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27.6.17

come ridurre criminalità e dissocupazione ed i problemi ad esso relativi .Il progetto ha luogo sull'isola-carcere dell'Arcipelago toscano, nella vigna gestita dalla famiglia (e azienda) Frescobaldi e punta a riabilitare i condannati a pene lunghe attraverso il lavoro tra i filari



Da detenuti a viticoltori: Gorgona, il vino che fa bene Il progetto ha luogo sull'isola-carcere dell'Arcipelago toscano, nella vigna gestita dalla famiglia (e azienda) Frescobaldi e punta a riabilitare i condannati a pene lunghe attraverso il lavoro tra i filari


Una bottiglia di Gorgona bianco 


Chargui e Santo si sono svegliati presto. Lavorare nelle prime ore del mattino è l'ideale, è più fresco e si fatica un po' meno. Il loro compito per la giornata è pulire, estirpando i rovi, una collinetta incolta proprio al centro di Gorgona, non distante dal porticciolo, dove ogni giorno attracca la vedetta della polizia penitenziaria che vigila sull'isola-carcere dell'Arcipelago toscano. Chargui ha 47 anni ed è tunisino adottato da Napoli, dove vive la sua famiglia, Santo è della Basilicata e di anni ne ha 36: sono due detenuti viticoltori, i più esperti dell'isola, coloro che da più tempo si dedicano alla vigna gestita da Frescobaldi.
Da detenuti a viticoltori: Gorgona, il vino che fa bene
Una vista della vigna
La famiglia toscana del vino ormai da 6 anni gestisce due ettari e mezzo di terreni demaniali vitati da cui nascono due vini, fatti interamente dai carcerati: il Gorgona bianco (Vermentino e Ansonica) e da quest'anno il Gorgona rosso (Sangiovese). Davanti a sé, Chargui e Santo hanno ancora tanti anni da scontare: a Gorgona arrivano solo detenuti condannati a pene lunghe. Ma lavorare in vigna allevia in parte il peso della libertà negata e soprattutto permette loro di imparare un mestiere.

Gorgona: il lavoro da vignaiolo di Chargui

Giorno dopo giorno, si diventa esperti, più sensibili e responsabilizzati. Quella mattina, mentre falci e zappe avanzano tra le erbacce, a un tratto gli stessi detenuti fermano i lavori: tra gli arbusti ormai secchi si intravedono delle foglie verdi a loro familiari. A mani nude, i due si fanno strada nel groviglio, ed ecco spuntare anche un tralcio. Non uno dei tanti già visti, ma più grande, più robusto: siamo di fronte a quel che resta di una vigna storica, che potrebbe avere decenni se non secoli alle spalle. In Gorgona infatti già dall'Ottocento i monaci certosini coltivavano l'uva. E chissà che quelle viti non risalgano proprio  quell'epoca. Emozionati, i detenuti  danno l'allarme all'agronomo, nonché direttore del progetto Gorgona, Federico Falossi, che a sua volta avvisa il marchese Lamberto Frescobaldi, patron dell'azienda fiorentina. Ora quelle viti saranno oggetto di studio: potrebbero avere qualcosa di importante da raccontare agli addetti ai lavori.
Da detenuti a viticoltori: Gorgona, il vino che fa bene
Lamberto Frescobaldi nella vigna
Questo è solo uno dei  miracoli a cui si può assistere sui due chilometri quadri dell'isola, che si trova a 37 km da Livorno. “Nella mia vita ho fatto gravi errori e sono deluso da me stesso – dice Chargui -  ma questa è la mia occasione: mi è stata data fiducia e io sto facendo del mio meglio per dimostrare di meritarmela ed essere all'altezza della situazione. Qui sto imparando un mestiere, quella 2017 è la  mia seconda vendemmia. Quando esco dal carcere vorrei lavorare in questo settore”. Se Chargui riuscisse a realizzare il suo sogno, non sarebbe il primo: nell'azienda livornese I Vigneti di Nugola del Gruppo Frescobaldi, diretta da Falossi, ci sono già 3-4 ex detenuti che sono stati assunti mentre un altro paio ha trovato lavoro in Nord Italia. “È questo il senso del progetto Gorgona – spiega Lamberto Frescobaldi – dare a queste persone una seconda chance nella vita. Finora, abbiamo assunto oltre cinquanta detenuti a rotazione. Ma chi pensa  che questo sia un progetto buonista si sbaglia: qui si lavora sodo, la vigna è fatica, ma i frutti si raccolgono”. E Santo è il primo a crederci: “Io ho sempre lavorato nell'agricoltura, anche prima del carcere – dice – e mi sento a mio agio in questo mondo. Sto imparando moltissimo, anno per anno. Un esempio? Ora so come si curano le malattie della vite...”. Francesco, napoletano di 30 anni, invece è un muratore e bazzica la vigna solo da pochi mesi: “Ho iniziato da zero – racconta – avere a che fare con la terra mi ha aiutato a sentirmi più responsabile. La  mia  vita è migliorata: stare all'aria aperta fa la differenza”.
Da detenuti a viticoltori: Gorgona, il vino che fa bene
Francesco, 30 anni, detenuto viticoltore
L'esperienza dei detenuti si riversa nel calice con naturalezza. E i profumi dei vini dell'isola rispecchiano la ricchezza della natura. Gorgona bianco 2016 è un vino delicato e intenso allo stesso tempo: Vermentino (presente al 70 per cento), e Ansonica (30%), regalano un ricco bouquet di profumi floreali e di frutta esotica al naso, grande acidità, sapidità e struttura in bocca.  “Un vino che sa di mare, dai sentori di ostrica”, come lo ha definito lo chef stellato Luciano Zazzeri, del ristorante La Pineta a Marina di Bibbona (Livorno).
Da detenuti a viticoltori: Gorgona, il vino che fa bene
Nicola D'Afflitto nel nuovo vigneto di Vermentino rosso
Merito dell'ottima esposizione del vigneto, incastonato in un anfiteatro naturale che, come spiega l'enologo della Frescobaldi, Nicolò D'Afflitto, è poco esposto al vento: “Un luogo molto assolato, non stressato dall'umidità, con un terroir arenario perfetto. Ma il segreto del Gorgona è un altro: è l'atmosfera unica che si respira  sull'isola, risultato di un lavoro di squadra che non ha paragoni. C'è il carcere con l'amministrazione penitenziaria, ci sono i detenuti e c'è la Frescobaldi: un gruppo solido”. E le soddisfazioni arrivano anche dal mercato: solo 4000 le bottiglie prodotte di Gorgona bianco, ma la distribuzione copre posti chiave al livello mondiale. Dai locali più rinomati della Toscana come l'Enoteca Pinchiorri a Firenze, Romano a Viareggio, Lorenzo a Forte dei Marmi all'enoteca Trimani a Roma fino ai ristoranti stellati nazionali per arrivare all'export, soprattutto negli Usa (Del Posto e Babbo del gruppo Bastianich a New York),  Hong Kong e Germania.
Da detenuti a viticoltori: Gorgona, il vino che fa bene
Gorgona bianco

Affinato in acciaio e lasciato “riposare” per qualche giorno in barrique funzionali al trasporto dall'isola alla terraferma, Gorgona bianco mantiene struttura e acquista carattere con il tempo. “Assaggiatelo tra un decennio, poi se ne riparla”, dice D'Afflitto. E l'annata 2017, nonostante la siccità, si prospetta molto interessante. Ne è convinto il direttore del progetto, Falossi: “Sarà una grande annata, il vigneto si presenta benissimo, nonostante l'acqua scarseggi a causa della siccità, ma grazie ai bacini dell'acqua piovana contiamo di colmare questa mancanza. Sono sicuro che al calice il Gorgona 2017 ci delizierà più dei precedenti. Lavorare sull'isola non è facile: il mare crea inevitabilmente una forte distanza da superare, e programmare i viaggi non sempre è agevole. Ma finora è andato sempre tutto liscio: il rapporto con i detenuti e con l'amministrazione penitenziaria è ottimo e consolidato. E il clima di collaborazione aiuta”.

Falossi: "Gorgona e una fantastica quinta vendemmia"

Al bianco da quest'anno si aggiunge il rosso: per ora 100 per cento Sangiovese, in 600 bottiglie (distribuite in Italia ai clienti più affezionati, come spiega il produttore). Ma dall'anno prossimo sarà realizzato con l'aggiunta di Vermentino rosso, appena piantato sull'isola in un nuovo vigneto vista mare di 3.300 metri quadri. Un vino che Lamberto Frescobaldi ha definito “struggente, con un bel frutto e con sentori marini, adatto all'invecchiamento”.

Merito dei detenuti, della loro passione e dell'impegno in un lavoro che è fatica ma anche professionalità. “Com'è che si dice? - si domanda il detenuto Francesco – Impara l'arte e mettila da parte...”.



18.2.14

anche il cibo ha dele storie da raccontarci ed una di queste è quella di Oscar Farinetti

vere  o false   che sia  le accuse   che gli vengono rivolte  da ilfattoquotidiano  o dal ilgiornale   ( vedere  qui)Egli a  differenza  di altri   imprenditori  pessimisti  o  arraffoni in fuga  dall'Italia  ha  avuto  coraggio   con  Eataly di investire in eccellenza .

da l'unione  sarda  Edizione di lunedì 17 febbraio 2014 - Politica Italiana (Pagina 8)
Giuseppe Deiana
Fino al 2003 vendeva frigoriferi, lavatrici e televisori. Poi ha ceduto la catena Unieuro (con lauta plusvalenza) alla britannica Dixons Retail e ha deciso di dare sfogo alle sue passioni: terra, vino, prodotti agroalimentari e tutto ciò che riguarda il made in Italy a tavola. Oscar Farinetti, 60 anni il prossimo 24 settembre, imprenditore di successo e
grande amico di Renzi (anche se ha rifiutato il ministero dell'Agricoltura), ha messo insieme un impero che conta dieci sedi tra Italia, Stati Uniti e Giappone e che nel 2017 potrebbe essere quotato in Borsa. L'obiettivo? «Raccontare ciò che mangiamo».
Il suo ultimo libro, “Storie di coraggio”, è dedicato al mondo del vino: è passione o business?
«Devono esserci entrambi. Il business non si può fare senza passione e senza emozione e allo stesso tempo, la passione da sola non va. In Italia abbiamo mille vitigni autoctoni, siamo il secondo produttore di vini al mondo, un mercato che vale 60 miliardi. La Francia ne fa 21, noi appena dieci con lo stesso numero di ettolitri».
Lei ha oggi otto cantine, tra cui quella storica di Fontanafredda, fondata da Vittorio Emanuele II.
«Sono stato fortunato nella mia vita, non avevo terreni in eredità e li ho acquistati. Ma suggerisco a tutti, anche i piccoli produttori, di ripartire dai terreni, magari da un ettaro di vigneto, sviluppandolo pian piano. Ci sono zone, come le Langhe, dove la terra è carissima, ma in tanti altri posti, compresa la Sardegna, non è così».
Perché raccontare il coraggio attraverso il vino?
«Ho usato la categoria del vino, potevo usarne molte altre, per raccontare che si può fare. Certo, c'è differenza tra Walter Massa, che è riuscito a sfondare in una povera zona del tortonese, partendo da un vitigno autoctono, e Piero Antinori, erede di 26 generazioni di produttori. Anche lui, però, ha mostrato coraggio. Si deve credere in quello che si fa e ho fiducia nei giovani. Può darsi che questo periodo di crisi faccia venire la voglia di tornare on land , alla terra madre».
Lei però non narra e basta, vende il cibo su larga scala.
«Niente si vende se non viene narrato, non ha valore aggiunto. E i francesi sono più bravi di noi. Pensi ad esempio allo champagne: non c'è ricorrenza nella quale non lo si evochi. Ecco, perché il prezzo medio è molto più alto dei nostri spumanti. Cerco di spiegare con Eataly che il nostro cibo non veniva narrato: non esiste solo la mela, ma 200 tipi e bisogna spiegare come è coltivata, come viene raccolta. Con il progetto “Vino libero” raccontiamo cosa c'è dietro il semplice bicchiere».
Quali prodotti sardi apprezza?
«Sui vini la Sardegna ha fatto progressi enormi. L'Isola ha la maggiore area coltivabile non utilizzata e quindi si può lavorare sui terreni e sui vitigni autoctoni. La Sardegna merita di essere narrata per i suoi vini, i formaggi e anche i salumi. Ho assaggiato alcuni prosciutti sardi e non hanno niente da invidiare alle eccellenze».
Quale prodotto sardo vorrebbe avere all'interno di Eataly?
«Vini ne abbiamo tanti, per esempio quelli di Gavino Sanna, che con Mesa ha fatto un grande investimento nell'Isola. Comunque possiamo migliorare. Abbiamo il pecorino che è una vera eccellenza. E la fregola è un piatto straordinario che si presta a essere cucinata in mille modi. Abbiamo iniziato a farla nei nostri ristoranti. A volte arriva un bel prosciutto sardo, ma dobbiamo dare un po' di più all'Isola. E poi c'è una tradizione enogastronomica d'eccellenza, a partire dal porceddu».
Piatti che suscitano emozioni?
«Direi proprio di sì. Ci sono perle rare che vanno raccontate. La vostra è una regione che “suona” bene nel mondo, è conosciuta e ha fama internazionale. Dovete partire da lì per sfruttare la maggiori potenzialità di espansione rispetto ad altre regioni coltivate più intensamente. È importante che non passi l'idea che nella vostra isola si possano coltivare i terreni per produrre biocarburanti».
Crede ci sia questo rischio?
«Ho paura di sì e credo debba partire da voi sardi un movimento culturale di riscossa, cercando un leader che porti sviluppo».
Un movimento che pensi locale e agisca globale, è il suo motto.
«Proprio così, è il contrario di quello che ci hanno insegnato nelle scuole di marketing: narrare la biodiversità ed essere padroni delle tradizioni locali, per poi venderle nel mondo».
Che scopo ha il suo elogio dell'imperfezione.
«È una forma di realismo: siamo imperfetti. Bisogna cercare di arrivare vicino alla perfezione, ma anche essere pronti a scendere a compromessi per fare. In Italia c'è una sproporzione enorme tra ciò che si dice e ciò che si fa. E se continuiamo ad agire come nell'ultimo ventennio, non combiniamo niente, invece bisogna accettare l'imperfezione e i compromessi».
È una condanna della vecchia classe politica?
«Esatto. Mi piace Renzi perché si pone degli obiettivi, non è polemico, gestisce la sproporzione tra il dire e il fare. E io sono per le persone che fanno, c'è gente che non combina niente da 30 e continua a stare in Parlamento».
È diventato grillino?
«La mia non è una visione grillina. C'è un confine: dopo la protesta, bisogna partire e fare le robe, accettare compromessi, mentre i grillini si fermano alla protesta. L'Italia oggi usa tanto tempo per lamentarsi e poco per costruire».
Però lei viene mal visto da una certa sinistra, per esempio perché non difende l'articolo 18.
«Questo è l'ultimo dei problemi, una cavolata. Bisogna cambiare un po' di cose e lo ha detto anche la sinistra. I posti di lavoro si ottengono con progetti e nuovi servizi, mica con l'articolo 18».
Ultima domanda: lei viene accusato da alcuni giornali di assumere precari, pagati 800 euro al mese.
«Guardi, quelli sono quotidiani scandalistici. Non è vero. Non ho mai querelato nessuno, vorrei continuare su questa linea, ma le ribadisco che non è vero e non rappresenta la stampa chi scrive falsità per vendere. Per cui a questo non rispondo».

1.11.12

patria e radici

continuando il discorso del post precedente sul  4  novembre    ,  non è  assolutamente  vero che io  odio il mio paese   ecco la mia  concezione  di patria 

versione degli "Stornelli d'esilio" di Pietro Gori, interpretata da Franco Trincale nel vinile "Canti per la libertà". 

Dedicato di cuore a tutti i VERI anarchici.





le altre due  non abbiano bisogna  di spiegazione   e presentazione  , ma  comunque trovate qui  qualcosa  

invece riprendo il tema  delle radici   gia  trattato  nei post precedenti di questo  blog   lascio la  parola a Gianluca Medas   e ad un pezzo  del suo spettacolo    tenuto  a  tempio  al festival dei sapori ( 15-21 ottobre   2012  )   vedere   post  precedenti  .

Gianluca Medas -- voce narrante
Andrea Congia -- chitarra classica

È un'alleanza stretta da tempo immemore quella dell'uomo con il Vino, e in omaggio  per celebrare la storia dello squisito nettare: Lunedì 15 Ottobre, alle ore 19:00,  Gianluca Medas  ha raccontato  di quando Dioniso danzava sulla terra rivelando ai mortali il segreto dell'inebriante bevanda  .Nel 
Reading letterario si è parlato della Storia del Vino, dietro la quale sono  (  cosi come  tutti  gli antichi 


da http://sardegna-del-sud.mondodelgusto.it/ in particolare  qui  dovete trovate maggiori news  su tali collana  


sapori  e mestieri    raccolti il lavoro e la cultura dell'uomo, proponendo la rievocazione dei miti e delle leggende che riguardano questa tradizione e appoggiandosi all'accompagnamento musicale della chitarra classica di Andrea Congia.
dalla rete 
Un Racconto che si arrampica su per i tralci arricciolati, seguendo la sinuosa curva degli acini per tuffarsi nelle fini nervature delle foglie a cuore: una storia che nasce nella notte dei tempi e che rivela come la preziosa coltivazione della Vite, in Sardegna, abbia preceduto persino l'arrivo dei fenici. Bevanda euforizzante, avvolgente, inebriante, il Vino rinvigorisce l'uomo, educandolo alla moderazione: chi voglia realmente possedere lo spirito di questa bevanda divina, sentiero che apre all'uomo la strada al rapimento estatico, non può concedersi eccessi, pena la perdizione e lo smarrimento. 
Il Mito, le Leggende, gli Dèi: echi di un mondo antico raccolti e raccontati da Gianluca Medas per riscoprire un sapore e un profumo della nostra Terra, l'aroma di un patto millenario sancito con la Natura rievocato in una Storia accompagnata dal suono di una chitarra stuzzicata dal tocco di Andrea Congia.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...