Ecco , per evitare l'ennessimo attentato degli stronzi fondamentalisti e i soliti serminoni pieni d'odio generalizzato dei malpancisti \ populisti e non solo .Oltre alle consuete regole del buon senso
1) evitare generalizzazioni stupide e forvianti non sempre chi è mussulmano è necessariamente \ per forza terrorista . E' come se dicessimo che noi cattolici siamo tutti per i roghi e l'inquisizione
2) esistono nell'islam , come neele altre fedi ( compresa la nosta ) diverse correnti \ scuole di pensiero oltre a quelle fanatiche \ fondamentaliste
3) vedere nele diversi fedi anche le cose positive non solo quele negative cioè 50 e 50
ecco come fare terra bruciata senza usare bombe ed armi o finanziare dittature o i nemico
vedere la storia
"TERRORISMO ISLAMICO"
(Breve lezione di storia per chi non sa o non vuole sapere)
Sino agli anni 80 l'Afghanistan era una repubblica democratica, laica e
socialista. La religione era permessa ma non era tollerato alcun
radicalismo. Le ragazze portavano la minigonna e compivano studi
universitari. Un signore in cravatta vendeva dischi. Avevo un amico
laggiù, faceva il medico. Gli Usa, reduci dal disastro Vietnam, per pure
ragioni ideologiche (guerra fredda imperante) sobillarono
una guerriglia antigovernativa, sino a che l'Afghanistan chiese
l'intervento della Russia, nazione confinante e da sempre in strette
relazioni. A quel punto Usa e Gran Bretagna cominciarono ad armare in
modo massiccio le fazioni ribelli di stampo radicale, usando come
mediatore un saudita la cui famiglia risiedeva a Boston, Osama Bin
Lader. I guerriglieri erano addestrati in Pakistan dalla CIA. Dopo dieci
anni i russi si ritirarono, vinse la guerriglia islamica e prese il
potere la fazione più estremista, quella dei Talebani. Bin Laden fondò
Al Qaeda. L''Afganistan tornò al medioevo e sparì dalla cronaca. Il
mondo lo riscopri l'11 settembre del 2001. Il resto della storia ognuno
se la racconti come vuole, a partire dalla guerra in Iraq.
da
http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2016/07/15/http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2016/07/15/
Due Palazzi, corsi anti-Isis per chi lavora in carcere
Progetto finanziato
dall’Europa per riconoscere i detenuti fondamentalisti. Protocollo
d’intesa con il Bo per il rispetto delle diversità culturali e religiose
PADOVA. Le carceri del Triveneto si preparano per meglio affrontare la sfida contro il fondamentalismo islamico, iniziando la lotta contro il terrorismo da dietro le sbarre.
Padova è stata inclusa nel programma, finanziato dalla Comunità
europea, per evitare la radicalizzazione nelle carceri e migliorare la
valutazione del rischio. Tutti gli operatori penitenziari, di ogni
ordine e grado, saranno formati ad hoc per riconoscere gli individui a
rischio e farli desistere da posizioni estremiste. Progetto finanziato dall’Europa per riconoscere i detenuti
fondamentalisti. Tutti gli operatori penitenziari, di ogni ordine e
grado, saranno formati ad hoc per inquadrare gli individui a rischio e
farli desistere da posizioni estremiste. Lo scopo è evitare che alcuni
detenuti una volta usciti dal carcere passino dall’estremismo ideologico
all’azione violenta, trasformando le strutture di detenzione in una
palestra e un luogo di incontro
«L’obiettivo è analizzare i contesti detentivi», spiega
Angela Venezia,
direttore dell’Ufficio detenuti del Provveditorato penitenziario per il
Triveneto, «e trovare chiavi di lettura che permettano di interagire
con i soggetti, potenzialmente aggressivi, che dimostrano simpatia per
il mondo islamico. Il progetto sarà avviato con la collaborazione di un
agenzia di formazione e sarà in rete con università e dipartimenti
penitenziari esteri». In Europa la radicalizzazione è una minaccia
crescente, per questo la Commissione si è impegnata a sostenere gli
stati membri finanziando programmi di formazione per gli addetti ai
lavori del sistema giudiziario penale. Lo scopo è evitare che alcuni
detenuti una volta usciti dal carcere passino dall’estremismo ideologico
all’azione violenta, trasformando le strutture di detenzione in una
palestra e un luogo di incontro.
Un rischio che si è già trasformato in realtà in altre città come Parigi.
Amedy Coulibaly,
uno degli attentatori che ha commesso la strage di Charlie Hebdo, era
stato in carcere per rapina a mano armata e, stringendo legami con un
secondo attentatore,
Chérif Koauchi, è uscito intenzionato a portare a termine un attacco terroristico.
Attualmente circa
750 persone sono recluse al Due
Palazzi. Metà dei detenuti provengono da 60 paesi diversi. A loro è
dedicato un nuovo protocollo d’intesa per il rispetto delle diversità
religiose, che nasce tra il Dipartimento dell’amministrazione
penitenziaria del Ministero della Giustizia e il Dipartimento di
filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata (Fisppa)
dell’Università. L'iniziativa è stata presentata ieri al Bo, alla
presenza del rettore
Rosario Rizzuto, del direttore Fisppa
Vicenzo Milanesi e del provveditore
Enrico Sbriglia. «Sono coinvolti
5 ricercatori con competenze multilinguistiche», specifica Mohammed
Khalid Rhazzali, coordinatore, «sottoporremo ai detenuti stranieri
questionari di indagine, con l’obiettivo di capire come organizzare gli
spazi e i tempi per le diverse abitudini e pratiche religiose».