va bene scherzarci su , come mi è successo nei giorni scorsi al lavoro , dove un cliente sentendo un colpo di tose ( sono raffreddato ) mi dice : << non avrai il coronavirus ? >> . Ma oltre le bufale come quella che il virus sia nato in un laboratorio militare dunque finora non c'è alcuna tesi che dia conferme né certezze su dove e su come si a originato il virus per ora è dunque prudente non diffondere allarmismi di alcun tipo che non comprendano le norme d’ igiene e di protezione avvalorate da fonti valide e sicure.Ma soprattuttto smettere con la psicosi e l'imbecillità che sfiora il razzismo
Coronavirus, è psicosi: a Roma clienti in fuga da negozi e ristoranti cinesi ROMA>NEWSdi Camilla Mozzetti
Nel cuore dell'Esquilino, tra le vie che abbracciano piazza Vittorio, i commercianti cinesi restano sull'uscio delle attività. «Non siamo in Cina ma la gente ha un po' di paura», dice uno di loro in via Napoleone III. Non si palesa ancora come una vera e propria psicosi anche se i sintomi sembrerebbero proprio quelli perché la diffusione del coronavirus ha comunque innalzato i livelli di allerta e di preoccupazione tra le persone che frequentano il quartiere, da anni abitato dalla comunità cinese, pur non avendo fatto registrare casi di contagio nella Capitale.
Il risultato? I negozi restano vuoti nonostante i prezzi molto convenienti; che si tratti di abbigliamento, calzature, biancheria, «oggi abbiamo battuto appena cinque scontrini», dice la commessa di una delle tante attività commerciali sotto i portici di piazza Vittorio.
«C'è la crisi ma gli affari ne stanno risentendo, noi diciamo di star tranquilli non siamo lì, ci troviamo a Roma, i nostri parenti sono a casa laggiù, ma la gente preferisce non entrare, passerà». Ad essere maggiormente colpiti, sono i ristoranti cinesi e non solo quelli dell'Esquilino.
TAVOLI VUOTI
Mediamente in tutta la Capitale ci sono oltre 400 esercizi di somministrazione cinesi e in questi giorni le prenotazioni sono crollate del 70 per cento. Vale a dire che sette ristoranti su 10 hanno visto ridurre la clientela a pranzo e a cena e disdire le prenotazioni in una settimana importante come quella del Capodanno cinese, fanno sapere dalla comunità. Tavoli vuoti e cucine ferme. «Sta venendo meno gente - racconta il titolare di un ristorante sulla Tiburtina - qui è tutto sicuro ma il calo c'è». «I clienti più affezionati sono rimasti - aggiunge Anna Chiang storica titolare del ristorante Ruyi in via Valadier a Prati -. Speriamo che le cose migliorino, così è difficile. Da quando si è saputo del virus, tanti tavoli restano deserti». Il fenomeno si è esteso anche a quei bar, gestiti ad esempio, sempre intorno a piazza Vittorio da cittadini asiatici.
LE MASCHERINE
Per strada, all'Esquilino, si incontra più di un passante con il volto coperto da una mascherina. Italiani e cinesi non c'è differenza. E anche dentro quelle attività che, nonostante la paura, lavorano un po' di più è il caso dei parrucchieri e delle estetiste i dipendenti si proteggono il naso e la bocca. «Solo un'accortezza per chi lavora da noi e per i clienti ma per ogni tipo di virus», spiega il titolare di un salone in via Carlo Alberto. Di certo, «a meno che non sia proprio necessario - racconta Nilde P., di fronte agli ex magazzini Mas - non entro in questi negozi pur servendomi spesso da loro. Sarà una sciocchezza ma preferisco in questo periodo non avere troppi contatti».
PARTENZE POSTICIPATE
Non finisce qui perché oltre ai ristoranti e ai negozi, a restar vuote sono anche le agenzie di viaggio specializzate sull'Oriente. Il coronavirus ha fatto scendere le prenotazioni dei viaggi verso la Cina. Molte delle agenzie che da tempo operano sempre all'Esquilino da via Conte Verde a via Foscolo hanno mediamente registrato un calo e un cambio sulle prenotazione del 5%. «Diversi clienti hanno preferito spostare il biglietto e rimandare al partenza al prossimo mese spiega una dipendente dell'agenzia Lantian cielo blu nonostante i festeggiamenti per il Capodanno cinese. Una scelta personale e precauzionale anche se credo che la situazione sia sotto controllo. I miei genitori sono in Cina, stanno bene ma certamente stanno facendo molta attenzione: restano in casa ed escono di meno»
La psicosi non distingue mai. "Chiediamo che finiscano intolleranza e discriminazione" spiega Lucia King, portavoce delle comunità cinesi in Italia. " su repubblica d'oggi Abbiamo bisogno non di donazioni, ma di comprensione".
Per i più spaventati va detto che l'ospedale Amedeo di Savoia di Torino sta mettendo a punto il test diagnostico del coronavirus: sarà pronto tra meno di una settimana. Un tempo in realtà lunghissimo, dal momento che la psicosi è quasi incontrollabile. Per l'ignoranza, purtroppo non esistono vaccini.
In Cina nella Contea di Xiangshan una donna ha perso il controllo dell'auto ed è finita in nel fiume. I passanti che hanno assistito alla scena sono intervenuti per salvare la donna dall'acqua e a tirarla su mentre l'auto affondava
che non distinguiamo più il cibo buono dal cibo pessimo e che spesso qualità-prezzo non sempre è bene come dimostra l'articolo sotto riportato , per la nostra salute
La invasión de alimentos baratos asiáticos dispara las alertas sanitarias en Bruselas
Una partida de fresas contaminadas acabó en comedores escolares alemanes
Trabajadores de una fábrica de noodles (pasta) en Nanjie. / J. LEE (REUTERS)
Una nube negra pende sobre las ciudades del corazón de China; los camiones circulan a toda mecha por carreteras recién asfaltadas cargados de carbón de las minas y de vigas de hierro procedentes de las fundiciones de la zona. Mientras, en los campos acaba de terminar la recolección de la guindilla y el algodón; dentro de dos semanas le toca el turno al arroz. Y en abril al ajo. Miles de campesinas se afanan ahora poniendo la semilla que impulsará un crecimiento, extraordinariamente lucrativo, de las exportaciones de productos alimenticios. China ha inundado Europa de mercancía hasta el punto de acaparar mercados como los del ajo o la miel. Pero las primeras voces de alarma han surgido ya por el nivel de contaminación de algunos de esos alimentos y la falta de controles adecuados. Hace unas semanas, escolares alemanes sufrieron diarreas y vómitos tras devorar unas fresas de Qufu, la patria de Confucio.
El país donde ya se cose nuestra ropa, se ensamblan nuestros teléfonos inteligentes y se fabrican los juguetes de nuestros niños se lanza ahora a convertirse en un importante proveedor de comida. El valor de sus exportaciones de productos alimenticios casi se ha duplicado entre 2005 y 2010, llegando a alcanzar los 41.000 millones de dólares. Como comentaba un experto del ramo, “China ha entrado en este mercado de forma asombrosamente rápida e impetuosa”.
Pero como la imagen de esta nación de sueldos bajos no goza de mucho predicamento entre los consumidores, generalmente el ramo de los productos alimenticios calla acerca del origen de sus mercancías. Mucha gente empezó a tener claro qué porcentaje de la comida que tiene en el plato ha sido cosechada y producida en China cuando hace tres semanas miles de escolares del este de Alemania fueron víctimas de las fresas chinas contaminadas con norovirus.
Fabricantes chinos han vendido guisantes teñidos de verde, orejas de cerdo falsas o aceite de mesa usado Como siempre, China se ha adaptado rápidamente a las necesidades del mercado. Si antes llegaban a Alemania fundamentalmente especialidades, hoy en día existe un mercado en expansión de productos básicos baratos e ingredientes preelaborados, como, por ejemplo, las fresas cortadas en cubos de 10 kilos que fueron a parar a los comedores escolares alemanes.
Hay dos cosas que hacen de China un país muy interesante para los grandes consorcios como Nestlé, Unilever o Metro: el precio y las cantidades. “Naturalmente, también podríamos comparar nuestras cebollas y setas a 10 proveedores diferentes, pero eso supone un despliegue inmenso”, explica el director de un consorcio. Las empresas tienen que instruir, atender y controlar a cada uno de sus proveedores.
Las tierras de labranza chinas son inmensas, como lo es también la cantidad de mano de obra barata. “Cosechar fresas, lavarlas y cortarlas supone mucho trabajo porque apenas se puede utilizar ninguna máquina”, explica Félix Ahlers, director de la empresa de productos congelados Frosta. Por eso surtirse de fruta en Europa, como hace su consorcio, resulta caro. Pero hay fabricantes que solo tienen en cuenta el precio.
La variedad de la mercancía que ofrece China parece prácticamente ilimitada. Por ejemplo, el país se ha convertido en el mayor exportador de miel del mundo. Además, ha intensificado la fabricación de productos elaborados: los márgenes de beneficio en el mercado son aún mayores que los de las materias primas. Una parte considerable de las capturas mundiales de salmón se procesan en China para obtener, por ejemplo, salmón ahumado.
“El ajo se come en todas partes”, explica Wu Wiuqin, de 30 años, jefa de ventas de una empresa agrícola cuyo nombre, Success [éxito], es toda una declaración de principios. “Nosotros vendemos ajo en los cinco continentes”. Más del 80% del ajo comercializado en todo el mundoprocede de China. Wu dice que en las ferias de alimentación comprueba que ningún país del planeta puede medirse con ellos.
Pegatinas para el transporte de animales en China. K. PFAFFENBANCH (REUTERS)
Con el tiempo, la patria del pato a la pekinesa ha llegado a producir también pizzas congeladas para el mercado mundial (por la quinta parte de su precio en Alemania). Este servicio de reparto de pizzas a escala mundial no resulta demasiado preocupante medioambientalmente. Según los cálculos del Instituto Ecológico de Friburgo, el transporte de productos congelados empeora poco el equilibrio ecológico. Por supuesto, “lo mejor es comer siempre productos locales y de temporada”, puntualiza Moritz Mottschall, miembro del Instituto Ecológico. Pero si uno tiene ganas de comer fresas en otoño, el suministro de 10 toneladas de mercancía por barco desde China produce unas emisiones de 1,3 toneladas de CO2. Ahora bien, si se acarrea en camiones esa misma cantidad de Alicante a Hamburgo se emiten 1,56 toneladas.
El mayor problema que entrañan los productos alimenticios chinos son las prácticas cotidianas de producción sobre el terreno: la carga de productos tóxicos debida al empleo de pesticidas o las dosis excesivas de antibióticos en la cría de animales, unido a veces a una total falta de escrúpulos. En 2008, un producto químico, la melamina, dañó la salud de 300.000 bebés. Los comerciantes chinos habían conseguido que la leche en polvo les cundiera más añadiendo este producto que, entre otras cosas, es perjudicial para los riñones.
En China, donde la gente no tiene esa seguridad, el activista Wu Hengse ha convertido en toda una estrella. La pasada primavera Wu leyó algo sobre un extraño polvo que los comerciantes añadían a la carne de cerdo para venderla como cara carne de vacuno. Decidió crear una página web con un mapa en el que se localizaban los escándalos de la industria alimentaria china a partir de la información facilitada por los medios de comunicación.
La supervisión de los productos vegetales es muy laxa. La mayoría llega a la UE sin pasar ningún control Zhou Li, docente de la Universidad Renmin de Pekín que investiga la seguridad de los productos alimenticios, ha observado que, antes, los propios campesinos también comían lo que vendían. Pero ahora, una vez que han tomado conciencia de las consecuencias perjudiciales de los pesticidas, abonos, hormonas y antibióticos, producen una parte de los productos agrícolas para el mercado y el resto lo cultivan a la manera tradicional para abastecer a su familia. Hay informes que hablan de terrenos de labranza acotados donde se cultivan los vegetales que adquieren los funcionarios de alto rango.
Ahora bien, con solo volver la vista hacia Bruselas queda claro que todavía hay muchas cosas que están manga por hombro. Allí, un sistema de alarma rápida para productos alimenticios y forrajes avisa a todos los países de la UE cuando aparece un producto contaminado. Pues bien, China tiene un protagonismo desproporcionado: este año, hasta el mes pasado, se contabilizaban en Bruselas 262 avisos referentes a productos chinos. Entre ellos había pasta infestada de gusanos, gambas contaminadas con antibióticos, cacahuetes malolientes o frutas escarchadas con un contenido excesivo de azufre.
Una explotación de fresas en Matou. /FANG DEHUA (AP)
Ulrich Nöhle conoce a fondo la producción de alimentos en China. Este profesor de química alimentaria trabaja desde hace muchos años como auditor por cuenta propia en China verificando la calidad de los productos para comerciantes alemanes. Dice que lo que se recibe de China es “lo que uno ha pedido previamente”. Se debe “especificar a los socios comerciales cómo deben criar o cultivar el producto o, por ejemplo, qué requisitos implica el sello bio”. Si uno se limita a encargar en China mercancías lo más baratas posibles, sin sujeción a controles de ningún tipo, es responsable de no recibir los productos esperados.
Una vez que los productos están en camino, apenas se efectúan más controles. En el puerto de Hamburgo, donde se desembarcan la mayoría de los productos alimenticios procedentes de ultramar con destino al mercado europeo, más del 15% de los envíos con productos animales y del 20% de las mercancías vegetales proceden ya de China.
Cuando se trata de pescado, carne, miel o productos lácteos, antes de la llegada de la mercancía el importador debe registrarla en la Oficina de Control Veterinario e Importación del puerto de Hamburgo y presentar la documentación de importación. A continuación, dicha oficina decide si la mercancía se puede introducir en el país sin examinar. Los contenedores precintados solo se abren en caso de duda. Entonces los veterinarios analizan si funciona la refrigeración y si la mercancía ha sido transportada a la temperatura adecuada. A partir de ese momento, las ulteriores inspecciones son competencia de las instancias locales encargadas del control de productos alimenticios que están más familiarizadas con los chiringuitos de comida rápida y las granjas que con los flujos globales de mercancías.
Una explotación de fresas en Matou. /FANG DEHUA (AP)
La supervisión de los productos alimenticios vegetales es aún más laxa. La mayoría de las veces llegan a la UE sin pasar ningún tipo de control, a excepción de un pequeño número de productos especiales que ya han resultado problemáticos en el pasado o están bajo sospecha actualmente, como cacahuetes, soja, arroz, pasta, pomelos y té.
Este control insuficiente dificulta también la investigación de las causas cuando surgen problemas. En casi la mitad de los 3.697 casos en los que la UE lanzó advertencias durante el año pasado, los defensores de los derechos del consumidor “no pudieron rastrear la mercancía hasta llegar a sus productores originarios”, explica Nöhle, el experto en China. Por lo menos sí se ha llegado a saber quién es el proveedor de las fresas contaminadas. Estas frutas fueron cultivadas, cosechadas y congeladas en la provincia de Shandong y embarcadas rumbo a Hamburgo por la empresa Foodstuff.
Una vez en Europa, la empresa de alimentos congelados Elbfrost, un intermediario, se hizo cargo de las 44 toneladas de fruta y pagó las tasas aduaneras. Un día después, la empresa transportó las fresas en camiones hasta Mehltheuer en Sajonia. El principal cliente de Elbfrost era Sodexo, una empresa internacional de catering con sede en Francia que gestiona 65 cocinas regionales en Alemania. Funcionarios del Instituto Federal de Valoración de Riesgos y fiscales de Darmstadt investigan ahora laboriosamente en qué lugar se contaminaron las fresas.
La gerencia de Elbfrost declara que no volverá a importar mercancías de China en el futuro. La empresa dice que no puede garantizar que los proveedores chinos envíen “mercancía de calidad impecable”. Pero si la calidad es dudosa hasta ese punto, ¿por qué Elbfrost hacía pedidos a China? Hasta ahora la empresa sajona no solo ha adquirido allí fresas, sino también setas y espárragos. Elbfrost afirma que se ve abocado a importar por el “precio económico” de las mercancías chinas. El año pasado Alemania importó más de 31.000 toneladas de fresas procesadas procedentes de China a un precio medio de 1,10 euros el kilo.
Las cadenas comerciales más grandes del mundo, Walmart, Carrefour, Tesco y Metro, pero también fabricantes como Coca-Cola, Unilever, Barilla, Campbell’s o Nestlé, han reconocido que no pueden fiarse ni de los proveedores ni de los controles estatales. Pero tampoco se pueden permitir poner en circulación productos alimenticios contaminados; eso supondría un perjuicio inmenso para su imagen. Por eso los grandes del sector se han unido en la Global Food Safety Initiative [Iniciativa Mundial para la Seguridad de los Alimentos] para desarrollar controles de calidad propios.
En general, China está plenamente capacitada para fabricar productos de alta calidad, explica un controlador de productos alimenticios de Hamburgo, “pero uno recibe lo que paga”.
Artículo firmado por Susanne Amann, Charlotte Haunhorst, Udo Ludwig,Maximilian Popp, Sandra Schulz, Andreas Ulrich y Bernhard Zand.
El sector agrario, la industria alimentaria y, a la postre, los consumidores españoles, tampoco han sido ajenos a los efectos de la avalancha de las exportaciones chinas de productos alimentarios. El hecho de ser España el principal productor de frutas y hortalizas de la UE, con unas exportaciones de unos 10 millones de toneladas y con unas producciones competitivas, debería haber supuesto una barrera para la invasión china. Pero no ha sido así.Uno de los productos más afectados ha sido el ajo. España es el principal productor comunitario, con unas 170.000 toneladas, de las que se exportan, aproximadamente, 65.000 toneladas. La invasión de ajos chinos en todo el mundo ha supuesto un freno a las exportaciones españolas. Tal ha sido su impacto, que en zonas donde tradicionalmente se cultivó el ajo morado autóctono de Las Pedroñeras, hoy se ha impuesto el llamado ajo chino, con un toque morado, de mayor tamaño, pero con un sabor muy inferior.En miel, la UE es netamente deficitaria, con unas necesidades de importación de unas 150.000 toneladas. En el pasado, ese hueco se cubría especialmente con miel argentina. Hoy, de ese volumen, más de 60.000 toneladas proceden de China. En España, la producción de unas 30.000 toneladas, este año mucho menos por la sequía, sería suficiente para las necesidades de la demanda. Hace varios años, Bruselas prohibió temporalmente la entrada de miel china tras encontrar restos de productos fitosanitarios prohibidos. Hoy se importa a unos precios de entre 1 y 1,20 euros el kilo, casi la mitad de lo que vale un kilo de miel nacional.
Fakra Younas, giovane pachistana, ex ballerina, alle spalle un'infanzia cancellata dalla madre prostituta e tossicodipendente e da un marito vecchio, aveva creduto di trovare un riscatto in un secondo matrimonio, ricco, felice, appassionato. Cancellato anche quello, ben presto, da una sequela di violenze, umiliazioni, stupri. Fakra si oppone, resiste: non ha che sé stessa, e si raccoglie ai quattro stracci della sua anima violata ma viva, solida, l'unica presenza reale, quasi fisica, in quel suo mondo cancellato. Il marito acculturato e facoltoso non tollera quella che considera lesa maestà: la "sua" donna ha osato ribellarsi, si è sciolta dalle sue catene. Le rovescia addosso un odio ancestrale, possente, che sembra provenire dai secoli, come direbbe Primo Levi. La cancella, ancora. Il volto con l'acido. Non la sopporta come persona, come entità slegata da quel guinzaglio muto al quale lui la pretende "naturalmente" confinata. La brucia col liquido. Abrasivo ossimoro. Fakra sopravvive, fugge, il suo volto azzerato diventa simbolo della bestialità del potere. Scrive anche un libro: Il volto cancellato è il logico titolo. Ma non basta. E' rimasto qualcosa d'incancellabile nella vita cancellata di Fakra, ed è quell'anima stuprata, che adesso è diventata fantasma, e grida, in un vorticoso salto all'indietro, reclama i suoi diritti di bambina mai sbocciata, e vuole tutto e tutti con sé per non finire inghiottita nel gorgo fatale dell'ossessione.
Poi, viene il giorno dell'abbandono. In un palazzone di Roma, dove si sente sola, insopportabilmente sola. Quel suo corpo cancellato è diventato catena. Peso. Lo getta letteralmente via, dalla finestra, come un rifiuto. E' un volo cencioso, un'anima singola non può che appartenere all'aria e lì ritorna.La marocchina Amina Filali è ancor più giovane di Fakra: solo sedicenne. E' stata abusata, picchiata e costretta a sposare il suo carnefice. Soffoca. Nel suo chiuso universo comprende che non può né deve tacere ma che, ancora, l'unica possibilità a lei concessa per urlare è tacere per sempre [l'articolo 475 del codice penale marocchino dà la possibilità allo stupratore di evitare il processo e il carcere sposando la sua vittima se questa è minorenne. Firma qui per chiederne l'abolizione, n.d.A.]. Lo fa. Tanto, quella non è vita. Non si tratta di suicidi, ma di omicidi per procura.Daniel Zamudio è un ragazzo cileno di 24 anni, ma dalle foto ne dimostra quattro di meno. Ha uno sguardo tenerissimo e notturno, d'una inerme consapevolezza. Di quel che gli riserverà il destino. Sguardo di croci, di desideri e sospiri. Sguardo indagatore di segrete e vellutate gioie. Sguardo adolescente. Non so se i suoi coetanei aggressori abbiano occhi. Fatico a immaginarli, nei neonazisti. Sono occhi, i loro, che non guardano, ma vedono: la curiosità chirurgica e gelida dei criminali torturatori di Salò. Torturatori di ragazzi anch'essi, sadici sezionatori di occhi. Senza gioia, peraltro, senza nemmeno godimento sensuale. Seviziano Daniel, colpevole di essere omosessuale, per sei ore. Come accadde sette anni fa a un altro ragazzo gay, Matthew Shepard. Gli staccano un orecchio, gli massacrano il cranio, gli incidono svastiche sul corpo agonizzante. Forse non si divertono abbastanza, forse sono annoiati. Alla fine lo massacrano di botte e lo lasciano lì esanime sul selciato. Come quel Nazareno in croce col quale si era deciso di farla finita, e allora tanto valeva una lancia nel costato. Daniel defunge dopo breve agonia e senza aver ripreso conoscenza. Del resto, era impossibile. E i crocifissi moderni non hanno resurrezione.
Altrove. Nuova Delhi, India. Un giovane attivista tibetano, Ciampa Yeshj, 26 anni, muore dopo essersi dato fuoco per protesta contro la visita del leader cinese Hu Jintao, a capo di uno dei governi più tirannici del mondo, soprattutto verso la minoranza tibetana. Una dittatura con la quale il democratico Occidente, sensibile ai diritti umani, non ha scrupoli a intessere affari. A Bologna Giacomo, artigiano 58enne oberato dai debiti, compie lo stesso gesto davanti alla sede dell’Agenzia delle Entrate. Vittima d'un fascismo non meno spietato, quello del Mercato. Un ragazzo romeno cerca di soccorrerlo, ma senza successo. Lui glielo ripete, con ostinazione da martire perduto, prima di sprofondare nel buio: voglio morire. Nemmeno tanto per i soldi: per la vergogna. Chiede persino scusa del gesto di cui pure è convinto. Come annota acutamente Michele Serra ("Repubblica" di oggi), solo i galantuomini avvertono il peso del loro debito, solo gli onesti se ne lasciano travolgere, al contrario dell'evasore, che esibisce la propria filibusteria come un trofeo. E la lista non è conclusa. Contemporaneamente, a Verona, un operaio edile marocchino di 27 anni si brucia davanti al municipio di Verona. Non riceveva lo stipendio da quattro mesi.
Morti, tutte, che ardono. Quasi tutte accomunate dal fuoco: barbare, primitive, mattanze dell'ingiustizia, della discriminazionee del potere, politico ed economico. Solo all'apparenza maturate in contesti diversi, hanno in realtà un unico comun denominatore: la disumanizzazione. Ordalie, provocazioni, smembramenti, questi addii al calor bianco, quest'incenerimento grondante sangue, ci riporta al presente impassibile, ci rilascia alla pietra, all'urlo primordiale, spaventoso, immane. E colpevole. La lunga Quaresima sembra non aver fine.
Minuscole scarpe di seta...minuscole, come i piedini che ospitavano, sette otto centimetri per essere considerati pregevoli, sette centimetri che avrebbero reso la donna degna di essere sposata.
Ho appena finito di leggere "Fiore di neve e il ventaglio segreto", questo romanzo mi ha fatto vivere nelle stanze delle donne, mi ha fatto ricamare e soffrire insieme a loro.
Guardavano il mondo attraverso gli intarsi delle finestre, lontane dal mondo e dagli eventi, obbedienti e sottomesse, senza la possibilita' di allontanarsi, l'unica cosa che le avrebbe rese degne di uno sguardo da parte della suocera o del marito sarebbe stata la fortuna di avere un figlio maschio.
I piedi venivano fasciati verso i due anni nelle famiglie altolocate, ed intorno ai sette in campagna, era la madre stessa che infliggeva questa sofferenza alla figlie, molte delle quali morivano prematuramente per la cancrena tra sofferenze atroci.
"Quando avevo sette anni, mia madre mi lavò i piedi, li cosparse di allume e mi tagliò le unghie. Poi mi piegò le dita contro la pianta del piede, legandomele con una fascia lunga tre metri e larga cinque centimetri, cominciando dal piede destro e passando poi al sinistro. Mi ordinò di camminare, ma quando ci provai, il dolore fu insopportabile. Quella notte mi sentii i piedi in fiamme e non riuscii a dormire; mia madre mi picchiò perché piangevo. Nei giorni seguenti cercai di nascondermi, ma fui costretta a comminare sui miei piedi. Dopo alcuni mesi, tutte le dita, tranne l'alluce, erano schiacciate contro la superficie interna. Mia madre mi tolse le bende e lavò il sangue e il pus che mi colavano dai piedi.
Mi disse che solo rimuovendo a poco a poco la carne i miei piedi sarebbero diventati snelli. Ogni due settimane mi mettevo delle scarpe nuove: ogni nuovo paio era di qualche millimetro più piccolo del precedente. D'estate i piedi puzzavano tremendamente di pus e di sangue, d'inverno erano gelidi per la mancanza di circolazione. Le quattro dita arricciate all'indietro sembravano bruchi morti. Ci vollero tre anni perché potessi calzare le scarpe di otto centimetri, le mie caviglie erano sottili, i piedi erano diventati brutti e ricurvi."
Con la crescita, l'arco plantare si rompeva e si fratturavano anche tutte le falangi delle dita ripiegate, tutto il peso del corpo gravava sul tallone, per camminare le donne, con i gigli dorati, dovevano appoggiarsi ad un bastone, o sorreggersi ai muri, e' chiaro che non potevano andare da nessuna parte la loro vita era legata alla casa e al marito, si muovevano solo con le portantine.
Pare che la fasciatura dei piedi sia nata intorno al 900 d.c, per la civetteria di una concubina imperiale che si fasciava i piedi mentre danzava per il suo imperatore, il Confucianesimo si approprio di questo vezzo, per costringere le donne entro le mura domestiche, questo sistema era peggiore di tanti altri, (infibulazione, cintura di castita'), perche' comportava un controllo totale della persona.
La fasciatura dei piedi era il requisito fondamentale di una moglie, garantiva al marito la certezza di avere una moglie sottomessa e remissiva, piu' piccoli erano i loti dorati, piu' il carattere della fanciulla era stato domato, dovevano essere solo dei gingilli nelle mani degli uomini.
Al primo incontro prematrimoniale, i suoceri usavano sollevare la gonna della promessa sposa, per esaminarne piedi, da quell'unico gesto erano in grado di capire se la ragazza fosse degna o meno di essere data in sposa al figlio maschio, unica vera ricchezza della famiglia.
La fasciatura dei piedi venne proibita nel 1920, ma e' comunque durata nelle campagne fino all'avvento della RPC nel 1949.
Il giglio dorato aveva anche una fortissima valenza erotica, gli uomini bramavano per toccarlo, l'odore che emanava era migliore di qualsiasi erba afrodisiaca, erano "oggetti" che servivano a dare piacere, per le stesse donne, l'unica persona che potesse toccarle i piedi era il marito.
Questo è il mio primo post in questo Blog di Viaggiatori, mi presento brevemente, sono semplicemente una Mamma in Cina, io e la mia famiglia, (Mr Big, mio marito, e i miei due figli, un Anziano e una Prinicipessa) viviamo in Cina per lavoro, nel mio blog principale scrivo un diario delle mie esperienze quotidiane, un diario a volte "incredibile", perchè l'Impero Celeste è molto molto lontano dall'Europa e non solo fisicamente, qui cercherò di condividere con Voi un pò delle mie esperienze di viaggio, arricchendomi delle Vostre. Stasera si festeggerà l'ultimo giorno dell'anno in Cina, finisce l'anno del Topo e comincerà quello del Bue. A presto! Donatella
-Questa è la rappresentazione del Nian-
Sebbene ancora in Italia ( i miei visti latitano), non posso esimermi dal raccontarvi un pò del Capodanno Cinese, un miliardo e mezzo di persone tra qualche giorno, il 26 gennaio, festeggeranno lo Spring Festival, la più importante festività dell'Asia, milioni di persone si sposteranno dalle grandi città per ritornare verso i paesi d'origine. Il Capodanno Cinese viene festeggiato ogni anno, tra il 21 gennaio e il 19 febbraio, in corrispondenza della seconda luna nuova dopo il solstizio d'inverno. I cinesi osservano lo stesso rituale da 4.700 anni, i festeggiamenti durano una settimana e cominciano con le offerte al genio del focolare. Anche i cinesi si aspettano dal nuovo anno, cose migliori, ma soprattutto augurano felicità, longevità, successo, e goia a tutti appendendo un pò ovunque cartoncini rossi beneauguranti. Il simbolo vero della festa sono però i petardi che risuonano a tutte le ore, ma soprattutto durante la tradizionale danza del Drago, si regalano ai bambini le buste rosse contenenti denaro, che ha sostituito i cento pezzi di rame della tradizione, come augurio di cento anni di vita. L'origine della festa viene fatta risalire ad un'antica leggenda, in tempi antichi la Cina era abitata da un mostro chiamato Nian, questo usciva ogni 12 mesi per cibarsi di uomini. L'unico modo per tenerlo lontano, era riuscire a spaventarlo, la leggnda dice che il Nian aveva paura del colore rosso e dei rumori forti. Per questo motivo ancora oggi si festeggia l'anno nuovo vestendosi di rosso e facendo esplodere molti petardi. Il primo giorno della festa si sfila per le strade inseguendo una maschera da leone che rappresenta il Nian, la gente è vestita di rosso, si suonano tamburi tradizionali e si fanno esplodere fuochi d'artificio. E' simile alla danza del Drago, che invece invoca i benevoli Draghi Cinesi, la Danza del Leone invece serve per scacciare ed esorcizzare gli spiriti cattivi, e a favorire l'arrivo della fortuna. Il banchetto per il capodanno può essere ricchissimo, la tradizione vuole che si prepari un piatto secondo il gusto di ogni ospite, quindi ciascuno potrà servirsi in base ai propri gusti. Stasera però Big, durante una delle prime cene di questa lunga settimana presfestiva, ha rifiutato la testa di una gallina in brodo, molto buona e soprattutto salutare, pare faccia molto bene agli uomini (espressione molto usata durante i pranzi con persone cinesi), il boccone migliore era stato lasciato proprio a lui...questi Laowai non apprezzano la buona cucina... Credo che nei prossimi giorni Big rifiuterà molte teste e molte gambette, e anche qualche lumacone verde (dicono....un toccasana per i problemi di erezione).
I morti fra civili inermi innocentie e le varie armate che combattono, non si contano più. I media, le informazioni sono celate, nascoste dai "potenti della terra". Si muore ancora, si muore in tanti con l'indifferenza quasi totale dal resto del mondo.
Questo video che ho realizzato è un piccolo contributo "per non dimenticare".
Sensibilizzare i politici del nostro strano Paese? Certo! ma penso che la teatralità mediatica messa in campo in questi anni, abbia portato molta parte degli italiani a seguire in modo più menefreghista, con le trasmissioni "prendi tempo e non dici nulla", come "il grande fratello", "l'isola dei famosi", "buona domenica", e le tante soop o trasmissioni della coppia De Filippi-Costanzo.
Grazie Amici per la Gentile attenzione e... abbiate sempre presente che "i ricchi e potenti con le mani sporche di sangue", non stanno dando nessuna tregua. La prossima potrebbe essere la nostra nazione, ancora peggio un conflitto con giochi d'interessi da portare alla terza guerra mondiale. Non è fantascienza, basta pensare all'abbattimento delle "Torri Gemelle" e alle reali responsabilità... ma tutto tace perchè il denaro compra tutto. Tutto!? Guardatevi le Olimpiadi... meglio non pensare al brutto che ci circonda, all'orrendo che capita in Cina... meglio comportarsi con il gioco che ci hanno insegnato i potenti: fare come gli Struzzi.
«Mao Tse-Tung, che per decadi esercitò un potere assoluto sulla vita di un quarto della popolazione mondiale, fu responsabile della morte di 70 milioni di persone, più di ogni altro leader del XX secolo». Comincia così, senza se e senza ma, uno dei libri più stimolanti, anticonformisti, sconvolgenti di questo inizio di millennio, Mao la storia sconosciuta (Milano 2006), la biografia che la scrittrice cinese Jung Chang ha dato alle stampe con l’aiuto del marito, lo storico britannico Jon Halliday. E’ un lavoro monumentale, quasi mille pagine di cui circa cento di note, che fa letteralmente a pezzi uno dei più inossidabili miti positivi del ‘900, quello di Mao, appunto.