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6.7.17

andare con il costume tradizionale del paese alla maturità è provocazione o esibizionismo ?Nuoro, all’esame di maturità con il costume sardo: «Amo la mia isola» Pastore di mattina, studente alle serali, poeta per passione. Il 21enne orgolese Giuseppe Rendini ha sorpreso tutti



Secondo me la seconda anche se ci vedo un po' di provocazione . Infatti oteva essere provocazione e sfida all'autorità costituita il regno sabaudo e poi d'italia compreso il fascismo che imponeva , punendo con il carcere e\o emarginando chi non parlava italiano o usava tutti i giorni l'abito tradizionale senza premunirsi d'usare il bilinguismo o altroi sistemi soft non punitivi dal punto di viosta giudiziario legislativo o di emarginazione sociale .
Oggi Non è vestendosi in costume e presentandosi in sardo , nelle sue tante varianti linguistiche l'esame di diploma. Che si è più sardi o veri sardi questo è solo ed esclusivamente esibizionismo a meno che non lo si faccia ed allora qui potrebbbe avere ancora il senso di provocazione e recupero della propria identità se usato per spiegare meglio l'argomento che porti all'esame . Ecco come giudico questa vicenda di Giuseppe


da  la nuova  sardegna  del 06 luglio 2017
Nuoro, all’esame di maturità con il costume sardo: «Amo la mia isola»
Pastore di mattina, studente alle serali, poeta per passione. Il 21enne orgolese Giuseppe Rendini ha sorpreso tutti

di Valeria Gianoglio


NUORO. «Volevo finire col botto, lasciare un segno indelebile e un messaggio forte in difesa della mia Sardegna e per esortare i sardi a scuotersi, e ce l’ho fatta. Il voto dell’esame non conta tanto, contava lasciare il segno. Il costume? Ho deciso solo all’ultimo, di indossarlo: né i miei professori, né i miei compagni ne sapevano niente». Ventun anni compiuti a marzo, figlio di un carabiniere, nipote di allevatori, componente da quasi 10 anni del gruppo folk “Murales” di Orgosolo, e una passione sterminata per la poesia e per la Sardegna che sente scorrere nel sangue ogni giorno nel percorrere le campagne di Montes per andare ad accudire il bestiame di famiglia. Giuseppe Rendini, ieri mattina, alla solita attività di pastore, ha unito anche quella di studente del tutto speciale. Il giovane allevatore, infatti, è stato l’unico maturando dell’Itc Chironi – che ha frequentato nel corso serale – a essersi presentato all’esame di Stato indossando il prezioso costume di Orgosolo. Un degno accompagnamento per la sua tesina incentrata sulla Sardegna, sui suoi problemi, sulla sua immensa voglia di riscatto sociale.

«Non avevo avvisato nessuno, che avrei indossato il costume – ribadisce ieri, dopo la grande fatica – ma i miei prof sapevano solo che avrei recitato la poesia che ho composto, dal titolo “Terra mia”. Sono quindici quartine che cominciano con una sorta di esortazione “Sardigna, ischida, patria mia”. Il filo conduttore è l’amore per la mia terra, e l’invito ai sardi a scuotersi dal torpore. A superare la crisi». Ha raccontato tutto questo, e molto di più, ieri mattina, Giuseppe Rendini, davanti ai componenti della commissione dell’Itc Chironi che lo interrogava per l’esame di Stato. Alle sue spalle, mentre esponeva la tesina, sono state proiettate le quartine della poesia “Terra mia”, mentre davanti allo studente, seduti tra i banchi, c’era un folto gruppo di amici, curiosi ed è spuntata anche qualche telecamera attirata dalla singolarità dell’evento.
«I professori mi hanno ascoltato con attenzione – racconta Giuseppe – non mi hanno interrotto nemmeno per un secondo. Sono contento di essere riuscito a far arrivare anche a loro il messaggio. Certo, quando sono entrato in aula, sono rimasti davvero sorpresi: hanno visto il costume e non se lo aspettavano. Ma del resto ho sorpreso anche mio padre e altri amici. È stato davvero un bel momento: volevo lasciare il segno e lanciare un messaggio e ci sono riuscito».
E così, dopo la grande fatica dell’ultimo anno, trascorso tra campagna e bestiame al mattino,
e corso serale all’Itc Satta, Giuseppe Rendini si prepara alle nuove sfide dell’immediato futuro. «Spero di riuscire ad andare all’università – dice – ma sto ancora valutando. Ma una cosa è certa: non lascerò comunque la campagna. E’ la mia vita, ci tengo tanto, e mi ha insegnato tanto».

1.7.17

L'elzeviro del filosofo impertinente

Giugno è il mese in cui si ricordano i moti di Stonewall e si susseguono nel mondo civilizzato le manifestazioni in sostegno del movimento Lgbt. Purtroppo in questo mese si verificano puntualmente anche episodi più o meno velati di razzismo. Personalmente mi sono occupato di tale piaga sociale nel mio ultimo libro Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne, e nonostante le numerose e importanti battaglie civili le cose sembrano, ahimè, non essere mutate. Ogni anno durante il periodo degli esami di maturità si riscontrano diversi episodi di omofobia in diverse parti d'Italia. Negli ultimi anni alcuni maturandi si sono imbattuti in commissari alquanto reticenti ad accettare e discutere tesine sulla storia dell'omosessualità e non solo. Alcuni di questi commissari si sono rifiutati perfino di ammettere opere letterarie o testi di canzoni che tratta(va)no l'argomento. Non parlo certamente di opere erotiche o di propaganda, ma di vera letteratura. Eppure le opere letterarie non hanno una sessualità e non possono essere discriminate. Tali docenti umanamente impreparati non riescono ancora oggi a comprendere l'essenza del loro lavoro e dell'intero sistema scolastico. L'omofobia interiorizzata non è meno grave di quella visibile.


La scuola è la sede adatta per affrontare questi argomenti, e gli insegnanti non possono rinunciare alla loro funzione di educatori. L'omosessualità, così come l'eterosessualità, non ha nulla di segreto o di scandaloso, e dunque non capisco tale ritrosia nel trattarla senza pregiudizi e fobie. Troppi anni di preconcetti, stereotipi e modelli catodici fuorvianti hanno forse accresciuto in questi docenti un senso di inadeguatezza e timore nell'affrontarla con la dovuta serietà. Ma nulla può giustificare tali paure prive di qualsiasi fondamento. Gli studenti devono sentirsi liberi di affrontare gli argomenti che toccano da vicino le loro giovani esistenze. Se la scuola non si adeguerà a tali istanze formative dovrà fare i conti con le informazioni distorte acquisite dai discenti attraverso chat e siti internet non qualificati. Diceva Don Milani “Quando avete buttato nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in cielo un passerotto senza ali”. Per esperienza personale posso aggiungere che all'università sperimentai anch'io una certa resistenza a trattare l'argomento omosessualità con professori allineati alle posizioni del Vaticano II (non mi riferisco certamente al concilio ecumenico ma alla visione "papacentrica" di Giovanni Paolo II). Rammento l'approfondimento del corso di filosofia morale dal titolo "Uomo e donna in famiglia" con un excursus storico tra le varie encicliche dei papi! Oppure ricordo un feroce confronto con la docente di letteratura italiana che non voleva riconoscere la straordinaria importanza dell'opera letteraria di Aldo Busi.
Per comprendere meglio il senso di certe preclusioni mentali ho intervistato alcune persone in merito al significato del termine pregiudizio. Eccovi, dunque, alcune opinioni raccolte. Simona, studentessa di psicologia, mi ha risposto: "Il pregiudizio è un meccanismo di difesa che attiviamo nel momento in cui la diversità dell'altro ci spaventa". Alina, invece, definisce il pregiudizio come "un'opinione certa ma errata su qualcuno. Per tirare avanti spesso avvertiamo il bisogno di sicurezza e consideriamo le nostre opinioni, la nostra morale come le migliori in assoluto. Così tutto quello che si discosta dal nostro punto di vista lo rigettiamo per non farci condizionare". Il signor Giovanni, benzinaio da quindici anni, afferma: "Il pregiudizio è un modo negativo per avvicinarmi al mio prossimo". Flaminia gestisce una panetteria in una zona periferica di Catania e mi dice: "Io credo che le persone gay sono esattamente come me. Non bisogna giudicare nessuno in base ai propri gusti sessuali, nazionalità o etnia. Quello che conta sono le azioni che facciamo e di certo non dipendono dalle persone che amiamo o con cui facciamo sesso".
La signora Mara è appena uscita dalla messa del mattino e alla mia domanda risponde con fare scortese facendosi un segno della croce. Evidentemente l'esempio inclusivo di Papa Francesco non ha minimamente toccato la sua fede e il suo cuore.
Le opinioni da me raccolte evidenziano che a parole manifestiamo di essere emancipati e civili, ma nei fatti persiste ancora uno zoccolo duro d'ignoranza che non ci permette di compiere un salto di qualità notevole.
Forse aveva ragione Albert Einstein quando diceva: "È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio". Pertanto mi auguro l'avvento di una società culturalmente evoluta in grado di oltrepassare gli steccati ideologici e annientare i pregiudizi e i soliti stereotipi. Dopotutto "Non bisogna farsi mai ricattare dalla stupidità altrui" (Umberto Eco).

Cristian Porcino


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