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IL coraggio di Stefania Loizzi ( foto a destra ) che sta cercando di scalare la montagna della paura. È sopraffatta, non riesce a dormire al buio, a
camminare da sola in strada la sera. «Tutta colpa di quell’uomo maledetto che si chiama Ubaldo Manuali . Ha rovinato la mia vita in meno di un anno», racconta.Il netturbino che ha drogato e stuprato almeno altre due donne è ai domiciliari perché Stefania Loizzi, ex banconista di una gelateria, prima vittima del netturbino romano, non ha perso tempo. «L’ho denunciato subito e metto la mia faccia sul giornale per tutte quelle donne vittime come me. Non dobbiamo avere paura dei nostri “No”. Dobbiamo mostrarci perché siamo le vittime, non i carnefici. Loro devono nascondersi».
Come vi siete conosciuti?
«Mi ha chiesto l’amicizia su Facebook a fine 2020. Ho visto che in comune avevamo un’amica. Sono una persona molto diffidente e ho chiesto informazioni a lei. La mia amica mi ha detto che era una persona tranquilla, simpatica».
Poi?
«Abbiamo cominciato parlare e ci siamo scambiati i numeri di cellulare. Lui mi parlava della figlia, della sua frequentazione in chiesa, del suo padre spirituale. Era separato, mi ha detto. Lo ammiravo come padre».
La prima volta che vi siete visti?
«Mi ha portato dei rosari e dei santini. Ci vedevamo ma sempre fuori. Lui faceva sempre foto, io non volevo. Poi mi ha detto che gli interessavo come persona e gli ho risposto che potevamo essere solo amici, lui ha accettato. Sono passati dei mesi senza vederci».
La sera del 14 gennaio 2023 l’ha drogata e violentata
«Quella sera mi ha chiamato, avevo un braccio ingessato per una frattura, avevo perso da poco mia mamma. Era un brutto periodo. Prima mi ha detto che passava a prendermi e che cenavo a casa sua. Non volevo, non mi andava, poi ho accettato».
Lui ha preparato una trappola
«Sì, mi ha richiamata dicendo che portava la cena a casa mia: dall’antipasto al dolce, fino al vino. Ero giù, ho accettato. Una volta a casa mia ha aperto il prosecco per fare un brindisi. Ho bevuto e mi ricordo solo che ero andata in cucina a prendere le patate. Poi, il buio».
Al risveglio?
«Mi sono svegliata di notte, stavo malissimo. Non riuscivo a vedere bene. Ho trovato una sua mano sulla faccia, ho reagito male e gli ho detto: “Schifoso, che fai nel mio letto?”. Lui mi ha risposto che mi ero sentita male e che non voleva lasciarmi sola. Ho avuto la forza di voltarmi e ho visto che era senza pantaloni ma sono crollata».
Cosa ha fatto dopo?
«La mattina seguente sono andata dal medico curante, che ringrazio dal profondo del mio cuore, e gli ho detto cosa era accaduto. Lui mi ha detto “Oddio, mi stai sconvolgendo” e mi ha consegnato un foglio urgente per il pronto soccorso. Nel mio sangue i medici hanno trovato la droga dello stupro. Pensavo che mi avesse drogata per derubarmi. Invece mi ha violentata in casa mia. Provo troppo schifo».
Ha anche filmato
«Purtroppo sì. Ho visto alcune foto ma c’è anche un video che ha girato ai suoi amici del calcetto. Si faceva grande con i suoi amici che mi fanno schifo tanto quanto lui perché avrebbero dovuto denunciare. L’ho fatto io, invece, lo stesso giorno della visita. E se tornassi indietro lo rifarei di nuovo».
Lui ha ripulito tutto
«Sì ma il suo Dna c’era in casa mia, la scientifica ha portato via tutto. È stato uno schifoso, ha bivaccato in casa mia».
La figlia difende il papà
«Ha rilasciato un’intervista in cui dice che noi donne lo cercavamo. Io so solo che un giorno mi inviò le foto di sua figlia che nel camerino stava provando biancheria intima. Spero si faccia chiarezza anche su questo».
Lei è una delle tre vittime di quest’uomo. Tante altre sono le violenze con la droga dello stupro
«Abbiamo una dignità da salvare, se è “no” deve essere “no”. Evidentemente il mio rifiuto lo ha stuzzicato ancora di più e ha aspettato il momento giusto. I poliziotti mi sono ancora vicini a distanza di tempo, non sono rimasta sola».
Ha incontrato le altre due donne?
«No, vorrei tanto conoscerle. Vorrei capire come lo hanno incontrato. Come è iniziata la loro storia con lui».
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