Stefano Pani( sito ufficiale ) 45 anni, originario di Orroli, è un
pittore e muralista affermato nell’isola e oltre mare, protagonista di rassegne nella Penisola e all’estero. Ha realizzato più di 300 opere, tra quadri e
murales: la protagonista è la Sardegna «la sua cultura tradizionale e arcaica», e il suo sogno è trasformare l’isola in un museo a cielo aperto
P.s non sono riuscito ad estraporarlo dal pdf e quindi riporto la schermata della pagina
“Il mare, il vento e le reti da pesca sono la mia famiglia. Ringrazio gli anziani che mi hanno aiutato a trovare la libertà” Cavallino Treporti – Ci sono uomini che, nella loro semplicità, capiscono il vero senso della vita e la affrontano ogni giorno a muso duro.
Di Agostino Cavestro ammiro la profonda conoscenza del mare, delle correnti, delle maree, del tempo che cambia imperturbabile quando sei in mezzo alle onde e devi affrontare una tempesta. È un uomo che ama il suo lavoro. Un lavoro duro che richiede fatica e che lui riesce a vivere con passione, scrivendo poesie per il suo mare.La sua è una vocazione, è il suo modo personale di dare un senso alla vita. Agostino Cavestro è un poeta-pescatore.
Lo puoi trovare in un bar di Cavallino Treporti e farti raccontare del suo pescato, oppure lo puoi trovare in laguna, immerso nell’acqua in qualsiasi stagione intento a pescare le vongole. A me ha raccontato della sua vita difficile, costruita a suon di rinunce e sofferenze.
Agostino non conosce la sua famiglia di origine, perché, appena nato, è stato abbandonato sull’isola di Pellestrina.
“Sono cresciuto in un orfanotrofio – racconta – con suore e preti. Ero piccolissimo e le violenze continue erano castighi. Scappavo dall’asilo e mi nascondevo sotto la prua delle barche da pesca: è lì che ho cominciato ad amare il mestiere di pescatore”.” Gli anziani pescatori dell’isola, vista la mia grande passione per il mare, mi hanno trasmesso tutte le loro conoscenze. Con tempo, il mare è diventata la mia vera famiglia, la mia vera casa, mi dà lavoro e mi permette di vivere in libertà”.
Ha imparato ad ascoltare gli anziani in silenzio, a riparare reti di qualsiasi tipo, a pescare con umiltà e rispetto nei confronti di chi gli insegnava le tecniche.
“Oggi, la mia famiglia è il mare. Il vento e la salsedine, tutto è famiglia”, dice.E io amo la semplicità con cui si esprime. Oggi Agostino ha più di 60 anni, vive da solo in una casa popolare di Cavallino Treporti, scrive poesie e racconti di mare. Gli piace trascorrere i pomeriggi raccontando della sua vita. Io guardo il suo mondo in silenzio, attraverso l’obiettivo della mia macchina fotografica.
Scattando, le emozioni mi arrivano più forti e mi invitano a fermare il tempo e comunicare le sensazioni di questi momenti unici irripetibili.
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Teresa Soardi, il suo volontariato in America Latina per dipingere volti, paesaggi e popoli Con la sua arte ha rappresentato la quotidianità e l’anima di tante persone in opere sacre esposte in chiese, case e luoghi di accoglienza
Linda Scuizzato
Montemezzo (Vicenza) – Per arrivare nella contrada di campagna dove vive Teresa Soardi
si guida attraverso una vallata bellissima che porta a Montemezzo, in
provincia di Vicenza. La casa della pittrice si trova esattamente di
fronte al suo studio, un vecchio fienile ristrutturato con il soffitto
alto di legno e una vetrata luminosa perfetta per dipingere. Teresa Soardi è nata a Vicenza 90 anni fa e la intervisto alcuni giorni prima del suo compleanno.
La sua passione per la pittura è iniziata da ragazzina, ricorda
sorridendo: “Ogni pezzo di carta era mio!”. Alla fine della guerra, suo padre ha deciso di farle prendere lezioni nello studio della famosa pittrice Mina Anselmi,
per capire se la sua fosse realmente una passione profonda e duratura.
Teresa si è entusiasmata e ha continuato a dipingere, diplomandosi in
arte a Venezia e tornando poi a Vincenza per insegnare educazione
artistica alle scuole medie.
Nel tempo libero ha continuato a dipingere sul cavalletto e a
sperimentare diverse tecniche di pittura. Nel 1967, suo fratello, un
frate missionario, è stato mandato in Patagonia, nell’isoletta di Porto
Aguirre, nell’arcipelago di “Las Huichas”, e Teresa ha deciso di prendere un anno di aspettativa dalla scuola per andare a fare volontariato e conoscere il Sud America. Dopo il primo anno, ha prolungato la sua permanenza fino al 1969, lasciando qualcosa di sé alle persone del luogo: la sua pittura e i suoi dipinti in cambio dell’esperienza nell’isola.
Come primo lavoro, le è stato chiesto di rappresentare la storia sacra della salvezza in una chiesetta di legno.
Aiutata dai bambini del paese, ha dipinto lo sfondo di verde, l’unico
colore presente nell’isola e quello utilizzato per dipingere le barche.
In seguito, il vescovo le ha commissionato un dipinto a Puerto Ayse’n s,
sulla terraferma. Nel 1969 Teresa è tornata a insegnare in Italia, ma il segno lasciato dal Sud America, che lei definisce la sua “seconda patria”, l’ha tenuta legata a quei luoghi, che ha continuato a visitare durante le vacanze estive.In Ecuador, Nicaragua, Perù e Brasile, ha continuato a dipingere, su commissione, opere sacre che oggi sono esposte sulle pareti delle cappelle, in chiese e case delle comunità sudamericane.
Nel 1995 Teresa è tornata in Patagonia, dove le è stato chiesto di dipingere nella cattedrale della capitale un’opera di 10×10, a forma di triangolo, con al centro un Cristo di legno, attaccato alla croce ma con le braccia alzate.
E’ stato il lavoro più grande che abbia mai realizzato, assistita da un
pittore locale appassionato di cavalli, che, onorato dall’essere stato
al suo fianco al termine della collaborazione, le ha regalato il disegno
di un cavallo su un pezzo di legno. Spesso i tre mesi di
visto turistico non erano abbastanza per terminare le opere e alcuni
dipinti venivano terminati l’anno successivo.
Fra le opere di arte sacra di Teresa Soardi ci sono ritratti di persone reali, incontrate
nei luoghi in cui ha vissuto. In uno dei dipinti del Cristo risorto, il
volto di Cristo è proprio quello di un abitante del luogo. Teresa
ricorda di aver aspettato che non ci fosse nessuno in giro per
dipingerlo, ma una bambina del paese, arrivando di corsa per ammirare
l’opera, se ne è accorta subito: “E’ uno di noi!,” ha detto,
riconoscendo il volto del noto abitante.
“Cerco di adattare la mia pittura al posto in cui mi trovo e alle persone che lo vivono”, spiega la pittrice vicentina.
Per
Teresa Soardi, la pittura non è solo ricerca artistica ma anche documentazione del sociale, denuncia politica, un modo per dare voce a mondi isolati e realtà poco conosciute, ma ricche di storia, dignità e profondità. Le sue opere sono testimonianza del lavoro nei campi,
della resilienza e della forza delle donne con il volto segnato dalle
rughe, nei loro occhi puliti e vivi. Donne dignitose alle quali la vita
non ha regalato nulla, vittime di ingiustizie che prendono vita sulle
tele e sono documento storico di quegli anni. Nelle opere di Teresa Soardi si riconosce anche un ordine
architettonico. “Mi ha sempre affascinata l’architettura e mi viene
naturale dipingere seguendo delle linee guida e la prospettiva
corretta”, spiega. “Mi sarebbe piaciuto studiare architettura,
ma non volevo lavorare nello studio di qualcun altro. Quando ero
giovane, una donna architetto faticava a trovare lavoro e quindi la
pittura ha preso il sopravvento”.
Lo studio di Teresa Soardi a Vicenza è un trionfo di tele, ritratti, mondi, colori e stili diversi:
vi sono, infatti, sia opere del periodo sudamericano, sia dipinti che
ritraggono le località venete e le montagne dell’altopiano dei Sette
Comuni. Tra i numerosi dipinti, ne noto uno con gli alberi ammassati sul dorso della montagna dopo la tempesta Vaia il 26 ottobre 2018;
un altro con le colline vicentine e i dintorni, e il più recente, che
celebra i 500 anni dal giro del mondo del navigatore vicentino Antonio
Pigafetta. Un dipinto ancora fermo sul cavalletto perché, in tempo di
Covid, non è possibile presentarlo con un evento pubblico. Quando arriva il momento di salutarci, Teresa, mi saluta mostrandomi il ricordo del suo ultimo viaggio in Patagonia, nel 2012.Quando le chiedo in quale paese vorrebbe tornare subito, risponde sorridendo: “Tutti!”.
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Giovanbattista Fiorese e il sogno di “Kroitzabeg”, l’azienda agricola che parla cimbro Uva “bacò”, bacche di ginepro e aglio orsino per sfornare pane e dolci secondo la tradizione di famiglia
Linda Scuizzato
Per raggiungere la mia meta prendo la strada che da Vicenza sale verso le colline, dopo il paese di Marostica: un panorama di ulivi e vallate si allunga dolcemente verso Lusiana, passando per la frazione di Crosara, che lascio alle mie spalle.
Sulla destra un cartello segnala l’azienda “Kroitzabeg e Le marmellate di Rosi”,
entrambe attività gestite da Giovanbattista Fiorese, con la
collaborazione della mamma, Rosella Frigo (“Rosi”). Oltrepassando
un’antica contrada, e incrociando il cammino di alcuni caprioli fra un
tornante e l’altro, raggiungo la loro casa di famiglia, che domina un
panorama mozzafiato sulle colline.
Mi accoglie prima di tutti Amos, uno staffordshire bull terrier nero,
che salta sul sedile della mia auto scodinzolando non appena apro la
porta. Giovanbattista lo segue, vestito nel suo abito tradizionale cimbro,
che indossa generalmente quando partecipa ai mercatini tradizionali e
medievali, abbinandolo a un cappello di paglia realizzato con i fastughi
del grano vernisso, ossia la lavorazione tipica della paglia di Crosara
che ha caratterizzato il territorio sin dalla fine del 1600.
Giovanbattista Fiorese, per tutti “Gioby”, ha 24 anni e, sin da
bambino, coltiva una grande passione per la farina e per gli impasti,
dolci e salati. Prima di iscriversi alla scuola alberghiera, innamorato
del disegno e la scultura, ha tentato la strada del liceo artistico, ma
si è reso conto ben presto che voleva dedicare la sua vita alla cucina, unendo arte e fornelli, ed esprimendo così al meglio la sua creatività.Ha frequentato la scuola alberghiera a Tonezza del Cimone,
proseguendo con un’esperienza di tre mesi negli Stati Uniti, al servizio
di una pasticceria francese. Ha lavorato, inoltre, in una panetteria di
Asiago e successivamente, per quattro anni, in una pasticceria a Conco.
La sua attuale azienda agricola “Kroitzabeg”, che significa “Crosara” in cimbro,
è nata un anno fa, verso la fine del 2020, proprio nella casa dove
Giovanbattista è cresciuto con la sua famiglia. Con la mamma, la sorella
e il padre, scomparso qualche anno fa.“Il legame con la nostra terra e con gli insegnamenti di mio
padre è molto forte, così come lo sono le tradizioni del mio paese di
nascita, Roana, dove la cultura cimbra è ancora molto sentita”, racconta. “Ho deciso di valorizzarla e farla conoscere attraverso la mia attività”.
La frazione vicentina di Crosara, che anticamente faceva parte della Federazione dei Sette Comuni,
è diventata comune autonomo per la tradizionale lavorazione della
paglia e, nel 1938, è stata inglobata nel comune di Marostica.
Giovanbattista Fiorese lavora in un laboratorio annesso alla storica
casa di famiglia. È una bellissima casa con panorama mozzafiato sui
colli di Marostica, circondata da 6,5 ettari di terreno tra orti,
frutteti, piantagioni e boschi di castagni. Il laboratorio, che
inizialmente era dedicato alla sola produzione di marmellate della madre
Rosy, è stato ingrandito e attrezzato ulteriormente per poter produrre
pane e dolci. Tutte le erbe e i frutti utilizzati nelle sue
ricette provengono dai suoi terreni, alcune, come le ortiche, vengono
raccolte nei boschi circostanti.
Quello che rende unico il sapore delle sue creazioni sono gli ingredienti: per la produzione di pane e dolci utilizza farine antiche biologiche di sua produzione, a basso contenuto di glutine, per ricette particolari attinge a farine di grani antichi di un mulino di sua fiducia.
L’acqua arriva invece da un’antica fonte di una contrada vicina,
a cui si accede attraverso il bosco in cinque minuti di passeggiata. Le
diverse erbe e gli ingredienti aggiunti al pane e ai dolci vengono
prodotti con metodi naturali nel suo terreno in base al susseguirsi
delle stagioni. A breve, per esempio, verrà sfornato il pane alla
castagne, un inno all’autunno.
Ho la fortuna di assistere alla preparazione e alla cottura del pane con le bacche di ginepro, l’aglio
“orsino” – così chiamato perché è il primo pasto dell’orso quando esce
dal letargo – le ortiche, famose per le loro caratteristiche curative, e
l’uva bacò. Quest’ultima, dal 2019, è entrata a far parte del patrimonio Slow Food,
l’associazione che si impegna per la difesa della biodiversità e dei
diritti dei popoli alla sovranità alimentare, battendosi contro
l’omologazione dei sapori, l’agricoltura di massa e le manipolazioni
genetiche.“Quando, nel 2002, siamo venuti ad abitare a Crosara, un
contadino, conoscente di mio padre, ha piantato alcuni butti recuperati
da piante madri antiche di uva bacò nel terreno di famiglia”, racconta Giovanbattista Fiorese. Con la pazienza, la costanza del lavoro e l’amore per la terra,
prima del padre e poi di Giovanbattista stesso, l’uva è cresciuta e, da
una sola pianta, ne sono nate altre cinquanta, che si trovano sulla
parte più alta del terreno in pendenza, una si scorge sotto uno dei
ciliegi centenari. “Lavorare la terra è dura, ma farlo, dà anche grande soddisfazione”, mi racconta “Gioby”. I prodotti dell’azienda agricola “Kroitzabeg” si
possono trovare in sede a Crosara, al panificio di Roana “Vacca strada”,
ad Asiago da “Annette”, a Bassano alla “Quinta essenza” oltre che ai
mercatini – tra i più famosi “Made in Malga”, “Formaggi in Villa”,
“Pomopero” ed eventi eno-gastronomici legati al territorio.Mentre intervisto e fotografo, il profumo di pane invade il laboratorio, e ho la fortuna di assaggiare il pane di uva bacò appena sfornato, di colore rosato per il mosto, e con il disegno della foglia di vite.
Prima di andare non posso non scattare due ritratti a Amos, seduto composto esattamente sotto il tavolo con le pagnotte appena sfornate, in attesa di qualche briciola.Una frase mi è rimasta impressa delle parole di Giovanbattista: “Prima di andare devi scoprire le tue radici, prima di andare via devi sapere da dove vieni”. Sono certa che le sue creazioni culinarie andranno lontano, ad addolcire i palati di molti buongustai.
La curiosità
Lo stemma dell’azienda agricola “Kroitzabeg” include l’albero
ritratto nei letti in ferro battuto (per rappresentare la famiglia), il
braccio di un cavaliere che afferra un’ascia (per rappresentare il
lavoro), e la pianta di canapa (una pianta forte e curativa). A
sinistra, invece, ci sono tre castagne, che nella simbologia Araldica
rappresentano valori nascosti.
I murales sono di pietra: dove l'arte è inclusiva A Lettomanoppello, in Abruzzo, le opere murali sono pensate per essere fruite anche da chi non può vederle. E per 10 giorni arrivano artisti da tutto il mondo di Francesco Collina
Bianco e nero, luce ed ombra. Questa il tema del simposio “10 giornate in pietra 2021” che si tiene dal 18 al 29 agosto a Lettomanoppello, celebre “Città della pietra” che aspira ora a diventare il primo paese addobbato con murales in pietra pensati anche per essere fruiti dai non vedenti.
All’evento partecipano 5 artisti internazionali, 2 scalpellini e altrettanti studenti dell’Accademia con il contributo dello scultore non vedente Felice Tagliaferri, ospite speciale della manifestazione.
Per questa edizione, per avvicinare le giovani generazioni alla lavorazione tradizionale della pietra calcarea della Maiella, sarà presente un laboratorio in pietra curato dallo scalpellino Enrico Iacuone dove potranno partecipare scultori, bambini, o semplici appassionati.
“L’arte è inclusiva da sempre - precisa Felice Tagliaferri - la mia missione è quella di farla realizzare da tutti perché chiunque ha qualcosa da dare agli altri”.
di Francesco Collina
immagini aeree di Andrea D'Alimonte
Il servizio è stato pubblicato su Gedi Watch,ne riporto sopra il video , il magazine digitale del Gruppo Gedi: ogni settimana il racconto di attualità e personaggi dei territori, nei reportage esclusivi firmati dai nostri videomaker. Puoi trovare tutte le puntate qui: www.gediwatch.it
sottto ulteriori news sulla manifestazione prede da quest' articolo di www.terraecuore.net/
E’ tutto pronto per l’evento che si svolgerà per 10 giorni a Lettomanoppello “Città della Pietra” della Maiella con la direzione artistica di Stefano Faccini, Il tema è: “Maiella Bianca e Maiella Nera” le due facce della montagna madre, quella ‘bianca” della lavorazione della pietra alla luce del sole da parte di scalpellini e scultori e quella “nera” dei minatori che lavoravano nelle cavità sotterranee. A questa edizione parteciperà Felice Tagliaferri, artista non vedente, di fama internazionale, per il quale l’aspetto tattile della lavorazione del marmo rivela dettagli non percepibili con il solo uso della vista. Ad affiancarlo ci saranno 5 artisti internazionali, selezionati da una giuria tecnica e popolare. Scultori di spicco nel panorama artistico italiano e straniero: Claudia Zanaga, Giuseppe Colangelo, Luca Marovino, Michele Montanaro, Yunmi Lee. Ad accompagnarli due maestri scalpellini locali, Francesco Gigante e Gianni Alberico.
E’ tutto pronto per l’evento che si svolgerà per 10 giorni a Lettomanoppello “Città della Pietra” della Maiella con la direzione artistica di Stefano Faccini, Il tema è: “Maiella Bianca e Maiella Nera” le due facce della montagna madre, quella ‘bianca” della lavorazione della pietra alla luce del sole da parte di scalpellini e scultori e quella “nera” dei minatori che lavoravano nelle cavità sotterranee. A questa edizione parteciperà Felice Tagliaferri, artista non vedente, di fama internazionale, per il quale l’aspetto tattile della lavorazione del marmo rivela dettagli non percepibili con il solo uso della vista. Ad affiancarlo ci saranno 5 artisti internazionali, selezionati da una giuria tecnica e popolare. Scultori di spicco nel panorama artistico italiano e straniero: Claudia Zanaga, Giuseppe Colangelo, Luca Marovino, Michele Montanaro, Yunmi Lee. Ad accompagnarli due maestri scalpellini locali, Francesco Gigante e Gianni Alberico. Al simposio parteciperanno con le loro opere anche due ragazzi, Giorgia Tiberio dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e Matteo Marovino dell’ Accademia di Belle Arti di Carrara. Le 9 opere realizzate saranno degli altorilievi che andranno ad addobbare il centro storico del paese e consentiranno che Lettomanoppello diventerà il primo borgo del mondo con Murales in Pietra. L’artista Giuseppe Colangelo di Castiglione Messer Marino, ha preso parte a numerose mostre e simposi internazionali di scultura. Suoi materiali d’elezione sono marmo, terracotta, legno fino ad arrivare alla pietra della Maiella che da sempre utilizza per le sue opere. Il bozzetto ideato per le 10 Giornate della Pietra e che realizzerà durante il simposio, vuole presentarsi come una suggestione attraverso la quale ogni spettatore potrà trovare una diversa chiave di lettura. La Maiella, culla di piccoli fossili, che ad ogni spacco rivela la storia della montagna facendoci comprendere come la pietra sa trattenere il tempo. E’ un’occasione per partecipare a trovare la propria visione, oltre che prendere parte a narrazione di racconti, a laboratori della pietra, a mercatini di prodotti tipici e artigianali.
Deborah è una donna di cinquant'anni che ha vissuto tante vite. Deborah è stata violentata fino a diventare prostituta dall'età di dieci anni. Deborah prese l'aids quella volta in cui trovò un uomo e lo sposò. Deborah è stata sulle copertine e in tv nei rampanti anni prima della crisi. Deborah l'hanno conosciuta in tanti, anche se lei oggi vive in una struttura dove nessun amico la va a trovare. Io invece ci sono andato perché la storia di Deborah è una storia che volevo raccontarvi. La storia di Deborah va saputa. Un grazie particolare ad "Alfaomega Associazione Volontari"
Nei tunnel di Porto Flavia, miniera vista mare Apre ai visitatori un gioiello centenario dell’ingegneria, studiato per imbarcare minerali sulle navi. Oggi offre panorami incantevoli. E un tuffo nella storia sarda di Ilenia Mura
Il paese che lavora l'argilla come gli etruschi Castelviscardo tramanda le tecniche antiche: si modella a mano, la fornace è senza elettricità. E i manufatti sono preziosi per i restauri. Come quello del tempio di Alatri di Francesco Giovannetti
La battaglia dei writer per i muri da dipingere A Genova c’è voglia di street art. E se il Comune pubblica un bando per attirare firme internazionali, gli artisti locali rivendicano spazi per esercitare la creatività di Massimiliano Salvo
L' isola di Burano è famosa per le case dei pescatori dai colori vivaci e i ristoranti informali che servono specialità di pesce della laguna. Nascosta in un vicoletto ce n'è una più colorata delle altre. È la casa di Bepi, un personaggio dal profilo surreale. Classe 1920, Giuseppe Toselli era un amante della pittura e negli anni '60 iniziò a dipingere la facciata della sua abitazione con colori sgargianti e geometrie di ogni sorta. La vera particolarità però è che la modificava praticamente ogni giorno.
Dalla sera alla mattina apparivano nuovi disegni e i colori si sommavano l'uno sull'altro. Bepi è ricordato anche per un altro motivo: la sua passione per il cinema, che lo portò a organizzare proiezioni all'aperto per i bambini. Oggi è proprio uno di quei bimbi a prendersi cura della struttura diventata un'attrazione per residenti e turisti. "Vicino all'abitazione di Bepi c'era la casa dei miei nonni - racconta Stefano Regazzo a Repubblica - Io e la mia famiglia eravamo molto affezionati a lui, così, quando Bepi è morto nel 2002, abbiamo deciso di comprare la sua casa e di ridipingere la facciata come appariva nel 1985".
lo so che convenzionalmente l'autunno inizia Nell'emisfero boreale, l'inizio dell'autunno è convenzionalmente individuato attorno al 23 settembre: in tale data, si verifica infatti l'equinozio.e durerà fino al 21 dicembre, quando avviene il solstizioinvernale. Ma la temperatura inizia a diminuire e le giornate ad accorciarsi ed gli uccelli ad intraprendere la via del ritorno e come testimoniano questi brevi versi che chiudono l'album dopo il lungo inverno dei modena City Ramblers
Ci sono storie e passioni e fuoco
e una grande aia per il raccolto
C'è il raccolto di un'altra semina prima della notte e prima del prossimo inverno
che è , una delle cose della vita e che da un senso( proprio come una famosa canzone di Vasco Rossi ) , testimoniato da questo Murales sardo da me fotografato tempo fa
Lula 5\10\2015 murales di Elena Marras con la partecipazione di : la nipote Carla Monni e Francesco Porcu versi di Giovanni Piga
Ma soprattutto a me piace pensarla diversamente dalla cultura di massa ( cioè dal 'immaginario collettivo ) inquadra l'autunno come la stagione della decadenza, dopo i calori portati dall'estate e come alcuni ( sognatori , nostalgici , utopisti ) che invece, lo vedono tratta di un periodo di rinascita o di preparazione al lungo inverno ( vedere la i versi dei Mcr ) I raccolti e le vendemmie, propri della stagione, rappresentano invece una preparazione in vista dell'inverno . Autunno, dipinto di Giuseppe Arcimboldo (Museo del Louvre, Parigi).
Una serie di ricerche condotte in America è giunta alla conclusione che le persone nate in autunno, specialmente nel mese di novembre, possano vivere più a lungo toccando anche i 100 anni.
E poi non è completamente vero che sia triste in quanto ci sono numerose feste ( alcune inventate per fare casa e guadagnarci qualche € ) ci sono numerose feste quelle più conosciute ( alcune intatte altre mercificate a voi capire quali 😎😇😉 altre non italiane ma purché tutto fa soldi ed ormai c'è un americanizzazione imperante non mancheranno , spero il più tardi possibile , anche se vedono che con Halloween li molti e molti \ defunti è venuto il contrario ) , importate in italia della stagione autunnale sono:
la festa dei nonni e il ricordo degli angeli custodi, che cadono entrambe il 2 ottobre
l'Oktoberfest, comunemente detta «festa della birra», che ha luogo tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre
il giorno del ringraziamento: essendo una festa mobile, la data precisa varia. In Canada si celebra il secondo lunedì di ottobre (settimana dall'8 al 14 ottobre), mentre negli Stati Uniti il quarto giovedì di novembre (settimana dal 22 al 28 novembre)
Ci sono persone che mettono in pratica concetti filosofici da cattedra sulla propria pelle e con semplicità' ed è questa la prima storia o storia portante del post d'oggi
Laura Galletti, 70 anni, vive in una capanna di fronte al Gazometro, a Roma, sul Lungotevere. Prima di ritrovarsi in strada ha lavorato per 30 anni come grafica pubblicitaria "ma avevo una sola certezza, non volevo certezze", racconta. Alla morte della madre e del suo compagno ha deciso di lasciare i "beni materiali e dedicarsi a Dio". Da oltre un anno sta dipingendo un murales di 20 metri: foglie, fiori e animali, che colorano il grigio argine del fiume
Strartisti di Arianna Di Cori riprese di Sonny Anzellotti e Leonardo Meuti montaggio di Mariagrazia Morrone
2 giorni fa a61 questa donna e' fantastica, secondo me il sindaco di Roma dovrebbe chiederle aiuto su come abbellire la citta', ma penso che lei potrebbe aiutare ad abbellire tutte le nostre citta' ed anche all'estero, ha una forza spirituale che ispira calma. Se in questo nostro mondo tutte le persone fossero come lei in questo pianeta vivremmo molto meglio.
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2 giorni fa Nicola Piscitelli Persona gradevole, educata, disponibile, altruista e intelligente da ammirare per la enorme capacità di amore verso ciò che è bello.
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2 giorni fa gr23gr23 Dove si osserva lo strame che il "mondo civile", fondato sull'individualismo e sull'adorazione del dio denaro, fa delle persone meritevoli.
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2 giorni fa Vincenzo Di Martino che bella persona. Che bella anima. Davvero tanto di cappello
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2 giorni fa kundalini1956 Queste persone dovrebbero essere considerate quasi dei mostri sacri di creatività, invece in un mondo all'incontrario come il nostro, sono gettati ai margini della società. Feccia come Gasparri e i suoi amici di merende impazzano e distruggono tutto ciò che toccano.
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3 giorni fa tantatanta in fondo bastan poche briciole, lo stretto indispensabile e puoi sorridere e puoi dimenticar. Ti serve solo il minimo e poi trovarlo è facile, lo stretto indispensabile quel poco che ti basta per campar. Grazie di avermi fatto sorridere, Laura Galletti
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3 giorni fa barabeke Grazie carissima Laura per insegnarci quanto si può essere felici senza avere niente, oltretutto portando bellezza e umanità nel degrado urbano. Il prossimo sindaco si dovrebbe dare da fare per costruirgli una capanna decente in quel luogo dato il servizio che rende alla comunità e al paesaggio urbano con la sua presenza. Una santa moderna.
San Benedetto del Tronto | Per ricominciare a sperare a volte basta un po’ di colore. di Martina Oddi
Coloriamo il carcere
Il comando automatico apre il cancello e passando oltre le sbarre l'ansia comincia a salire. Nel ricordo le immagini delle strutture super affollate dove si consumano abusi e violenze. Ma il carcere di Marino non ha nulla a che fare con i frame scioccanti della tv, e già varcando la soglia del cortile l'ansia lascia il posto a una sorpresa inaspettata. Entrando nella zona interna, quella che dà accesso alle aule di uso comune, tipo la lavanderia e la biblioteca, ci sono Simuno, al secoloSimone Galiè, Manu Invisible, alias Emanuele Massessi, eGiorgio Lambiase, in arte Je, i writers vincitori del concorso "coloriamo il carcere" indetto lo scorso anno dalla Provincia. Sono concentrati nelle loro evoluzioni acrobatiche con cui dominano tutta la parete, e riescono solo a dire che questa è "un'esperienza interessante mai fatta prima". Un cantiere di colori e forme ispirate alla libertà, anche per il progetto di Marta Alvear Calderon, Annalisa Accicca e LauraGaletti, le tre studentesse del Liceo artistico di Porto San Giorgio neodiplomate che partecipano all'iniziativa, supervisionata daLaura Cennini, architetto in prestito dal club Unesco. I muri spruzzati di vernice sono incisi da visi e libri, "simboli della cultura che libera le menti e nutre lo spirito, tanto da impedirti di fare errori, o di ripeterli" sottolinea Teresa Valiani, direttrice del periodico Io e caino, scritto di primo pugno dai detenuti. Nelle lingue gialle, blu, verdi e rosse che corrono lungo la parete verranno incisi messaggi dedicati al tema della libertà nei principali idiomi parlati dai detenuti: arabo, spagnolo, rumeno e albanese. I murales che prendono vita sotto le mani esperte dei writers, l'atmosfera partecipativa e serena che si respira durante i lavori, tra la curiosità dei presenti coinvolti in prima persona nella realizzazione dei disegni - come Gaston, che quando disegna " si sente libero" - sono merito della lungimiranza di Lucia DiFeliceantonio, la direttrice illuminata che ha reso la casa circondariale un'isola felice nonostante il sovraffollamento. E i calibri da 90 del 41 bis, i super reclusi della struttura che non possono entrare in contatto con nessuno e che nessuno dei detenuti o del personale, se non gli addetti alla sicurezza, possono vedere in faccia.
L'idea che la libertà sia nella testa e si alimenti di cultura si coniuga con le direttive governative orientate a rendere il carcere, nonostante la condensazione umana, un ambiente il più possibile vivibile. Per facilitare la riabilitazione e il recupero sociale dei detenuti, la cultura è lo strumento "per non smettere mai di sognare" capace di dare nuovi stimoli e far germogliare i migliori propositi. "Per uscire con la testa fuori, con i colori, e non vedere tutto in due dimensioni solo in grigio e bianco" spiega Vittorio"Perché - conclude Salvatore - camminare tra queste immagini è come immergersi in una doccia tiepida". La sorgente delle buone intenzioni.
Julien Malland è nato a Parigi nel 1972 ed ha iniziato a dipingere negli anni '90, con lo pseudonimo di Seth. In quel periodo a Parigi esplodeva la Street Art e il giovane Julien trovava in essa la sua forma di espressione più congeniale. Da allora gira il mondo dipingendo murales di grandissime dimensioni, ispirati al contesto culturale del paese in cui si trova, ma mantenendo uno stile sempre personale e riconoscibile.
I protagonisti dei suoi coloratissimi murales sono spesso dei bambini e, come la maggior parte degli street artist, Seth preferisce arricchire con i suoi disegni gli edifici tristi delle parti abbandonate delle città.
Una delle sue ultime opere si trova proprio in Italia, a Roma, nel tunnel della fermata metro Piazza di Spagna (foto in fondo alla pagina).