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2.10.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n° LI : ECCO COSA FARE SE ENTRI IN CONTATTO CON L’AGGRESSORE METODI RAZIONALI ED ISTINTIVI

   Leggi anche  Da settimane non facciamo che ripetervi che l’obiettivo, nel caso in cui siate vittime di un’aggressione, non è comba!ere, [ a meno  chje  non sia  costretto a  farlo ]  , ma liberarsi e scappare. Nel caso in cui però non possiate fare altrimenti e dobbiate entrare in contatto con un aggressore, è fondamentale tenere a mente alcuni concetti. Puntate sempre a zone sensibili come occhi, naso, gola, inguine e ginocchia. Usate un tono di voce forte: urlare può spaventare l’aggressore e attirare l’a!enzione di altre persone, che potrebbero darvi aiuto. Per difendervi usate quello che avete: borsa, chiavi, ombrello o uno spray legale.Se arrivate al conta!o, potete dare un colpo al naso con il palmo: spingete il palmo verso l’alto contro il naso.Provocherà un dolore immediato alla persona e vi darà la possibilità di scappare. Ancora, colpite l’inguine con il ginocchio: se l’aggressore vi è vicino, afferrategli le spalle o la testa e colpite con forza l’inguine. Avrete la possibilità di scappare. Anche un calcio secco al ginocvchio o allo stinco è semplice da eseguire: può far perdere equilibrio e perme!ervi di allontanarvi. A volete può essere prezioso liberarvi da una presa al polso


non tirate “contro” la forza, ma ruotate il polso verso il punto più debole della presa (tra pollice e indice) e tirate indietro. Guadagnerete secondi per scappare. In#ne, spingete con le mani il petto o il volto dell’aggressore. Sarà utile per creare distanza e guadagnare tempo prezioso per la fuga. Oltre alla fiicità, anche l’aspe!o verbale ha la sua importanza. Urlate comandi brevi e forti. Parole come “Lasciami!” e “Aiuto!” possono fare la differenza: rinforzano la vostra detterminazione e possono spaventare l’aggressore, ancora una volta perme!endovi di allontanarvi. Perché, non lo ripeteremo mai abbastanza, la vera vittoria è la fuga.


Vero quello  che   dice   Antonio bianco esperto antigressione  . Ma    possono esserci     dei casi  in  cui   l'aggressore   può  reagire  ai tuoi tentsativi  di difesa     no violenti  . Infatti   ci sono  casi  in cui   urlare peggiora la situazione con un aggressore, è fondamentale adottare strategie più efficaci e sicure. Ecco alcune indicazioni basate su approcci psicologici e comportamentali   : oltre  a  quest  articolo  « Scappare dal vortice di una persona aggressiva: 5 strategie efficaci » di  https://studiolegalelavorospoltore.it/psicologia/ ecco   altri 8  punti  

 1. Non reagire con la stessa intensità

  • Evita di alzare la voce o rispondere con rabbia.

  • Mantenere un tono calmo e controllato può disinnescare l’escalation.

 2. Adotta una postura assertiva, non provocatoria

  • Stai dritto, ma non minaccioso.

  • Evita gesti bruschi o invadenti.

 3. Usa frasi brevi e chiare

  • Comunica con fermezza: “Non voglio litigare”, “Mi allontano ora”.

  • Evita spiegazioni lunghe che possono alimentare la tensione.

 4. Allontanati se possibile

  • Se sei in uno spazio pubblico o hai una via di fuga, usala.

  • Non restare in un luogo chiuso con una persona che mostra segni di aggressività crescente.

5. Non cercare di “ragionare” nel momento di furia

  • Quando una persona è sopraffatta dall’emotività, la logica non funziona.

  • Rimanda ogni discussione a un momento più tranquillo.

 6. Riconosci i tuoi diritti

  • Hai il diritto di proteggerti e di non subire violenza verbale o fisica.

  • La consapevolezza dei propri limiti è un primo passo verso la difesa.

 7. Cambia atteggiamento: da reattivo a proattivo

  • Preparati mentalmente a riconoscere i segnali di escalation.Impara a dire “no” con calma e decisione, senza entrare nel gioco dell’aggressività.

8.  ultima  ratio  Difenditi     con  le techiche    di aerti marziali  (  quelle  citate  sopra     e nelle puntate precedenti  ) 






13.6.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto antiviolenza antonio bianco . puntata n XXX : NON SI PUÒ CIRCOLARE CON UN TASER NELLA BORSETTA! + autodifesa verbale

legale   o  illegale   come  strumento  di  autodifesa  (  per  chi vuole   approfondire   l'argomento   consiglio  questo  articolo   : « Taser: quando l'utilizzo è legale »  di  https://www.studiocataldi.it/ ) cìè  di  certo     che      come  dice l’esperto anti aggressione Antonio Bianco nel   Manuale di autodifesa  del settimanale   giallo 

  

In  Italia il taser non può essere portato con sé liberamente, a meno che non si sia in possesso di un porto d’armi che sia valido per la difesa personale. Si tratta di un’arma propria, vale a dire di un ogge$o il cui scopo principale è l’offesa alla persona, proprio come le armi da fuoco o altri strumenti la cui natura e realizzazione le rendono destinate a essere utilizzate per ferire. Questo, in parole povere, signifca che nessuno può passeggiare liberamente con un taser in tasca o nella borsetta, nemmeno per difendersi da potenzianli aggressori. Anche se si è in possesso di un porto d’armi, il taser non può essere portato con sé nemmeno per il semplice trasporto, come nel caso in cui ci si debba spostare da casa propria a un’armeria o viceversa. Occorre un porto d’armi specifico per difesa personale. Questo significa che lasua custodia e il suo trasporto sono regolamentati dalla legge sulle armi. Il porto d’armi, per fare chiarezza, è una licenza che permese di detenere e utilizzare armi da fuoco, ma non è sufficiente per il taser. In questo caso, è necessario un permesso specifico che ne autorizzi il trasporto e l’uso, come il porto d’armi per difesa personale. Lo possono usare invece le forze di polizia e i carabinieri, che sono autorizzati a portarlo con sé per l’esercizio delle loro funzioni, per respingere una violenza o vincere una resistenza, sempre nel rispetto della proporzione rispetto al pericolo. Ma perché tutte queste atteenzioni? Perché l’uso improprio del taser potrebbe causare danni collaterali che possono nuocere gravemente a chi viene colpito: per esempio l’impatto col suolo a seguito della scarica oppure il possibile aggravarsi di pregresse patologie cardiache. Come per tutte le armi, sono necessari una conoscenza profonda, una formazione e un addestramento specifici prima di poterle utilizzare. Gli effetti della scarica elettrica che deriva dal taser comprendono stordimento, confusione e un effetto paralizzante della durata di alcuni secondi: il tempo necessario per immobilizzare un sogge$o o fuggire da un’aggressione. Essendo studiato per sortire effetti temporanei e non permanenti, il taser viene quindi annoverato tra le armi non letali.Aggiungo,insieme  ai link  sotto    per  chi  volesse  approfondire l'argomento,  ai  consigli di bianco   un altra    forma  di   prevenzione   o  d'autodifesa  conro la   violenza  di genere   \  femminicidio    è  l'autodifesa  verbale   ovvero  l'arte di gestire gli attacchi verbali, le provocazioni e le situazioni conflittuali attraverso l'uso consapevole delle parole, del tono di voce e del linguaggio del corpo, senza ricorrere alla violenza fisica. L'obiettivo è proteggere la propria integrità emotiva e la propria autostima,mantenendo la calma e, se possibile, preservando la relazione.  Infatti   è difficile credere che non sia capitato a quasi tutti di ricevere un’aggressione verbale, e non concordare sul fatto che si tratti comunque di un atto di violenza.

 Imparare le strategie di autodifesa verbale è fondamentale perché le parole hanno un peso specifico e la loro forza non si imprime nella carne ma insiste, attraverso la sua eco, sull’aspetto emotivo delle persone, scavandoci lentamente un solco ampio. Un processo da cui sembra arduo sfuggire e opporsi, anche se in realtà ci sono dei metodi per sottrarsi a questo con efficacia. Dobbiamo imparare a difenderci da scomode situazioni, proprio per evitare che l’erosione psicologica porti a termine la sua funzione distruttiva che puà portare  ad  accettare  violenze  fisiche    o ei casi più  gravi   al femminicidio o suicidio    . E per iniziare si parte dall’allenamento all’autodifesa verbale. I sistemi per attivarla non sono difficili da adottare ma richiedono pratica: qui ne snoccioliamo alcuni per prendere confidenza col metodo ed evitare di sentirsi intimiditi.  



per  chi  ha  fretta    un video  sintetico  ma  efficace  



Ecco i principi  Chiave:


  • Rimanere Calmi e Lucidi: La reazione istintiva spesso è controproducente. Mantenere la calma è fondamentale per non farsi travolgere dalle emozioni e per poter pensare lucidamente a una risposta efficace. Tecniche come la respirazione profonda possono aiutare.
  • Non Farsi Trascinare: Evita di cadere nella trappola dell'aggressore, che spesso cerca di provocare una reazione rabbiosa o spaventata. Non rispondere con insulti o aggressioni a tua volta.
  • Empatia (ove possibile): Cerca di comprendere il punto di vista dell'altra persona, anche se non lo condividi. Mostrare empatia può diminuire la tensione e aprire la strada a una soluzione.
  • Consapevolezza e Autostima: Riconosci il tuo valore e non lasciare che le parole altrui minino la tua autostima. La consapevolezza di avere gli strumenti per reagire ti rende più forte.
  • "Morbido vince sul duro" (Verbal Jiu Jitsu): Ispirandosi alle arti marziali, questo principio suggerisce di deflettere e assorbire i "colpi" verbali, mantenendo il proprio equilibrio, anziché opporre resistenza diretta che potrebbe alimentare il conflitto.

e le  Tecniche di Autodifesa Verbale:


  • Ignorare o Non Rispondere alle Provocazioni: A volte, la strategia più efficace è non dare peso all'attacco, non alimentando così l'aggressore e facendolo sentire insignificante.
  • Il "No" e la Consapevolezza: Impara a dire "no" in modo fermo e risoluto quando una situazione non ti agrada o ti senti a disagio. Sii consapevole del contesto e valuta se è opportuno partecipare a un dialogo o meno.
  • Porre Confini Chiari: Stabilisci i tuoi limiti e comunicali. Ad esempio, puoi dire "Non accetto che tu mi parli in questo modo" o "Se continui a urlare, interrompo la conversazione."
  • Ascolto Attivo e Parafrasi: Ascolta attentamente ciò che l'altra persona sta dicendo e poi ripeti con calma le sue parole per dimostrare che hai capito. Questo può disarmare l'aggressore e costringerlo a rallentare. Ad esempio: "Quindi mi stai dicendo che pensi che ho sbagliato in questo punto. Puoi spiegarmi meglio?"
  • Domande Aperte: Fai domande che richiedono una risposta più elaborata di un semplice "sì" o "no". Questo può deviare l'attenzione dall'aggressività e spingere l'altra persona a riflettere.
  • Distrazione e Ridefinizione: Puoi provare a distrarre l'aggressore cambiando argomento o riformulando la situazione in un modo più neutro o positivo.
  • Il Complimento Imprevisto: Inaspettatamente, fai un complimento all'aggressore dopo un commento inopportuno. Questo può spiazzarlo e interrompere il flusso dell'aggressione.
  • Disarmare con l'Accordo (parziale): Invece di negare in blocco, puoi concordare con una parte della critica, anche minima, per poi reindirizzare la conversazione. Ad esempio: "Capisco che tu possa sentirti frustrato, ma il modo in cui me lo stai dicendo non mi aiuta a capire."
  • Umorismo (con cautela): L'uso dell'umorismo può stemperare la tensione, ma va usato con attenzione per non sembrare sarcastico o minimizzare la situazione.
  • Prendere Distanza: Se la situazione diventa insostenibile o potenzialmente pericolosa, allontanarsi è la scelta più sicura.
  • Documentare gli Episodi: Nel caso in cui la violenza verbale persista,e  rischia o  arriva  alla  violenza  fisica  tenere traccia degli episodi può essere utile per eventuali conseguenze legali o per dimostrare i modelli di comportamento dell'aggressore.
  • Cercare Supporto: Non affrontare l'abuso verbale da solo. Parlane con amici fidati, familiari o professionisti (psicologi o psicoterapeuti). Il supporto emotivo è fondamentale.
  • Considerare le Vie Legali: In caso di minacce o intimidazioni gravi, o se l'abuso verbale integra un reato (come la diffamazione o le minacce), è possibile sporgere denuncia alle autorità.

                                 per  approffondire  


8.6.25

diario di bordo n126 bis anno III .Papa Leone XIV: "Penso con dolore ai femminicidi, la volontà di dominare sfocia in violenza"., Trova una bottiglia su una spiaggia, all'interno delle ceneri e un messaggio commovente: «È mia madre. Rilanciala in mare, sta girando il mondo»-. «Un uomo mi è caduto addosso mentre ero per negozi e sono rimasta paralizzata. È stato un trauma, ma così sono rinata»

  dal mio cazzeggio su msn.it  

Neppure   il  pontefice  è uno specialistra  eppure  parla  di  femminicidi 


"Lo Spirito trasforma anche quei pericoli più nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i pregiudizi, le strumentalizzazioni", ha detto Papa Leone XIV nella messa di Pentecoste in Piazza San Pietro. "Penso anche - con molto dolore - a quando una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull'altro, un atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi e recenti casi di femminicidio", ha aggiunto il Pontefice.
"Abbattere i muri di odio, basi di nazionalismi e guerre" "Lo Spirito infrange le frontiere e abbatte i muri
dell'indifferenza e dell'odio", e "dove c'è l'amore non c'è spazio per i pregiudizi, per le distanze di sicurezza che ci allontanano dal prossimo, per la logica dell'esclusione che vediamo emergere purtroppo anche nei nazionalismi politici", ha detto ancora il Santo Padre. "E di tutto questo sono tragico segno le guerre che agitano il nostro pianeta", ha proseguito. "Lo Spirito apre le frontiere anche tra i popoli", ha spiegato Prevost nell'omelia: "Le differenze, quando il Soffio divino unisce i nostri cuori e ci fa vedere nell'altro il volto di un fratello, non diventano occasione di divisione e di conflitto, ma un patrimonio comune da cui tutti possiamo attingere, e che ci mette tutti in cammino, insieme, nella fraternità". "Invochiamo lo Spirito dell'amore e della pace, perché apra le frontiere, abbatta i muri, dissolva l'odio e ci aiuti a vivere da figli dell'unico Padre che è nei cieli".
"Viviamo connessi ma incapaci di 'fare rete .È triste osservare come in un mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di 'fare rete', sempre immersi nella folla restando però viaggiatori spaesati e solitari", ha sottolineato il Papa. "Lo Spirito di Dio, ha evidenziato ancora - ci fa scoprire un nuovo modo di vedere e vivere la vita: ci apre all'incontro con noi stessi oltre le maschere che indossiamo; ci conduce all'incontro con il Signore educandoci a fare esperienza della sua gioia; ci convince - secondo le stesse parole di Gesù appena proclamate - che solo se rimaniamo nell'amore riceviamo anche la forza di osservare la sua Parola e quindi di esserne trasformati. Apre le frontiere dentro di noi, perché la nostra vita diventi uno spazio ospitale".La vera Chiesa è uno spazio accogliente e ospitale verso tutti" "Lo Spirito allarga le frontiere dei nostri rapporti con gli altri e ci apre alla gioia della fraternità. E questo è un criterio decisivo anche per la Chiesa: siamo davvero la Chiesa del Risorto e i discepoli della Pentecoste soltanto se tra di noi non ci sono né frontiere e né divisioni, se nella Chiesa sappiamo dialogare e accoglierci reciprocamente integrando le nostre diversità, se come Chiesa diventiamo uno spazio accogliente e ospitale verso tutti", ha concluso il Pontefice.

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Trova una bottiglia su una spiaggia, all'interno delle ceneri e un messaggio commovente: «È mia madre. Rilanciala in mare, sta girando il mondo»


«Volevo che finalmente potesse viaggiare, perché non ci è riuscita prima di morire». Dopo la morte della madre la 24enne Cara Melia ha voluto che la donna potesse essere in giro per il mondo, per sempre. Ha così deciso di riempire una bottiglia con le sue ceneri da lanciare nell'oceano. Prima di separarsene, però, si è assicurata che il sogno del genitore non venisse interrotto. E così ha inserito un biglietto nella
bottiglia per tutti coloro che avrebbero potuto trovare l'oggetto sul bagnasciuga spinto dalla corrente.
Wendy Chadwick, 51 anni, è morta per un problema cardiaco. Madre di cinque figli non ha mai avuto la possibilità di viaggiare. «Per molto tempo si è presa cura del suo defunto fratello e della madre», ha raccontato Melia a “Manchester Evening News”. Chadwick amava il mare e sua figlia inizialmente ha pensato di spargere le sue ceneri sulla spiaggia a Skegness, una cittadina inglese lungo la costa del Mare del Nord. «Ma la mia migliore amica ha avuto l'idea della bottiglia da gettare in mare», ha detto. «Ho scritto il biglietto perché volevo che finalmente potesse viaggiare senza impedimenti».
«Questa è mia madre. Rilanciala in mare, sta girando il mondo. Grazie, Cara», sono le parole che la 24enne ha inserito insieme alle ceneri della madre.
Il post su Facebook
Melia ha dato l'ultimo saluto alla madre il 3 giugno 2025, ma solo 12 ore dopo la bottiglia è stata ritrovata da Kerry Sheridan che si trovava su una spiaggia di Skegness. Il post su Facebook ha reso il ritrovamento subito virale. «Potete tutti, per favore, condividere questo messaggio in lungo e in largo nella speranza che trovi Cara», ha scritto Kerry allegando una foto della bottiglia, del biglietto all'interno e un video mentre un bambino la rilancia in acqua.



«L'abbiamo trovata questa mattina», si legge. «È stata ributtata in mare come richiesto. Buon viaggio, mamma di Cara». Il post di Sheridan è stato condiviso da tantissime persone, fino a raggiungere anche la 24enne.


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«Un uomo mi è caduto addosso mentre ero per negozi e sono rimasta paralizzata. È stato un trauma, ma così sono rinata»





La 29enne Grace Spence Green non ricorda niente di quell'incidente che le ha cambiato la vita. Quando si è alzata la mattina del 17 ottobre del 2019 era serena e aveva deciso di approfittare del giorno di riposo dall'università – studiava medicina – per andare al centro commerciale. Ma la sera si è risvegliata in ospedale, paralizzata. Dopo aver fatto shopping stava camminando lungo l'atrio del centro commerciale per raggiungere la stazione ferroviaria che l'avrebbe riportato a casa. Ma un uomo è caduto
dal terzo piano, precipitandole addosso. «Dopo l'incidente, ho sentito come se la mia vita fosse improvvisamente diventata molto piccola e le cose che da quel momento avrei potuto fare potessero entrare tutte in una scatola molto piccola». Poi, però, l'esperienza traumatica l'ha fatta rinascere.
La storia
Un uomo è precipitato dal terzo piano di un centro commerciale cadendo addosso a Grace, allora 22enne, che da allora vive su una sedia a rotelle. Dell'incidente non ricorda quasi niente, se non di essersi svegliata sul pavimento senza più sentire le gambe. «Ricordo di aver pianto, forse urlato», ha raccontato a The Mirror. L'impatto le ha spezzato la spina dorsale, lasciandola paralizzata dal petto in giù. Improvvisamente, la specializzanda in medicina era diventata una paziente. Ha trascorso due settimane in ospedale, le hanno impiantato del titanio nella colonna vertebrale per tenere a posto le vertebre frantumate. Dopo giorni di anestetici, ha trovato la forza di reagire scrivendo e nel corso del tempo ha visto come i suoi sentimenti sono cambiati giorno dopo giorno. Alla fine non riusciva più a riconoscere la Grace delle prime pagine: «Mi dispiaceva molto per questa ragazza. Le pagine erano piene di rabbia o confusione. Sembravo una persona davvero persa, come effettivamente ero all'inizio. Ma ho dovuto attraversare tutto questo per uscirne».


La rinascita
Lentamente Grace ha iniziato ad accettare la sua condizione. Si è concentrata sulle cose positive che poteva trarre da quello che le era capitato. Grazie alla sua determinazione è tornata a medicina 10 mesi dopo l'infortunio e nel 2021 si è laureata e ha iniziato a lavorare in un ospedale londinese. Ha preferito non rivivere all'infinito il giorno del suo infortunio, né rimuginare sull'uomo che l'ha ferita e non ha mai provato rabbia o rancore nei suoi confronti.
Invece di soffermarsi sul passato, è molto più interessata a concentrarsi sul futuro e a sostenere le persone disabili. Ha scritto un libro sulla sua storia: «Non vorrei mai cambiare la persona che sono ora. Ma, condividendo la mia esperienza e mostrando la mia vulnerabilità, spero che le persone siano più aperte all'ascolto e all'apprendimento. Mi sembra il modo in cui posso fare la differenza. Le persone disabili meritano di più».

28.5.25

“L’ho uccisa perché mi aveva lasciato e non voleva tornare con me”. Ha confessato Alessio Tucci, 19 anni, il femminicida di Martina Carbonaro, anni 14.

  riprendo  il  discorso   fatto   nel  precedente post   martina Carbonaro uccisa a 14 anni dall'ex . s'abbasa,l'età delle vittime e dei carnefici dei femminicidi

Lo ha fatto con queste esatte parole. Sempre le stesse usate da chi ha commesso tale reato.Come il copione macabro di ogni femminicidio.Quel senso di possesso malato e tossico che ritorna sempre identico. E che ogni volta

rifiutiamo di vedere, di sentire, di capire.  Qualcuno   dira  Alessio Tucci non è un mostro  ha  avuto  un raptus  .No, troppo comodo, troppo facile. Alessio Tucci è un figlio sano del patriarcato amzi meglio  di    quella  cultura  (  ?  ) latente     in  tutti   noi  controllata o  estremizzata 

   che considera la donna - in questo caso poco più che una bambina una “cosa propria”, di cui disporre a piacimento.E, se non la può avere, la cancella fisicamente e psicologicamente , la sopprime, la uccide, perché nessuno all'infuori di lui possa “averla”.

  • Maschi fragili, incapaci di amare, incapaci di accettare, incapaci di concepire il rifiuto, di leggere un’emozione.
  • Ragazzi che non sono stati educati, ma solo viziati. A cui non sono stati dati dei limiti. o  non   si. riusciti  a  darli
  • Cresciuti soprattutto le  ultime due  generazioni   anni 90\2000   dai : social  , dagli amici , dalla  rete  
  • Figli di una famiglia assente da cui le hanno vinte tutte.
  • Figli di una società ipocrita  educazione sentimentale = gender ignorante e senza valori    e spirito critico .

Da qui :

  1. Possiamo passare anni a inasprire le pene, a invocare ergastoli, a pretendere “chiavi buttate” e “punizioni esemplari”. Non lo perdonerò mai . , ecc 
  2. Possiamo pertire da questa frase, spaventosa nella sua banalità del male, sull’educazione sessuo-affettiva, sul possesso, sull'alfabetizzazione emotiva dei maschi.
  3. Sul recupero di persone lasciate sole e senza regole.
  4. Possiamo provare ad agire direttamente sulle famiglie "educandoli" all'educazione.
  5. Oppure Martina resterà solo un nome e un numero nella contabilità dell’orrore.

Questo è Non c’è altra via  , le  leggi da sole  non  bastano    siamo davanti ad in emergenza educativa . Cosa dobbiamo fare, scusate ul cinismo , che fra le vittime di femminicidio ci sia un familiare di qualche pro vita  o di qualche pilitico di alto livello istituzionale ?

19.4.25

Manfredi Mangione, 17enne sfigurato per difendere un coetaneo: «Mi hanno distrutto il volto, ma non chiamatemi eroe»

 la  storia  sotto   conferma   il  primo  articolo   del  diario  di Bordo    n   116    anno III  . violenza nel mondo del calcio giovanile.,il nuovo  antisemtismo "Israeliani nazi": vandalizzato il murale con Liliana Segre

Manfredi Mangione, 17enne sfigurato per difendere un coetaneo: «Mi hanno distrutto il volto, ma non chiamatemi eroe»




Roma, il 17enne: «Le scuse? Non ci tengo, c’è la cultura di chi picchia di più»

Ti vuoi presentare tu? 
«Mi chiamo Manfredi Mangione, ho 17 anni, e frequento il quarto anno del liceo scientifico internazionale a Roma. L’otto marzo…». 

Festa della Donna. Era un sabato. 
«Poco dopo mezzanotte sono uscito da un locale e stavo passando con due amici per piazza Mancini». 

Per chi non conosce bene Roma, si tratta del piazzale di fronte allo stadio Olimpico, dalla parte opposta del Tevere. 
«Ero vicino alla fermata degli autobus, quando vedo tre ragazzi grandi che ne picchiano un quarto della mia età. Uno dei tre si limitava a dargli qualche spintone, ma gli altri due ci andavano giù pesante. Calci e cazzotti, cazzotti e calci. Lui cercava di muoversi all’indietro, ma dietro c’era il muro. Era circondato e senza vie di uscita». 

Lo conoscevi? 
«Di vista. Non era un mio amico. Perché lo stavano menando l’ho poi saputo dopo. Aveva guardato una ragazza che stava con loro. O loro ne avevano guardata una che stava con lui, non so. Cavolate da discoteca». 

Sul momento che cosa hai pensato? 
«Quando ho visto che aveva del sangue in faccia, non ho pensato più niente. Ho cominciato a correre verso di loro. Volevo separarli. Aiutarlo. Ma non ho attaccato briga con nessuno: non è nel mio carattere e poi sarebbe stato stupido, erano troppo grossi per me. Ho soltanto detto: Ragazzi, calma». 

E loro? 
«Avevo ancora la bocca aperta su quel “calma” quando ho sentito una frustata alla mandibola. Uno dei tre mi aveva colpito da dietro con un cazzotto. Non avendo visto partire il pugno, non ho potuto indurire la mascella e fare resistenza. Il colpo da dietro è proprio un’infamata». 

Sei caduto? 
«No, e non ho neanche perso i sensi. Pensavo di essere dentro un sogno e che a un certo punto mi sarei svegliato. Sentivo scricchiolare tutta la bocca. Ero sicuro che mi fossero saltati un bel po’ di denti. Poi ho cominciato a barcollare e a sputare sangue. Gli amici mi hanno raggiunto e i picchiatori si sono allontanati, così il ragazzo più piccolo è riuscito a scappare». 

Ti sembravano sotto l’effetto di qualche droga? 
«Di sicuro avevano bevuto e fumato erba. Un bell’intruglio». 

Che cos’hai fatto a quel punto? 
«Ho chiamato papà e appena tornato a casa me lo sono trovato sul mio letto. Gli ho detto che avevo solo preso una brutta botta. Parlavo poco per non fargli vedere che perdevo ancora sangue dalla bocca. Intanto però il male aumentava, sentivo la mascella che “scalava” dentro le guance: impressionante. Mi sono messo del ghiaccio e mi sono addormentato: è stata l’ultima notte in cui sono riuscito a farlo». 

APPROFONDISCI CON IL PODCAST

E al mattino? 
«Mi sono risvegliato col cuscino sporco di sangue. Ho detto ai miei: forse dobbiamo andare in ospedale. Al pronto soccorso siamo stati sei ore in sala d’attesa e ho avuto il tempo di raccontargli tutto. Poi è arrivato il responso della Tac. Il medico mi ha chiesto: “Senti qualcosa sotto il mento?” Mi tocco e mi accorgo di non sentire più niente. Rompendomi la mascella, quel pugno mi ha spappolato il nervo che comanda la sensibilità del labbro inferiore fino al mento. Non sento più né il caldo né il freddo. Pensa che ho provato a mangiare un gelato e mi sono sbrodolato come un bambino». 

Ti hanno operato? 
«Tre giorni dopo, al Gemelli. Viti e placche dappertutto. E lì ho smesso definitivamente di dormire. Ho capito che la forza dell’essere umano sta tutta nel morso. Senza la possibilità di mordere ti senti impotente. Sei come un cane con la museruola». 

Riesci a mangiare? 
«Solo vellutate e purè. Mi sogno un piatto di pasta anche da sveglio». 

Oltre al dolore e alla fame, cos’altro provi? 
«Col passare dei giorni mi è cominciata a montare la rabbia. Perché non me lo merito, fondamentalmente. Avrei voluto spaccare tutto, o almeno urlare. E invece manco quello, perché avevo la bocca bloccata». 

Quante possibilità hai di guarire? 
«Potrò recuperare la sensibilità al 70 per cento, se va bene». 

Che cosa pensi di chi ti ha conciato così? 
«La vendetta non fa parte della mia natura. Tanto sono sicuro che la vita gli riserverà quel che si merita. Non è una minaccia, è una constatazione. Ho fatto denuncia ai carabinieri, vedremo». 

Se ti capitasse davanti? 
«Gli direi di chiedermi scusa. Ma se poi provo a immaginarmi la scena, sento che non mi darebbe alcuna gratificazione. Sai che ti dico? Non me ne importa niente. Secondo me, lui non sa neanche che cosa mi ha fatto. Quella è gente balorda, chissà quanti cazzotti del genere ha tirato in vita sua. In certi ambienti c’è ancora una cultura maschilista, l’idea che il vero uomo sia quello che mena più degli altri per farsi rispettare». 

Lo rifaresti? 
«No. Urlerei “c’è la polizia”, perché appena lo dici si spaventano subito e smettono». 

Che cosa pensi di avere imparato? 
«Prima davo tutto per scontato. Adesso capisco quanto sia meraviglioso anche solo poter masticare una noce… Poi ho imparato a diventare più paziente. E quanto sia inutile e infantile mettersi in mezzo alle risse: rischi di farti male, oppure di avere anche tu problemi con la legge. D’ora in poi sarò più accorto nel valutare le situazioni. L’errore è stato non calcolare quel che poteva succedermi. Spero non mi ricapiti più, ma se mi ricapita, chiamo la polizia». 

Hai visto la serie tv Adolescence, incubo di tutti i genitori? 
«Non ancora, ma la vedrò. Il problema della nostra generazione è che ci sentiamo più grandi di quello che siamo. E infatti andiamo con i grandi in discoteca». 

A diciassette anni andavo anch’io in discoteca. 
«Sì, ma al pomeriggio o alla sera?». 

Al pomeriggio. 
«Lo vedi? Noi invece la sera, fino a notte fonda. C’è troppa voglia di bruciare le tappe. E poi il telefono: ti sembra uno scudo, dietro cui puoi fare il fenomeno. Invece ogni cosa che pubblichi ti si può rivoltare contro da un momento all’altro». 

Sei tornato a scuola. 
«Sì, ho voluto farlo, e poi avevo un’interrogazione di latino. Mi hanno accolto bene. Non sono mai stato solo. Anche se mi sento solo». 

E il ragazzo che hai aiutato? 
«Sono riuscito ad avere il suo numero e gli ho scritto per sapere come stava». 

Per sapere come stava lui? 
«Mi ha risposto con un bel messaggio: “Grazie. Per salvare la mia vita, ti sei rovinato la tua. Quel che è successo a te stava per succedere a me…». 

Sei un piccolo eroe. 
«Me lo hanno detto tutti che ho avuto coraggio e che mi sono fatto male con onore. Ma non scherziamo, gli eroi sono altri… Io di eroi non ne ho. Ho un mito: papà. Però mi sa che gli devo dare più retta perché alla fine, scoccia dirlo, ha sempre ragione lui».

1.2.25

anche le donne sono stalker e commettono violenze sugli uomini .

Nb.
agli analfabeti  funzionali   e  ai maschi  alfa  non fermatevi al titolo ma  leggete  tutto l'articolo 

Caro Ulisse ,

 ignorare o sottovalutare la violenzadelle donne, oltre a determinare un vuoto nelle
riflessioni teoriche e nei dati empirici relativi a una struttura relazionale evidentemente diffusa,
comporta anche il rischio di sottovalutare la necessità di interventi preventivi e di trattamento per tutte le vittime,sia uomini che donne. Non ti pare?

                                    Antonio


Carissimo Antonio, mi trovi assolutamente d’accordo.Dobbiamo superare questo tabù che considera le donne angeli del focolare, creature delicate e dolci e quindi incapaci dicommettere violenze. Guarda ad esempio a copertina qui   a   sinistra   di “Giallo” di questa settimana: c’è Alessia Pifferi, donna e mamma, che ha lasciato morire di stenti la sua bambina. C’è Rosa Vespa, una signora di 51 anni che voleva un bambino, ha !nto una gravidanza e ha rapito quello di un’altra donna. C’è Amanda Knox, che pur di levarsi d’impiccio in un interrogatorio che la stava stancando, ha calunniato Patrick Lumumba, il suo datore di lavoro e amico,
accusandolo di omicidio. E non gli ha mai nemmeno chiesto scusa! E poi la scorsa settimana ci siamo occupati di Chiara Petrolini, 22 anni, capace di nascondere due gravidanze, di uccidere due neonati e di seppellirli nel cortile di casa. E della professoressa che molestava gli alunni in una “saletta” nel modo più subdolo e perverso possibile. Come si può negare che la cattiveria e la violenza siano anche nell’animo delle donne? C’è un grande equivoco, in questi anni. Gli uomini temono che l’attenzione per i femminicidi metta sotto accusa tutta la categoria maschile. Si sentono toccati tutti, ci tengono a dire che loro sono “bravi”. Come se l’immagine degli uomini fosse messa in pericolo dall’innegabile presenza del fenomeno.
Spesso ti rispondono: ma anche le donne uccidono gli uomini.Ecco, sì, può capitare, ma molto più raramente. Perché gli uomini sono più forti fisicamente, ma anche perché di solito levittime sottomesse sono più facilmente femmine. Nel femminicidio scattano meccanismi di possesso e di volontà di 
prevaricazione che affondano le loro ragioni in qualcosa che ci 
portiamo dietro dalla storia. Tieni conto che il delitto d’onore è stato abolito solo nel 1981! Il fatto che però i “maschicidi” siano rari, non signi!ca che allora le donne siano tutte stinchi di
santo. Abbiamo decine di madri assassine, abbiamo ragazze che hanno ucciso i genitori, o le amiche, e per!no qualche serial killer femmina. E anche senza arrivare a questi estremi,molte donne maltrattano i loro compagni, i loro figli, sfruttano le persone, rubano, truffano, mentono, sono vendicative,stalkerizzano e tutto il resto. Per questo diciamo che siamo tutti uguali, nel bene ma anche nel male.
Non è una gara a chi è più buonoo più cattivo , e loro : non siamo a scuola con le due liste sulla lavagna . Questa “guerra” tra uomini e donne non ha e non dovrebbe avere davvero senso. Siamo tutti sulla stessa barca, tutti interessati a che sia fatta giustizia e che ci sia   rispetto   da  ambo le parti . A prescindere 
da che sesso abbia chi commette violenza.

I GIUDICI GIUSTIFICANO UNO SPIETATO KILLER il caso di La condanna a 30 anni di Salvatore Montefusco per il brutale duplice omicidio della moglie e della "gliastra, Gabriella e Renata Trafandir

Sarà pure un personaggio mediatico  e  permaoso  ma  Robertàa  Bruzzone  stavolta    ha ragione 

La condanna a 30 anni di Salvatore Montefusco per il brutale duplice omicidio della moglie e della figliastra, Gabriella e Renata Trafandir, ha innescato una scia di polemiche condivisibili. A sconcertare è il punto di vista che sembra essere stato accolto dai giudici,cioè quello dell'assassino, che permea l'intero impianto motivazionale. Manca in maniera sorprendente una lettura critica dellaevidente asimmetria di




potere, soprattutto economico, tra l'assassino e le due vittime. Madre e figlia dipendevano economicamente dall'uomo che le ha uccise. L'omicida ha utilizzato quella dipendenza in una logica ritorsiva e rica!atoria, con intimidazioni continue, impedendo loro di lasciare la casa in tempo per salvarsi. E allora una domanda sorge spontanea: qual è il concetto di  libertà femminile che trova applicazione nei Tribunali italiani ? Dove viene posto il confine tra controllo e violenza?
  Infatti   secondo  l'analisi   di  Marilisa D’Amico  Ordinaria di diritto costituzionale all’Università Statale di Milano


IL MOVENTE   DELLA VIOLENZA  NON È MAI UNA GIUSTIFICAZIONE


Nella recente  sentenza per il  duplice femminicidio di Gabriela  Trafandir, e della figlia Renata si è parlato della ‘comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il reato’. Occorre però sottolineare che il movente di un delitto non può essere mai considerato ‘comprensibile’. La giustificazione di un omicidio è una visione pericolosa e inaccettabile che dà solo adito alla 
vittimizzazione secondaria, che si verifica quando la persona offesa viene ulteriormente danneggiata 
dal sistema giudiziario, dai  media o dalla società, attraverso atteggiamenti che minimizzano la gravità del crimine o giustificano l’azione di chi ha commesso il reato. Le cause che portano a un femminicidio, 
come la gelosia o il desiderio di controllo, sono spesso presentate come ‘motivi comprensibili’, ma queste non devono essere considerate delle giusti!cazioni per un qualsiasi atto di violenza (tanto meno per quelli che portano alla morte). Tali giustificazioni rischiano di normalizzare la violenza di genere e di creare un ambiente in cui le donne sono ulteriormente vulnerabili ad altre violenze”.

21.6.24

finalmente una Mamma denuncia il figlio per aver violentato una ragazza, la scoperta grazie a delle macchie antiaggressione sui vestiti

 www.leggo.it   4 ora/e •



Il giovane di 29 anni accusato di aver violentato una ragazza di 18 anni tra l'8 e il 9 giugno scorsi a Pordenone, è stato arrestato grazie a una prova fondamentale fornita ai Carabinieri da sua madre. Come riporta il Gazzettino, il giovane è tornato nella notte a casa, si è spogliato e ha messo gli abiti a lavare.
Cosa è successo
La donna poi ha notato ampie macchie di colore fucsia sui vestiti che non riusciva a pulire. Diffuse le notizie della violenza, la donna ha messo in relazione ora e macchie, e ha capito che erano state causate da uno spray anti aggressione, e ha denunciato il figlio. Questi aveva già preso contatti per fuggire in Spagna.

1.3.24

Studenti che aggrediscono i prof a scuola ‘mamma e papà pagheranno fino a 10mila euro di multa’: arriva in Senato l’emendamento che cambia le regole

Per  essere  incisiva      e  non    una  semplice  legge   fattta  solo per  fare   o  di manzoniana  memoria   serve  aggiungere  alla  sanzione     economica      anche  l'obbligo   con  raddopiamento pecunario      se  non lo  si frequenta  un corso obbligatorio   educazione   alla  legalità e   alle  diversità   , da parte  dei  genitori  

  da ilriformista   del  29\2\2024

Studenti che aggrediscono i prof a scuola ‘mamma e papà pagheranno fino a 10mila euro di multa’: arriva in Senato l’emendamento che cambia le regole© Fornito da Il Riformista

Tutti ci ricordiamo i numerosi episodi di aggressioni – più o meno violente – di qualche studente contro il professore di turno. Uno dei casi più recenti è il caso dello studente di 17 anni che ha accoltellato alla spalle la sua professoressa prima di entrare in classe. all’istituto professionale Enaip di Varese. E ancora la professoressa derisa da alcuni studenti in classe e colpita alla testa e ad un occhio a pallini di gomma sparati da una pistola ad aria compressa. 

Il rischio di una multa fino a 10mila euro

Gli studenti che aggrediscono un professore, un dirigente scolastico o un membro del personale amministrativo della scuola rischiano una multa che può andare dai 500 ai 10mila euro. Lo prevede un emendamento depositato dal governo al Senato, in commissione Cultura, al ddl sulla valutazione del comportamento degli studenti. Il testo prevede che in caso di condanna per reati contro il personale scolastico nell’ambito o causa delle loro funzioni “è sempre ordinato” oltre al pagamento dei danni quello “di una somma da euro 500 a euro 10mila”, appunto, come “riparazione pecuniaria” per “l’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”.

Cosa prevede l’emendamento depositato in Senato

L’emendamento è relativo a “chiunque aggredisca un professore o un dirigente nelle sue funzioni o a causa di esse” e condanna “i reati commessi in danno di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio del suo ufficio o delle sue funzioni”.

Titolo di riparazione pecuniaria “La sospensione condizionale della pena – si specifica – è comunque subordinata al pagamento della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria, fermo restando il diritto della persona offesa all’eventuale risarcimento del danno”. Il termine per la presentazione dei sub-emendamenti alla proposta di modifica in commissione è stato fissato a martedì.

5.1.24

incominciamo bene . anno nuovo problemi vecchi . i femminicidi e laviolenza sulle done continua


L’ha prima strattonata, poi afferrata e trascinata per i capelli, lanciata a terra e, una volta lì, colpita con un pugno in faccia,
Un’aggressione di questa violenza è gravissima per qualsiasi donna, ma lo è ancora di più se si pensa che Anna Procida è un’infermiera, al pronto soccorso del San Leonardo di Castellammare, e la sua unica “colpa” è quella di aver invitato i parenti di un paziente ad accomodarsi in sala d’attesa.
È stato sufficiente quel semplice invito a scatenare la furia di uno di loro, che le ha lasciato naso e labbra spaccati e un dente rotto.
In un solo episodio ci sono due delle violenze più intollerabili e diffuse: quelle nei confronti del personale medico-sanitario, costretto spesso a lavorare in trincea, sottoposto ad aggressioni verbali e fisiche quotidiane, spesso senza la minima protezione.
Ma anche, come ha ricordato la stessa Procida, nei confronti delle donne.
“Non solo non si è fermato davanti a una donna” ha detto al Corriere del Mezzogiorno, “mi ha pestato proprio perché donna”.
Piena solidarietà ad Anna Procida e a tutti i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari in prima linea. Non serve chiamarli “eroi”, per poi abbandonarli a loro stessi.

22.9.23

il caso di Romina Marceca “Mi ha stuprata nel mio letto. Non ho paura di mostrarmi, è lui che deve nascondersi”: il racconto della prima vittima del netturbino Stefania Loizzi, ex banconista di una gelateria, racconta la notte in cui fu violentata. Ha denunciato Ubaldo Manuali: “Metto la mia faccia sul giornale per tutte le altre come me”

 repubblica  

IL coraggio   di  Stefania Loizzi (  foto a  destra  )    che  sta cercando di scalare la montagna della paura. È sopraffatta, non riesce a dormire al buio, a

camminare da sola in strada la sera. «Tutta colpa di quell’uomo maledetto che si chiama Ubaldo Manuali . Ha rovinato la mia vita in meno di un anno», racconta.



 Il netturbino che ha drogato e stuprato almeno altre due donne è ai domiciliari perché Stefania Loizzi, ex banconista di una gelateria, prima vittima del netturbino romano, non ha perso tempo. «L’ho denunciato subito e metto la mia faccia sul giornale per tutte quelle donne vittime come me. Non dobbiamo avere paura dei nostri “No”. Dobbiamo mostrarci perché siamo le vittime, non i carnefici. Loro devono nascondersi».

Come vi siete conosciuti?

«Mi ha chiesto l’amicizia su Facebook a fine 2020. Ho visto che in comune avevamo un’amica. Sono una persona molto diffidente e ho chiesto informazioni a lei. La mia amica mi ha detto che era una persona tranquilla, simpatica».

Poi?

«Abbiamo cominciato parlare e ci siamo scambiati i numeri di cellulare. Lui mi parlava della figlia, della sua frequentazione in chiesa, del suo padre spirituale. Era separato, mi ha detto. Lo ammiravo come padre».

La prima volta che vi siete visti?

«Mi ha portato dei rosari e dei santini. Ci vedevamo ma sempre fuori. Lui faceva sempre foto, io non volevo. Poi mi ha detto che gli interessavo come persona e gli ho risposto che potevamo essere solo amici, lui ha accettato. Sono passati dei mesi senza vederci».

La sera del 14 gennaio 2023 l’ha drogata e violentata

«Quella sera mi ha chiamato, avevo un braccio ingessato per una frattura, avevo perso da poco mia mamma. Era un brutto periodo. Prima mi ha detto che passava a prendermi e che cenavo a casa sua. Non volevo, non mi andava, poi ho accettato».

Lui ha preparato una trappola

«Sì, mi ha richiamata dicendo che portava la cena a casa mia: dall’antipasto al dolce, fino al vino. Ero giù, ho accettato. Una volta a casa mia ha aperto il prosecco per fare un brindisi. Ho bevuto e mi ricordo solo che ero andata in cucina a prendere le patate. Poi, il buio».

Al risveglio?

«Mi sono svegliata di notte, stavo malissimo. Non riuscivo a vedere bene. Ho trovato una sua mano sulla faccia, ho reagito male e gli ho detto: “Schifoso, che fai nel mio letto?”. Lui mi ha risposto che mi ero sentita male e che non voleva lasciarmi sola. Ho avuto la forza di voltarmi e ho visto che era senza pantaloni ma sono crollata».

Cosa ha fatto dopo?

«La mattina seguente sono andata dal medico curante, che ringrazio dal profondo del mio cuore, e gli ho detto cosa era accaduto. Lui mi ha detto “Oddio, mi stai sconvolgendo” e mi ha consegnato un foglio urgente per il pronto soccorso. Nel mio sangue i medici hanno trovato la droga dello stupro. Pensavo che mi avesse drogata per derubarmi. Invece mi ha violentata in casa mia. Provo troppo schifo».

Ha anche filmato

«Purtroppo sì. Ho visto alcune foto ma c’è anche un video che ha girato ai suoi amici del calcetto. Si faceva grande con i suoi amici che mi fanno schifo tanto quanto lui perché avrebbero dovuto denunciare. L’ho fatto io, invece, lo stesso giorno della visita. E se tornassi indietro lo rifarei di nuovo».

Lui ha ripulito tutto

«Sì ma il suo Dna c’era in casa mia, la scientifica ha portato via tutto. È stato uno schifoso, ha bivaccato in casa mia».

La figlia difende il papà

«Ha rilasciato un’intervista in cui dice che noi donne lo cercavamo. Io so solo che un giorno mi inviò le foto di sua figlia che nel camerino stava provando biancheria intima. Spero si faccia chiarezza anche su questo».

Lei è una delle tre vittime di quest’uomo. Tante altre sono le violenze con la droga dello stupro

«Abbiamo una dignità da salvare, se è “no” deve essere “no”. Evidentemente il mio rifiuto lo ha stuzzicato ancora di più e ha aspettato il momento giusto. I poliziotti mi sono ancora vicini a distanza di tempo, non sono rimasta sola».

Ha incontrato le altre due donne?

«No, vorrei tanto conoscerle. Vorrei capire come lo hanno incontrato. Come è iniziata la loro storia con lui».


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La figlia del netturbino accusato di stupro: "Ci sono donne malate. Mio padre è sempre piaciuto, non aveva bisogno di fare certe cose"

7.7.22

Torino, assolto dall'accusa di violenza sessuale: "La ragazza lo ha indotto a osare"



Pur non avendo fatto studi giuridici ed avendo amici\che e parenti avvocati questa sentenza mi pare vergognosa e scandalosa ed  sessista  .  Infatti chiunque   dovrebbe sapere  che  una persona  sotto l'effetto dell'alcool è in un stato  cognitivo alterato  e  quindi   l'accettazione o il rifiuto   non sono  consapevoli  .  Quindi l'articolo di repubblica  d'oggi  , che  riporto integralmente  sotto , conferma che << siamo già immersi sino al collo in una giustizia classista! C’è ormai un processo a due velocità che fluisce rapido e senza intoppi esclusivamente nei confronti degli ultimi della terra. Purtroppo è solo al di fuori di questa area che si comincia a discutere di garanzie e di ragionevole durata del processo. Diciamolo con chiarezza: un processo penale come il nostro, articolato in tre gradi di giudizio e fitto di subprocedimenti, non può essere breve. Occorreva moltiplicare le alternative al dibattimento, snellire le impugnazioni. La riforma Cartabia lo ha fatto solo in parte. E si è creduto di poter rimediare a questi vuoti mandando al macero i giudizi di impugnazione che superano una certa durata. Il macero: è questo il vero significato della formula esoterica “improcedibilità”. Era nettamente preferibile il sistema introdotto dalla legge Orlando». Intervista rilasciata all L’Espresso ( qui il testo integrale https://bit.ly/3P1aQCT ) da Nello Rossi, che dopo una lunga carriera giudiziaria oggi è il direttore editoriale di Questione giustizia, la rivista di Magistratura democratica, storico laboratorio di pensiero e riforme giuridiche progressiste .

 
Torino, assolto dall'accusa di violenza sessuale: "La ragazza lo ha indotto a osare"
Una manifestazione contro la violenza di genere
 
Condannato in primo piano, verdetto ribaltato in appello: per il giudice la vittima era "alterata per l'uso smodato di alcol" e la cerniera può avere ceduto "nell'esaltazione del momento" perché "di modesta qualità"


Condannato in primo grado per violenza sessuale, assolto dalla Corte d'Appello perché la vittima, con il suo comportamento, avrebbe indotto l'imputato a "osare". La sentenza di un giudice torinese che ha ribaltato il verdetto del primo grado - condanna a 2 anni 2 mesi e 20 giorni - riguarda un episodio del 2019 che ha coinvolto due giovani.
La sentenza è stata impugnata in Cassazione dal sostituto procuratore generale Nicoletta Quaglino sulla base delle parole della ragazza: "Gli dissi chiaramente: non voglio".
I ragazzi si conoscevano da tempo, ma il giovane avrebbe abusato dell'amica, nel bagno di un locale nel centro di Torino. Secondo i giudici della Corte d'Appello, invece, la ragazza "alterata per un uso smodato di alcol (...) provocò l'avvicinamento del giovane che la stava attendendo dietro la porta".
Non solo, aggiungono i giudici: "Si trattenne in bagno, senza chiudere la porta, così da fare insorgere nell’uomo l’idea che questa fosse l’occasione propizia che la giovane gli stesse offrendo. Occasione che non si fece sfuggire».
L'imputato "non ha negato di avere abbassato i pantaloni della giovane" rompendo addirittura la cerniera: secondo il giudice della Corte d'appello, tuttavia, "nulla può escludere che sull'esaltazione del momento, la cerniera, di modesta qualità, si sia deteriorata sotto forzatura". Tesi che il sostituto procuratore generale Quaglino respinge in toto nel suo ricorso: "Illogica appare la sentenza quando esclude la sussistenza del dissenso, sia perché tale dissenso risulta manifestato con parole e gesti, sia perché nessun comportamento precedente può aver indotto l’agente in errore sulla eventuale sussistenza di un presunto consenso". Dunque "non risulta provata la mancanza di dissenso da parte delle persona offesa, anzi risulta evidente la sussistenza di un dissenso manifesto".


Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

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