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2.4.21

storie dalla sardegna i nuovi sardi , sardegna e continente , OLTRE LA CRONACA


per gli amici della penisola continentali come gli chiamiamo noi che mi chiedono della Sardegna
Iniziamo con
 
   

la  storia    di   Giuseppe Cugusi che fa il pastore, ma sulla cartà d'identità non si può scrivere. Lo impedisce la burocrazia italiana per cui la professione più vecchia della storia semplicemente non esiste. Il programma automatico dell'anagrafe suggerisce "coltivatore diretto". Un altro modo per cancellare l'identità? Studiato o meno che sia, Giuseppe, non vuole accettarlo.
Scrive di lui Gianni Mura, giornalista di Repubblica: « ...I suoi pecorini si trovano da Pinchiorri a Firenze e da Beck a Roma, e fortunatamente anche nelle mie due tane milanesi. Come il whisky Laphroaig trent'anni fa, il suo pecorino affumicato e stagionato segna il radioso punto del non ritorno

gli altri sono  tratti dalla  nuova  Sardegna 


 

Nicola, il sogno di una vita sulle ali dell’aquila reale


Il giovane falconiere di Gavoi innamorato del volo libero dei rapaci

Locorra è una collina molto panoramica che sovrasta le ultime case di Gavoi. Il paesaggio è aperto, le due cime di Pizzuri sullo sfondo arricchiscono la scenografia. In una radura declinante un giovane snello e vigoroso indossa sulla mano sinistra, tesa verso l’alto, un robusto guantone di cuoio. Sul guantone è posato uno stupendo esemplare di aquila reale, possente e imponente, che urla in continuazione. Il giovane ruota con energia il braccio in avanti, lancia in volo il rapace e l’aria si carica dell’elettricità che accompagna sempre le planate della regina dei cieli. Lei è una giovane aquila reale di nove mesi; lui è Nicola, un gavoese innamorato dei rapaci. Di cognome fa Marcello, sia da parte del padre Raffaele di Sarule che della madre Franca di Gavoi.

E proprio dalla madre, che già da ragazzina raccoglieva ogni animale ferito o abbandonato, ha preso la grande passione per la natura e in particolar modo per i rapaci. Una volta il padre, esasperato dal suo desiderio di vedere l’aquila, lo portò con se nel cantiere forestale sotto Punta la Marmora, dove lavorava e dove il bambino per tutta la mattina avrebbe potuto guardare il cielo sperando di realizzare il suo sogno. Le prime esperienze dirette con i rapaci arriveranno più tardi. Molto intensa quella con un pulcino di gheppio caduto dal nido che mamma Franca allevò a casa, in assoluta libertà.
Al momento dell’involo il giovane gheppio, perfettamente in salute, andò via ma, per almeno un paio di mesi, continuò a frequentare il davanzale dove era cresciuto per cibarsi della carne posizionata lì per lui. Un altro contatto diretto fu con una poiana ardimentosa che si infilò nel pollaio della zia Filomena creando scompiglio e danno tra le galline. La zia, furiosa, entrò armata di un robusto randello decisa a fare giustizia sommaria. Fortunatamente intervenne Nicola che, con una mano parò i colpi della donna mentre con l’altra riuscì ad afferrare e portar via la poiana.
Per ampliare le sue conoscenze Nicola iniziò ben presto a frequentare la locale stazione del Corpo Forestale e l’ambulatorio del veterinario dove si recava ogni qual volta venisse portato un rapace ferito o malandato. Ma si tratta di episodi, pur se di forte coinvolgimento, sempre troppo fugaci. Nicola vuole di più, aspira al contatto diretto con il rapace e pensa alla falconeria. Appena può frequenta un corso organizzato dall’Associazione Falconieri di Eleonorae di San Gavino; pur se il corso dura solo 3 giorni, è tuttavia un primo importantissimo passo. Il resto lo faranno la sua determinazione, la pazienza infinita e la capacità di sperimentare. Dall’Associazione sangavinese prende una poiana di Harris, rapace molto diffuso nel continente americano, che per le sue qualità caratteriali ben si presta all’iniziazione dei falconieri neofiti. Finalmente un rapace sul pugno! Qualche buona lettura specialistica e via con le varie tappe necessarie per instaurare un rapporto di fiducia e di dipendenza col falco. Ma è solo il primo passo. Nicola sogna un futuro di totale convivenza con i rapaci. Chiede ed ottiene l’utilizzo dei locali di un agriturismo in disuso a Zoccai, a poca distanza dal paese, da utilizzare come giardino per tanti rapaci di diverse specie. Parte alla grande con due esemplari di gufo reale, perfetta incarnazione del fascino misterioso dei rapaci notturni, provenienti dall’allevamento austriaco di Markus Plattner. Ed ecco che brucia le tappe e dall’allevamento cecoslovacco di Vojtech Skrba arriva Zulemma (così la battezza) un pulcino di aquila reale della sottospecie daphanea . E la vita di Nicola cambia e prende i ritmi dettati dalle esigenze dell’aquilotta. Ogni momento libero dal lavoro (fa l’operaio in un caseificio) è dedicato a lei per ammansirla, nutrirla, farla salire sul pugno e iniziare a provare a farla volare. Bisogna vederli, lui e Zulemma che si guardano negli occhi, per capire l’affiatamento che li lega. E vedendo la naturale maestria con la quale questo apprendista falconiere lancia l’aquila in volo e come lei ritorna sul pugno, si rimane stupiti pensando come tutto ciò sia stato possibile in così poco tempo.




Per curiosità chiedo a Nicola come si comporta Zulemma con le altre persone. Mi guarda e il volto si trasfigura, colgo lo smarrimento e la fatica di fermare le lacrime. Capisco di aver varcato involontariamente un confine personalissimo, dove ogni parola ha un suo peso preciso. «L’unica persona da cui si lascia accarezzare è comare Maria Laura» mormora con un filo di voce. E vengo a conoscenza di una storia umana che riveste di nobiltà assoluta quanto ho visto sinora. Luigi è un ragazzino vivace, appassionato di rapaci, fan di Nicola. Sognano insieme un’Aquila da far volare. Così è quasi scontato che Luigi scelga Nicola come padrino di cresima. A volte la vita è molto crudele e Luigi muore per un tragico incidente a soli 15 anni. Per Nicola è una sofferenza terribile. E sarà proprio
questa sofferenza a spingerlo ad anticipare i tempi e prendere l’aquila pensando a lui. E quando scopre che Zulemma è nata il 4 maggio del 2020, proprio un anno esatto dal giorno della cresima di Luigi, vede un preciso segno del destino. Racconta, come stesse parlando a se stesso, che quando fa volare l’aquila a Perda Liana, sul Gennargentu o in altri posti di intensa naturalezza, dopo aver lanciato Zulemma, si distende in silenzio in assoluta solitudine e osserva la loro aquila volare; la guarda come se a farlo fossero gli occhi del suo giovane amico e magari pensa, con dolce consolazione «...deo l’isco, ses tue...», incarnando in quel leggiadro librarsi l’anima di Luigi.


31 MARZO 2021


La moglie sarda: «Il mio amore da Oscar con Riccardo, l’altro Fellini»

29.10.18

troppo nazionlismo e provincialismo in cucina o prima gli italiani anche a tavola ? il caso di Vittorio Castellani, meglio noto come Chef Kumalé, lascia La Prova del Cuoco


Risultati immagini per Chef Kumalé
 IO   sto  con Chef Kumalé  (  foto  a   destra   )  , non perchè non ami  la  cucina  italiana  e  la mia terra  .
 Ma  perchè    considero  l'identità  ( anche quellla  culinaria  )    un qualcosa  d'aperto e non di  chiuso   . Infatti  : <<  (  ...  )    il boia diventa vittima anche dopo mezz'ora \ ma la vittima diventa il boia se non ha cultura ! (...  continua  qui   )  >>.  Quindi  non vedo    niente  di male   e  " pericoloso "    se  in una  trasmissione  di     cucina    oltre  alle  classiche  ricette  italiane   ci si mettono    anche delle ricette   straniere  . perchè non    bisogna  dimenticare    che  molte  ricette regionali  sono frutto  di  contaminazione  ed  integrazione     con  vari popoli     che   prima  e    dopo   Roma    sono  presenti in  Italia  .  Ad  esempio i  carciofi alla romana  sarebbero    un piatto preso  dall'antica   comunità ebraica  .  



Prima  d'iniziare    leggi anche


Da  https://www.nanopress.it/spettacoli/

Chef Kumalé lascia La Prova del Cuoco: ‘Mi chiedono solo piatti italiani, non ci sto’
Vittorio Castellani, meglio noto come Chef Kumalé, lascia La Prova del Cuoco: 'Mi chiedono di parlare soltanto di piatti regionali italiani, escludendo il multiculturalismo a tavola. Ma io che sono un esperto di cucine del mondo non posso accettarlo'. Insomma: 'prima gli italiani' anche in cucina?


Pubblicato da Raffaele Dambra Lunedì 29 ottobre 2018



La conduttrice Elisa Isoardi durante un photocall della trasmissione La prova del cuoco / Ansa.




‘Prima gli italiani’ anche tra i fornelli? Il giornalista Vittorio Castellani alias Chef Kumalé ha lasciato La Prova del Cuoco perché, a suo dire, gli avrebbero impedito di presentare piatti etnici a vantaggio di ricette rappresentative del ‘multiregionalismo italiano’. Richiesta legittima, per carità, se non fosse che Castellani è un esperto conoscitore di cucine di ogni parte del mondo, frutto di quasi trent’anni di viaggi intercontinentali alla scoperta di sapori e culture diverse, e che quindi non ha senso chiamarlo in trasmissione per parlare di pastasciutta e parmigiana di melanzane.
Chef Kumalé ha annunciato l’addio a La Prova del Cuoco attraverso un polemico post su Facebook, spiegando che a queste condizioni la sua presenza nel programma è diventata inutile: ‘Lunedì 29 sarei dovuto tornare a La Prova del Cuoco su Rai 1, ma l’idea di andare in televisione per raccontare poco più di niente e per fare lo slalom tra termini e definizioni da evitare, ricette fusion e rivisitazioni strampalate, non fa per me’.
‘LA TRASMISSIONE PREFERISCE DARE SPAZIO AL MULTIREGIONALISMO ITALIANO PIUTTOSTO CHE AL MULTICULTURALISMO’
Poi, l’affondo: ‘Dopo avermi cercato e voluto’, ha scritto Castellani, ‘Mi hanno detto che la trasmissione preferisce dare spazio al multiregionalismo italiano piuttosto che al multiculturalismo a tavola. Come se i due contenuti non potessero convivere all’interno della stessa trasmissione’.
‘ANCHE IN CUCINA MI SEMBRA CHIARO IL CONCETTO DI SOLO GLI ITALIANI!’
In altri termini, secondo Chef Kumalé il motivo del cambio di rotta sul tipo di ricette nasconderebbe motivazioni ben più profonde, probabilmente di natura ideologica: ‘Sono preoccupato per l’aria asfittica che si respira in questo Paese, per questa forma di povertà culturale, che in modo silente ma sostanziale sta rinforzando sentimenti e scelte che reputo molto pericolose per la nostra povera Italia. Anche in cucina oramai mi sembra chiaro il concetto di ‘Solo gli Italiani!’, che rappresenta un’estensione dello slogan ‘Prima gli Italiani’.
Inutile dire che qualcuno molto malizioso ha già collegato questa nuova direzione ‘tricolore’ de La Prova del Cuoco alla presenza come conduttrice di Elisa Isoardi, guarda caso la compagna di… Matteo Salvini, uno dei massimi rappresentanti dell’identitarismo nazionale. Ma forse la scelta di puntare, in via quasi esclusiva, sulla cucina italiana è dovuta più probabilmente alla necessità di recuperare ascolti dopo un inizio zoppicante, dato che alla maggior parte dei telespettatori interessano di più i piatti nostrani.


5.7.15

l'identità ? un invenzione che si costruisce per strada . Jhumpa Lahiri Bengalese parla all'isola delle storie di Gavoi del suo primo libro scritto in italiano

‪#‎malpancisti‬ ‪#‎fallaciani‬ , ‪#‎marioadinolfiecompany‬ , ‪#‎identitàaperta #identitàchiusa

peer saperne di più
https://it.wikipedia.org/wiki/Jhumpa_Lahiri
http://www.isoladellestorie.it/  (  il festival di Gavoi citato  nell'articolo )
http://www.ioacquaesapone.it/articolo.php?id=1943





Uma  interessantissima 'intervista  ( scusate   se  il  file  è piccolo , ma  il poco tempo  15 secondi  di una  lettura  free  della  versione    telematica   del quotidiano   non t'permette  di ingrandirlo per  copiare  e catturarelo  . L''acquisterei  volentieri  se  l'unione facesse  come libero o il giornale permettesse  d'acquistarla   scalcolandoti il prezzo dal cell  o come faceva repubblica  con le sue  edizioni locali   chiamando  un numero    ed una interessante definizione d'identità . Essa dimostra quanto vado dicendo   da quasi 10  anni  cioè  da  quando  ho messo su questo  blog ed  ora  su social   ( creando risate dai teocon e neotecon leggi mario adinolfi , salvini , ferrara e i loro seguaci ) che l'identità va rimessa in discussione e trasformata da qualcosa di chiuso in qualcosa d'aperto .Solo   cosi  non rinchiudendosi   in se stessi  ma aprendosi e  contaminandosi  che  si evitano (  o quanto meno    si riducono )  le guerre  e  i cosiddetti   "scontri  di civiltà  "





unione sarda del 5\7\2015 



13.1.14

Saint-Exupèry tradotto in gallurese: «Lu principeddhu» diventa un caso

questa  si è che   diffusione del sardo   non  quella  campidanese  centrico  o  limba  comune     cioè un miscuglio fra le varianti del sardo


 fonte la nuova sardegna  cronaca  gallura  del  13\1\2014


29.12.13

C'è una Sardegna sott'acqua: «Quello che non ci raccontano»

unione sarda 29\12\2013
Di professione non fa il veggente ma qualche previsione sull'anno che verrà ce l'ha proprio sotto gli occhi. Dice che certi segnali sono evidenti, più prevedibili degli stati d'allerta della Protezione civile e purtroppo meno suggestivi di chi si ostina a guardare in rosa.Antropologo (ma anche insegnante e scrittore), Bachisio Bandinu 


è stato per poco più di un anno direttore di questo giornale. Esperienza breve, la sua. «Ero impegnato a spargere serenità in un mondo di forti contrasti, anche tra giornalisti. Non ho fatto in tempo a dare una mia impronta». Nato a Bitti settantaquattro anni fa, tre figli, è laureato in Lettere e Filosofia, specializzato alla Scuola di comunicazione sociale della Cattolica. Ha soprattutto collaborato al Corriere della Sera, allievo di Gaspare Barbiellini Amidei (col quale ha scritto un libro) e di Guglielmo Zucconi (padre del gettonatissimo Vittorio). In Lombardia c'è finito perché ad un tratto gli è venuta voglia di «conoscere l'altro universo». E l'altro universo non poteva essere che la Lombardia, in quegli anni all'avanguardia in moltissimi campi.Presa cattedra a Varese («l'aria di Milano non era il massimo per la mia gola») ha visto sbocciare la cultura della Lega, alunni tra i sedici e i diciannove anni che smaniavano «per mostrare la differenza». Bandinu li incoraggiava, li stimolava, sorrideva quando chiamavano il lago le lac e nel frattempo si interrogava sul fatto che una regione così avanzata potesse tormentarsi «a recuperare una strana identità che non aveva». Mentre lui l'identità non solo ce l'aveva ma la sentiva scorrere insieme al sangue.Sei fratelli, babbo pastore, ha scalato la vita con la caparbietà dell'alpinista
. Tornato in Sardegna nel 1990 si è tuffato nello studio della sua terra fino a diventare un intellettuale di riferimento. «In realtà, sono un cane sciolto. Nel senso che non sono legato». Vicino agli indipendentisti («ma l'indipendenza non è un obiettivo immediato»), si considera rivoluzionario nonviolento: «Il fatto è che non credo nelle riforme. La storia insegna che sono rimaste solo promesse». Dell'autonomia pensa sia stata «un'esperienza fallita» e dunque tenta di guardare un po' più in là.Nel frattempo assaggia il peggio della Sardegna; per raggiungere Cagliari dalla sua casa di
Olbia prende il treno: da quattro ore e mezzo fino a sei, velocità media 55 chilometri orari. «Ma si può nel 2013, anzi nel 2014?»La mancanza di tessere gli ha conservato autorevolezza e capacità ad andare dritto al sodo. La politica in senso stretto (leggi candidatura) non gli interessa. Preferisce guardarla dal suo personalissimo osservatorio.
Chi vincerà le elezioni regionali ?
«Il centrosinistra».
Quindi Francesca Barracciu diventa presidente?«Dalla lettura dei giornali direi proprio di sì».
L'alluvione: abbiamo alle spalle una politica criminale oltre che parassita? «L'alluvione è il risultato di una non consapevolezza. Che cos'è il territorio? Pare sia uno spazio dove si possa fare di tutto: questa, almeno, è la concezione più diffusa. Pochi comprendono che invece il territorio è un organismo vivente».
In che senso?
«Nella cultura pastorale questo problema non si poneva. È stata la cultura industriale, quella delle fabbriche, a farci capire che il territorio vive, respira, s'ammala, muore. Basti pensare a Olbia: hanno costruito una città su un'immensa palude. A comprare la piana, fetida e insalubre, è stata gente di Bitti e di Buddusò. Perfino gli animali stavano male, gli veniva su male 'e sa 'ucca. Su quelle terre sono sorti interi quartieri, condomini sterminati».
Cinque anni di giunta Cappellacci.
«Non ho una competenza specifica per poter dire con sicurezza dove Cappellacci abbia fallito. L'impressione che ho ricavato dal suo governo fatica tuttavia a prendere corpo. Non riesco a ricordare un solo provvedimento significativo, una decisione che abbia, come dire?, qualificato il suo lavoro. Vedo grigiore, accomodamento e nessun orizzonte politico».
Conclusione?
«Non è accaduto nulla che potesse portare la Sardegna fuori dalle secche della crisi. Non mi pare che Cappellacci sia riuscito a compiere niente oltre l'ordinaria amministrazione».
Che dire poi degli onorevoli ladroni?
«L'inchiesta aperta dalla procura della Repubblica di Cagliari ci mostra quale sia la mentalità, il costume, l'etica della classe politica. Appropriazioni di danaro pubblico che - in un certo mondo - sono quasi operazioni scontate, di routine. È gravissimo quello che è successo anche per un'altra ragione».
Quale?
«È un segnale, l'insegnamento di un metodo. Evidenzia la meschinità e la piccineria di tanti insospettabili. Come si fa a rubare pubblico danaro per acquistare penne stilografiche da portarsi a casa?»
I contraccolpi sono anche di carattere culturale.
«Certo. Cultura vuol dire fare, vuol dire gesti concreti, prospettare un obiettivo, favorire un cambiamento. Questa è cultura. Se invece tu perdi il tuo tempo di pubblico amministratore inseguendo quattro cosette che ti stanno intorno, stai tradendo il mandato e la tua terra. Sono stati resi noti retroscena che, non fossero tragici, sembrerebbero comici. C'è da piangere».
Un grande politico che le viene in mente?
«Ho avuto una lunga amicizia con Mario Melis, personalità decisa, forte, molto orgogliosa della sua sardità. Uomo sicuramente in gamba ma non sono in grado di dare una valutazione della sua azione politica. Un protagonista che manifestava senso della collettività e visione del futuro è stato Renato Soru».
L'ha messo fuori gioco l'Agenzia delle Entrate.
«Però continua a fare politica. Quanto poi alla vicenda dell'evasione fiscale, come in tutti i casi giudiziari ancora sospesi, è bene aspettarne la conclusione prima di tirare le somme. In ogni caso Soru è riuscito a connotarsi: per il suo carattere, la solitudine rigorosa, la capacità di comunicazione, i rapporti (spesso tempestosi) coi suoi interlocutori. Dietro tutto questo c'è un politico che ha un orizzonte, una strategia che supera le mura del cortile di casa».
Da presidente di Regione ha dovuto fare le valigie in anticipo.
«Inevitabile. I compagni di partito hanno provato ad accoltellarlo fin dal primo momento in cui ha messo piede in Giunta».
Ha un senso che si faccia da parte?
«Non spetta a me dirlo. Resto comunque dell'opinione che sia una personalità capace di creare, inventare, coinvolgere. Una personalità assai diversa da quelle che abbiamo sperimentato negli ultimi anni di politica regionale. Purtroppo ora si è chiuso in un recinto partitico e dunque ha perso la possibilità di conservarsi extra partes, fuori dai giochi».
La novità 2014 può essere Michela Murgia, lunga marcia dal romanzo alla politica.
«Passare dalla narrativa alla politica non è affatto uno strappo. Cosa significa, in fondo, raccontare la Sardegna? Significa, più ancora che scriverne, viverla giorno per giorno, condividerne i problemi, battersi per riuscire a superarli. Il romanzo, anche se finisce nelle mani di tutti, è una sorta di creatura privata, intima, il frutto dell'interiorità. La politica non è altro che il cammino di questi sentimenti verso una nuova meta: il territorio».
Don Ettore Cannavera: ci vuole un prete per salvare la Sardegna?
«Stiamo parlando di un sacerdote immerso nella società sarda, che crede in certi valori e si sforza di applicarli nella vita di tutti i giorni. D'altra parte un prete, se è prete davvero, dev'essere fortemente impegnato verso il prossimo. Don Cannavera è una figura estremamente positiva. L'ipotesi d'una sua candidatura ha avuto il pregio di mobilitare, far discutere, aiutarci a uscire dal sonno».
È corretto che lui esca dal suo ruolo per una conclamata invasione di campo?
«Non credo nei ruoli chiusi, murati da regole invalicabili».
Psd'Az: cenere fredda di un partito clientelare.
«A partire dal 1990, appena rientrato dalla Lombardia, ho seguito questo partito da vicino. E ne ho un concetto molto triste: non è stato nulla più che una pedina nei giochi per la spartizione delle poltrone. Dunque partito sardo di cosa? E poi, d'Azione: quale azione?».
Il segretario Giacomo Sanna è stato definito il becchino del Psd'Az.
«La definizione è terribile ma storicamente fondata. Di sicuro non ha portato il partito a migliorarsi, a crescere, ad avere una prospettiva».
Indipendentisti: pochi, sognatori e in ordine sparso.
«La Fondazione Sardinia ha fatto una verifica per vedere se c'erano punti in comune. La sensazione che ho ricavato dagli incontri coi rappresentanti delle varie sigle è che ognuno stia cercando un proprio spazio, personale e privato. Per qualcuno è perfino un bene che ci siano tanti gruppi: sarebbe segno di vitalità».
E invece?
«In politica se non riesci a fare massa critica non approdi da nessuna parte. L'elettore, di fronte a una miriade di partitini da zero virgola, tende ad allontanarsi».
Esiste una curva nord indipendentista che tende a idealizzare la Sardegna, raccontarla come non è mai stata?
«Una frangia di questo genere esiste certamente. Ma anche fuori dal fronte dell'indipendentismo c'è chi vuole tornare a su connottu. Non si può tornare a su connottu. E poi, quale connottu? È un fantasma mentale, un sogno regressivo che punta a recuperare un passato meraviglioso e perfetto che in realtà non c'è mai stato».
I conti col presente: sempre più disoccupati.
«A parte il dramma umano, mi pare ci sia un pessimismo diffuso. La demoralizzazione sta portando a non credere più nella lotta politica. Gli accampamenti che si susseguono sotto il Consiglio regionale sembrano trascinarsi nel segno dell'accattonaggio più che della rivendicazione. Tendono a suscitare la pietà della gente e non l'indignazione. L'operaio di un tempo, anche di un tempo recente, non c'è più».
È che siamo un popolo di truffati: basta vedere il disastro-Ottana.
«L'industrializzazione di Ottana, lo dicono gli atti di fondazione, è nata per trasformare la realtà violenta del mondo agropastorale in una cultura industriale. Le fabbriche ci dovevano liberare: ma da cosa?, dalla nostra civiltà, dal nostro modo di essere? Non bastasse, l'industria è nata con piedi d'argilla, nata per morire in tempi rapidi. Ottana è stato un disegno criminoso e premeditato».
Costa Smeralda, è il turno dell'emiro del Qatar.
«Cambieranno l'architettura, le case, le piazze, il panorama. Quando si fanno contratti politici con grandi investitori manca il coraggio di stabilire con precisione i limiti e le regole. E mai una volta che venga calcolato sul serio il tornaconto, che dev'essere altissimo, dei sardi e della Sardegna. Non si capisce purtroppo che, a differenza di quanto accade per un'industria qualunque, nel caso del turismo in gioco non c'è la sorte di un capannone ma del territorio. I risultati di questa politica sono sotto gli occhi di tutti».
Qual è la via di salvezza?
«Vi farà sorridere ma a salvarci può essere solo la cultura. Che vuol dire scuola, lavoro, artigianato. Cultura non è una parola astratta di cui riempirsi la bocca durante dibattiti e convegni: al contrario, è concretezza. Significa produrre la cultura del formaggio, del vino, delle botteghe, delle campagne. È una rivoluzione mentale».
pisano@unionesarda.it

14.11.13

viaggiare ballando la storia di Mickela Mallozzi

da http://www.lavocedinewyork.com/

  In viaggio ballando


[28 Apr 2013 | 0 Commenti | 95.960 views]


Mickela Mallozzi danza a Grotta del Turco (Foto di Bridget Palady)


OGNI Luogo ettari Una storia, e Il Modo più bello per condividerla E ATTRAVERSO la musica, la danza, l'arte, e la festa. Non Importa se ci vuole Un viaggio in aereo di 24 ore o Solamente 10 Minuti A piedi per Arrivare, la Scoperta di cultura Nuove e la mia Missione. Sono Stata Una ballerina ndr Una musicista Tutta la vita, e Vivere Come una Newyorkese km Da un pieno accessori Tutte e dovuta QUESTE forme d'Arte e Altro Ancora. Eppure, ho Ancora this fama insaziabile di assaporare OGNI cultura ATTRAVERSO la mia, in Un'autentica Tradizione Popolare, e, SOPRATTUTTO, Nel Luogo in cui si nasce. La mia Storia INIZIA venire tante, Casualmente - STAVO lavorando per un'azienda, guadagnando di piú Quanto potessi Immaginare, Sperando di Diventare Una dirigente in Un Futuro non troppo Lontano. Ero implacabile, volevo Avere Successo Nella Vita e mi identificavo negligenza Zeri Scritti sul mio STIPENDIO. DOPO alcuni Anni di Attività con l'industria musicale (il Che ha incluso also feste con rockstar e bighellonare con Celebrità also non della musica), ho sentito il Che Quel Lavoro non faceva per me. Lavorare venire mangiatoia per artisti, significazione Essere also Una baby sitter per ADULTI. Così ho DECISO di lasciare Tutto. Ed ero Ancora Giovane. Non ero Sposata, non possedevo niente (venire la maggior Parte degli Abitanti di New York), ero in Missione per trovare la mia vera Vocazione: sono nata per tariffa di Cosa a Questa Vita?



Le mie dovuto Passioni Sono Semper stato ballare e Viaggiare, in quest'ordine. Avevo tre Anni QUANDO ho iniziato la Formazione in Danza e per I Viaggi, avevo iniziato also prima. Io sono italo-americana di prima Generazione ed ho avuto la possibilita di visitare la terra lontana del Sud Italia, Quando ero Ancora Una bambina, Dai Primi Anni '80. E non solo era ONU Piacere per me, Bensi also ONU Privilegio Estremo. I Miei genitori avevano UN 'salvadanaio per l'Italia', cosi potevamo Andare a trascorrere delle Nazioni Unite Paio di Estati Nel Posto il Che Onu tempo Loro chiamavano 'casa'. Ed E Stata Molto Di Più Che Una vacanza, E Stata Una lezione di Tradizione, di lingua, cultura e storia della Mia Famiglia.
QUANDO ho frequentato l'Università a circa 16 Anni, DOPO Il mio primo Volo Transatlantico, ho DECISO di Studiare all'Estero, Nel Paese Che ho chiamato 'patria'. Fu Allora, con I Primi Viaggi veri per Conto Mio, abbandonata a me stessa, il Che Ho Contratto il 'bug del Viaggio', il Che mi ha Fatto continuare ad Esplorare.  ì Così il Che vivo Ora - Unendo le dovute maggior Parte delle Cose Che amo : Viaggiare e ballare. Insieme mi Danno Modo di Scoprire le molte, diverse ed Estremamente ricche cultura caratterizzano il Che Gli Esseri Umani. QUESTE Sono le basi, il Che ci Fanno sorridere - Le basi del celebrare Insieme, condividere musica e Movimento. QUESTE emozioni non Hanno Bisogno di Traduzione, in Nessuna lingua. Anni di Viaggi mi Hanno Fatto Capire Che Non è la DISTANZA Fisica costituisce il Che Il Viaggio.  E l'Esperienza Che ti da, il trasportarti in Un Altro Luogo, ANCHE SE potrebbe non Essere Più Lontano del Tuo Vicino di Casa. Allora unitevi a me, vi portero Nelle Mie Avventure Culturali di Tutto Il Mondo, Alla scoperta delle Tradizioni Popolari di OGNI Luogo Che visito ATTRAVERSO L'Arte, la Musica e la danza: dal Carnevale sull'isola di St. Thomas, al ballare tango a Buenos Aires, al "Contra" danza a Saratoga Springs, New York, e per celebrare La Sagra delle Regne Nel Paese natale della Mia Famiglia a Minturno, Italia!

27.10.13

spesso i musicisti più bravi sono quelli senza etichetta e chi si auto producono il caso del chitarrista roberto palmas

vedere  anche
in questa  settimana , ho ascoltato ( meno male  che  era un cd   , altrimenti avrei consumato il disco   e\o la puntina  )  i due  cd   solisti   : Lo spirito   della terra  e mani come nuvole   del chitarrista   Roberto Palmas  . Egli  sa mantenere i toni calmi e chiari, senza arrabbiarsi troppo, soffrendo ma non agonizzando. in cui Roberto intende restituire alla chitarra il meritato ruolo di protagonista che spesso le è stato sottratto. In quest'ultimo disco, firma egli stesso tutti i brani maturando l'avvicinamento alla tecnica compositiva già iniziata precedentemente.

Lo "SPIRITO DELLA TERRA" è dedicato alla memoria della grande ballerina Isadora Duncan (1877-1927), autentica pioniera della danza moderna e donna dalla personalità visionaria e trasgressiva i cui ideali sull'arte e sulla musica sono stati fonte di ispirazione nella creazione di questo disco. La pubblicazione di questo lavoro, seguita da diverse esibizioni sia da solista che con piccole formazioni, riscuote un'accoglienza molto favorevole, testimoniata da vari articoli presso la stampa, e da recensioni su alcune riviste specializzate nazionali.


Mani  come nuvole

   <> da  facebook più  precisamente  https://www.facebook.com/events/342188995910556/

 

In entrambi  i cd  Roberto    si dimostra  un chitarrista difine bravura strumentale, capace di rileggere con la sua chitarra acustica, in modo discreto ed elegante anche pagine più che famose di Villa Lobose Francisco Tarrega (rispettivamente la celeberrima Choros n.1 ,  Isabel ,Lagrima ),rendendo manifesta una vera passione rispettosa per Quique Sinesi del cui repertorio vengono riproposti ben quattro brani: Solo, Estudio para pua n.2, Cancionen nueve, Cascadas
Complessivamente  .Un  Tocco leggero, quasi di velluto,precisione nell'arpeggio e buona esecuzione in Roberto Palmas si accompagnano all'esecuzine . << la nota più interessante  di un album, tutto sommato assai gradevole e che sul piatto scivola molto bene la una bella vena compositiva. >>  (  Walter Porcedda   la nuova  02 ottobre 2002 )  .
I suoi  tre  (  io ne  ho ascoltato due  , ma  basta  ed  avanza  per  esprimere  un giudzio    globale  )  cd sono di   buon livello.  le  canzoni  più belle  ?   del  secondo  Japa, Microtango, Guardando lontano ., del primo  viaggio  , desiderio   arc  en ciel  . Ho viaggiato   tra echi latini e sardit, insomma  un pensare globale   agire locale   cioè guardare   avanti  ma  senza   gettare ialle ortiche il  proprio passato  \  la  propria  cultura   , le proprie   radici  . Indìsomma  : <<  tre piccole perle di un musicista da tenere d'occhio. >>  secondo Walter Porcedda, le  potenzialità ci sono  .
 Unica pecca  , ma  non toglie  spontaneità , freschezza , talento è che  pur  avendo   tutte le caratteristiche  , è  quello di rimanere  limitato  all'auto produzione e  ad essere senza  etichetta   e  non   andare oltre  un pubblico di nicchia  e di specialisti   Infatti per potermi  procurare  i  suoi  cd   ho dovuto fare  i salti mortali ed  grazie  a  un amico musicista    sono riuscito  a trovare la  sua associazione  e da li mi  ha  contatto lui  . Me ne serviva  solo uno  da regalare , ma lui  è stato gentilissimo   e mi  ne  ha  fatto avere  due  )  i  suoi  cd   ho dovuto fare  i salti mortali ed  grazie  a  un amico musicista    sono riuscito  a trovare la  sua associazione  e da li mi  ha  contatto lui  .
Quindi  se   riuscite  a  procurarveli non ve ne pentirete

13.7.13

luoghi comuni sulla sardegna e sul sud

proprie  mentre  ascoltavo   queste  due    canzoni (  mi scusino  i vecchi   lettori\trici   se  li rivedono  ma l'amicizia come l'amore   è offrirsi ad ascoltare lo stesso racconto  )














e mi ha fatto venire in mente questo sfogo , scritto mentre si stava passando dalla 2 alla 3 , messo sulla mia  bacheca    facebook


perchè .....  considerate la sardegna come centro quando invece conserva anche se ormai standardizzati i caratteri del sud http://www.youtube.com/watch?v=gxL4_k_Am0M che s'incontrano \scontrano come è avvenuto nella sua storia , subendone le influenze con l'africa ( punici e cartaginesi e poi l'islam ) , le repubbliche marinare ( pisa e genova ) , spagnoli ( aragonesi e spagna ) e poi , l'italia

da  cui  è nata , almeno   per  il momento   (  v'informerò   se si evolverà  )   una interessantissima discussione



Antonio Deiana La Sardegna non è centro, né sud né nord, categorie che si adattano al resto d'Italia: Nord Savoia / Asburgo, Centro regno della Chiesa, Sud Borboni semplificando e a voler tagliare con l'accetta).La Sardegna è altro: ha il proprio nord/centro/sud.Al limite, in un ottica italiana risorgimentale, è il pezzo più a sud del nord…







23.6.13

Il parigino che divenne Gristolu di Gavoi

conoscevo già in parte questa storia in quanto  la persona  in questione insegna   francese  ala facoltà di lingue  di Sassari   e ne  avevo sentito parlare in una  trasmissione rai  ( non ricordo se meditteraneo  o pass partout  )




dall'unione sarda  del 23\6\2013
Cambiare nome a qualcuno non è una cosa piccola: significa riconoscere un'essenza della sua personalità che non era compresa nel battesimo originario. Per questo mettere a qualcuno un nomignolo affettuoso o un malevolo soprannome è una confidenza che si possono permettere solo gli amici e i nemici, facce contrapposte della stessa intimità. Questo rapporto con i nomi è un retaggio di antiche civiltà convinte che nei nomi risiedesse l'essenza dell'anima delle persone e che il nome vero dovesse essere svelato agli amici e nascosto agli avversari. Avere due nomi, uno segreto e uno pubblico, era una cosa comune.Oggi di questa sacralità rimane poco, ma Christophe Thibaudeau quel poco sa cos'è. Il suo è un nome difficile da pronunciare per chi francese non è, infatti a Gavoi e a Siniscola, dove vive da trentacinque anni, nessuno lo chiama così: nel cuore dell'isola questo parigino dalla risata sismica è conosciuto semplicemente come Gristolu. La sua vicenda infrange il falso storico della costante resistenziale, quella dell'impenetrabilità culturale barbaricina, e ci racconta che siamo una nazione dall'identità aperta, dove un uomo di Parigi può ricevere il dono nobile di un nuovo battesimo e diventare persino assessore alla Cultura.

1.11.12

patria e radici

continuando il discorso del post precedente sul  4  novembre    ,  non è  assolutamente  vero che io  odio il mio paese   ecco la mia  concezione  di patria 

versione degli "Stornelli d'esilio" di Pietro Gori, interpretata da Franco Trincale nel vinile "Canti per la libertà". 

Dedicato di cuore a tutti i VERI anarchici.





le altre due  non abbiano bisogna  di spiegazione   e presentazione  , ma  comunque trovate qui  qualcosa  

invece riprendo il tema  delle radici   gia  trattato  nei post precedenti di questo  blog   lascio la  parola a Gianluca Medas   e ad un pezzo  del suo spettacolo    tenuto  a  tempio  al festival dei sapori ( 15-21 ottobre   2012  )   vedere   post  precedenti  .

Gianluca Medas -- voce narrante
Andrea Congia -- chitarra classica

È un'alleanza stretta da tempo immemore quella dell'uomo con il Vino, e in omaggio  per celebrare la storia dello squisito nettare: Lunedì 15 Ottobre, alle ore 19:00,  Gianluca Medas  ha raccontato  di quando Dioniso danzava sulla terra rivelando ai mortali il segreto dell'inebriante bevanda  .Nel 
Reading letterario si è parlato della Storia del Vino, dietro la quale sono  (  cosi come  tutti  gli antichi 


da http://sardegna-del-sud.mondodelgusto.it/ in particolare  qui  dovete trovate maggiori news  su tali collana  


sapori  e mestieri    raccolti il lavoro e la cultura dell'uomo, proponendo la rievocazione dei miti e delle leggende che riguardano questa tradizione e appoggiandosi all'accompagnamento musicale della chitarra classica di Andrea Congia.
dalla rete 
Un Racconto che si arrampica su per i tralci arricciolati, seguendo la sinuosa curva degli acini per tuffarsi nelle fini nervature delle foglie a cuore: una storia che nasce nella notte dei tempi e che rivela come la preziosa coltivazione della Vite, in Sardegna, abbia preceduto persino l'arrivo dei fenici. Bevanda euforizzante, avvolgente, inebriante, il Vino rinvigorisce l'uomo, educandolo alla moderazione: chi voglia realmente possedere lo spirito di questa bevanda divina, sentiero che apre all'uomo la strada al rapimento estatico, non può concedersi eccessi, pena la perdizione e lo smarrimento. 
Il Mito, le Leggende, gli Dèi: echi di un mondo antico raccolti e raccontati da Gianluca Medas per riscoprire un sapore e un profumo della nostra Terra, l'aroma di un patto millenario sancito con la Natura rievocato in una Storia accompagnata dal suono di una chitarra stuzzicata dal tocco di Andrea Congia.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...