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22.8.24

Morte Giovanni Iannelli, condannati organizzatori gara. Il dolore del padre

Apro come di consueto il portale    msm.it\  bing   è leggo ( trovate   sotto l'articolo in questione  )   della bella notizia     finalmente un po'  di giustizia   anche se  in  primo grado   per il  padre  carlo e tutta  la  famiglia   ,della condanna    per  ora  in primo grado  , degli organizzatori   della  gara in cui  mori  il     povero    Giovanni Ianelli (  foto  a  sinistra  )   di cui   parlai    a suo tempo in questo blog   , vedere  archivio post   per i dettagli degli insabbiamenti     e le manomissioni   dei verbali  ed altro dei pezzi grossi  co relative  coperture  politico \  amministrative  .   riassumiamo   la  vicenda   per ch non volesse    andare  a  leggere  i  precedenti miei  post  compresa l'intervista  al padre   Carlo .


Il resoconto della vicenda che ha fatto seguito alla morte di Giovanni Iannelli causata dalla caduta nell'87° Circuito Molinese, a Molino dei Torti (Al), il 5 ottobre 2019 con Le  irregolarità  e  gli  insabbiamenti    e  l'orreda  vicenda  giudiziaria  penale 

     come è  morto  Giovanni  

Giovani  Ianelli  Era morto il 7 ottobre del 2019 a soli 22 anni durante una gara ciclistica in Piemonte, ora al termine del processo di primo grado il Tribunale di Alessandria ha condannato gli organizzatori a pagare agli eredi circa 1 milione e 100 mila euro di risarcimento. Il giovane ciclista dilettante di Prato, Giovanni Iannelli, era caduto nella volata finale di una corsa a Molino dei Torti, in provincia di Alessandria, ed era morto dopo 36 ore di agonia nell’ospedale della
cittadina piemontese. La vittima correva con la squadra del team Hato Green Tea Beer.
L’incidente era avvenuto il 5 ottobre all’arrivo dell’87/o Circuito Molinese: a 70 chilometri all’ora, Iannelli, dopo un contatto con altri corridori nel centro del gruppo, a 100 metri dal traguardo, era sbandato finendo contro un muro. Nel violento urto il casco è andato completamente distrutto e il ciclista pratese ha riportato gravissime lesioni. Era stato sottoposto a intervento chirurgico, ma le sue condizioni erano peggiorate e il 7 ottobre era infine deceduto

 Lo so  ,  capisco  pur non avendo figli   e non vivendo  una vicenda  simile  ,  che   è poco   visto  che i pezzi grossi ( vere  post  precedenti )   autori  di manomissioni , depistaggi  , insabbiamenti  ,    non sono stati toccati  .  Ma  è  già qualcosa  .  Infatti   credo che (  da quel oco che  ne  so  di giurisprudenza  ed  diritto )  negli altri gradi  di giudizio  possonoo venire  oltre  a conferma   di quanto già si sa  ,  ulteriori  fatti  e  prove di quanto   dice   d' anni il padre   e  degli articoli da me  riportati su  tale vergognosa  storia . Infatti  come ho  detto privatamente  al  padre   non credo  che   i condannatii  in primo grado  accettino  di fare   da capro espriatorio  per  loro .  Qui   io ci vedo rispetto a lui   un po'  d'ottimismo  e  di speranza  .
Infatti personalmente ritengo che se emergono (   anche  se  nel caso Ianelli    sono evientissime    fatevi  un gior  in  rete   per  vederlo  )  delle negligenze o delle lacune queste debbano essere prese in considerazione e sanzionate secondo gravità. E' impossibile portare il rischio a zero ma è un dovere cercare di minimizzare e dimostrare di aver adottato ogni misura per minimizzare rischi e danni. Cosa che in questa vicenda come nel recente caso di Alice Toniolli dimostra che quanto a valutazione e gestione dei rischi siamo molto superficiali.


Morte Giovanni Iannelli, condannati organizzatori gara. Il dolore del padre
di CINZIA GORLA • dal Corriere Toscano 1 ora/

PRATO 
Morte Giovanni Iannelli, il tribunale di Alessandria ha condannato in primo grado a risarcimento di 1.1 milioni gli organizzatori dell’ 87esimo Circuito Molinese in cui perse la vita Giovanni Iannelli il 7 ottobre 2019, in seguito a un tragico incidente avvenuto nella gara a Molino dei Torti, in provincia di Alessandria.
Aveva solo 22 anni Giovanni Iannelli, promessa del ciclismo di Prato. Giovanni morì in ospedale.Da allora babbo Carlo Iannelli, avvocato, si batte senza sosta per avere giustizia per suo figlio. Sempre puntando il dito. Sempre con accuse ben precise.Babbo Carlo Iannelli via social: “Questa sentenza costituisce una pietra miliare per la sicurezza dei corridori di ogni età, di ogni categoria, di oggi e di domani. La sentenza civile emessa dal giudice del tribunale di Alessandria in un certo qual modo mi fa ancora più male poiché stabilisce che la morte di mio Figlio Giovanni doveva e poteva essere evitata, che Giovanni è stato ammazzato. Inoltre, rimangono ancora tanti aspetti oscuri ed inquietanti di questa vicenda orrenda, disumana ed agghiacciante che devono essere chiariti in sede giudiziaria affinché coloro che si sono adoperati con le menzogne, con i depistaggi per coprire, per insabbiare l’omicidio di un ragazzo innocente di 22 anni vengano giustamente puniti. Per il bene di tutti”.
Poi: “Al sottoscritto, alla mia famiglia questa sentenza non interessa, non è mai interessata. Avviai la causa civile come moto di reazione alle umiliazioni che la Federciclismo stava infliggendo a mio figlio Giovanni. Al sottoscritto in particolare interessava ed interessa che venga celebrato un giusto processo per accertare la verità ed assicurare davvero la giustizia per la morte di mio figlio Giovanni. Affinché questa morte ingiusta ed evitabile serva a concentrare l’attenzione sul tema troppo spesso ignorato della sicurezza alle corse ciclistiche, serva ad evitare altri corridori morti a 144 metri dalla linea di arrivo. Affinché la vicenda giudiziaria di mio figlio Giovanni serva a fare un po’ di pulizia in questo Paese”.

5.9.22

La dolorosa battaglia di Carlo Iannelli per la verità su suo figlio Giovanni , con i social come arma


Lo so che voi lettori/lettrici  sarete stanchi di leggere ancora di questa vicenda e vorreste sentire parlare d'altro o  nuovamente d'essa aggiornata . Ma



«Lo so che faccio la figura del rompic… – esordisce Carlo Iannelli   su https://bici.pro/focus/storie/   del  4,9.2022 – non sono un leone da tastiera, ma che cosa devo fare? Quale altro strumento ho per far capire che si sta perpetrando una grave ingiustizia, coprendo non solo chi è stato chiamato in causa, negando la possibilità di arrivare alla verità?».






quindi è per questo nonostante ne abbia parlato a più riprese queste pagine continuo a parlarne riportando l'articolo di Gabriele Gentili  04.09.2022 su https://bici.pro/focus/storie/

7 ottobre 2019. Quel giorno finisce, troppo troppo presto, la vita di Giovanni Iannelli, promettente corridore pratese vittima di una caduta all’87° Circuito Molinese di Molino dei Torti, gara under 23 in provincia di Alessandria. Quel giorno finisce anche la vita, per come era stata fino ad allora dedicata alla famiglia, al lavoro, al sostegno della passione del figlio, per Carlo Iannelli, avvocato toscano (padre e figlio sono insieme nella foto di apertura).

Iannelli correva per la Uniontrade-Cipriani e Gestri. Era un buono sprinter con doti di passista
La vita strappata a 22 anni
Ne inizia un’altra, che si tramuta ben presto in una lotta quotidiana, interminabile, per rendere giustizia a suo figlio. Un autentico inferno, fatto di aule di tribunale, carte bollate, documenti su documenti, un labirinto che non porta mai da nessuna parte.
Giovanni muore a 22 anni. Cade in volata, finisce contro un pilastro di mattoni, a meno di 150 metri dal traguardo. Le immagini tv, le foto scattate (in rete sono ancora disponibili) dimostrano chiaramente che pur essendo una gara nazionale (come se questo dovesse fare la differenza) non ci sono protezioni adeguate. Quelle protezioni minime necessarie per gestire in sicurezza un evento ciclistico, neanche le transenne se non per gli ultimi 40 metri.
La vicenda prende subito una piega strana: il rapporto dei Carabinieri segnala il loro arrivo sul luogo dell’incidente alle 16,15, la gara si conclude alle 16,24… Non vengono fatti rilievi, misurazioni, non vengono scattate foto né sentiti testimoni tra cui gli altri ciclisti coinvolti nella caduta. Sul verbale si scrive che Giovanni è caduto in maniera autonoma per l’alta velocità, in fase di sorpasso di altri corridori. Il rapporto della giudice di gara segnala che il corridore è stato “incauto”.

Il successo di Iannelli alla Coppa Caivano, seconda vittoria nel 2014

  Sempre   secondo   l'articolo   il  padre  Carlo   ha   dovuto  e  sta  subendo   un cammino    di umiliazioni

Questa è solo la prima umiliazione che deve subire Carlo. Nel corso dei mesi, delle udienze, delle arringhe ne arrivano tante altre, affermazioni  ciniche   e  poco rispettose   che fanno rabbrividire come quella dell’avvocato difensore del Comune di Molino dei Torti (chiamato a rispondere in sede penale insieme alla società organizzatrice, ai due direttori di corsa, presidente di giuria e Comitato Regionale Piemontese della Fci):



 «I genitori hanno altri figli e i nonni altri nipoti».

A tre anni di distanza, Carlo è provato, ma non domo: «Due anni dopo è arrivata l’archiviazione da parte della giudice di Alessandria – dice – negando così la possibilità di un processo. Ho percorso mille altre vie legali per far riaprire il caso, trovando spesso porte chiuse e, quando anche qualcuno si rendeva conto di quanto stava accadendo, si scontrava con il classico muro di gomma. Ricorsi rigettati senza neanche essere esaminati nel merito, appena ricevuti. Ma io non mi arrendo, lo devo alla memoria di mio figlio».
La vita di Carlo, che ha sempre vissuto nel ciclismo, da presidente di società a giudice di gara, affiancando quella sua passione al lavoro e corroborandola al seguito di suo figlio Giovanni, passa attraverso due binari. Uno è il costante impegno in sede legale per riuscire ad avere un processo dove finalmente si possa quantomeno discutere di quel che avvenne quel maledetto pomeriggio. L’altro passa attraverso i social.
Molti avranno fatto caso che su Facebook come su Instagram, sotto moltissimi post ciclistici ma anche di altri argomenti, compare Carlo che pubblica gli aggiornamenti su come sta andando la sua battaglia legale. Per certi versi sembra un novello Don Chisciotte, con uno smartphone al posto della lancia, unica arma per combattere uno status quo granitico.

Carlo Iannelli con in braccio Giovanni vicino a Marco Pantani. 

  Conconcordo   pur  non  avendo  conosciuto     solo telefonicamente     e via  email  il pare    con il  fatto       riportato   sempre  dall'articolo in  questione   che  

La sua storia per certi versi ricorda la tenacia con cui Mamma Tonina ha continuato a lottare, giorno dopo giorno, per arrivare alla verità sulla morte di suo figlio Marco Pantani.
«Io ho iniziato ad andare in bici guardando Marco – dice – custodisco in ufficio una foto con lui, mio fratello e Giovanni da bambino. Sono pienamente convinto che dietro la sua morte e le sue vicende precedenti ci sia stato un complotto, ma le similitudini si fermano qui, le circostanze sono troppo diverse».
Il dolore che traspare a ogni sua parola, tanto sofferta quanto soppesata, si mischia alla tenerezza alla domanda su chi fosse Giovanni Iannelli.
«Un ragazzo d’oro, corridore esemplare, che interpretava questo sport con una passione enorme, ma senza cedere mai a nessuna lusinga, a qualsiasi scorciatoia. Si era tesserato a 5 anni, ancor prima di avere l’età per gareggiare da bambino. Ha fatto tutta la trafila, ha iniziato a vincere al primo anno junior, vicino a Signa, battendo in un colpo il campione toscano Baldini e quello italiano Trippi.La 

La sua unica convocazione in azzurro fu a Roubaix, un’emozione enorme
«Un giorno al suo diesse Mirco Musetti arrivò la chiamata di Rino De Candido, selezionatore della nazionale juniores: voleva Giovanni per la Parigi-Roubaix di categoria. Mio figlio si ritrovò in squadra con Ganna, Affini, Plebani. Era entusiasta. In gara forò dopo 40 chilometri perdendo il treno giusto, ma volle finirla a tutti i costi, anche se fuori tempo massimo».
Il 7 ottobre saranno tre anni che Giovanni non c’è più. Carlo continua la sua battaglia: «Chiedo solo che un magistrato abbia il coraggio di andare contro il sistema, di esaminare tutte le carte. Di capire che quel giorno sono state commesse gravi mancanze che hanno portato alla morte di mio figlio e che le stesse sono state artatamente coperte. Io continuerò a lottare e a raccontare la mia battaglia».

ora      quando troverete i suoi commenti in fondo a qualsiasi post, o post   che mette  sulla mia bacheca   , credo   che  li guarderete in modo diverso…ed  non vi lamenterete  più  se   ripeterò sempre  la  sua  storia  e credo  che   che    condividerete    e  denuncerete   questo crimine giudiziario compiuto sulla pelle di un ragazzo Esemplare di un corridore Esemplare di 22 anni con la complicità con il concorso in primis della Federciclismo e quindi delle altre istituzioni sportive e non di questo Paese

24.5.22

CAPACI 1992-2022 LA MEMORIA È UTILE: NON PER IL POTERE, MA PER I CITTADINI CHE MERITANO LA VERITÀ


leggi   anche  
https://www.tpi.it/cronaca/buchi-indagini-strage-capaci-tracce-mai-seguire-20220519900778/


Ma  come di solito tu  sei molto puntuale , mi direte  ,  ed  in certi casi  anticipi     ma stavolta  arrivi tardi  . Vero  , ma  poiché  , Gli anniversari soprattutto  quelli come  questi  sono materia friabile e

delicata. Essenziali nella costruzione e disciplina della memoria, eppure, e insieme, permeabili al rischio di trasformare la ritualità del ricordo in un simulacro. A maggior ragione quello   del  cratere di Capaci e sulla devastazione di via D'Amelio, acme della stagione stragista di Cosa nostra e punto di svolta della nostra storia repubblicana. Infatti 

  da  il fatto  quotidiano del  22\5\2022


A essere sinceri fino alla brutalità, dobbiamo ammettere che le commemorazioni per le stragi del 1992-’93 sono un rito stanco, ripetitivo, vuoto, noioso, inconcludente. Perché allora dedicare quattro pagine speciali del Fatto al 30° anniversario dell’assassinio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro? Perché forse, in questa Povera Patria, esiste ancora qualcuno che non lo trova inutile. Ma dev’essere un ben strano soggetto. Guardiamoci intorno. La Sicilia e Palermo stanno per tornare nelle grinfie di Dell’utri e Cuffaro. FI, fondata e guidata da un signore tuttora indagato come mandante delle stragi, è al governo senza che nessuno ricordi quell’agghiacciante indagine, neppure quando l’indagato è candidato dal centrodestra al Quirinale. I pochi pm rimasti a scavare nei rapporti fra mafia e politica, come Gratteri, vengono sistematicamente sabotati e scavalcati, mentre fanno carriera i normalizzatori. La Consulta smantella, con la complicità di governo e Parlamento, il 41-bis e l’ergastolo ostativo: le due armi che, insieme ai pentiti, ci hanno consentito di sapere quel poco che sappiamo sulle stragi. Da otto mesi si attende la motivazione della sentenza d’appello che assolve i colletti bianchi per la trattativa Stato-mafia. Tra un mese si voterà su un referendum per riportare i condannati nelle istituzioni; e si terranno Amministrative al buio, senza che l’antimafia indichi per tempo i candidati impresentabili. Eppure restiamo fra i pochi temerari a pensare che la memoria sia utile. Non per i piani alti del Potere, dediti alla più lurida restaurazione. Ma per quelli bassi: i cittadini che, non avendo nulla da chiedere, da guadagnare e da perdere dai poteri criminali, possono permettersi il lusso di conoscere e cercare la verità. La verità sulle stragi in parte la sappiamo e in parte la intuiamo da quello che non sappiamo. È una verità tridimensionale che si estende in profondità a uomini e apparati politico-istituzionali, anche se troppe sentenze e ricostruzioni la appiattiscono a storia di bassa macelleria criminale.

Io  non avrei saputo   dirlo meglio   sia perchè   ero , anche   se  ricordo  benissimo  il  fatto di  Capaci /   come  quello di Via d'Amelio   )  e  cosa  stavo facendo quando   appresi la  notizia  e   vidi quelli   immagini agghiaccianti   , avevo  16  anni ,   della figura  fi  Giovanni Falcone   ho solo  ricordi non miei  ma  mediati  da : giornali ,  tv  ,   familiari . E  poi  come  dimostra   il link sopra  è  un caso ancora aperto 

9.2.20

Bibiano se la destra strumentalizzava la sinistra getta fumo negli occhi

concordo     con quanto  ha  detto su  twitter




Ci si domanda perché un settimanale con una lunga storia di articoli e inchieste pubblichi un lavoro così.

Nulla di quello che viene riportato qui ha a che vedere con l'inchiesta della Procura di Reggio Emilia

E' solo una difesa dei servizi sociali sotto indagine. https://twitter.com/espressonline/status/1226045498487922688 
Ancora non c'è stato nessun processo, e gli indagati hanno il sacrosanto diritto di difendersi.

Ma qui ci sono chilometri di intercettazioni che tutti hanno sentito. E c'è una storia professionale di alcuni indagati che diverse inchieste giornalistiche stanno riportando a galla

infatti come ho già detto  retweetando    rilanciando    tale   intervento    sul mio twitter : « Mi sembra ad una prima lettura   dal web  »

 La piazza della Repubblica a Bibbiano, davanti al municipio, si raggiunge percorrendo in sequenza due strade alberate con case a tre piani, che si chiamano rispettivamente via Lenin e via Gramsci. La toponomastica è il sigillo sul passato rosso di questa terra. È in questa piazza anonima che Matteo Salvini ha chiuso la sua campagna elettorale per le regionali, nel pomeriggio glaciale del 23 gennaio: Bibbiano usato come una clava per distruggere le ambizioni del Pd, che qui e in tutta l’Emilia ha ereditato il potere dal Pci. Il paese medaglia d’oro per i 22 mesi di Resistenza, terra di asili e scuole celebrate come modello, diventato l’orrore fatto sistema. La patria dei demoni. Dominata dal “partito di Bibbiano” che qui comanda dall’alba della Repubblica.Bibbiano, la storia sconosciuta dei bambini abusatiL’Espresso è tornato a Bibbiano. Dopo la tempesta. Tornata la quiete, passate le elezioni, i comizi e le contromanifestazioni, restano loro: i bambini. Perché di certo in questa storia c’è solo la loro sofferenza. Sono loro le vittime, comunque vada a finire l’indagine. Vite già fragili, contese, abusate. E poi infrante dall’onda mediatica e dallo sciacallaggio politico. La propaganda che ha usato ogni mezzo, esibendo sui palchi dei comizi i loro drammi e le loro ferite. Ma Bibbiano è davvero un girone dell’inferno? È soltanto l’incarnazione di un sistema che per fame di profitto strappa i figli ai genitori biologici? O è anche un luogo in cui molti minori sono stati effettivamente abusati? Storie, per esempio, non conteggiate nell’inchiesta della procura di Reggio Emilia, che mira, invece, solo a dimostrare l’esistenza di un business sugli affidi.  [  ...   continua  qui  su   sul  sito  dell'espresso   ] 

Veleno. Una storia vera - Pablo Trincia - copertina
 «  una difesa a priori, il che  mi fa pensare che sotto ci sia molto ma molto di più e la paura che venga tutto a galla e davvero tanta. Ma allo stesso tempo un invito a non generalizzare  (  vedere    twitter   sotto   di  un  assistente  sociale  onesta  )   . leggerò  l'articolo    cartaceo    poi darò un giudizio globale »  Per il momento  m'attengo  a quello che dice  Pablo Trinca   la  cui  obbiettività   su tali vicende  sembra  essere  confermata   dall'inchiesta  " veleno  " (  l'antefatto  visto  che    alcuni protagonisti  sono gli stessi  dei fatti di Bibbiano  )    prima  in podcast    sul sito  di repubblica    e  poi  in  libro  dallo stesso  titolo   foto  a sinistra  ) . Inchieste di ottimo livello, forse il libro risulta un po' meno appassionante della versione audio (disponibile sul sito di repubblica), dove di possono sentire le registrazioni originali che risultano sicuramente più coinvolgenti, ma certamente Trincia riesce a trattare un caso di cronaca nera estremamente controverso in un modo tutto sommato molto delicato ed umano.
Concludo   con questo    twitter  tratto  dai suoi commenti

Non posso leggere l'articolo,ma sono un'assistente sociale e immagino la difesa autoreferenziale della categoria, la stessa che fa l'ordine professionale.Invece io la ringrazio per "Veleno",e insisto col dire che la miglior difesa del nostro lavoro è denunciare,non nascondere.


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...