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A Portland, in Oregon, un neonazista - o, come recitano eufemisticamente alcune testate online, "suprematista bianco" - comincia a insultare due donne velate. Si trovano su un treno urbano, e anche se vivi in Italia, e i percorsi non sono mai troppo estesi, te lo immagini, quel treno, e soprattutto la varia umanità che lo popola. Caldo boia, caldo cane, le ore si mescolano agli afrori della pelle sfruttata, alienata, abbrutita da un lavoro incerto, insensato. O addirittura inesistente. Pena di vivere così, ma lo fai, ogni giorno. Dall'ingranaggio non è dato uscire. A un certo punto sbuca quello che nella vita ha combinato meno di niente e se la prende con tutti. È un nessuno, ma le forze dell'ordine ne conoscono benissimo i precedenti per violenze e risse. Tuttavia, secondo un copione ormai collaudato, circola tranquillamente tra la folla scegliendo, per i suoi colpi, bersagli sempre facili: e le velate, "diverse" per eccellenza, sembrano messe lì apposta. Lui inveisce. Brutalmente, ossessivamente. Cerca la reazione. Due uomini decidono che no, è davvero troppo, non è giusto, va respinto. Non esiste alcun diritto a distruggere l'altrui umanità. Prendono così le parti delle ragazze. La furia del neonazista diviene allora incontenibile e, uno dopo l'altro, sgozza i malcapitati.
NOMEN OMEN?L'assassino si chiama Joseph Christian. Sì, avete letto bene. Joseph Christian, Giuseppe Cristiano. Se aggiungiamo il prenome, Jeremy, abbiamo la Bibbia al completo. Ed era razzista e ha ucciso.
Un pazzo isolato? Andiamoci piano. Negli Stati Uniti episodi simili, dal Ku Klux Klan in poi, si ripetono con una certa frequenza. Il trend pare in ascesa nell'intero Occidente (chi non ricorda Anders Breivik, il carnefice di Utoya?), fomentato pure da una taluni politici. In tutti i casi, il ricorso a terminologie "religiose" è costante.
Ma Joseph Christian, Giuseppe Cristiano, rappresenta a suo modo un unicum. Forse per quel nome così fatale, che racchiude il padre terrestre e il figlio celeste. E che sopprimendo l'umanità, cioè a dire il padre secondo la carne, ha vanificato il sacrificio del Figlio.
Soffermiamoci ora sulle vittime. I loro nomi sono ancora ignoti, ma le biografie ci consegnano dati importanti. Avevano 53 e 23 anni; il primo aveva prestato servizio nell'esercito, il secondo era un brillante neolaureato.
Dei tre uomini, chi ha respinto i principi in cui pure è nato e cresciuto, è il bianchissimo (il "suprematista") Giuseppe Cristiano dal nome biblico, apostolo improvvisato d'una missione "divina".
Nessuno mai affermerà che la violenza è insita nel credo di Giuseppe Cristiano. Tutti, invece, diranno che Giuseppe Cristiano di cristiano non ha nulla.
Naturalmente è vero. Ma perché non giungiamo alla stessa conclusione se a uccidere sono i jihadisti? Perché tendiamo a considerare questi ultimi musulmani autentici, conferendo così loro una insperata autorevolezza, mentre gli altri, la stragrande maggioranza che lavora, ama, prega, condivide con tutti gli uomini gioie e sofferenze, sarebbe al massimo "moderata", "occidentalizzata" ecc. (ossia all'acqua di rose, poco seria e perciò meno "pericolosa")?
Le donne offese e gli uomini scannati da Giuseppe Cristiano erano americani di fede islamica. Americani e basta, né più né meno dei wasp e dei neri. Stavano, con ogni probabilità, praticando il loro jihad, che non è la guerra santa ma lo sforzo sulla via di Dio. Una sorta di digiuno quaresimale. Da poco, infatti, è iniziato il Ramadan. Li hanno martirizzati, come i copti in Egitto alla vigilia dell'Ascensione. Veri credenti ammazzati dall'empietà nichilista. Nei Tg e sulla grande stampa non ne troverete traccia. Ma anche questa è stata una strage.
© Daniela Tuscano