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9.11.18

eroi dimenticati e eroi mderni


canzoni siuggerite 
Caparezza - Eroe (Storia Di Luigi Delle Bicvcocche)
L'eroe Mercanti di Liquore • Musica dei poveri • 2002
e questa  compilation https://music.youtube.com/search?q=eroe


Cosma Manera: 10mila chilometri per salvare 10 mila italiani nella Russia della Grande Guerra

Nell'aprile del 1920 giunsero a Trieste tre piroscafi: erano carichi di soldati che tornavano a casa dalla Russia, salvati dal maggiore dei carabinieri Cosma Manera. Pochi conoscono quest'ufficiale, morto il 25 febbraio 1958 a 82 anni. Ma è uno dei militari dell'Arma che hanno ricevuto il maggior numero di decorazioni straniere. E tra il 1916 e la primavera del 1920 realizzò un'impresa epica, recuperando circa diecimila italiani originari delle terre irredente, arruolati dall'esercito austro-ungarico nella Grande Guerra, fatti prigionieri dalle truppe zariste e rimasti intrappolati in Russia durante la rivoluzione. Manera riuscì a guidarli in un viaggio di diecimila chilometri, sfidando l'inverno siberiano e le insidie di un Paese devastato.

di Mario Di Ciommo e Andrea Gualtieri


la seconda è quella di Luca  Trapanese  Gay  cattolico praticante  e  single  che  ha  deciso  d'addottare  Alba una   bambina  con  la sindrome di Down e appena nata è stata lasciata in ospedale.



ed  rifiutata  da  trenta famiglie prima che il tribunale decidesse di affidarla a Luca .
Un Gay, cattolico praticante, impegnato nel sociale: con lui è stato inaugurato il registro degli affidi previsti dalla legge per i single. Ma Luca non è spaventato. Di battaglie ne ha combattute tante, conosce il dolore e ha imparato a trasformarlo, abbattendo muri e costruendo spazi di solidarietà


dalla sua pagina di facebook  https://www.facebook.com/Luca-Trapanese-358337824735008/

24.9.17

ISTITUZIONI ASSENTi ed ILLEGALITÀ PERMANENTEad Alanno: casa crollante per un canalone fuorilegge, famiglia in tenda e scandaloso balletto del poterela famiglia fa un presidio in piazza






La storia chje racconto è una storia documentata alla mano di una famiglia pescarese distrutta e abbandonata dalle stesse istituzioni e del presidio del diritto da104 giorni famiglia cucinotta marsilii piazza italia pescara




pima parte 




seconda parte 





per chi ha voglia di saperne più oltre i  due  video  citati prima  di RADIO SOS De Titta c'è sotto l'articolo de http://ildelitto.it/  segnalatami dall'amica  e  uan delleprime  se  non la prima  comnpagna  di strada    antonella  serafini  di censurati.it





Le acque di un canalone illegale, che doveva essere in sicurezza da oltre dieci anni, hanno reso pericolante ad Alanno una casa, i cui proprietari si son dovuti accampare davanti al municipio, vittime di uno scandaloso balletto del potere.


Scoppiato l’inghippo, spariscono documenti all’ufficio tecnico del Comune e il canalone diventa addirittura per i carabinieri come un fantasma risalente al 1940, ma balza fuori un progetto insabbiato in modo sospetto: vicende sulle quali anche il magistrato, tuttavia, ha sorvolato, archiviando un procedimento per omissione e abuso d’ufficio.
Sembra una storia di altri secoli, di quelli impossibili in un paese rispettabile col Comune retto da una amministrazione sostenuta dal Pd. Eppure è ciò che accade oggi ai coniugi Alessandra Marsilii e Francesco Roberto Cucinotta e ai loro tre figli, colpevoli solo di avere comprato nel 1999 un immobile con l’intento di realizzarci un bed & breakfast. 
Una casa perfettamente in regola, ma minacciata dalle acque
La casa era perfettamente in regola, da ogni punto di vista legale, ma ben presto i proprietar i si accorsero che ogni pioggia vi scarrozzava contro una massa enorme d’acqua, convogliata da un canalone pubblico di raccolta mal concepito, insistente su area di proprietà comunale e con una grata di captazione che faceva scorrere, deviando, sotto le fondazioni della costruzione.
Non sortendo nulla le segnalazioni all’amministrazione comunale, se non vaghe promesse, mai seguite da fatti, l’acqua, senza i necessari interventi, ha a poco a poco lesionato i muri portanti della casa, così da determinare nel 2015 i vigili del fuoco a dichiararne la pericolosità e a richiedere urgenti lavori per la messa in sicurezza del canalone e il restauro dell’edificio danneggiato.
Il Comune fa lo gnorri e tace sull’obbligo di eliminare il pericolo
Il Comune ha diffidato i proprietari e assegnato termine per la nomina di un tecnico al quale affidare il monitoraggio permanente della situazione, ma in modo maldestro ha fatto lo gnorri sui propri obblighi di eliminare il pericolo derivante dal canalone anomalo; come dire “Il mio canalone che dovrebbe salvare la gente ti butta a terra la casa? E chi se ne frega!”.
Non se ne sono fregati però, ancora una volta, i vigili del fuoco, i quali, intervenuti poi a seguito del recente terremoto che ha interessato anche la zona di Pescara, hanno richiesto al Comune di Alanno di ordinare lo sgombero dell’abitazione. Non se n’è fregata nemmeno Alessandra Marsilii, che, stanca delle peregrinazioni al municipio e di protestare al vento, aveva già presentato una querela e intrapreso nelle varie sedi giudiziarie una battaglia, assistita dall’avv. Attilio Piacente.
La vicenda è per il gip “frammentaria e di difficile comprensibilità”
La querela non ha avuto, però, buona fortuna. Il 25 agosto dell’anno scorso il pm ne aveva chiesto l’archiviazione e in ultimo, qualche settimana fa, il gip Antonella Di Carlo l’ha archiviata. L’avv. Piacente aveva evidenziato nella sua opposizione che non erano state svolte dal pm indagini adeguate, ma il giudice se n’è uscito con una motivazione curiosa, secondo la quale la vicenda è “frammentaria e di difficile comprensibilità”, quasi che non fosse compito della magistratura, ma di altri, accertare i fatti.



Il tecnico incaricato dalla signora Marsilii di monitorare la situazione ha scovato con sorpresa al Comune un progetto del 3 ottobre 2006 dell’architetto Antonio Buccella per la sistemazione della rete fognaria e delle acque bianche interessante anche il canalone oggetto della questione. Ma dell’esecuzione di quei lavori non vi è traccia. Che ne è stato?
Dal progetto sparito alla vita della famiglia sotto una tenda
Al giallo di quel progetto e alla questione di documenti di cui il Comune imperterrito negava agli interessati l’esistenza, si aggiunge lo scandalo della famiglia in mezzo alla strada. Ordinato lo sgombero della casa, in via d’urgenza il Comune aveva ospitato la famiglia in un albergo, adoperandosi quindi per la sistemazione in un alloggio dell’Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale per la Provincia di Pescara (Ater). Ma questa procedura s’è fermata per un inghippo: la casa assegnata, infatti, presentava carenze igienico-sanitarie gravi per la risalita di umidità dal pavimento e a nulla sono valse finora le sollecitazioni per avere un alloggio vivibile.

Mentre vanno avanti le questioni giudiziarie, ecco che Alessandra Marsilii, Francesco Roberto Cucinotta e i tre figli per non dormire sotto il cielo hanno scelto di farlo sotto una tenda, piazzata proprio davanti al palazzo del municipio. A sostenerne le ragioni si sono scatenati i social, anche con un apposito gruppo Facebook di sostegno. Ma la vicenda non è per niente di quelle folcloristiche; merita grande attenzione e maggiore rispetto da parte della pubblica amministrazione, perché i palleggiamenti attuali fra Comune, Ater e Prefettura di Pescara sono gravi più di un delitto.


10.8.17

Italiani per bene e lezioni di civiltà il caso del trattamento del venditore cingalese

in sottofondo   questa  famosa  cover  itraliana  di  della famosa   Like  rolling stone   di Bob Dylan 
(...)  
Tu volevi chiudere tutti i diversi fuori
su questo hai investito tutte le energie e i tuoi averi
ricordo il tuo concetto di straniero
dicevi questo non è il posto loro
son maleducati sporchi ci portan via lavoro.
Difendevi la tua ottusità come un tesoro
quello il tuo sentiero
che non ti ha portato a sentire che il terreno
su cui ogni giorno camminiamo
noi non lo possediamo lo occupiamo
e non è italiano africano
è un dono che è stato fatto ad ogni essere umano
i confini le barriere le bandiere sono giunti dopo
aiutando l'odio la guerra e il razzismo a fare il loro gioco
dimmi come ti senti ora che non ci sono più confini
e le frontiere sono aperte
e che hai dovuto appendere al chiodo la tua camicia verde
la bandiera più non serve
ora che hai speso tutto e sei ridotta all'elemosina finalmente sai che non c'è colori razza ma solo anima
ora tu sei l'emarginata evitata scalciata ignorata
quando chiedi qualche moneta
ora che non hai più una proprietà
che ti dia un identità
sventoli soltanto la bandiera della povertà.
How does it feel? Dimmi come ci sente. How does it feel?
A stare sempre da sola. To be on your own.
Nè direzione nè casa. With no direction home.
Una completa sconosciuta. A complete unknown.
Come una pietra scalciata like a rolling stone.
(...)  
dalla mia ops nostra pagina di facebook appendice del blog riporto tale news  di alcuni   Italiani per bene e lezioni di civiltà 🤬





Compagnidistrada ha condiviso il post di Pippo Zarrella.
Pubblicato da Daniela Tuscano · 15 ore fa ·












Pippo Zarrella
6 agosto alle ore 19:41 ·

Vietri sul Mare (SA). Breve storia estiva di tristezza e rabbia. Un cingalese vende i suoi pinguini gonfiabili di varie dimensioni. Quelli che non vanno a tappeto neanche se li colpisci. Li lancia a riva per far ingolosire i bimbi e costringere i genitori all'acquisto obbligato. Lo straniero lancia anche oggi in questa domenica torrida i suoi pinguini.
Una mandria di bambini accerchia il ragazzo cingalese accaldato. I bimbi giocano con i pinguini. Alcuni genitori li afferrano. Chiedono il prezzo. Poi infastiditi lanciano i pinguini a mare. Il cingalese raccoglie i suoi pinguini ed attende che qualcuno della bella famiglia italiana acquisti almeno un piccolo gonfiabile. Quando capisce che nessuno vuole cacciare un euro si sposta poco più in là. Nel caos dei pinguini a mare un bambino lancia il gonfiabile ad uno dei tre papà italiani che sponzano in acqua come baccalà. Il papà nasconde il pinguino sott'acqua sedendosi sopra in attesa che il cingalese si allontani. Il pinguino lotta ma annega soffocato dal gentil uomo. Il signore italiano insieme alla sua famiglia di trogloditi ha dato una bella lezione di civiltà a mogli e figli. I tre uomini di 400kg in tre fieri consegnano il frutto del loro lavoro al bimbo felice. 
Contro questa arroganza si è sconfitti in partenza. Con i bagnanti silenti si è sconfitti in partenza. Far presente dell'ingiustizia a chi vive quotidianamente nell' illegalità ed è immerso nel malaffare ogni giorno non serve perché si è sconfitti in partenza. Contro questi bambini già nati con il germe del sopruso si deve intervenire immediatamente. Forse è già tardi. Il cingalese si allontana senza fiatare. Alzare la voce non serve. Forse sarebbero arrivati i carabinieri. Avrebbero fatto domande. "Brigadiere ma che state ricenn' noi amm pavat u pinguin. Che state ricenn che non m posso permettere tre euro i pinguino? Non simm gent per bene". Il cingalese potrebbe essere accompagnato in caserma. Forse è clandestino. Forse no. Forse è meglio tacere. Forse simm' davvero gente per bene. Forse sono loro che vengono ad arrubbare in Italia. L' unica certezza di oggi é quella dei pinguini. Loro non vanno a tappeto. Mica come la nostra dignità.



mi chiedo , anche se som già che tali domande sono come le seghe elucubrazioni mentali e le risposte sono destinate a volare nel vento ,
ma che razza di valori insegnano questi fettenti , cazzima ( espressione gergale napoletana )
Questo genitore è stato un brutto esempio per il figlio, visto che ha insegnato oltre alla disonesta,il razzismo verso un extracomunitario.Ci sono ---  come  diceun commento a  questo  post  nel   blog   di https://mauroleonardi.it  ---  giustamente  tante persone cosi poco intelligenti che credono di fregare il prossimo e soprattutto i.piu deboli,come gli extracomunitari che girano sulle nostre spiaggie,sotto un sole cocente per guadagnarsi da vivere, con questi atteggiamenti disonesti e di scarsa intelligenza.Certi valori quali il rispetto verso il prossimo,il valore dell accoglienza si imparano in famiglia,sono i genitori con il.loro stile di vita, lo insegnano,con i loro discorsi che fanno con i figli,riguardo agli sbarchi di clandestini sulle nostre coste ed in genere verso gli stranieri .Un Italiano non farebbe mai un lavoro cosi umile,cioè vendere pupazzetti o raccogliere pomodori nelle campagne con 40 gradi.Ringraziamo tante persone extracomunitari che con il loro lavoro umile aiutano anche la nostra economia a crescere, questa persona ladra, non ci rappresenta tutti come popolo italiano,perche in tanti rispettiamo chi viene a lavorare da straniero in Italia,cosi come tanti italiani vanno all estero a fare altrettanto,ognuno di quello che trova.Il lavoro nobilita l uomo,anche se umile,chi ruba è solo un ladro,anche se ruba ad un extracomunitario



non  ho altre parole  per esprimere  la  mia indignazione   a  sudetto fatto








8.2.16

Foibe: la verità e la memoria a 360 contro il revisionismo storico

deliberatamente    tratto  da  http://contropiano.org/documenti/item/29078-foibe-la-verita-contro-il-revisionismo-storico       Di cui   :
condivido
 La " lotta  "  al revisionismo (   ne post  in neretto  e sottolineati la  si  nota  )   che è alla base  della maggior parte delle celebrazioni   specie quelle ufficiali della   giornata del ricordo . E la creazione  di una memnoria condivisa   senza  prima  aver  fatto i  conti con il proprio passato  e senza essersi liberati    di un  uso politico \  ideologico  - strumentale della  storia  .
Non condivido (    nei corsivi  del post  si puo' notare  )  la mancanza  da ambo le  parti  , in questo caso a sinistra  ,  di sminuire   e   dare le responsabilità  ad  un parte sola  a tali eventi  ormai storia  ma   la cui ferità   è ancora  aperta     





In coincidenza del 10 febbraio assistiamo ad indecorose iniziative ed interventi sulla 'questione foibe' che non riflettono la verità e le documentazioni storiche, bensì manifestano posizioni strumentali e storicamente prive di ogni fondamento tipiche del revanscismo nazionalista che ha sempre ispirato i fascisti di ogni risma ed oggi lambisce ampi settori del “centro-sinistra”.In questi anni il revisionismo (di destra e di “sinistra”) ha fatto carte false pur di deformare, falsificare e cancellare la storia. Nel nome della “pacificazione” e della costruzione di un’artificiosa “memoria condivisa” viene condotta una campagna di stravolgimento della verità storica, tesa alla sistematica assoluzione del fascismo e alla denigrazione di chi lo ha realmente combattuto - in particolare dei comunisti, i quali ebbero secondo  alcuni storici , un ruolo fondamentale nell’antifascismo e nella Resistenza - arrivando alla vergogna di mettere sullo stesso piano nazi-fascisti ed antifascisti, repubblichini e partigiani, combattenti per la libertà ed oppressori o, peggio ancora, presentando i carnefici come vittime e martiri e i perseguitati come aggressori.
Con l’istituzione della “Giornata del Ricordo” del 10 febbraio, questa campagna ha avuto anche il suo appuntamento ufficiale in cui i cosiddetti “infoibati” vengono presentati come martiri “solo perché italiani” . Si tenta cinicamente di sfruttare il sentimento d’appartenenza nazionale per riproporre l’infame connubio tra fascismo e Italia e una visione nazionalista e sciovinista della storia e della realtà. Il tutto avallato dall'ex presidente della Repubblica Napolitano, che non solo ha straparlato di barbarie ed espansionismo slavo nel definire il movimento partigiano sul confine orientale (che, vogliamo ribadire, fu italiano, sloveno e croato) dimenticando   le  violenze  e le  atrocità  commesse dai  noi italiani , ma ha anche concesso medaglie ai familiari dei presunti “martiri dell’italianità”, tra cui, ad esempio, Vincenzo Serrentino, giustiziato dopo regolare processo in quanto criminale di guerra ricercato dalle Nazioni Unite.
Questa ri-scrittura della storia è, tra l'altro, funzionale allo sdoganamento politico e ideologico delle attuali organizzazioni fasciste e della destra radicale, che sono considerate ormai, da parte del centro-destra e non solo, come partner politici ed elettorali del tutto legittimi.Queste formazioni sono facili strumenti da utilizzare contro i movimenti politici e sociali non omologati e non compatibili con l’attuale sistema politico, come dimostra il crescendo di azioni squadristiche sempre più gravi come Molto grave è il fatto che in questi giorni i prefetti e i questori di alcune città autorizzino iniziative sulle foibe promosse da organizzazioni fasciste e di estrema destra come casa Pound e Forza Nuova. Questi burocrati dello stato disattendono tutte le disposizioni legislative che impediscono attività e riti di stampo fascista.
Si ignora sistematicamente quanto la DOCUMENTAZIONE STORICA ci consegna  di quello che  è successo prima   della reazione , non giustificata perchè cosi si passo dala parte della ragione  al torto , slava e poi  del regime di Tito  . 
Alla fine della Prima Guerra Mondiale, con il Trattato di Rapallo (1920) e poi quello di Roma (1924), l’Italia acquisì sul suo confine orientale un territorio nel quale abitavano quasi 500.000 tra sloveni e croati. Con l’avvento del fascismo iniziò un processo di assimilazione forzata: vennero progressivamente eliminate tutte le istituzioni slovene e croate, le scuole furono italianizzate, gli insegnanti licenziati o costretti ad emigrare, vennero posti limiti all’accesso degli sloveni nei pubblici impieghi, cambiati i nomi dei luoghi. Questo generò una prima ondata di sentimento anti-italiano.Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1941 il regime fascista e quello nazista attaccarono e occuparono quasi tutta la Jugoslavia, lasciandosi andare a uccisioni e brutalità di ogni genere. Vennero approntati, sia nel territorio italiano che in quello jugoslavo occupato, un gran numero di campi di concentramento, nei quali oltre ai detenuti di etnia slava vennero spesso rinchiusi anche migliaia di antifascisti italiani e stranieri di varie nazionalità. Gran parte degli slavi, fra cui anche vecchi, donne e bambini, trovarono la morte per inedia, malattie, torture o soppressione fisica, come peraltro espressamente richiesto da Mussolini, che chiedeva «l’annientamento di uomini e cose».I primi partigiani jugoslavi iniziarono la loro lotta antifascista sin dal luglio 1941. I nazifascisti tentarono inutilmente in tre riprese il loro annientamento. Il primo tentativo fu realizzato nell’ottobre 1941 e si avvalse anche di vere e proprie azioni terroristiche verso i civili (ad esempio l’eccidio nazista di 7000 abitanti di Kragujevac). Il secondo fu attuato nel marzo 1942, quando il Comando superiore armate Slovenia e Dalmazia (poi detto Supersloda) inviò a tutti i reparti la circolare 3C. Questa circolare conteneva ordini di una ferocia inaudita come, ad esempio: “Internare, a titolo protettivo, precauzionale e repressivo, individui, famiglie, categorie di individui delle città e delle campagne e, se occorre, intere popolazioni di villaggi e zone rurali; si sappia bene che eccessi di reazione, compiuti in buona fede, non verranno perseguiti. Perseguiti invece, inesorabilmente, saranno coloro che dimostreranno timidezza e ignavia”. La terza grande offensiva si svolse nell’estate 1942, sotto la direzione del generale Mario Roatta, e si concluse, come gli altri due tentativi, con grandi massacri di civili, ma senza riuscire a scalfire la forza e il coraggio dei partigiani jugoslavi, ai quali si univano molti partigiani italiani di orientamento comunista.Si preferisce non ricordare le migliaia e migliaia di civili jugoslavi trucidati dalle truppe italiane nell’ex-Jugoslavia, occupata dal 6 aprile 1941 fino all' 8 settembre del 1943; si ignorano le migliaia di civili (donne, vecchi e bambini) morti nei campi di concentramento fascisti ad Arbe, a Gonars e in altri campi del centro-nord Italia ( per ulteriori approfondimenti  si puo' consultare la bibliografia proposta  da    http://www.laltralombardia.it/public/docs/biblio.html)
Si  cancellano dai libri di storia e dalle commemorazioni le violenze sistematiche subite in Istria dalla popolazione locale indigena nel corso dell’occupazione fascista (distruzione di Centri culturali e  italianizzazione forzata dei cognomi slavi, imposizione della lingua italiana ecc...)Si arriva a falsificare la realtà fino a moltiplicare il numero degli infoibati (fra cui moltissimi gerarchi fascisti e collaborazionisti macchiatisi di gravissimi delitti e violenze) e degli esuli, sparando cifre a casaccio e manipolando la documentazione e la ricerca storica, come hanno dimostrato con i loro studi alcuni storici e ricercatori quali Enzo Collotti, Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi. Ad esempio, i 500 infoibati istriani (numero documentato da recenti ricerche) diventano 4 o 5 mila e per alcuni addirittura 30.000 e così a seguire con altre foibe, come quella di Basovizza.Non si contestualizzano mai i fatti, quasi che le “foibe” fossero un dato impazzito della realtà da usare per la bieca propaganda politica. Perché si vuole speculare sul sangue, sul dolore e sulle vittime di una guerra la cui totale responsabilità ricade sui nazi-fascisti aggressori?
In realtà si tenta di sfruttare cinicamente il sentimento di appartenenza nazionale per riproporre l’infame connubio tra fascismo e Italia, con una visione nazionalista e sciovinista della storia e della realtà.
Si vuole affermare e perpetuare il luogo comune di “italiani brava gente”, ignorando che “dall’unità del nostro paese fino alla fine della seconda guerra mondiale, oltre all’aggressione della Jugoslavia, si sono verificati molti episodi nei quali gli italiani si sono rivelati capaci di indicibili crudeltà.”( dalla quarta di copertina del libro di Angelo Del Boca “Italiani brava gente?”).

Fra gli episodi, sempre citati da Angelo Del Boca, professore dell’Università di Torino considerato il maggior storico del colonialismo italiano, troviamo: 1000 ostaggi fucilati dall’esercito italiano nel territorio di Lubiana (ex-Jugoslavia) tra il 1941 e il 1943, 35.000 persone deportate in Italia nei campi di concentramento, di cui 4.500 morte nel campo dell’isola di Arbe; le deportazioni in Italia di migliaia di libici, lo schiavismo applicato in Somalia lungo i grandi fiumi, l’impiego in Etiopia dell’iprite e di altre armi chimiche proibite che hanno procurato migliaia di morti e devastazioni indicibili, lo sterminio di duemila monaci nella città conventuale di Debrà Libanos (Etiopia), la consegna ai nazisti, da parte dei repubblichini-fascisti, di migliaia di ebrei votati a sicura morte (Italiani, brava gente? di Angelo del Boca- Ed. Neri Pozza pag.318 ). E’ vero che nel corso dell’ultimo secolo altri popoli si sono macchiati di violenze e nefandezze a danno di altri quasi in ogni parte del mondo. Tuttavia solo gli italiani hanno pervicacemente tentato (almeno la storiografia ufficiale) di gettare un velo sulle pagine nere della loro storia, ricorrendo ossessivamente ad uno strumento auto consolatorio: il mito degli “italiani brava gente”. Dietro questo buonismo, in realtà, si sono consumati i crimini peggiori e gli eccidi più barbari...”
Moltissimi capi militari italiani, fra cui i generali Graziani, Badoglio e Roatta, sono stati considerati dalle istanze internazionali criminali di guerra per gli eccidi ordinati e compiuti in Jugoslavia e in Africa orientale (Etiopia, Somalia) e Libia. Ma non hanno mai pagato, perché i governi post-resistenziali non concessero mai l’estradizione, in nome di cinici equilibri internazionali.

La cosiddetta “questione delle foibe”(le foibe - dal latino ‘fovea’ che significa fossa, incavo, apertura del terreno - sono delle cavità naturali per lo più a forma di imbuto rovesciato tipiche del territorio istriano) è stata un po’ il punto di partenza della campagna di denigrazione della Resistenza nel suo insieme. Mentre a Trieste, ed in genere nelle regioni del Nordest, la destra nazionalfascista ha sempre tirato fuori le “foibe” come uno dei propri cavalli di battaglia per propagandare l’anticomunisno e l’odio etnico e politico contro la Jugoslavia, è solo negli ultimi anni che il fenomeno è esploso a livello nazionale, coinvolgendo nella non comprensione del fenomeno anche esponenti della sinistra, arrivando addirittura alle posizioni estreme della dirigenza di Rifondazione comunista bertinottiana che, pur non conoscendo assolutamente l’entità dei fatti, si è arrogata il diritto di condannare senza appello la Resistenza jugoslava, ed i partigiani italiani che con essa hanno collaborato, per dei presunti “crimini” dei quali non solo non vi è prova, ma che dalle risultanze storiche risultano addirittura non avvenutiIl problema è che di “foibe” si è parlato finora molto, ma a livello di sola propaganda e a spropositoPer decenni si è parlato di “migliaia di infoibati sol perché italiani”, senza che i propagandisti esibissero le prove di questo loro dire. Per decenni i propagandisti hanno scritto e riscritto sempre le stesse cose, citandosi l’un l’altro e non producendo alcun documento ad avvalorare quanto da loro asserito. Si è giunti, nel corso degli ultimi anni, al fatto che questo “si dice” senza alcun valore storico sia stato avvalorato anche da storici considerati “seri” e “professionali”, in quanto facenti parte degli Istituti storici della Resistenza…”
E' utile ricordare, inoltre, la posizione di Giorgio Bocca: “L'argomento dei campi di concentramento fascisti è pochissimo conosciuto a livello di opinione pubblica ed è per questa scarsa conoscenza che personaggi come Silvio Berlusconi possono dire che Benito Mussolini mandava i suoi oppositori in vacanza. Il gioco dei morti è francamente inaccettabile quando risponde a un opportunismo politico come quello attualissimo dei neo fascisti, nipotini di Salò, e allievi di Giorgio Almirante.
Ed è inaccettabile anche l'uso sacrale che si fa dei morti per dimostrare che le idee per cui morirono gli uni valgono come quelle per cui morirono gli altri.
Nel caso italiano non si tratta di recuperare la storia dei vinti e di correggere quella dei vincitori, ma di ricordare che se si fossero scambiati i ruoli noi non saremmo qui a parlarne, saremmo finiti in massa in qualche lager o in qualche camera a gas e per il lungo futuro del Terzo Reich noi e i nostri figli e nipoti saremmo vissuti, ove non eliminati, in una società barbarica. Altro che vaghe e passeggere distinzioni fra diverse bandiere, diverse idee, diverse utopie: la scelta era fra la schiavitù razzista e la libertà civile, fra la fedeltà cieca alla tirannia e i diritti umani. La pietà verso i morti è antica come il diritto dei loro parenti e amici a ricordarli, ma la pubblica celebrazione coinvolge un giudizio sulle loro azioni da vivi e la celebrazione di quanti, fino all'ultimo, stettero dalla parte del Reich nazista è celebrazione del nazismo”.
Con la giornata del 10 febbraio si istituzionalizza la mitologia di una popolazione italiana cacciata dalla sua terra, quando in realtà i territori dell’Istria e della Dalmazia, che con la Prima Guerra Mondiale l’Italia aveva occupato militarmente, non erano mai stati abitati da popolazioni italiane, se non in minima parte. Dagli anni ’20 il fascismo pianificò e scatenò una violenta campagna volta ad imporre forzatamente l’ “italianità” alla popolazione jugoslava. Quando si parla degli esuli italiani dell’Istria e della Dalmazia, secondo certa   storiiografia  idiota  di sinistra  che ancora  continua a confonderli  con il fascismo  (  vedi   il vergognoso  episodio   del " il treno della vergogna ")  non si deve dimenticare che gran parte di questi erano stati impiantati in quei territori artificiosamente dal fascismo e spesso del regime erano stati collaboratori attivi. I fascisti da sempre hanno cercato di far passare la tesi dello scontro tra italiani e jugoslavi; in realtà nella Venezia Giulia vi è stata una resistenza forte e radicata in cui alcune formazioni partigiane jugoslave e italiane operavano congiuntamente contro i nazifascisti (italiani, tedeschi e jugoslavi). La celebrazione menzognera delle foibe cui stiamo assistendo si inquadra in una più ampia campagna di denigrazione della resistenza: la classe dominante (oggi rappresentata dal governo Renzi - Alfano ) promuove il revisionismo storico nelle scuole, nelle università, mette in piedi enormi operazioni di intossicazione e manipolazione dell’opinione e delle coscienze. Ne consegue che il principale nemico, in questa lotta, sono: l’intellettuale asservito alla manipolazione della storia, il consigliere comunale che asseconda lo sporco teatrino partecipando a questa o quella commemorazione e l’attuale governo che, in linea con i suo predecessori, promuove la celebrazione della giornata della falsità. All’operazione portata avanti dalla classe dominante, si unisce l’azione di gruppuscoli neofascisti.
Oggi si tratta di contribuire al contrasto del revisionismo storico, superando un'impostazione puramente difensiva della 'questione foibe' e dare una risposta culturale e politica determinata e documentata contro le menzogne e le falsità di forze reazionarie e revisioniste dell'area così detta “democratica”.
Si tratta, cioè, di:
- dare una prospettiva di lettura critica basata sui fatti della storia e della realtà, con particolare riferimento alle avventure coloniali e imperiali dell’Italia prefascista e fascista;
- ricordare  a  360   ovvero  ricordare  anche   quello che   è successo prima  e   ha   detterminato  le   foibe  e poi  l'esodo  ma  anche   il silenzio    rotto ad  iniziare  dal  1998   in un dibattito pubblico fra  Fini e Violanmte     che ha portato alla giornata  del 10 febbraio nel  2004   e  una commissione di studio mista   Croato -Italiana    nel 2010\11

14.3.15

dal mondo del lavoro emigrare o non emigrare ? , la schifezza del jobs act , un figlio di 7a nni che trova lavoro al padre

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Iniziamo   dalla prima storia  che non è   altro che la continuazione ,  vedere   secondo url sopra  , della precedente .  La  storia  è tratta  da  http://www.napolitan.it/

Io, precario infelice in Italia e uomo realizzato in Danimarca

di / 0 Commenti / 44 Visite / 30 gennaio, 2015


10347720_10204394092504677_4667842167136343650_nI percorsi della vita portano su tante strade; si fanno scelte e ogni volta che si sceglie si rinuncia a qualcosa, perché la vita è così.
Ma ai sogni non si è capaci di rinunciare: li vedi calpestati e umiliati, si inizia a essere arrabbiati con il mondo intero, la sfiducia che scava dentro e sentirsi impotenti, per passare i giorni a dirsi di “non mollare che tanto prima o poi qualcosa accadrà“, ma il tempo è spietato e passa, non accade nulla, tranne che vedere quello che ti spetta rubato e solo per agganci giusti, persone giuste.
E tutto il tuo tempo per imparare e che a nessuno interessa.
Emanuele ha 30 anni e un diploma in grafica pubblicitaria. Nel suo paese del profondo sud, lavora in un bar, caffè su caffè, brioches e conti da far quadrare, l’amore che “deve” aspettare, perché non si può.
Sente per caso da un cliente che in Danimarca danno un sussidio di 2mila euro ai disoccupati e pensa di aver versato troppo cognac al cliente, ma è tutto vero, invece. In appena 3 giorni lascia il lavoro, compra il biglietto aereo e dice alla sua ragazza: “Aspettami.” Ma non sarà lei ad aspettare lui; lo farà Emanuele, quando andrà a prenderla in aeroporto, perché ha deciso anche lei di provarci, con pochi soldi, ma insieme, tanto è questo che conta. Hanno lasciato il sole della loro terra e si muovono in bici sotto la pioggia, si aiutano come possono e con il loro inglese scolastico, iniziano a cercare lavoro, vanno a una scuola serale per imparare il danese e fanno piccoli lavoretti a termine.
Pochi mesi dopo, la Danimarca diventa il loro paese e tra le nuvole il sole: lui contratto a tempo indeterminato presso un’agenzia di pubblicità e lei serve cappuccini in un pub che ha il sapore del Natale perché forse Babbo Natale esiste e ha la faccia di una sirenetta che guarda il mare.
Emanuele e il suo amore hanno realizzato un sogno che ha avuto un prezzo alto, ma ci hanno fatto capire che non si può rinunciare ai sogni e che si possono realizzare: non è coraggio…è crederci.

La  seconda   da www.unionesarda.it

Niente mutuo per gli assunti col Jobs act
Il sogno svanito di una coppia di Cagliari

Niente mutuo per gli assunti col Jobs act Il sogno svanito di una coppia di Cagliari                            Acquisto di una casa col mutuo - foto simbolo

Una cronista ha chiesto 100mila euro di mutuo offrendo come garanzia il suo contratto (con le nuove norme) e quello del compagno con l'articolo 18.
«Siete sicuri di voler comprare?». L'impiegato della Bnl abbozza un sorriso: «Entrerete nel mondo delle mucche da mungere». La battuta ha sfumature minacciose. Il primo tentativo è al Banco di Sardegna. Trentatré anni lei, cinque in più lui. «Il mutuo regionale fa al caso vostro». Ma il sogno svanisce in pochi minuti. È necessario avere redditi pregressi, anzianità, e un garante. La lista infinita di documenti da produrre finisce in fondo alla borsetta. Assieme al biglietto da visita.
Quattro giorni per bussare alla porta di dieci istituti di credito - italiani, tedeschi e olandesi - danno lo stesso risultato: una giovane coppia appena assunta col Jobs act non ha speranze. A meno che non trovi qualcuno disposto a garantire i suoi sogni. In questo caso abbastanza modesti: un bivano di ottanta metri quadri alla periferia di Quartu. Valore d'acquisto 140 mila euro, cento sono da finanziare.

da   http://www.nextquotidiano.it/

 ALMAVIVA: COSA HA FATTO IL JOBS ACT AI LAVORATORI DEI CALL CENTER

La storia l’ha raccontata qualche giorno fa il Manifesto: Almaviva chiede ai sindacati di “conseguire l’indispensabile sostenibilità economica delle attività”. Tutto parte dalla commessa appena ottenuta da Almaviva, con riserva, da Wind. La compagnia telefonica concederài l via libera solo se otterrà una tariffa al minuto inferiore del 14% a quella attuale. Per raggiungerla chiede ai 1500 lavoratori interessati di fare la propria parte, altrimenti sarà il loro posto di lavoro a essere messo a rischio.
La comu­ni­ca­zione è arri­vata diret­ta­mente dall’amministratore dele­gato di Alma­viva, Andrea Anto­nelli, nell’intranet azien­dale: siamo riu­sciti a otte­nere la com­messa Wind, quindi ci tro­viamo nelle con­di­zioni di sal­vare i 1500 posti a rischio, ma c’è un “ma”. La deci­sione del colosso tele­fo­nico, che pro­prio in que­sti giorni sta defi­nendo una fusione con la con­cor­rente 3, è legata a una «riserva»: viene richie­sta una tariffa al minuto infe­riore del 14% rispetto a quella attuale, e così il gruppo di Alberto Tripi butta la palla nel campo dei sin­da­cati. Si dovrà rag­giun­gere un accordo per «con­se­guire — parole dell’ad — l’indispensabile soste­ni­bi­lità eco­no­mica delle atti­vità», altri­menti non se ne farà nulla. La dead line per chiu­dere le trat­ta­tive è fis­sata per il 31 marzo.

L’azienda vuole legare i forti sconti ai salari, insomma:
In alter­na­tiva, Alma­viva potrebbe pro­porre di dimez­zare le ore di lavoro, così come in que­sti giorni sta chie­dendo un’altra azienda, la Info­con­tact, per con­ser­vare il posto ai suoi 1590 addetti cala­bresi. O, ancora, potrebbe acce­le­rare sul pedale degli esu­beri, met­tendo comun­que alcune cuf­fiette in cassa o addi­rit­tura in mobi­lità, visto che in ogni caso già da due anni i 9 mila dipen­denti del gruppo romano stanno in soli­da­rietà al 20% (pari a circa 1800 esu­beri strutturali).
L’allarme è scat­tato in tutti quei set­tori dove si opera per appalti: le aziende al cam­bio com­messa met­te­ranno in esu­bero i vec­chi dipen­denti, e potranno assur­merne di nuovi, molto meno costosi, gra­zie agli incen­tivi messi a dispo­si­zione dal governo con la legge di sta­bi­lità. I call cen­ter sono più che espo­sti: secondo la Cgil sono 7 mila i lavo­ra­tori ad altis­simo rischio di sosti­tu­zione nei pros­simi mesi, e per il momento pur­troppo non si vede nes­suna via d’uscita. Il conto è pre­sto fatto: nella sola Alma­viva rischia di sal­tare quasi la metà delle attuali 9 mila posta­zioni. Spiega Il Manifesto:
«Con il Jobs Act magari si mol­ti­pli­che­ranno le assun­zioni, gra­zie agli incen­tivi, e il pre­mier Renzi e il mini­stro Poletti potranno van­tar­sene — riprende Azzola, della Slc Cgil — ma noi chie­diamo al governo che fine faranno gli attuali dipen­denti, rite­nuti ormai non più “com­pe­ti­tivi”. E non par­liamo di stu­denti ven­ti­cin­quenni al primo impiego: sono ope­ra­tori qua­ran­tenni con fami­glia, figli e mutui a carico».

Nel mag­gior gruppo ita­liano, che si è impe­gnato a non spo­stare lavoro all’estero, i costi dei dipen­denti infatti si sono rive­lati troppo alti rispetto ai ribassi pos­si­bili gra­zie a Jobs Act/legge di sta­bi­lità e alle delo­ca­liz­za­zioni. E, spiega oggi il Fatto, con il Jobs Act la situazione potrebbe sensibilmente…peggiorare:
Qui, entra in campo, negativamente, il Jobs Act. “Siamo di fronte a un salto di qualità” spiega al Fatto Michele Azzola, segretario dello Slc-Cgil, perché lo sgravio contributivo fino a 8000 euro l’anno, previsto dalla legge di Stabilità, costituisce un forte incentivo a costituire nuove società e a sostenere gare al ribasso con sconti fino al 30-40% in una categoria in cui l’80% dei costi è dato dal lavoro”. Nuova commessa, nuova società, sgravio contributivo e andata a casa dei vecchi impiegati. Che non sono più i giovani precari dell’immagi – nario cinematografico ma uomini e donne tra i 30-40 anni, sposati e con figli, ormai dediti a un lavoro che vorrebbero stabile. E che, invece, sembra frantumarsi.


e per  finire un altra  storia   allegra   triste  ma  allegra  contemporaneamente   che dimostra  che   nonostante il crescente razzismo o simpatie  tali   del tipo non son razzista ma ....   esistono ancora degli anticorpi  che   riescono  a tenerlo a bada

il caso

Il figlio, 7 anni, trova un lavoro al padre rimasto disoccupato

Storia di straordinaria integrazione a Conegliano, protagonisti due scolari del collegio Immacolata. Il bambino si confida con l’amico del cuore, il quale chiede aiuto alla mamma, figlia di un imprenditore


CONEGLIANO. Due bambini di sette anni, compagni di scuola in seconda elementare al Collegio Immacolata di Conegliano, Gregorio e Gideon, danno un

1.2.14

Le foibe, l’esilio, la congiura del silenzio e simone cristicchi

 approfondimenti   (    dei  miei precedenti   post  con una buona  scorta  di link  )  


Proprio mentre inizia  queste  post  mi metto a canticchiare  questa  canzone di Cristicchi  di cui   ho  preferito ,  salvare il video   con  dowloadhelper ( opzione di  mozzila  firex  fox  )  visto :   la bellezza  delle immagini  ivi  riportate   ma  soprattutto  perché  a  volte  le immagini dicono  più di mile parole 


 canzone che  sta  facendo  (   e farà discutere )   come   come potete notare  nel  video  qua sotto  



Sbaglia   certo come dicono  questi storici http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/11/Fahrenheit-CRISTICCHI.mp3  ma   almeno  ne parla   e  fa  si che  tali eventi non cadano  nel dimenticatoio  e    nei commenti    al post sul sito canzoni contro la guerra ( in cui trovate  ulteriori  link  e news per  chi volesse  approfondire  tale  argomento  )  perchè la memoria   fiera  ed indigesta   tratta  da una vicenda  vera  quella del magazzino18

Quest'anno a  differenza  degli altri anni  , invece  d'annoiarvi  con il  soliti post  nozionistici , ma  soprattutto non avendo  
nè tempo  , nè forza   per  evitare  di farmi venire le lacrime  come   gli altri anni  voglio  ricordare  tali eventi lasciando  la parola  ai sopravvissuti  o  quanto meno   nel caso degli esuli  ai discendenti  .   attraverso queste pagine  http://digilander.libero.it/lefoibe/testimonianze.htm e  gli articoli sotto 

riporto qui   degli   articoli interessanti   il  primo è     tratto da  www.televideorai.it ( ora http://www.rainews.it ) del  10\2\2013

di Paola Scaramozzino
 
“Quanto imbarazzo quando facendo delle pratiche mi chiedevano dove ero nata. A Pola rispondevo e automaticamente compariva sul computer dell’impiegato una striscia rossa che evidenziava un errore. Pola, ora si chiama Pula ed è in Croazia, fa parte delle città che alla fine della II Guerra mondiale e dopo il trattato del 1947 sono state cedute alla ex Jugoslavia. E’ come dire che io non sono più italiana”.
Così ci racconta Anna Maria Mori,foto a sinistra, giornalista, scrittrice, figlia di esuli Istriani che a questo argomento aveva dedicato già nel 1993 un documentario, ”Istria 1943-1993: cinquant'anni di solitudine” e poi “Istria, il diritto alla memoria” del 1997, entrambi trasmessi su Raiuno. Ci ospita nella sua casa, a due passi dal centro di Roma.
“Per anni ho cercato di rimuovere quella che è stata una tragedia familiare che ci ha allontanato da Pola e dal posto dove era nata mia madre , Lussinpiccolo, una località oggi della Croazia, situata sull’Isola chiamata dei Capitani perché c’era una scuola per capitani di lungo corso della marina mercantile. Mio padre non era istriano ma di Firenze, eppure si sentiva di appartenere a quel posto. Dopo l’esodo mia madre non ha fatto che piangere, non si è mai rassegnata”. E come lei chissà quanti altri profughi si sono portati nel cuore il grande dolore della perdita non solo di una casa, di un territorio , ma di un’identità. Ci sono dolori che ti invadono il cuore ma anche la testa, il corpo e così deve esser accaduto alla madre dell’autrice che racconta la storia della sua famiglia nel libro “Nata in Istria”, pubblicato nel 2006 dalla Rizzoli e uscito in questi giorni nell’ edizione tascabile Bur.
Quando si è saputo delle Foibe? “ E’ accaduto come per i campi di concentramento nazisti, all’inizio gli ebrei stessi non ne parlavano . Dopo il trattato e con l’occupazione dei 45 giorni di Trieste, i titini nelle strade urlavano con gli imbuti perché non c’erano i megafoni, “Italiani fascisti andatevene” perché per loro tutti appartenevano a quell'ideologia e non era proprio così. Poi la gente scompariva di notte. Uomini, donne, bambini. All'inizio forse non si poteva neanche immaginare che le persone venissero gettate nelle foibe. E’ stata una pulizia etnica simile a quella perpetuata nei confronti degli ebrei anche se di dimensioni diverse.




Un orrore evidente con i ritrovamenti dei poveri resti nelle fosse Carsiche. Quante persone sono state trucidate? Si può fare solo una stima, 10 mila forse. Chissà. Ad un cero punto si è capito che era in pericolo la vita di tutti e solo da Pola sono partiti in 30 mila verso l’Italia che ha accolto i profughi malissimo.

La sinistra li considerava tutti fascisti e temeva che, testimoni del regime comunista di Tito, potessero raccontare che quello non era il “Paese avanzato” che i comunisti italiani tanto declamavano. Gli esuli sono stati abbandonati e criminalizzati. La destra li ha in qualche modo difesi e allora anche coloro che non erano fascisti, alla fine lo sono diventati. Una situazione imbarazzante anche per il governo di De Gasperi che non si espresse per non rompere gli equilibri con la Jugoslavia che aveva tagliato i rapporti con l’ Unione Sovietica. Una situazione davvero complessa ”.
Istituire la Giornata del Ricordo si può considerare un risarcimento morale per gli esuli e per le vittime delle foibe?“Diciamo di sì, viene riconosciuto un fatto negato per 50 anni. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso parole durissime sul silenzio che c’è stato e che ha riguardato anche l’eccidio di Porzus, dove partigiani rossi uccisero partigiani bianchi. Fra questi Francesco de Gregori, zio e omonimo del cantautore e Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo. Diciamo che tutte le storie dell’Adriatico Orientale sono state in parte taciute”.
Che si prova a ritornare sui posti dove si è nati e cresciuti e sapere che non sono più tuoi?
“La tua Terra è un po’ come tua madre. C’è un’ appartenenza reciproca, profonda, la si sente dentro. Non è solo per il posto fisico, ma per tutto: odori, sapori, paesaggi. E poi per come sono fatte le case, i tetti a punta, l’architettura austroungarica. E c’è il mare. A Roma ci vivo da decenni , è una città bellissima, ma non è la mia. Mi sento fuori posto. Sempre”.
La Storia, le foibe: fra il 1943 e il 1947 sono fatti precipitare vivi e morti, quasi diecimila italiani.La tragedia delle foibe si svolge in due tempi. Una prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell'armistizio dell’ 8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano e poi gettano nelle foibe, le cavità carsiche profonde anche 200 metri, circa un migliaio di persone. La seconda fase che è quella più cruenta avviene nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberal democratici, socialisti, uomini di chiesa, oltre 40 sacerdoti, donne, anziani e bambini. È un massacro che testimonia l'odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947 quando viene fissato il confine fra l' Italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce.
Nel febbraio del 1947 l'Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l' Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza né dalla sinistra, né dalla destra e dallo stesso governo di De Gasperi.
I profughi
Le foto datate 1947 più che le parole possono descrivere la disperazione di uomini, donne, bambini, interi gruppi familiari e anziani costretti a lasciare quella che era la loro patria per un’altra Italia che provata dalla guerra, non desiderava altre bocche da sfamare. Al dottor Marino Micich , figlio di esuli dalmati, direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume, Segretario generale della Società di Studi Fiumani, presidente dell’Associazione per la Cultura Fiumana Istriana e dalmata nel Lazio, chiediamo se c’è stato un risarcimento per tanto dolore. “Quando si parla di vite umane non ci può essere alcun risarcimento. Il riconoscimento della “Giornata del Ricordo” il 10 febbraio di ogni anno, è stato un passo avanti notevole dopo che per 50 anni si è negata la tragedia delle foibe e degli esuli”.
fermo  immagine del video  (  riportato  sopra  )  di https://www.youtube.com/user/fronterusso 

In Campidoglio è stato firmato proprio alcuni giorni fa un protocollo d’intesa per la nascita della “Casa del Ricordo”, a via San Teodoro a Roma.

 Sì, un altro riconoscimento per tutte quelle persone che hanno dovuto lasciare, case, attività, affetti, ricordi. L’esodo che fu di 350 mila persone iniziò nel 1945 e si può affermare che si concluse negli anni ’50. Nel 1947, subito dopo la firma del trattato di Parigi, ci fu il numero più massiccio di profughi. Partivano con le loro poche cose imbarcandosi sulle navi verso l’Italia che li accolse malissimo. Erano considerati cittadini di serie B e la loro tragedia imbarazzava sia la destra che la sinistra che l’allora governo democristiano di De Gasperi. Si è preferito ignorarli per decenni. Addirittura ci furono manifestazioni ostili al passaggio dei treni dei profughi come quello avvenuto alla stazione di Bologna il 17 febbraio 1947: Un treno che trasporta un folto gruppo di esuli sbarcati il giorno precedente ad Ancona rimase bloccato per ore sui binari da una protesta dei ferrovieri bolognesi, che non permettono lo svolgimento di nessuna operazione di soccorso e di approvvigionamento, costringendo così il convoglio a proseguire per Parma dove furono poi soccorsi”.
Sono stati 109 i campi profughi sparsi in tutta Italia e per il 70% situati al Nord che hanno accolto gli esuli che con il tempo si sono integrati nel tessuto sociale. Ma la ferita del loro passato è rimasta a lungo aperta proprio perché per decenni gli è stato negato il riconoscimento della tragedia vissuta. A Roma esiste ancora oggi il villaggio Giuliano-Dalmata nato da una vecchia fabbrica dismessa nella zona dell’ Eur. “E’ il quartiere 31 della Capitale – ci dice Micich- e comprende la zona della Cecchignola e Fonte Meravigliosa. Non dobbiamo dimenticare che gli esuli non erano tutti triestini, dalmati o fiumani. Fra di loro anche calabresi e siciliani che erano andati in quelle zone per lavorare. C’è poi un numero imprecisato di persone che non rientrarono proprio in Italia ed emigrarono in America e in Australia”.
C’è stato mai un compenso economico per gli esuli?“Un minimo di 7,8 mila euro che è davvero niente se si pensa che con tutto ciò che hanno lasciato nei territori diventati poi Jugoslavi si sono pagati i debiti di guerra. Comunque con il Giorno del Ricordo è stato restituito a molti almeno la dignità e soprattutto non si è dimenticata la grande tragedia delle foibe”.
Un silenzio durato quasi 50 anni. Ne parliamo con lo storico Giovanni Sabbatucci. Un silenzio ingombrante e pesante come un macigno quello che è calato per quasi 50 anni sulle foibe e sui profughi giuliano dalmata . “I motivi sono diversi – spiega il professore Sabbatucci - il primo è psicologico: si usciva dalla sconfitta di una guerra e si volevano lasciare alle spalle tutte le tragedie legate ad essa. Si guardava avanti. Poi il momento era difficile e altre bocche da sfamare, erano 350 mila i profughi dell’Istria e della Dalmazia, non erano certo ben accette. Inoltre c’erano ragioni i ideologiche e di Governo”.
Si può dire che le Foibe imbarazzavano sia la destra che la sinistra?“Sì, se per questo anche la stessa classe dirigente democristiana con a capo De Gasperi, preferì tacere sia sulle Foibe che sui profughi considerati cittadini di serie B. I comunisti temevano da parte loro che gli esuli potessero raccontare che il territorio da dove erano fuggiti non era assolutamente il “paradiso comunista” che tanto si declamava . I neofascisti, dall’altra parte, non erano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della II Guerra mondiale nei territori istriani dato che fra il 1943 e il 1945 erano sotto l'occupazione nazista, in pratica annessi al Reich tedesco”.
“ È una ferita ancora aperta “perché è stata ignorata per molto tempo e solo da poco è iniziata l’elaborazione”, sostiene il professore Sabbatucci. L’addio dalle proprie case e dai loro paesi, la cattiva accoglienza in Patria, i rifugi nelle caserme, in baracche, in villaggi nati in campi sportivi. Stanze divise con cartoni e coperte usate come tende. Uomini e donne separati in alloggi diversi, famiglie smembrate. I profughi hanno pagato più di altri la sconfitta della guerra. Con la legge del 2004, il Parlamento italiano decreta il 10 febbraio come “La giornata del ricordo” delle vittime delle foibe.


il secondo  da    (  dove  nel  player  a destra     trovate  anche degli extra )  http://www.ilgiornaleoff.it/audio-interview/le-foibe-una-pagina-strappata-ai-libri-di-storia/



( ... ) 


Sylos Labini: in questi ultimi anni stai raccogliendo il testimone di Giorgio Gaber, porti in tournée in tutta Italia i tuoi spettacoli di teatro-canzone. In questi giorni sei in scena con Magazzino 18, uno spettacolo sulla tragedia delle Foibe che è al centro di polemiche secondo me vergognose. Che cos’è il Magazzino 18 e che cosa ti ha spinto a raccontare questa pagina tragica della storia d’Italia?
Cristicchi: Magazzino 18 è un luogo realmente esistente che si trova nel Porto Vecchio di Trieste, un hangar dove venivano messe le merci delle navi in transito; in questo magazzino n. 18 si trovano invece le masserizie degli esuli istriani, fiumani e dalmati, che all’indomani della Seconda Guerra Mondiale furono costretti ad abbandonare le loro terre. Sono oggetti di vita quotidiana – letti, armadi, cassapanche, foto, ritratti – che ci raccontano una tragedia cancellata per tanti anni dalla storia e dalla memoria, io la chiamo “una pagina strappata dai libri di storia”. Ogni oggetto racconta la storia di una famiglia, di un vissuto, di un tessuto sociale strappato e mai più ricomposto. Con questo spettacolo ho cercato di ricomporre la loro storia dimenticata e di raccontarla a chi, come me fino a pochi anni fa, non ne era assolutamente a conoscenza.
Sylos Labini: è una pagina nascosta per 50 anni dai libri di storia, una cosa vergognosa. Come ti spieghi questo dividere ancora i morti in ‘morti di serie A’ e ‘morti di serie B? È vero che hai ricevuto delle minacce perché metti in scena uno spettacolo sulle Foibe?
Cristicchi: lo spettacolo in realtà non è soltanto sulle Foibe, che sono un piccolo capitolo di una storia più complicata. Le persone che mi hanno criticato sono di estrema destra e di estrema sinistra, nessuno si è sottratto alla lapidazione di chi cerca di fare giustizia, di dare voce a chi non l’ha avuta per tanti anni; tutte queste critiche sono arrivate da persone che non hanno nemmeno avuto il buon gusto di vedere lo spettacolo, quindi mi scivolano addosso.

Sylos Labini: non capisco perché ti attacchino sia da destra che da sinistra…
Cristicchi: da sinistra perché è uno spettacolo “da fascisti”, da destra perché probabilmente avrei dovuto essere più incisivo in alcuni particolari di questa storia, quando invece il mio spettacolo vuole tendere a una pacificazione tra le parti e forse invece alcuni esponenti dell’estrema destra non cercano il dialogo. Ancora oggi, a distanza di tanti anni, non accettano alcune cose e cercano sempre lo scontro. Non ho scritto questo spettacolo con Ian Bernas per creare ulteriori scontri e offese a questa gente.
Sylos Labini: la tua è sempre stata una musica di denuncia, ho sempre i brividi quando ascolto Ti regalerò una rosa. Tornando a un tema che hai affrontato anche in un tuo spettacolo, chi sono oggi i veri pazzi della nostra società?
Cristicchi: probabilmente i veri pazzi sono i sognatori, quelli che credono che oggi si possa rifare una nuova Italia e cambiare un po’ il mondo, con una partecipazione attiva alla vita politica e sociale. I veri pazzi sono quelli che continuano a sognare e che non si lasciano soffocare da tutto quello che sta accadendo in questo momento.
Sylos Labini: che cosa pensi della protesta dei Forconi, che proprio in queste ore stanno paralizzando molte piazze per protestare contro la linea del Governo?
Cristicchi: non ho seguito bene la questione perché in questo momento sono in tournée in Croazia, posso dire che a volte sono delle valvole di sfogo difficili da gestire, ma che ci si deve aspettare… quando le persone sono soffocate a un certo punto esplodono in qualche modo. La mia paura è che questo tipo di manifestazioni possano portare a delle violenze, e quando c’è la violenza si passa sempre dalla parte del torto.
Sylos Labini: tu sei sempre rimasto OFF, anche dopo il successo hai sempre imposto una tua linea artistica e autorale precisa fregandotene del mercato ufficiale, sei perfettamente in linea con il nostro magazine. Che consiglio ti senti di dare ai giovani artisti che cominciano questa carriera e che ci leggono su ilgiornaleOFF ?
Cristicchi: il consiglio che posso dare è quello di coltivare una curiosità per il mondo senza avere delle ideologie preconcette, di affidarsi all’istinto perché molto spesso ci guida verso mete a cui non avremmo mai pensato, come è successo a me: sono passato dal fumetto alla canzone, poi dalla canzone al teatro e alla scrittura, il 4 febbraio uscirà anche il libro di Magazzino 18, con tutti i racconti che ho raccolto in questi anni. Bisogna mantenere le antenne puntate e presentarsi al grande pubblico con una maturità quasi già acquisita, non arrivare da debuttanti e sentirsi però debuttanti sempre, per tutto il proprio percorso.


l'ultimo , sempre  un altra intervista  a  Simone  Cristicchi     di http://www.lavocedinewyork.com/



C'è voluto un cantante per ridare la parola all'indicibile della nostra storia

di Elisabetta De Dominis


[3 Nov 2013 | 0 Comments | 5534 views]

Simone Cristicchi porta in scena Magazzino 18, la tragedia dell'esodo di 350 mila italiani dall'Istria e la Dalmazia. Lo abbiamo intervistato: "Mi piacerebbe arrivare in America"
La nostra origine indicibile ha trovato parola. Indicibile per noi che ne siamo stati privati, indicibile per chi ci ha scacciato e per chi ci ha accolto. Indicibile infine perché questi soggetti agenti hanno fatto di noi oggetti, merce di scambio, guadagno.Dopo 70 lunghi anni, e quante generazioni, finalmente qualcuno ha visto, ha capito, ha parlato. Un cantante, Simone Cristicchi si è fatto cantore, ha errato nel nostro èthos e ha portato in scena la tragedia dell’esodo di 350 mila italiani dell’Istria e della Dalmazia. Il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia Politeama Rossetti ha inaugurato la stagione con la produzione del Magazzino 18.Diretto da Antonio Calenda, questo ‘musical-civile’, di cui sono autori Simone Cristicchi e lo storico Jan Bernas, racconta quello che è avvenuto al confine orientale alla fine della Seconda guerra mondiale. Lo scopre uno sprovveduto archivista romano, inviato dal ministero a redigere un inventario del magazzino 18 del Porto Vecchio di Trieste, dove gli esuli, destinati ad essere accolti in angusti campi profughi in Italia o in procinto di partire per l’America, lasciavano in deposito i loro mobili e oggetti, sperando di rientrarne in possesso nel futuro. Poco a poco, rinchiuso lì dentro, percepirà lo ‘spirito delle masserizie’ che gli narrerà fatti pubblici e sofferenze private.
Ma com’è venuta a Cristicchi questa idea?
“Stavo girando per l’Italia - ci spiega Simone Cristicchi - per una ricerca sulla memoria degli anziani, che poi è diventato un libro: Mio nonno è morto in guerra (Mondadori), quando a Trieste ho incontrato Piero Del Bello, direttore dell’IRCI (Istituto regionale per la cultura istriana), e grazie a lui sono potuto entrare nel magazzino 18 inaccessibile al pubblico. Ho percepito immediatamente la grandezza di questa storia e mi ha stupito che non fosse conosciuta in Italia, che questo magazzino non fosse un museo.  Quando sono uscito, ho sentito che tutti quei mobili mi avevano parlato. Ecco, mi è stata regalata questa sedia, guardi sotto la seduta c’è il nome del proprietario: Ferdinando Biasiol e io ho promesso di raccontare. Da quel momento ho iniziato la ricerca sull’esodo insieme a Jan Bernas, che ha scritto Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani  (Ugo Mursia editore). Ho letto una trentina di testi, sono andato a parlare con tanti esuli e in Istria con i rimasti. Ho lavorato un anno e mezzo sul testo e la stesura delle canzoni. Quella che si chiama proprio Magazzino 18 è visionabile su You Tube”.
Quante pressioni politiche ha avuto?
Simone Cristicchi in una scena di "Magazzino 18"

“Ho avuto
suggerimenti da schieramenti diversi, non pressioni politiche. Fino all’ultimo giorno mi sono sentito libero di tagliare, ritoccare. Ho fatto leggere ad alcuni il testo in anteprima, non per accontentare tutti, ma per ricevere consigli. Mi pare di essere riuscito nell’intento: è un testo equilibrato che dà voce all’emotività della memoria. Avevo già fatto quattro spettacoli teatrali, ma non mi era mai capitato di interpretare personaggi in maniera così viscerale, forse perché il teatro italiano è un teatro di parola. Per me è stato un onore poter lavorare con una persona di sensibilità come il regista Antonio Calenda che ha ideato questo nuova forma di teatro: il musical mescolato al teatro civile. Vorrei utilizzare questo format per altre storie”.
E’ vero che questo spettacolo è stato rifiutato dai più grandi teatri di prosa italiani: da Milano a Torino, da Firenze a Napoli…?
“Sì, temevano che fosse un testo fascista, poi quando hanno saputo che la rappresentazione è imparziale e di grande impatto emotivo, hanno capito che vuole superare i conflitti. Mi piacerebbe portarla in giro per l’Italia anche l’anno prossimo. Magari arrivare in America… Intanto a dicembre sarò in Istria (Croazia). Vorrei ascoltare e dare più spazio anche ad altre storie, quelle dei rimasti.  Un giorno a Montona d’Istria ho visto alla finestra una signora anziana e ancora bellissima. Ha sentito che parlavo l’italiano e mi ha chiesto: “Siete dei nostri?” Mi sono avvicinato e le ho fatto delle domande: si è chiusa nel silenzio e le sono venute le lacrime agli occhi”.
I vecchi di là hanno ancora paura. Come se ci fosse ancora il comunismo che si serviva dei delatori per prelevare e infoibare anche i civili, anche i vecchi, le donne, i bambini. Ora ci sono moltissimi italiani in Croazia, allora sembrava non ne fosse rimasto neppure uno. Certo qualcuno si è mimetizzato: è rimasto nella sua terra rinnegando la sua origine. Soprattutto gli anziani non ce la facevano a lasciare la loro vita: sono morti pochi anni dopo di inedia, di stenti, di dispiacere. Eppure dal 1991, con l’indipendenza, in Croazia l’Italia s’è desta. Nei cuori o nelle tasche dei rimasti? Per 9 milioni di euro l’anno si può dire di essere pure italiani…Si può andare indietro negli anni e cercare di capire come tutto questo odio etnico sia iniziato. L’Austria è stata la grande responsabile della nascita dell’odio razziale per paura dell’autodeterminazione dei popoli dell’impero. Ha fatto la riforma agraria, ha dato le terre a slavi importati sulle coste dall’interno, poi – curiosamente - si è dissolta per mano slava. L’Italia è stata trascinata nella Prima guerra mondiale con la promessa di annettersi le italianissime Istria e Dalmazia. Ha vinto ma non ha saputo negoziare quanto le spettava. Il nuovo regno di Serbi, Croati e Sloveni si è preso quasi tutto, a parte un po’ d’Istria e Zara, ha chiuso le scuole italiane, ha fatto la riforma agraria e ha depauperato i proprietari terrieri. I fascisti in Italia hanno iniziato a italianizzare i nomi della minoranza slava e a privarla delle terre che coltivava. Ma questo non può giustificare le foibe del secondo dopoguerra. Nel frattempo i croati e sloveni hanno scoperto di pagare tasse doppie rispetto ai serbi. Vi risparmio la storia complicatissima del regno di Jugoslavia, dove tutti erano contro tutti armati… Arriviamo verso la fine della Seconda guerra mondiale. E’ l’estate del ’41: gli ustascia, fascisti croati, hanno un grande campo di concentramento a Jasenovac , a sud est di Zagabria, un altro sull’isola di Pago dove fanno esecuzioni di massa per tutta l’estate. Ma oggi sloveni e croati ricordano solo quello di Arbe (Rab), allestito nel ’42 dagli italiani in riva al mare, che era un campo di raccolta di famiglie di partigiani sloveni e di ebrei. Purtroppo avvenne un’esondazione e parecchi detenuti morirono: erano denutriti, malati e non sapevano nuotare. Cristicchi ha portato in scena una bambina che legge una lettera e dice che gli italiani non le davano da mangiare. Nessuno gli ha detto che morivano di fame anche i civili: non c’era da mangiare sull’isola nel ’42. E come si può scordare il campo di concentramento comunista di Goli Otok dove, dopo la guerra, finivano tutti prigionieri politici ai lavori forzati?Ognuno può raccontare la sua storia come vuole, come gli piace apparire, ma la verità è una sola: l’odio etnico è stato solo un comodo movente, quello che ha mosso ad uccidere e depredare  - a guerra finita -  però è stato l’odio di classe. E’ stata la grande occasione di diventare ricchi e sistemarsi senza fatica. Migliaia di persone sono state trucidate e infoibate per impadronirsi delle loro proprietà. Anche l’ultima guerra, che ha portato alla dissoluzione della Jugoslavia, è stata solo una guerra economica, perché Belgrado gestiva la ricchezza di tutta la federazione.Le colpe sono da ambo le parti, vuole dire questo spettacolo, certo, ma la reazione comunista slava non è stata proporzionata all’offesa fascista italiana. Calenda ha detto che bisogna superare. Sono d’accordo. Ma finora questo è stato chiesto solo agli esuli dell’Istria e ai profughi dalla Dalmazia, quest’ultimi non hanno neppure un magazzino 18 perché sono scappati con i soli vestiti che avevano addosso… Però il sindaco di Arbe qualche anno fa mi disse che ha un magazzino colmo di bei mobili antichi e che vorrebbe fare un museo. Lì andarono per le spicce: impiccarono indifferentemente i possidenti italiani e croati ai pali della luce lungo il porto e saccheggiarono le loro case.Eppure la vergogna di chi ha agito è diventata la vergogna di chi ha subito, a cui è stata ascritta la colpa di aver lasciato la propria terra, non perché in quella terra si moriva, ma perché erano fascisti. Non per salvare la propria cultura, la propria etica, i propri valori, ma perché indegni di vivere in una terra liberata da veri comunisti, che avrebbero fatto una società socialmente giusta. Si è visto. Ancora oggi in Croazia l’ufficio delle confische discrimina se sei di origine italiana o croata, salvo poi non restituirti niente neppure se sei croato perché lì – stranamente - il possesso equivale alla proprietà. Li abbiamo accolti in Europa prima di assicurarci che rispettassero le norme comuni, che ci fosse certezza del diritto.Cristicchi in questo spettacolo è stato esule, ha sentito dentro di sé la sofferenza e l’ha fatta emergere in un racconto accorato ed empatico. Ha legato il suo pubblico con il pathos e il logos, emozione e parola, e - come dicevo all’inizio - ha attraversato il nostro èthos. Che ha un significato più profondo della parola ‘etica’ come regola di comportamento, la quale ne è solo una conseguenza. Nell’antica Grecia significava dimora, patria, terra dell’uomo, il posto da vivere dove tornare dopo aver conosciuto se stesso. Un’esperienza spirituale indicibile che conduceva alla consapevolezza. Un arrivo che era un ritorno nella terra dei padri, le cui norme di vita erano la tua etica e la tua casa, dovunque fossi.Gli esuli e i profughi fisicamente non sono tornati, ma il loro èthos l’hanno portato con sé e non tornerà se non saranno riaccolti.Casa, patria è dove sei accolto. Altri costumi e abitudini di vita albergano di là. La consapevolezza dell’esodo è ancora indicibile, non perché non sia stata narrata da Cristicchi, ma perché a noi non è dato tornare: rappresentiamo la colpa vivente di una grande ingiustizia che essi vogliono dimenticare di aver commesso. Basterebbe aprire le braccia, ma temono la forza del nostro èthos.




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