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18.6.23

si è artisti in vita ma i media e a massa non s'occorgono salvo qualche barlume . il caso del fotografo Paolo di Paolo

     in  sottofondo     

  
 Tutti i media   eran  occupati   dalle  morti    di  alcune  celebrità politiche  e culturali  . Tanto  da  far  passare  in secondo  piano  la  morte (  salvo  qualche trafiletto   nella  pagina  della  cultura  o riviste  specialistiche  d'arte  e  di  fotografia )   di  uno   dei fotografi italiani , Paolo di Paolo ,  più  importanti  degli ultimi 60  anni  della storia  del  costume    Italiano  . Si può morire dimenticati   (  salvo  da  pochi appassionati    delle  sue  opere  ) o   nell'indifferenza  (  vedere  canzone  in  sottofondo )   , si può morire cercando di  restare fino all’ultimo sulla scena, si può morire lontani dal mondo e si può morire con la sensazione illusione  che si verrà ricordati.
In questi giorni  come   ricorda il  giornalista  
Mario Calabresi  riporto  sotto  l'articolo     delll'ultimo n   della  Newsletters    altre storie     in  quanto  è  grazie   a   lui  che   l'ho scoperto    ed  ho  identificato  alcune  foto    che   avevo    visto   su  alcune riviste   ed  in alcuni siti  <<    ci hanno lasciato molte persone che hanno incrociato le nostre vite e che ci sembrava di conoscere, da Silvio Berlusconi a Francesco Nuti, da Flavia Franzoni Prodi allo scrittore americano Cormac McCarthy. Quest’ultimo aveva 89 anni, ma da tanto tempo era scomparso e viveva come un monaco di clausura a Santa Fe in New Mexico. A parlare per lui c’erano però i suoi potentissimi libri. Ma c’è un uomo, che è scomparso a 98 anni la stessa mattina di Berlusconi, che voglio ricordare per molti motivi: stima, amicizia e perché ha avuto l’occasione di nascere due volte, la seconda quando aveva novant’anni. Grazie a sua figlia. >>


LA STORIA

L’uomo che nacque due volte

di Mario Calabresi


Si può morire dimenticati, si può morire cercando di restare fino all’ultimo sulla scena, si può morire lontani dal mondo e si può morire con la sensazione che si verrà ricordati. In questi giorni ci hanno lasciato molte persone che hanno incrociato le nostre vite e che ci sembrava di conoscere, da Silvio Berlusconi a Francesco Nuti, da Flavia Franzoni Prodi allo scrittore americano Cormac McCarthy. Quest’ultimo aveva 89 anni, ma da tanto tempo era scomparso e viveva come un monaco di clausura a Santa Fe in New Mexico. A parlare per lui c’erano però i suoi potentissimi libri. Ma c’è un uomo, che è scomparso a 98 anni la stessa mattina di Berlusconi, che voglio ricordare per molti motivi: stima, amicizia e perché ha avuto l’occasione di nascere due volte, la seconda quando aveva novant’anni. Grazie a sua figlia.

La prima volta al mare, Rimini 1959 ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Si chiamava Paolo Di Paolo, era nato in Molise nel 1925, si era trasferito a Roma per studiare al liceo classico e poi filosofia all’Università. Nel dopoguerra aveva frequentato il mondo artistico romano ed era rimasto affascinato dalla fotografia, così aveva cominciato a “scattare per diletto” (questo per lui era il senso vero della parola “dilettante”) ma presto quel passatempo era diventato un lavoro e il settimanale “Il Mondo” di Pannunzio la sua casa.

Dal 1954 al 1968 è stato uno dei più grandi narratori per immagini della trasformazione dell’Italia, ha raccontato il boom industriale, la Dolce Vita, il mondo del cinema, ha percorso tutte le coste del nostro Paese per raccontare le vacanze degli italiani insieme a Pier Paolo Pasolini (estate 1959) regalandoci un reportage indimenticabile. Un’Italia in cui convivevano giovani donne a capo velato che a Campobasso portavano le ceste sulla testa e ragazze in mini short sul lungomare di Viareggio, nuove linee aeree e trasporti a dorso d’asino, l’autostrada del Sole e la civiltà contadina. Era un tempo di speranza, in cui la fame reale lasciava il posto alla fame di sapere, conoscere e alla voglia di voltare definitivamente pagina.

Il padre della sposa. Trani, Puglia, 1959 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Fuoriserie al Gargano, 1959 ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Paolo Di Paolo ha un modo di lavorare rigoroso, molto etico e profondamente rispettoso delle persone che fotografa. Negli anni Sessanta il tema della privacy emerge per la prima volta, i “paparazzi” rompono qualunque codice esistente, violando intimità e tradizioni. Nulla sembra essere più sacro, anche se con gli occhi di oggi non possiamo che sorridere di fronte a chi riteneva lecita qualunque intromissione nella vita dei personaggi pubblici quando apparivano sulla scena. Il presente di questo nuovo Millennio ci racconta di violazioni che arrivano dentro il letto di casa, ma la società di allora viveva il cambio di paradigma come un terremoto. Di Paolo invece è l’uomo delle intimità rispettate. In un’epoca in cui la macchina al collo era diventata un’arma e il titolo di “fotografo” non era propriamente esaltante, lui sceglie il garbo, preferisce fare un passo indietro quando capisce che pubblicare significherebbe creare dolore o rompere un rapporto di fiducia.

Marcello Mastroianni e Faye Dunaway, 1968 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Le immagini che meglio testimoniano questo approccio alla vita e al lavoro non sono quelle dei tanti divi che ha ritratto ma il servizio fatto al Circeo ad Anna Magnani e a suo figlio. Il bambino era poliomielitico e non era mai stato fotografato, questo aveva scatenato la morbosità e la caccia allo scoop, la Magnani viveva la situazione con disperazione e in continua fuga. Finché decise di giocare d’anticipo e, conoscendo lo stile di Di Paolo, lo invitò nella villa di Punta Rossa per bruciare i paparazzi e chiudere la caccia. Si fece trovare con un costume nero e il cane, il figlio era in acqua che nuotava benissimo. Gli disse soltanto: “Sei tu il fotografo? Ahò datte da fà”. Realizzò un servizio unico, di intimità e tenerezza mai viste. In quegli stessi anni fotografò Oriana Fallaci che giocava a fare la diva sulla spiaggia del Lido di Venezia, ma quelle foto non verranno mai pubblicate.

Anna Magnani al Circeo ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Oriana Fallaci ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Poi “Il Mondo” chiude, i “paparazzi” la fanno da padroni, i direttori dei giornali cominciano a chiedere “scoop” e scandali e lui non si sente più a casa. A 43 anni, nel 1968, decide di lasciare tutto e di uscire di scena. Si trasferisce a vivere in campagna insieme alla giovane moglie, prendono otto cani e Paolo si rimette a studiare. Nella sua nuova vita ci saranno libri di storia e l’ideazione dei calendari dei Carabinieri, ma mai più una sola fotografia.

Per trent’anni i suoi scatti restano chiusi in cantina, nessuno li vede più, finché un giorno, alla fine degli anni Novanta, la figlia Silvia ci si imbatte cercando un paio di scarponi da sci. «Avevo notato incuriosita - racconterà - una cassettiera e uno scaffale stipati di scatole arancioni. Erano piene di negativi e di stampe fotografiche. Poi c’era uno schedario in cui erano classificati, in ordine alfabetico, nomi di artisti, attori e scrittori… Ho iniziato ad aprire le scatole e sono rimasta folgorata da quelle stampe, così sono corsa da papà felicissima per chiedergli chi le avesse fatte. Mi rispose a mezza voce: “Sono mie, le ho fatte io, un tempo sono stato fotografo. È roba passata, non mi va di parlarne”».

Pierpaolo Pasolini ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Paolo Di Paolo con la figlia Silvia - Roma, 2017 © Bruce Weber

Piano piano, però, si scioglie e comincia a raccontare, Silvia pensa che quella storia vada condivisa, si guarda tutti i 250mila negativi e si convince che le sue foto meritino una mostra, ma prima che ciò accada passano altri vent’anni. Quando ho incontrato Paolo Di Paolo la prima volta sono rimasto incantato dal suo stile, dalla sua cortesia, dal piacere che aveva nel ricordare le persone e un “mondo perduto” (questo sarà poi il titolo della grande mostra che gli dedicherà il MAXXI di Roma nel 2019) e dall’amore per il lavoro che aveva fatto finché non gli era stato chiesto di scendere a compromessi.

Lo ricordo all’inaugurazione, emozionato e felice, camminare dritto con un dolcevita rosso e la giacca blu. Non poteva credere di essere stato riscoperto, di aver potuto riaprire una pagina che era stata voltata mezzo secolo prima. Stringeva le mani e rispondeva a televisioni e giornalisti, sorridendo a tutti con una solarità invidiabile. Aveva 93 anni.

Contadina, funerali di Palmiro Togliatti, 25 agosto 1964 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

L’ultima volta che ci siamo incontrati gli ho chiesto quale immagine sceglierebbe se potesse salvarne una sola. Mi ha risposto senza esitazioni: quella scattata ai funerali di Palmiro Togliatti, dove nella grandiosità di un evento di massa emerge il dolore di una donna del popolo. Una donna con i capelli bianchi, un foulard in testa e dei fiori tra le mani. Paolo Di Paolo era rimasto convinto fino alla fine che gli esseri umani e i loro sentimenti dovessero essere al centro della storia.



14.10.22

le coincidenze esistono o non esistono ? il caso della fotografa elena pinna e la traspozione letteraria di topolino TopoPrince

 Secondo la teoria della sincronicità le coincidenze non esistono, o meglio non sono connesse da collegamenti causa-effetto, ma da una rete che unisce l’ambiente, l’inconscio collettivo e le persone. Infatti    le persone e gli eventi accadono sempre con la loro grande ragione. I cattivi e i buoni, hanno tutti una ragione d’essere.”  Secondo   la   blogger   lamenteemeravigliosa.it o   in parte   secondo me  .  : <<Esse  forse non esistono o per lo meno io non credo tanto in loro. Sembra che confermino la legge del desiderio secondo cui se si ha in mente un pensiero fisso, un desiderio o un bisogno, tutto ciò in qualche modo attrarrà le soluzioni >>
Però a volte     sarà il caso , il destino  o l'imprevvedibilità    della  vita  e del suo svolgersi     succede  che   esse   capitino  .Ecco  cosa  mi  è  successo   stmattina  . 


Appena  Alzato  , oggi mi sono svegliato    un po' più  tardi  ,   di solito    a quell'ora  sono al lavoro ,     ho  ascoltato    il Tg  regionale  buongiorno  sardegna     con la  notizia  o meglio   co la   storia     della  fotografa astronomica    (  vedere   sotto )  Elena  Pinna  e   a  successiva  lettura    della  storia ( la  prima puntata  )   di  copertina   tropoprincipe (   trasposizione   fumettistica  dell'opera   Il piccolo principe \Le Petit Prince un racconto di Antoine de Saint-Exupéry  )   du    topolino   di questa settimana  (  copertina sopra   a sinoistra  )    . Infatti  il servizio di tg buongiorno regione sardegna  d'oggi 14\  ottobre ( du cui    trova  sopra  al centro  e  sotto a  sinists      due  screenshot  )  
 in cui si parla di uan fotografa sarda , Elena Pinna (  foto a  sinistra  ) 38 anni di villacidro apassionato di astronomia ed fotografia e che ha saputo trovare il carpe diem con una sua bellissima fotografia una delle tante che trovate sul suo istangram e la sua pagina facebook ) condivisa nelle storie dalla pagina NASA Artemis   ( prima   foto  sotto     al  centro  )  



   Invece  qui  sotto    la  versione    originale  

l'originale  dal  suo  istangram  

mi ha fattto , di solito inizio le mie giornate non lavorative con la lettura dei iornali , leggere per primo il fumetto in questione . Credo che andrò a rileggermi l'opera di Antoine de Saint-Exupéry e che lo regalerò per natale al nipote di nostri amici .  Cooncludo confermando   qu,anto detto da  le  nel servizio televisivo   il cielo  è di tutti  


30.9.21

l'amore vince sulla malattia , . PER CHI VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA PROPRIA VITA, E HA SMESSO DI CREDERE NELL'AMORE, la vita è tutta un film , dopo uno shock anafilattico ha ripreso in mano la sua vita CHI LAVORA CON PASSIONE, A OGNI ETÀ,

da    https://storiedeglialtri.it/  di Carmelo  Abate (  carmeloabbate@storiedeglialtri.it  oppure   https://www.facebook.com/carmeloabbate1971 )    : <<   persone semplici, pure, nel cuore e nei sentimenti. Mi fanno pensare a mia madre e a mio padre, che purtroppo non c’è più. A tutte quelle persone umili che ogni giorno, nel loro piccolo, hanno tenuto la barra dritta e hanno contribuito a rendere grande il paese in cui viviamo >> Ogni storia racconta un pezzo di vita degli altri, ma finisce per toccare corde sensibili dentro ognuno di noi. Emozioni che ci fanno sentire meno soli, e più vicini a persone che non conosciamo.


. PER CHI  VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA PROPRIA VITA, E HA SMESSO DI CREDERE NELL'AMORE
Lei è Maria. Nasce a Napoli nel 1951. Cresce in una famiglia umile, ha nove fratelli che cura come figli, appena può lascia la scuola e trova lavoro in fabbrica. Ha 16 anni, cammina per strada, incrocia gli occhi di un ragazzo che la fissa con insistenza. Piacere, mi chiamo Salvatore, scusami, ma non riuscivo a smettere di
guardarti. Maria sorride, gli stringe la mano, non la lascia più. Si sposano, in pochi anni nascono Luisa e Giuseppe. Maria si occupa dei figli e della casa, Salvatore è tutto il suo mondo. Si punzecchiano, bisticciano, poi fanno pace a passo di valzer. Maria cammina per strada vestita di tutto punto, gli uomini la guardano, Salvatore digrigna i denti, lei gli schiocca un bel bacio. Passa il tempo, i figli crescono, Maria e Salvatore riscoprono la gioia di stare insieme, viaggiano spesso, loro due, soli, mano nella mano sulle note di Celentano. È il 2009, Maria ha 58 anni, è in vacanza con la famiglia, d’improvviso si mette a urlare, dalla bocca le escono improperi e insulti. Salvatore è attonito. Amore calmati, che succede? Maria non sa, non riesce a spiegarsi, ha paura. Lui la stringe a sé. Stai tranquilla, va tutto bene. I giorni passano, Maria ha continui sbalzi d’umore, i medici fanno tante ipotesi, l’ultima è la più brutta. Alzheimer in fase avanzata. Maria si aggrappa al marito. Adesso cosa succede, che cosa ne sarà di me, di noi? Salvatore la tiene tra le sue braccia finché non si calma. Passano gli anni, Maria non riconosce più i figli, neanche i nipoti, vuole solo il marito, lo chiama, lo cerca, sempre, ovunque. Salvatore cucina i suoi piatti preferiti, impara a metterle lo smalto, fa venire il parrucchiere ogni settimana, e quando Maria ha lo sguardo lontano, le sussurra all’orecchio. Amore mio, ricordi quanto ci piaceva ballare? Maria gli fa una carezza. Come sei bello! La sua vita è tutta in quegli istanti, nei sorrisi, negli sguardi, nel ti amo sussurrato fino all’ultimo giorno della sua vita. Sono passati due anni, Salvatore ancora le parla. Ogni notte, prima di addormentarsi, la vede, corre tra le sue braccia, digrigna i denti. Maria lo guarda, gli fa il verso, e ride, ride.

guardarti. Maria sorride, gli stringe la mano, non la lascia più. Si sposano, in pochi anni nascono Luisa e Giuseppe. Maria si occupa dei figli e della casa, Salvatore è tutto il suo mondo. Si punzecchiano, bisticciano, poi fanno pace a passo di valzer. Maria cammina per strada vestita di tutto punto, gli uomini la guardano, Salvatore digrigna i denti, lei gli schiocca un bel bacio. Passa il tempo, i figli crescono, Maria e Salvatore riscoprono la gioia di stare insieme, viaggiano spesso, loro due, soli, mano nella mano sulle note di Celentano. È il 2009, Maria ha 58 anni, è in vacanza con la famiglia, d’improvviso si mette a urlare, dalla bocca le escono improperi e insulti. Salvatore è attonito. Amore calmati, che succede? Maria non sa, non riesce a spiegarsi, ha paura. Lui la stringe a sé. Stai tranquilla, va tutto bene. I giorni passano, Maria ha continui sbalzi d’umore, i medici fanno tante ipotesi, l’ultima è la più brutta. Alzheimer in fase avanzata. Maria si aggrappa al marito. Adesso cosa succede, che cosa ne sarà di me, di noi? Salvatore la tiene tra le sue braccia finché non si calma. Passano gli anni, Maria non riconosce più i figli, neanche i nipoti, vuole solo il marito, lo chiama, lo cerca, sempre, ovunque. Salvatore cucina i suoi piatti preferiti, impara a metterle lo smalto, fa venire il parrucchiere ogni settimana, e quando Maria ha lo sguardo lontano, le sussurra all’orecchio. Amore mio, ricordi quanto ci piaceva ballare? Maria gli fa una carezza. Come sei bello! La sua vita è tutta in quegli istanti, nei sorrisi, negli sguardi, nel ti amo sussurrato fino all’ultimo giorno della sua vita. Sono passati due anni, Salvatore ancora le parla. Ogni notte, prima di addormentarsi, la vede, corre tra le sue braccia, digrigna i denti. Maria lo guarda, gli fa il verso, e ride, ride.
PER CHI NON SMETTE MAI DI CREDERE NEI SOGNI
Loro sono Robin e Judith. Vivono a Francoforte, in Germania. Robin lavora come ingegnere, Judith in una radio. Sono appassionati di cinema, divorano film e serie tv. È il 2014. Robin e Judith si concedono una vacanza a Praga, camminano per la città finché trovano il punto esatto in cui è stata girata una scena di Mission Impossible. Robin fa per scattare una foto, poi si blocca. Tesoro, e se ti facessi una proposta indecente? Judith sgrana gli occhi, Robin scoppia a ridere. Tranquilla, intendevo che sarebbe divertente ritrarci nello stesso posto e nella stessa posa degli-------------
 
PER CHI CREDE CHE UN PICCOLO GESTO PUÒ CAMBIARE IL MONDO

Leah stringe i pungi, è arrabbiata da morire. Corre a casa, prende un foglio, scrive una frase a caratteri cubitali. Si piazza lungo la strada. I passanti la osservano. Ragazzina, che cosa stai facendo? Leah indica il foglio. Non si vede? Sto scioperando per il clima e l'ambiente
Leah. Vive a Kampala, in Uganda. È una bambina intelligente, curiosa. Mano nella mano con il nonno, passeggia nei boschi, ammira gli alberi, si diverte ad abbracciare i tronchi per annusarne la corteccia. Sono belli, forti, indistruttibili. Cresce, ha 14 anni, esce di casa per andare a scuola. Vede un automobilista gettare qualcosa dal finestrino. Leah gli urla dietro, poi si guarda intorno. La strada è piena zeppa di rifiuti. Come ha fatto a non accorgersene prima? Raccoglie le cartacce, le butta, ma al ritorno da scuola ne trova altre. Leah stringe i pungi, è arrabbiata da morire. Corre a casa, prende un foglio, scrive una frase a caratteri cubitali e torna indietro. Si piazza lungo la strada, in piedi, immobile. I passanti la osservano. Ragazzina, che cosa stai facendo? Leah indica il foglio. Non si vede? Sto scioperando per il clima e l’ambiente. Tutti i giorni Leah salta la scuola, gira la città, sosta agli angoli delle vie, mostra a tutti il suo cartello, parla, spiega le sue ragioni a chiunque voglia ascoltare. I genitori provano a farla ragionare. Tesoro, è molto bello quello che stai facendo, ma come la metti con lo studio? Vuoi farti bocciare? Leah li guarda indignata. Cos’è più importante, salvare il pianeta o andare a scuola? Mamma e papà sono spiazzati. I mesi passano, che piova o ci sia il sole, Leah continua a camminare con il suo cartello giallo e il suo messaggio bene in vista. Un giorno si trova a ripercorrere i vecchi sentieri che faceva con il nonno. Si guarda intorno, e ha una stretta al cuore. Che fine hanno fatto i miei bellissimi alberi? Leah piange dalla rabbia, grida, urla, poi corre in un negozio, compra dei semi e comincia a scavare. Quanti erano? Cento, duecento, mille? Costi quel che costi li ripianterà tutti. Scava come una pazza, ce l’ha a morte con il mondo intero. Dei rumori la riportano alla realtà. Leah alza gli occhi. Davanti a lei c’è un gruppetto di persone. Leah riconosce qualcuno dei volti incrociati per strada. Le sorridono. Siamo qui per darti una mano.
Scopri le altre donne che hanno superato limiti e barriere.
PER CHI SA CHE UN SORRISO VALE PIÙ DI TANTE MEDICINE

Lui è Salvatore. Nasce nel 1993 a Massa Lubrense, in Campania, tra il profumo di limoni e di salsedine. Trascorre un’infanzia spensierata, resa unica dall’amore di una famiglia verace. Ha 15 anni, conosce Alessia, un angelo dagli occhi verdi che gli ruba il cuore. Salvatore stringe la sua mano e va incontro alla vita. Si diverte a cucinare torte e paste fresche con la nonna, si iscrive alla scuola alberghiera, vuole diventare chef
È il 2014. Salvatore ha 21 anni, non si sente bene. Fa tanti esami, soffre di un grave deficit del sistema immunitario. Il medico è chiaro. Dimenticati di stare dietro ai fornelli, è troppo rischioso. Salvatore ascolta incredulo, poi crolla, si disfa in mille pezzi. Lacrime, paura, serate intere a piangere sulle panchine di fronte a Capri. Alessia lo abbraccia, lo stringe forte. Amore, tu puoi farcela, puoi cambiare vita, io sono con te, non ti lascio. Salvatore non scommetterebbe un soldo bucato su se stesso, ma si fida del suo angelo. Si iscrive a Economia, sgobba, suda, sputa sangue. Alessia è al suo fianco, sempre. Salvatore si laurea, prende un master, trova lavoro per piccole aziende locali, ottieni i primi risultati, ma la sua maledetta salute lo riporta giù. Soffre, non molla. Alessia lo sorregge nei momenti di difficoltà. Forza amore, andiamo, cambiamo vita, ricominciamo, noi due, insieme possiamo farcela. Si trasferiscono a Milano, una città grande che mette paura, soggezione. Salvatore e Alessia diventano grandi all’improvviso, stretti l’uno nelle braccia
dell’altra. Passano giorni interi a piangere in una umile cameretta, a cercare calore negli sguardi degli sconosciuti. Si sorreggono, non mollano, vanno avanti. Dopo sei anni di incertezze, arrivano le prime gioie. Firmano il mutuo, comprano la macchina, trovano un lavoro stabile e tanti amici. Oggi sono ancora lì, con gli occhi pieni di sogni, determinati e pronti a lottare. Se c’è una cosa che Salvatore ha imparato, è che l’amore è la medicina più forte. Devo tutto a te angelo mio, cuore mio, prego che il signore ti ripaghi per tutto il bene che mi hai fatto, e per la forza che continui a darmi.

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PER CHI VUOLE VIVERE LA MAGIA DEL CINEMA


attori. Judith è entusiasta. Se proprio dobbiamo, allora facciamo le cose per bene. Girano per negozi, recuperano un abito da sera, due cappotti neri, si vestono, si truccano, poi tornano sul ponte e scattano la foto. Robin è soddisfatto. Sono identico a Tom Cruise! Tornati dalla vacanza appendono la foto in salotto, la ammirano in silenzio, poi si guardano negli occhi. Stai pensando anche tu la stessa cosa? Fanno una lista dei loro film preferiti, scovano le location, pianificano le vacanze e, ciack, si gira! Volano negli Stati Uniti. Cappellino, barbetta, sguardo
crucciato, e Robin si trasforma in Forrest Gump. Raggiungono la Nuova Zelanda armati di bastoni e mantelli, solo per scoprire che la montagna di Lo Hobbit è stata ricreata al computer. Ballano a mille gradi sottozero come in La La Land, aspettano delle ore per sedersi sulla stessa panchina di Colpa delle stelle, passeggiano per il lago di Como con l’armatura ricavata da vecchie pentole. E Games of Thrones? Judith è irremovibile. Dobbiamo farlo, per forza! Impiegano giorni per realizzare l’abito di Khaleesy, una volta sul posto, si dannano per trovare la giusta angolazione, e quando finalmente è tutto pronto, ecco l’immancabile passante che sbuca dal nulla. Tutto da rifare, e risate a non finire. Ogni anno le vacanze di Robin e Judith si trasformano in una maratona cinematografica. Una volta a casa, si siedono sul divano con bibita e popcorn, riguardano le scene, sognano, ridono. È meglio di un film. Strano, folle, ma in fondo, perché no?

ambiente


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PER CHI HA IL CORAGGIO DI ALZARSI IN PIEDI E DIRE BASTA

Lei è Eunice. Nasce a Tryon, negli Stati Uniti, nel 1933. Il padre si barcamena tra mille lavori, la madre è una predicatrice religiosa. Eunice ha 6 anni, va in chiesa, ascolta il suono dell’organo, rimane stregata. Mamma, posso provare a suonarlo? Muove le mani, riproduce la canzone appena sentita. La madre è sbalordita. Figlia
mia, tutto questo da dove salta fuori? Eunice prende lezioni di pianoforte, suona Mozart, Bach, Beethoven, sogna grandi palcoscenici. Ha 10 anni, sta per esibirsi davanti alle persone più importanti della città. Ha il cuore a mille, cerca mamma e papà tra il pubblico, li saluta, poi assiste a una scena strana. I suoi genitori sono costretti a cedere il posto a una coppia di bianchi. Eunice salta in piedi, punta il dito. Non suonerò più una nota se la mia mamma e il mio papà non restano dove sono. Cala il silenzio, e l’imbarazzo. Eunice non si piega, viene accontentata. Il concerto è un grande successo, ma lei non è felice. Si sente umiliata. Giura a se stessa che diventerà la prima pianista nera di musica classica. Cresce, tenta l’ammissione in una scuola prestigiosa, gli insegnanti si congratulano. Hai talento, ma questo non è il tuo posto. Eunice piange di rabbia. Odia la sua pelle scura, è stanca di ricevere oltraggi, si fa chiamare Nina Simone e si esibisce nei nightclub. Un discografico le offre un contratto, Nina non ha niente da perdere. Suona con musicisti famosi, diventa una pianista e cantante di successo. Ma dentro di lei c’è sempre quel senso di vuoto. È il 1963. Nina ascolta una notizia sconvolgente. Quattro bambine nere sono state uccise in un attentato mentre erano a catechismo. Nina stringe il pugno, forte, fino a sanguinare. Prova rabbia, dolore, ma anche qualcosa di nuovo. Pesta le dita sul pianoforte, urla. Poi si guarda allo specchio, e sorride. Compone canzoni di protesta, canta contro il razzismo, inneggia all’uguaglianza. Riceve critiche, insulti e minacce. I suoi dischi tornano indietro spezzati in due, la carriera di Nina Simone cola a picco. Ma la piccola Eunice resta in piedi, con il dito puntato.


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Dopo lo shock anafilattico, Silvia si è affidata a un nutrizionista, e ha intrapreso un percorso psicologico che l’ha aiutata a riprendere in mano la sua vita.


Lei è Silvia. Vive a Firenze. Ha 20 anni. Si sveglia, fa per alzarsi, ma il corpo è rigido, non risponde ai comandi. Silvia si spaventa, urla. Mamma, papà, aiuto! La portano in ospedale, il medico non ci gira intorno. Signorina, lei ha la sclerosi multipla, tra dieci anni sarà in sedia a rotelle. Silvia ingoia lacrime amare, la sua vita viene sopraffatta dalle terapie e dal dolore. Nasconde a tutti la verità, ne parla solo con Roberto, il fidanzato, ma non pronuncia mai il nome della malattia. La Signora, così la chiama. Rinuncia agli amici, al lavoro, si sente un peso per tutti. Un solo desiderio la tiene in piedi, diventare madre. I medici la sconsigliano, lei tira dritto. Si aggrappa a Roberto e dopo anni di tentativi nasce la piccola Chiara. Negli occhi della sua bambina, Silvia cerca la forza di reagire, non la trova. Passano tre anni. È sera, Silvia fa la solita iniezione prima di andare a dormire, il suo corpo ha una reazione violenta, sussulta, si muove a scatti, poi d’improvviso tutto diventa buio. Silvia riapre gli occhi e si trova davanti a una scena assurda, impossibile. Il suo corpo è steso a terra, e lei lo sta osservando dall’esterno. Non prova nulla, anzi, finalmente il dolore è sparito, si sente libera, in pace. Silvia cerca la Signora. Portami via con te, basta, sono stanca. Si sente sempre più leggera, finché un pensiero le attraversa la mente. Tra qualche ora Chiara si sveglierà, cercherà la sua mamma, e piangerà tanto. Silvia si agita, gira gli occhi nella stanza. Bambina mia, figlia mia, dove sei? Qualcosa la tira verso l’alto, ma lei si oppone con tutta se stessa. Deve andare dalla sua piccola, adesso, subito. C’è una luce accecante, poi i suoi polmoni si riempiono d’aria. Silvia apre gli occhi, si guarda intorno. È tornata, è viva. Oggi Silvia ha 53 anni, da quel giorno la sua mente e il suo corpo si sono ripuliti. Ha smesso di piangersi addosso e ha ricominciato a vivere. Ha capito che il vero nemico era dentro di lei, e nel momento in cui l’ha affrontato, è tornata libera. Non è guarita, ma non è più una malata.

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. PER CHI LAVORA CON PASSIONE, A OGNI ETÀ

Linda, la figlia di Margaret, ha scritto un libro in cui racconta la storia della sua instancabile mamma.
Lei è Margaret. Nasce a Monaghan, in Irlanda del Nord. Perde la mamma quando è molto piccola, cresce con le sorelle e il papà in una casa dal tetto di paglia. Ha 5 anni, si ferma Home
Lei è Margaret. Nasce a Monaghan, in Irlanda del Nord. Perde la mamma quando è molto piccola, cresce con le sorelle e il papà in una casa dal tetto di paglia. Ha 5 anni, si ferma davanti allo specchio, guarda i suoi capelli, prende le forbici e zac, li taglia tutti. Le sorelle inorridiscono, lei sorride soddisfatta. Voglio fare la parrucchiera. Cresce, fa chilometri in bicicletta per raggiungere il salone della città. Lava i pavimenti, intanto guarda, osserva ogni gesto, impara. È il 1952. Margaret si trasferisce a Chorley, in Inghilterra. Vuole aprire il primo negozio tutto suo, ma il paese ne ha già uno, e non cercano personale. Margaret si morde le labbra, lavora come infermiera, taglia i capelli gratis alle pazienti. Durante un ballo conosce Frank, è amore a prima vista. Si sposano, poco dopo arriva la prima figlia. È il 1956. Margaret mette la sua bambina nella culla, poi sente dei rumori, guarda dalla finestra, urla. Quel benedetto salone sta finalmente chiudendo i battenti. Margaret corre in soggiorno, sistema il tavolo, uno specchio, tira fuori gli attrezzi del mestiere e appende un cartello in giardino. Capelli da Margaret. Aspetta per ore, finché dalla porta fa capolino la prima cliente. Margaret estrae le forbici. È il momento più bello della sua davanti allo specchio, guarda i suoi capelli, prende le forbici e zac, li taglia tutti. Le sorelle inorridiscono, lei sorride soddisfatta. Voglio fare la parrucchiera. Cresce, fa chilometri in bicicletta per raggiungere il salone della città. Lava i pavimenti, intanto guarda, osserva ogni gesto, impara. È il 1952. Margaret si trasferisce a Chorley, in Inghilterra. Vuole aprire il primo negozio tutto suo, ma il paese ne ha già uno, e non cercano personale. Margaret si morde le labbra, lavora come infermiera, taglia i capelli gratis alle pazienti. Durante un ballo conosce Frank, è amore a prima vista. Si sposano, poco dopo arriva la prima figlia. È il 1956. Margaret mette la sua bambina nella culla, poi sente dei rumori, guarda dalla finestra, urla. Quel benedetto salone sta finalmente chiudendo i battenti. Margaret corre in soggiorno, sistema il tavolo, uno specchio, tira fuori gli attrezzi del mestiere e appende un cartello in giardino. Capelli da Margaret. Aspetta per ore, finché dalla porta fa capolino la prima cliente. Margaret estrae le forbici. È il momento più bello della sua vita. I giorni passano, il salotto di casa è un via vai di persone, il marito si lamenta. Mica si può vivere così! Margaret promette che smetterà appena la figlia inizierà la scuola. Il primo giorno di Elementari, il marito le ricorda la promessa. Margaret annuisce. Lo so, lo so, oggi stesso annuncio la chiusura. Frank la guarda storto. Non ci provare, sei troppo brava, piuttosto concedimi di farti da assistente. Tra una piega e uno shampoo, il tempo scorre in fretta. È il 2021. Margaret annuncia con orgoglio di aver raggiunto i 65 anni di attività. Le clienti scoppiano in lacrime, sono disperate. Maggie cara, non avrai intenzione di andare in pensione, vero? Margaret sgrana gli occhi. In pensione? Ma non scherziamo! Ho 91 anni, non sono mica morta.

23.9.18

effetti collaterali della modernità L’onnipresenza delle fotografie sta spegnendo la nostra immaginazione


  le  google news  ho  trovato   quresto interessantissimo articolo  de www.lastampa.it del 23\9\2018. Da   fotogafo  insicuro 
 da  una discussione   su fb    con  un amica    del   gruppo fotografico 


******Giuse' se sai già che è pessima non pubblicarla! 
Scegli le più significative.... 
Fb non da' un premio per chi pubblica più foto...... 😉
Gestire


Rispondi2 s

Giuseppe Scano Lo so. Ma so come ho fra i contatti molti fotografi anche professionisti volevo scambiare pareri per migliorarmi
Gestire


Rispondi2 s


******* Si migliora quando c'è da migliorare.... se è da buttare è da buttare....
A maggior ragione se hai fotografi professionisti come amici devi pubblicare le foto valide....

e  compulsivo  puaura  che la prima  non piacia  all'interessato o non sia  perfetta o   rapressenti  un  attimo  diverso dal  precente  . , dico  che    tale  articolo  ha ragione  purtroppo .  Succede   quando  una cosa  diventa di massa  e    quando viene  presa  in maniera  acritica   basta  vedere   su bacheche  di stangram  e  di facebook  .

Ma  ora bado ale ciancie   e  veniamo all'articolo  

L’onnipresenza delle fotografie sta spegnendo la nostra immaginazione
Intervista allo psicoanalista Luigi Zoja, autore del libro “Vedere il vero e il falso” sulla manipolazione delle immagini

“La fotografia riassume tanto la verità quanto il suo tradimento”, scrive Luigi Zoja - psicoanalista, saggista e grande osservatore del mondo della comunicazione - nel suo ultimo libro Vedere il vero e il falso appena pubblicato da Einaudi (136 pagine, 12€; presentato oggi a Pordenonelegge). Perché le immagini vivono con una condanna intrinseca: essere immediate ma allo stesso tempo facilmente fraintendibili. O manipolabili



. Nel suo saggio, “un libro sulla fotografia, non di fotografia”, Zoja sfida il lettore a sapere oltre che a vedere. Lo fa attraverso l’analisi delle immagini-icona del XX secolo, quattro legate alla guerra e quattro che vedono protagonisti dei bambini in conflitti o tragedie umanitarie. Uno studio puntuale, ricco, coinvolgente. Soprattutto: una lettura necessaria per chi non vuole subire il ciclone delle immagini che ci circondano.


Lo scatto Raising the Flag on Iwo Jima di Joe Rosenthal, diventata uno dei simboli dello scontro tra Stati Uniti e Giappone nella Seconda guerra mondiale. Per molti anni è stata criticata per sembrare “finta”, ma è stata scattata proprio nei giorni della conquista


Nell’epoca delle fake news, il libro sembra uscire nel momento giusto. Da cosa nasce questo suo saggio?


«Ammetto che ci avevo pensato prima dell’arrivo di Trump. Avevo iniziato a raccogliere materiali durante la scrittura di Paranoia (Bollati Boringheri, 2011). Lavoravo al tema delle alterazioni dei messaggi nei mezzi di comunicazione, analizzando alcune fotografie note per capire i gradi di manipolazione che avevano subito».



LAPRESSE  Luigi Zoja al Festival di Mantova del 2015

C’è la famosa fotografia di Robert Capa sulla morte del miliziano, la fotografia dei soldati americani che issano la bandiera a Iwo Jima, e quella dei sovietici sopra il Reichstag. Come le ha scelt
e? »Ho selezionato quattro immagini di guerra e quattro che ritraggono dei bambini, cercando una simmetria tra dramma e speranza. Le fotografie della guerra sono quattro immagini iconiche, ma tutte in qualche modo vittima di manipolazione. Molte foto che noi crediamo istantanee di momenti irripetibili, in realtà sono ricostruzioni fatte in un secondo momento. Buona e mala fede si sovrappongono, a volte trasformando l’immagine in propaganda».

Il fotoritocco esiste da molto prima di Photoshop, insomma. Quand’è che la fotografia ha smesso di essere uno strumento di verità e ha iniziato a essere manipolata?


«La fotografia si è presentata al mondo come un modo per mostrare la realtà in maniera immediata. Per la prima volta si poteva fotografare una battaglia mentre era in corso, mentre prima veniva dipinta e gli artisti dovevano aspettare la fine dello scontro. Se non altro per capire chi avesse vinto. Ma la manipolazione c’è sempre stata anche nelle foto. Fin dai tempi della Guerra di secessione: per scattare erano ancora necessari lunghi tempi di esposizione quindi le scene erano ricreate, sposando soldati e persino cadaveri».



Il miliziano che muore, lo scatto più famoso di Robert Capa

Perché nel libro ha scelto solo immagini del XX secolo?


«Ci sono due ragioni principali. La prima: ho scelto di limitare il campo di studio, come si deve fare quando si affronta un lavoro di ricerca. La seconda: credo sia giusto dare alle nuove generazioni un senso della storia, mostrando loro delle immagini che raccontano un periodo che loro non dovrebbero dimenticare».

Sceglie anche di non mostrare immagini di morte, come mai?

«È vero, nel libro non ci sono immagini che ritraggono vittime e morti. Siamo bombardati da immagini sempre più violente, ma credo che sia necessario un rispetto maggiore per la morte. Lo stesso rispetto che avevano gli antichi: bisogna parlarne, ma non mostrarla direttamente».

Scattiamo più immagini di quante ne possiamo vedere, ne vediamo più di quante possiamo ricordare. Subiamo spesso i messaggi di fotografie manipolate o false. Eppure dopo due secoli dall’arrivo della fotografia dovremmo essere più educati a questo linguaggio. Perché non è così?


«Oggi c’è una vera bulimia dell’immagine. Il consumismo ha trasformato anche il mondo delle immagini: il pubblico sceglie l’immagine più godibile, come scriveva Susan Sontag. E facendo così c’è una costante inflazione, cerchiamo immagini sempre più shockanti. L’onnipresenza delle immagini ci abitua a chiedere sempre di più: nel campo dell’informazione, dei rapporti sociali e d’amore, e anche nella religione».

A cosa può portare questa deriva?


«Sempre di più la nostra immaginazione si sta impoverendo. Quando abbiamo così tanti stimoli che vengono dall’esterno, non sappiamo crearne noi dall’interno. Dobbiamo tornare ad allenare la nostra immaginazione. Da psicoanalista, io uso uno strumento tecnico molto prezioso: l’’immaginazione attiva, di origine junghiana: bisogna prendere un’immagine fissa e concentrarsi su di essa finché non si muove, finché la nostra fantasia riesce a darle un’azione. E se ci impegniamo davvero l’immagine si muove. Ma è sempre più difficile, soprattutto per i più giovani».

Cosa possiamo fare per non essere vittima delle immagini, ma riuscirle a capire e apprezzare? Quali altri strumenti abbiamo?


«Ritorno sul concetto di limite, tanto caro agli antichi greci. C’è una tendenza sempre più forte ad abolire tutti i limiti. E invece i limiti sono necessari. Servono a evitare l’indigestione e la nausea. Un sommelier non può assaggiare 50 vini in una sola serata. Noi dobbiamo guardare di meno e guardare meglio. Conoscere e non solo vedere ciò che ci circonda e ci si presenta davanti».







16.2.16

IL sale della terra [ the salt of the earth ] di Wim WEenders è ispirato dall'enciclica Laudato si di Papa Francesco o viceversa ?

  musica  consigliata


per  approfondire
il  sale  della terra   film  
testo integrale  di Laudatio si  di  Papa Francesco
critiche dai  cattolici intransigenti    I II

Dopo aver visto il bellissimo film che : <<< In mezzo a quella inutile e dannosa macchina da propaganda che è diventato il #cinema , è uno dei pochi #film che meritano di essere visti... >> ( commento al trailer ufficiale il sale della terra  di Mario Circello   ) il sale  della terra   . Un film di Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado. Titolo originale The Salt of the Earth. Documentario, durata 100 min. - Brasile, Italia, Francia 2014. 




Mi   sono  deciso  a  parlare  adesso  ( anche  se  in maniera   parziale  e non completa    )    della Laudato si'  la seconda enciclica di papa Francesco scritta nel suo terzo anno di pontificato. Benché porti la data del 24 maggio 2015, solennità di Pentecoste, il testo è stato reso pubblico solo il 18 giugno successivo.
  da  https://www.bookrepublic.it/book/
Di solito  quando sono argomenti molto contrastanti e dibattuti  , aspetto  che    cali il silenzio  e  poi onde evitare  di farmi influenzare  scelgo  di leggere o di vedere   quella determinata  opera  e  poi   ne parlo  in maniera  completa  e non parziale  . Ma il fil  di wenders , mi ha  fatto  cambiare  condotta  .
Dopo   aver    visto  il  film  ho iniziato a   leggere l'enciclica  in questione.  D'essa  mi   sembra  che  il Pontefice  francesco  abbia  visto il film  in questione  o  conosca  la biografia ed  i lavori di   di Sebastião Salgado . In  essa  non c'è  l'ambiente  ma anche  l'umanità  .
 Infatti : << L’enciclica vanta già un primato: è la prima a essere attaccata prima ancora dell’uscita.Gli ambienti della destra mondiale sono già in fermento, pronti a rinnovargli l’accusa di comunismo: dai conservatori ai lefebvriani, ai latifondisti. L'ex senatore repubblicano Usa Rick Santorum - cattolico di origine italiana e con sogni sulla Casa Bianca 2016 – è perentorio: «Bergoglio, lascia la scienza agli scienziati». È fin troppo facile rispondergli che il Papa non si camuffa da scienziato; è stato, è e resta un teologo e un pastore. I critici gli rimproverano le condanne contro il capitalismo assoluto e la dittatura del mercato. Ma sul «Washington Post» il commentatore Chris Mooney esulta perché «Francesco offre al movimento ecologista quello di cui ha bisogno: la fede» e un’anima. >> .  Inoltre  sempre    secondo http://www.lavocedeltempo.it << In sostanza il Papa pone alla base della discussione scientifico-politica un taglio  morale-religioso e le conseguenze della sua scelta saranno profondissime. La Pontificia Accademia delle Scienze afferma: «I cambiamenti climatici indotti dall'uomo sono una realtà scientifica e il loro controllo rapido è un imperativo morale e religioso per l'umanità». L’enciclica arriva cinque mesi prima della cruciale «Conferenza sul clima» di Parigi di fine novembre, che deve stabilire le misure per contenere il surriscaldamento sotto 2 gradi centigradi. Al contrario dei «Protocolli di Kyoto» - mai condivisi dall’America, dalla Cina e dall’India - Parigi 2015 persegue un accordo internazionale verso economie compatibili, a basso tasso di carbone, gas serra, sostanze inquinanti. Inoltre si spera di coinvolgere India e Cina per temperare gli effetti nefasti su oceani, atmosfera, condizioni meteo e limitare disastri, alluvioni, piogge torrenziali, siccità, migrazioni. >> Per la prima volta un’enciclica papale   è stata  presentata da una coralità di voci a significare l’impegno delle Chiese sul fronte ecologico. Interverranno il cardinale africano Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace; il metropolita di Pergamo John Zizioulas in rappresentanza del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e della Chiesa ortodossa .
Una  lettura  facile  e scorrevole   a  tuttie non soltanto " agli adetti   ai lavori  "  e  ai  soli  fedeli  . Una  enciclica  che dovrà essere letta   non solo  privatamente  ma  anche  nelle scuole  e  nelle  università  visto la sua  importanza . Infatti  Giulietto  Chiesa   : << (....)  Ma questa enciclica farà il giro del mondo comunque. E’ un’arma potente. Nelle mani 
dei poveri e dei deboli. Sarà dunque bene studiarla ed usarla nei prossimi anni perché è nei prossimi anni che si deciderà il destino del mondo.>> ( da http://www.storiavicentina.it/ più precisamente qui )  Un enciclica che ha trovato d'accordo Gad Lerner giornalista \ opinionista opposto a Giulietto Chiesa Infatti dice : << ( ... ) La portata dirompente dell'enciclica è tale da avere indotto i più autorevoli teorici del nostro modello di sviluppo a relegarla nella categoria, dal loro punto di vista irrilevante, delle utopie. Non mi spiego altrimenti il fatto che - a parte qualche eccezione negli Stati Uniti - nessuno fra i pur loquaci cantori del neoliberismo si sia preso la briga di contestarla puntualmente ( ... ) da http://www.fondoambiente.it/ più precisamente qui
Concludo invitando i detrattori di andare  a rileggersela   se l'hanno letta  o d'andare  a leggerla   se  ancora non l'hanno fatto  . Da i primi capitoli   tale enciclica  è  una estensione \ ampliamento  del concilio vaticano  II . Da  laico credente   penso che Papa Francesco  con essa voglia innovare  e svecchiare  la  chiesa   ma  ancora  non riesce  (  paura  che innovando troppo  si distruggas  metta  in  discussione  milleni  di storia dell'istituzione   della  chiesa cattolica   ed  ha paura  dei  gruppi conservatori presenti all'internodele sue stesse istituzioni  ecclesiastiche  ) . Erano anni ,   dalla  rerum novarum   di leone Leone XIII  1891  che  non si faceva un enciclica  di tale portata  . 
Questa ovviamente  è  la prima impressione , cioè un giudizio   approssimativo e parziale  .  Adesso vado a leggermi l'enciclica  e  ne scriverò  un pensiero globale .  Per  i momento  rinvio all'ascolto della colonna  sonora  del post, ovvero la canzone omonima IL sale della terra  di Luciano  Ligabue    che  è un  sintesi dell'enciclica  laudato si  e  del film di Wim Wenders

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...