costantemente, a voce alta, davanti a tutte, e fingeranno di farvi piacere con questa forma di controllo, e quando noi chiameremo questa forma di linguaggio ‘galanteria femminile’, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando usciremo in gruppo per pagarci un lavoratore del sesso precario che incontreremo mezzo nudo ai lati delle strade delle periferie delle città, un uomo giovane spesso immigrato al quale non riconosceremo il diritto al lavoro, che sarà considerato come un criminale e quando una polizia composta quasi soltanto da donne avrà il diritto di stuprare e perseguire, allora sì, nel momento in cui pagheremo cinque euro un lavoratore sessuale per una succhiata di clitoride in macchina, allora potrete chiamarci nazifemministe.E anche se un giorno vi sottomettessimo, vi esotizzassimo, vi violentassimo e uccidessimo, se riuscissimo in un disegno storico di sterminio, espropriazione e sottomissione comparabile al vostro, allora saremmo semplicemente come voi. Allora, sì, da quel momento potremmo condividere con voi l’aggettivo ‘nazista’. Ma per essere all’altezza delle vostre tecniche politiche patriarcali avremmo bisogno di un lavoro collettivo monumentale, e di mettere in campo un odio organizzato e un’industria della vendetta che, sinceramente, non immagino né desidero. Per adesso, e lo dico con l’obiettività che metterebbe uno scienziato nel rimarcare la differenza tra il numero di granelli di sabbia del deserto del Sahara e il granello di sabbia che gli è entrato in un occhio, c’è del margine. Molto, molto margine.
no aggiungo altro a quanto riportato neglu url \ sitri per approfondire che trovate prima dell'articolo e all'articolo sotto in quanto due parole sono poche ed una è troppo .
- https://www.sfigatto.it/sociale/nazi-femministe/
- https://www.facebook.com/notes/informare-x-resistere/la-bislacca-teoria-sul-nazifemminismo-ovvero-come-mescolare-vari-ingredienti-sto/436315216266/
- http://www.noidonne.org/articoli/le-nazifemministe-02978.php
da https://lapiega.noblogs.org/ del 2019/12/02/
di Paul B. Preciado
Da quando le donne parlano per sé stesse i rappresentanti del vecchio regime sessuale sono talmente nervosi che ora sono loro a rimanere senza parole. È forse per questo che i signori del patriarcato coloniale sono andati a pescare nel loro libro di storia necropolitica alla ricerca di insulti da lanciarci addosso e, caso curioso, hanno scelto quello che hanno sempre a portata di mano: nazista!Dicono di noi che siamo delle nazifemministe. Dicono che non possono più salire in ascensore con una ragazza – che peccato – perché questa potrebbe essere una ‘nazifemminista’ che li accuserà di stupro. Dicono che non possono più esercitare liberamente l’arte della conquista virile alla francese. Dicono che le donne hanno preso il potere nelle università, che vincono premi letterari e che sono loro che, ebbre di gender studies, dettano legge nel cinema e nei media. Capovolgendo egemonia e subalternità, i padri del tecnopatriarcato attribuiscono un potere assoluto alle minoranze sessuali, alle donne, alle persone trans, omosessuali, ai froci, alle lesbiche e ai corpi di genere non binario; straordinariamente trasferiscono su quest’ultimi soggetti quelle violenze totalitarie che sono state e sono tuttora le loro. Come è possibile applicare l’aggettivo ‘nazista’ proprio ai corpi che il nazismo considerava subumani e dispensabili?Nulla giustifica l’utilizzo dell’aggettivo ‘nazifemministe’ per qualificare le richieste di riconoscimento delle donne, delle persone trans, di quelle omosessuali o di sesso non binario come soggetti politici autonomi. Non penso che valga la pena perdersi in una discussione teorica. L’argomento migliore e più efficace è attenersi ai fatti.Quando avremo violato e smembrato un numero di uomini pari alle donne, alle persone omosessuali o trans che avete violato e smembrato voi, semplicemente per il fatto di essere uomini, o perché il loro corpo o le loro pratiche non corrispondevano a ciò che noi intendiamo come corretta mascolinità eterosessuale sottomessa, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando avremo deciso in un Parlamento composto solo di donne, in un consiglio d’amministrazione composto solo di donne, che un uomo per il semplice fatto di essere uomo deve essere meno pagato di una donna in qualsiasi impiego e circostanza, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando vi sarà proibito di eiaculare fuori da una vagina, pena l’accusa di aborto e tutte le vostre pratiche sessuali al di fuori del letto eterosessuale saranno considerate grottesche o patologiche, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando le vostre gambe tremeranno nell’attraversare una strada buia e cercherete intimoriti le chiavi del portone nelle tasche per rientrare il più veloce possibile, quando una figura femminile in fondo al viale vi farà voltare e correre, quando le strade di ogni città saranno nostre, allora voi potrete chiamarci nazifemministe. Quando le scuole non insegneranno che libri di Gertrude Stein e Virginia Woolf e quando James Joyce e Gustave Flaubert saranno diventati degli scrittori “mascolinisti” e quando i musei d’arte dedicheranno una settimana all’anno all’esplorazione delle opere sconosciute degli ‘artisti maschili’ e quando le storiche pubblicheranno ogni dieci anni un magazine per parlare del ruolo degli ‘uomini invisibili nella storia’, allora, a quel punto, potrete chiamarci nazifemministe.Quando le psicologhe, le psicanaliste e le psichiatre, esperte in sessualità umana, saranno esclusivamente delle lesbiche radicali che si riuniranno in assemblee chiuse per stabilire la differenza tra mascolinità normale e patologica, quando invece di commentare Freud e Lacan interpreteremo la vostra sessualità mascolina eterossessuale, le vostre aspettative e i vostri piaceri secondo le teorie di Valerie Solanas e Monique Wittig, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando le vostre madri, zie, cugine, sorelle, amiche e mogli avranno sempre qualcosa da dire sul vostro modo di vestire, di acconciarvi, di parlare, di essere brutti o grassi, belli o magri, e quando ve lo diranno costantemente, a voce alta, davanti a tutte, e fingeranno di farvi piacere con questa forma di controllo, e quando noi chiameremo questa forma di linguaggio ‘galanteria femminile’, allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando usciremo in gruppo per pagarci un lavoratore del sesso precario che incontreremo mezzo nudo ai lati delle strade delle periferie delle città, un uomo giovane spesso immigrato al quale non riconosceremo il diritto al lavoro, che sarà considerato come un criminale e quando una polizia composta quasi soltanto da donne avrà il diritto di stuprare e perseguire, allora sì, nel momento in cui pagheremo cinque euro un lavoratore sessuale per una succhiata di clitoride in macchina, allora potrete chiamarci nazifemministe.E anche se un giorno vi sottomettessimo, vi esotizzassimo, vi violentassimo e uccidessimo, se riuscissimo in un disegno storico di sterminio, espropriazione e sottomissione comparabile al vostro, allora saremmo semplicemente come voi. Allora, sì, da quel momento potremmo condividere con voi l’aggettivo ‘nazista’. Ma per essere all’altezza delle vostre tecniche politiche patriarcali avremmo bisogno di un lavoro collettivo monumentale, e di mettere in campo un odio organizzato e un’industria della vendetta che, sinceramente, non immagino né desidero. Per adesso, e lo dico con l’obiettività che metterebbe uno scienziato nel rimarcare la differenza tra il numero di granelli di sabbia del deserto del Sahara e il granello di sabbia che gli è entrato in un occhio, c’è del margine. Molto, molto margine.
Infatti l'unico commento che mi sento di fare è quello di usare in senso contrario ovviamente questo che era un manifesto delle donne hitleriane
2.10.18
5.3.17
dizionario sul fine vita parte II
parte I
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2017/03/i-fine-vita-non-e-solo-eutanasia-un.html
dalla nostra appendice facebookiana , e con questo concludo la serie dei post dedicati na tali argomenti ( se poi alcuni utenti sia qui che sulla pagina e\o mio account fb voglio continuare liberi di farlo ) non voglio annoiarvi ed angosciarvi ulteriormente , ecco un interessante discussione . sul fine vita e di come l'italia sia ancora molto indietro non solo sulla mancanza del testamento biologico , sospensione cure e non accanimento terapeutico , ma anche sulle terapie del dolore. Infatti
Debora Bobo Demontis Mio personale parere, in Italia risentiamo dell'assioma cattolico sofferenza uguale espiazione. C'è il culto del dolore che avvicina a Dio e non viene tollerato che si chieda sollievo.
Daniele Jommi certo, le "ferite dell'anima", le sofferenze psichiche, son dolori che non si possono medicalizzare.
Siamo agli ultimi posti in Europa nell’impiego di oppioidi efficaci nella cura del dolore severo; la spesa per questi farmaci analgesici è inferiore d...Altro...
Siamo agli ultimi posti in Europa nell’impiego di oppioidi efficaci nella cura del dolore severo; la spesa per questi farmaci analgesici è inferiore d...Altro...
Ruggiero Olivieri Non mi sembra c'entri molto il discorso del dolore: chi chiede l'eutanasia di solito e' gente come Welby e come codesto Fabo che vivono in stato quasi vegetativo e che hanno perso ogni tipo di autosufficienza e che non hanno piu ragione di rimanere in vita. Il dibattito verte sulla personale decisione di "farla finita" una volta che esistano le condizioni tali da concederlo: e' o non e' un mio diritto decidere come e quando morire? Se questa donna si e' sentita chiamata in causa sul discorso eutanasia poiche disabile la trovo quantomeno fuoriluogo: mi rievoca ricordi di "eugenetica" memoria.
Daniela Tuscano Affermare "l'assioma cattolico del dolore che avvicina a Dio e non viene tollerato che si chieda sollievo" è dichiarare il falso. Già il papa Pio XII aveva affermato che l'uso dei narcotici per alleviare il dolore è legittimo -anche se avessero l'effetto di ridurre la coscienza e di abbreviare la vita - “se non esistono altri mezzi". E questo perché la Chiesa, contrariamente a ciò che pensa la vulgata comune, si oppone all'accanimento terapeutico. Con queste motivazioni: “la decisione di rinunciare all'accanimento terapeutico, in altre parole, a procedure mediche che non corrispondono più alla reale situazione del paziente, sia perché sono sproporzionate rispetto ai risultati attesi, sia perché impongono un peso eccessivo al paziente e alla sua famiglia,… purché non vengano interrotte le normali cure dovute alla persona malata in casi simili “. Inoltre: “La sospensione dei mezzi sproporzionati non equivale al suicidio o all'eutanasia; esprime piuttosto l'accettazione della condizione umana di fronte alla morte” .
In ogni caso , in tali situazioni le decisioni devono essere guidate dal principio della proporzionalità del trattamento. E' anche ammesso, con il consenso del paziente l'uso di metodiche nuove e sperimentali, purché non siano pericolose.
Il concetto fondamentale del diritto a morire con dignità, non deve intendersi come il diritto di infliggersi la morte o nel farsela procurare, nel modo in cui si desidera, piuttosto è il diritto a morire in tutta serenità e con dignità umana e cristiana.
In questa ottica la Chiesa assegna un'importanza particolare alle cure palliative. Tutto ciò è scritto nero su bianco nella "Evangelium vitae" del 1995 http://w2.vatican.va/.../hf_jp-ii_enc_25031995_evangelium... . Sarebbe sufficiente leggerla. Perché fra l'altro ci si sorprenderebbe di scoprire che le parole di Giovanni Paolo II sono praticamente uguali a quelle pronunciate da Zagrebelski circa vent'anni dopo: http://www.ilfattoquotidiano.it/.../piazza-grande.../177305/ . Ciò detto, concludo, perché sinceramente il continuo inneggiare di questi giorni al suicidio assistito m'infonde una profonda depressione... E avendola provata, non intendo ricascarci.
:3 Fortuna che non mi trovo in Belgio, dove soffrire di questa patologia è sufficiente perché i medici ti spediscano "dolcemente" all'altro mondo. Col tuo consenso, beninteso! http://www.repubblica.it/.../belgio_a_24_anni_chiede_e.../
In ogni caso , in tali situazioni le decisioni devono essere guidate dal principio della proporzionalità del trattamento. E' anche ammesso, con il consenso del paziente l'uso di metodiche nuove e sperimentali, purché non siano pericolose.
Il concetto fondamentale del diritto a morire con dignità, non deve intendersi come il diritto di infliggersi la morte o nel farsela procurare, nel modo in cui si desidera, piuttosto è il diritto a morire in tutta serenità e con dignità umana e cristiana.
In questa ottica la Chiesa assegna un'importanza particolare alle cure palliative. Tutto ciò è scritto nero su bianco nella "Evangelium vitae" del 1995 http://w2.vatican.va/.../hf_jp-ii_enc_25031995_evangelium... . Sarebbe sufficiente leggerla. Perché fra l'altro ci si sorprenderebbe di scoprire che le parole di Giovanni Paolo II sono praticamente uguali a quelle pronunciate da Zagrebelski circa vent'anni dopo: http://www.ilfattoquotidiano.it/.../piazza-grande.../177305/ . Ciò detto, concludo, perché sinceramente il continuo inneggiare di questi giorni al suicidio assistito m'infonde una profonda depressione... E avendola provata, non intendo ricascarci.
Daniele Jommi Un po' di confusione.
1 Il caso di Welby: chiedeva di rifiutare la terapia medica. È un suo diritto. Ovviamente conosceva perfettamente le conseguenze, era lucido e in grado di comunicare.
2 Dj Fabo: un caso di suicidio. Non c'entra nulla con la eutanasia. Se poteva spararsi in bocca, nessuno glielo avrebbe potuto impedire.
3 il malato terminale che soffre dolori indicibili (es. Malattia oncologica avanzata). Ha diritto prima di tutto alla terapia del dolore. A costo di addormentarlo.
4 il paziente che non è cosciente o che non può comunicare la propria volontà. Ha bisogno di un respiratore meccanico. Se valesse il DAT potrebbe aver dichiarato da prima (quando era in piena salute) di rifiutare quel passo, non entrare in quella terapia.
Sono esempi con aspetti molto diversi. Nessuno di questi è "eutanasia".
1 Il caso di Welby: chiedeva di rifiutare la terapia medica. È un suo diritto. Ovviamente conosceva perfettamente le conseguenze, era lucido e in grado di comunicare.
2 Dj Fabo: un caso di suicidio. Non c'entra nulla con la eutanasia. Se poteva spararsi in bocca, nessuno glielo avrebbe potuto impedire.
3 il malato terminale che soffre dolori indicibili (es. Malattia oncologica avanzata). Ha diritto prima di tutto alla terapia del dolore. A costo di addormentarlo.
4 il paziente che non è cosciente o che non può comunicare la propria volontà. Ha bisogno di un respiratore meccanico. Se valesse il DAT potrebbe aver dichiarato da prima (quando era in piena salute) di rifiutare quel passo, non entrare in quella terapia.
Sono esempi con aspetti molto diversi. Nessuno di questi è "eutanasia".
27.1.14
Verba volant / Memoria di Luca Billi 27 gennaio 2014
Memoria, sost. f.
Secondo la mitologia greca Mnemosine era la dea della memoria. Si tratta di una divinità molto antica, nata prima di Zeus e degli dei olimpii. Esiodo infatti racconta che era figlia di Urano, il Cielo, e di Gea, la Terra, e quindi sorella diCrono, il padre di Zeus, e dei Titani. Sempre l’autore della Teogonia racconta che Mnemosine – che nella lotta tra gli dei e i Titani si era schierata con i primi – venne amata da Zeus, che le apparve sotto forma di pastore. Da quelle nove notti d’amore sui monti della Pieria nacquero le nove Muse.
Diodoro Siculo, nel libro V della Bibliotheca historica, spiega che Mnemosine aveva scoperto il potere della memoria e che lei stessa aveva assegnato i nomia molti oggetti e alle cose astratte che servono agli uomini per capirisi durante le conversazioni. Per questo, in qualche modo, Mnemosine è anche la dea di questo dizionario.
Mnemosine esercita un potere arbitrario quando assegna i nomi alle cose e infatti la memoria è qualcosa di fondamentalmente arbitrario.
Parlate con uno dei vostri vecchi di casa e vi accorgerete che spesso non sono in grado di ricordare cosa hanno fatto pochi giorni fa, ma vi sanno descrivere – con un’incredibile dovizia di particolari – un episodio capitato cinquant’anni fa; naturalmente non avete nessuna possibilità di verificare quei particolari e non potete far altro che confidare della memoria di chi ve li ha raccontati.
Fondamentalmente è per questa stessa ragione che le memorie sono il genere storiografico più infido e carico di menzogne. Chi scrive a volte mente intenzionalmente, anche se per lo più lo fa inconsciamente: è davvero convinto che le cose siano andate proprio come le lui le ricorda, anche se non è vero.
Io sono uno che cerca di esercitare il più possibile la memoria, ovunque ne ho l’occasione e specialmente attraverso il mio blog e i miei post sui social network, ma anche la mia memoria è deliberatamente e dichiaratamente arbitraria. Ricordo a me stesso e a chi mi legge quello che penso sia importante ricordare e che ritengo ingiustamente dimenticato. Per questo motivo non manco di ricordare le stragi di piazza Fontana e della stazione di Bologna, non perdo gli anniversari della morte di Antonio Gramsci e di Giacomo Matteotti, ricordo lacaduta del muro di Berlino e la fine dell’apartheid in Sudafrica. E molto altro – come avete spesso la pazienza di vedere.
L’importante è essere consapevoli che si tratta di scelte, in questo caso le mie scelte, perché questa è appunto la mia memoria.
Ad esempio, l’11 settembre la memoria mainstrem ricorda l’attentato alle Twin towers; io sono uno di quelli che ricorda invece il golpe americano in Cile e l’uccisione di Salvador Allende. Ci sono memorie più o meno importanti ? Per me sì e mi assumo il rischio di fare queste scelte. Ciascuno di noi lo fa, nella sua vita privata come in quella pubblica. Ciascuno di noi ricorda gli episodi della sua vita che vuole ricordare, magari migliorandoli e trasformandoli un po’, e ne dimentica altri.
Anche per questo io diffido come la peste da chi parla di memoria condivisa. La memoria condivisa è una menzogna: è solo il modo per chi è al potere di imporre agli altri la propria memoria. E per annebbiare – o annullare del tutto – le altre memorie. Infatti è importante dire che la memoria è sempre plurale.
Oggi è il Giorno della Memoria: è un giorno importante, di quelli cheapparentemente ricordiamo quasi tutti, vincitori e vinti, qualunque sia la nostra convinzione etica e politica. Non è assolutamente mia intenzione “rovinare” la festa, penso siano importanti tutte le manifestazioni, anche quelle fatte soltanto per obbligo istituzionale, credo sia importanti tutte le parole dette oggi, anche quelle dette senza convinzione e solo per puro esercizio retorico.
La memoria infatti è sempre più forte di noi, dei nostri tentativi di manipolarla e di usarla. La memoria è una dea, molto antica, più antica degli altri dei, di quelli che tengono il potere e di quelli che presiedono alle altre arti. E quindi si può far beffe di questi piccoli maneggi dei mortali.
11.5.13
cambia le tue parole cambia il tuo mondo
ieri sera attraversando il soggiorno per andare in camera mia , a rivedere nel mio pc il dvd lezione 21 di baricco , mi è capitato di sentire in tv ( mi pare fosse in un dibattito politico de la7) queste parole o, o qualcosa di simile : quando sento le seguenti espressioni: "ma anche no", "quant'altro", "piuttosto che" (usato come disgiuntiva). Ho letto nello squardo di mia madre un a ex insegnate di lettere alla scuola media ormai in pensione da un ventennio la stessa sensazione di fastidio che prova Moretti nel film Palombella rossa da me citato più volte sul vecchio e nuovo blog ( vedere archivio) e di cui potete vedere qui la scena clou e qui alcune citazioni dal film . Inizialmente provavo ( a volte la riprovo nel settore da 10 anni le stesse espressioni prima repubblica , scendere in campo , ecc ) ma poi mi sono assuefatto considerando ciò una battaglia persa . Ma una recente discussione ( vedere qui ) con il mio amico autore teatrale e cinematografico Massimiliano Leveque , e vedendo questo video
da cui ho preso il titolo , ho deciso di rimettere in discussione questa mia passività provo anch'io, la stessa sensazione di mia madre . Perchè le parole sono importanti, perché è vero che chi parla male pensa male oppure non pensa affatto. Però , è inutile combattere o lamentarsi solo protestando . Ma dobbiamo come dice questo video e questa canzone dei Mcr ( Modena city Ramblers )
in particolare :<<< (...) che servono nuove parole, che ora servono nuove parole! qui il testo completo (...) >> solo cosi la guerra all'omologazione linguistica culturale ormai sempre più imperversante in tutti gli strati sociali dal basso all'alto può essere sconfitta o isolata
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