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10.2.25

se proprio vogliamo una menoria condivisa sul 10 febbraio \ giorno del ricordo ricordiamo quello che è stato a 360 gradi non solo quello che ci fa comodo

 Oggi   10 febbraio   giorno del ricordo     si celebra giustamente  le foibe  e  l'esodo   \  sradicamento     delle  polazioni italiane   o  miste   vista  la  situazione  tipica  di confini come  quelli    dove   convivevano  tra  alti e bassi    e si mescolavano \  contaminavano  etnie   diverse    fino all'esplodere   \  all'esacerbarsi    ne  nazionalismi ed  arrivare    alle brutture    delle  pulizia   etnica  . Ma   che altro dire   su  tali eventi    che  non sia  già stato detto  o  scritto   ,  che  non sia  solo retorica   nazionalista  \  patriottarda ?  Io nel mio  piccolo  posso   solo   ripetere  quanto  già  detto , da  quando  ho messo   su  il  blog  (  prima  con  splinder  poi  con  blogger )   ed in  particolare    in quest'ultimo post   scritto  di  qualche  fa   ,  quello  che da  fastidio    a  coloro  che vogliono    celebrando tali eventi   a senso  unico   e  solo  in  parte  ,  sminuendo  e  accusando   chi  fa  il  contrario   di negazionismo  \    giustificazionismo    oscurando il resto     delle  vicende 
Quindi  posso  lottare  finchè    sia  ricordato     tutto  la  pulizia  etnica   e  l'italianizzazione     forzata   e  la  cancellazione    etnica    e  le  brutalità  con i  nazisti   


 non  solo     i  crimini    del  foibe  e    del regime  di  Tito .Per  e  per  parafrasare  la  mia  patria  di Sabina  Guzzanti ( qui il testo  integrale  )   le vele al vento del mio pensiero al finche' quel vento resisterà'  e   soffierà  ancora  (   canzone   di  Pierangelo  Bertoli )   lottare  affinché   non si  speculi  con  la  scusa  di  trovare  una  memoria  condivisa  su  tali  vicende   cosi   dolorose e  "  divisive  " e   ancora   per  la politica  della  guerra  fredda   \  congiura  del silenzio  e    degli italiani  brava  gente   (  url  )   . Ma  sopraqttutto  non   siano   ogetto   propagandistico   e usato   cone  speculazione  politica  contro  gli  avversari ( destra )  e  negazionista     e  giustificazionista    con distruzione   e deturpamento  di  monumenti  e sacrari   con vergognose  scritte  





  Quindi   ho  già  detto   tutto  quello  che dovevo  dire  .   Che  altro  aggiungere    quindi ?    se  non  



oppure    visto  che  zitto non  riesco  a stare     segnalando  ( è  dell'anno  scorso ma  l'ho  scoperto  solo  oggi  )    un ottimo lavoro letterario e musicale  scevro     quasi  del tutto  dalla  retorica  patriottarda  e  nazionalista  ma  carico  di  nostalgia     esodo   



di Chiara  atzeni   qui la  sua  pagina   facebook  o  con  una  bellissima  testimonianza   da  sinistra   perché    l'esodo e lo sradicamento     da quelle    terre    riguarda  tutti e  non guarda  in faccia  nessuno

  da  

  • Il Fatto Quotidiano
  • » Adriano Sansa


  • Foibe, la memoria sia almeno giusta: tutto va ricordato e nulla giustificato

    Sono nato a Pola; il nonno era medico a Dignano: morì d’infarto in quei giorni tremendi. Fummo costretti dalle minacce e dal terrore di Tito a lasciare la nostra terra. Passammo tempi di angustie. Poi i miei genitori ricominciarono, senza troppi lamenti. Si riunivano con altri esuli ogni anno a cantare il “Va pensiero”. Ma ancora dopo decenni altri profughi meno fortunati vivevano in squallide caserme fra corde tese a separare con qualche coperta le famiglie.

    Al principio l’italia non fu sempre generosa. Il Partito comunista subiva l’egemonia sovietica, simpatizzava per Tito; gli esuli furono stoltamente chiamati fascisti, talvolta insultati e molestati. Paradossalmente il fascistume seguace del corresponsabile del loro dramma fece mostra di difenderli. Per molti anni non si parlò onestamente della tragedia istriana e dalmata.

    Tuttora, nonostante il Giorno del ricordo, e anzi proprio in questa occasione, certe analisi sono inquinate dall’ideologia. I crimini del fascismo, la persecuzione della popolazione slava richiedono giustamente una memoria e possono spiegare in parte la ferocia dei titini, le foibe, la sostituzione etnica che ne seguì. Ma non le giustificano. Gli eventi pur connessi della storia esigono uno ad uno un giudizio. Gli istriani patirono tremende crudeltà, violenze, sevizie di ogni sorta.

    Le ultime parole di mia madre furono “perché devo morir cussi’ lontan?”. Nata a Lussino, cresciuta tra Trieste e Pola, aveva insegnato nella minuscola isola di Unie. Per tanti esuli il Giorno del ricordo arriva tardi: che sia almeno giusto.


    buona celebrazione a  tutti\e 


    10.2.24

    perchè le foibe ed l'esodo fanno parte della nostra storia ma ancora non sono digerite e assimilate e vengono ancora usate come strumento ideologico

     Oggi  10  febbraio   che  altro   dire  altre  a quello che  ho  già  riportato nel precedente post o  a quanto    detto  nella  bella  puntata del 9\2\2024    della   trasmissione rai   di passato e presente    dove   con lo storico  

      da  https://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Rumici


    Guido Rumici (Gorizia, 27 settembre 1959) è uno storico e saggista italiano. Studioso della storia del confine orientale italiano ed esperto di storia della Venezia Giulia e della Dalmazia, Rumici è autore di numerosi saggi sull'argomento, cui ha dedicato più di un decennio di ricerche e documentazione.Professore di Economia aziendale e di Storia ed Economia regionale, Rumici è cultore di Diritto dell'Unione Europea e di Diritto Comunitario presso l'Università di Genova nonché relatore e conferenziere per conto dell'Università Popolare di Trieste e su mandato del Ministero degli Affari Esteri nelle Comunità degli Italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia. Giornalista, è autore di volumi divulgativi e documentari di approfondimento. [...]

     si provato a parlare  nel  breve tempo   (  circa  una mezzora   )    a  disposizione     delle  foibe  e  dell'esodo   fino  all'istituzione  del la  giornata  del ricordo   nel 2004 inquadrandolo  (  come   si  dovrebbe   fare  e d  invece  non sempre  viene  fatto   )  nel contesto dela  questione  adriatica  . Unico   neo  è  che  ,  e  qui  ne  parlo anch'io scusandomi   per  non averne parlato  nel mio pot  precedente  ,   delle  cause  del silenzio (  salvo pochi  coraggiosi   e   del Msi  in chiave  anticomunista  )  dal 1954  ad 1996\2004 . Un ragionamento sulla tragedia degli italiani del confine nordorientale non è completo se non affronta il problema della rimozione: a fronte della gravità dei dati numerici (diecimila morti e oltre trecentomila profughi), perché per tanto tempo le vicende del confine nordorientale sono risultate «indicibili» e   scomode ? La risposta  ,   come  dice Lo scrittore friulano Carlo Sgorlon (1930-2009)    di   cui  dal  oggi  10 febbraio     troviamo   in edicola con il «Corriere della Sera» e il settimanale «Oggi»il romanzo di Carlo Sgorlon [ foto  a  sinistra    ] «La foiba grande» , in vendita al prezzo di 9,90   euro più il costo della testata a cui è allegato il volume.

    Lo scrittore friulano
    Carlo Sgorlon (1930-2009)

     Il libro di Sgorlon, riproposto in occasione del Giorno del Ricordo, rimane in edicola per un mese. 


    Originariamente venne pubblicato nel 1992 da Mondadori e si chiude con una postfazione dello storico Gianni Oliva, anche rinvia a tre silenzi, diversamente motivati. Il primo è un silenzio internazionale. Nel 1948, quando Stalin rompe i rapporti con la Jugoslavia e condanna la politica del maresciallo Tito con l’accusa di deviazionismo, l’Occidente comincia a guardare al governo di Belgrado come ad un interlocutore prezioso e avvia il processo di attrazione della Jugoslavia nel proprio campo: Tito, che entrerà nell’immaginario collettivo non più come comunista ma come leader dei «Paesi non allineati», sembra un’opportunità preziosa per aprire una breccia    nella rigidità del blocco sovietico. La prima regola della diplomazia vuole che un interlocutore non sia messo in difficoltà con domande imbarazzanti: in questa prospettiva, viene meno l’interesse a fare chiarezza sulle migliaia di italiani scomparsi nella primavera del 1945 e sulle ragioni per cui centinaia di migliaia di giuliani abbandonano l’Istria e la Dalmazia.Il secondo è un silenzio di partito. Il Pci di Togliatti non ha alcun interesse a parlare di una vicenda che evidenzia le contraddizioni tra la sua nuova collocazione come partito nazionale e la sua tradizionale vocazione internazionalista, con una politica estera subordinata alle strategie di Mosca. Affrontare il tema delle foibe significherebbe ricordare le ambiguità rispetto ai progetti annessionisti jugoslavi e la sostanziale subalternità del Pci alle scelte di Belgrado.La stessa   cosa  anche se    sul versante   opposto ,   ma  soprattutto   per  evitare  di perdere  voti a  destra    La  Dc   rinuncia    a  chiedere  alla  Jugoslavia   i nomi  degli assasini  Comunisti   in cambio del siulenzio di Tito   sugli assasini   Fascisti   del periodo  1940\1943  . Ma Il silenzio più forte è però legato alla ricostruzione della memoria nazionale. L’Italia esce dalla Seconda guerra mondiale come un Paese sconfitto, che ha contribuito a scatenare le ostilità accanto alla Germania e al Giappone e che è stata travolta senza appello sul campo di battaglia. La conferenza di pace di Parigi ne è la conferma e la mutilazione di territorio sul confine nordorientale è il prezzo pagato alla guerra persa. A fronte di questa realtà, la «nuova» Italia del 1945 si sforza invece di autorappresentarsi come Paese vincitore e utilizza l’esperienza della Resistenza partigiana come alibi per assolversi dalle proprie responsabilità e per cancellare in un colpo il periodo 1922-43. Si tratta per  alcuni  di una rivisitazione in chiave assolutoria che giova alla classe dirigente antifascista, perché attraverso la delegittimazione del fascismo (cui si attribuisce la colpa esclusiva della guerra perduta) essa legittima se stessa come unica rappresentante della nazione; Ma  nel contempo, si tratta di una operazione che evita di fare i conti con il passato e di domandarsi chi e quanti sono stati «corresponsabili» delle scelte del regime.In questa prospettiva nascono i silenzi, le negazioni, le pagine indicibili della storia: «indicibili» sono i prigionieri di guerra, immagine vivente della sconfitta; «indicibili» sono criminali di guerra italiani; «indicibile» è la politica di occupazione del 1940-43, quando il Regio esercito ha combattuto accanto al nazismo; «indicibili», soprattutto, sono le foibe e l’esodo, perché nessun Paese vincitore subisce, dopo la fine della guerra, il ridimensionamento del proprio territorio, né la strage di migliaia di cittadini, né la fuga di centinaia di migliaia di altri. Gli infoibati e i profughi escono così per decenni dalla coscienza collettiva della nazione, per sopravvivere solo:  in quella regionale della Venezia Giulia  , in quella privata delle famiglie dei profughi  , Nel Msi   in  chiave  anti comunista  

    non so  cos'altro dire   se  non rimandarvi  ai link    riportarti all'interno   del  mio precedente  post  di cui  riporto qui il  link   prima  citato  




     

    6.2.24

    [settimana del ricordo ]10 febbraio 2024 ANNIVERSARI E POLEMICHE . Ieri uccisi nelle foibe, oggi ostaggi dell’uso politico della storia. La doppia condanna degli italiani d’Istria

      La retorica   della  memoria  \ de ricordo    è  un esercizio   vano  ed  inutile    finendo  per  diventare mezzo di propaganda  ed  arma  \  strument idelogico    da  usare   contro  il  tuo  nemico ed  arma di diastrazione di massa   (  vedere il  video di  Caterina  Guzzanti   ed  allora le  foibe  )  . Infatti   Nella storia di queste  terre  di confine   intrise     di contaminazioni etniche    fino  all'inzio del  ventesimo secolo  e  poi    di sangue, ed  odi etnici  e  di nazionalismi  è  raro che nei talk televisivi (a parte gli studiosi  seri  e qualche giornalista informato  e  non    troppo fazioso  ) qualcuno citi con cognizione di causa i “fatti” che precedono e accompagnano la carneficina in atto per farne comprendere genesi e conseguenze possibili. Molto più semplice (ed efficace per la resa dello “show”) dare fuoco alle polveri delle curve contrapposte in discussioni del tutto avulse dalla concatenazione degli eventi (perlopiù bellamente ignorati o  usati a  proprio  uso  e  consumo ). Utili più che altro (gli scazzi) a regolare i soliti conti nel cortile delle fazioni: un po’ come schierarsi pro o contro Robespierre senza sapere una cippa della Rivoluzione francese  e  sulle  sue  cause  .  Ed  in questo  clima  , oltre  che   per  problemi  personali che  l'ano scorso    ho   dimenticato di parlare     e  ricordare  l'80 esimo  anniversario della scoperta  delle  foibe  del  1943 cioè quelle che avvennnero       a cavallo  del 25 luglio  e  del  8 settembre    e  che certa  storiografia  considera   tutt'une con quelle   del 1945\7  pur  di  non  parlare   e  far passare  in secondo   piano   le responsabilità  del fascismo   e della sua collaborazione con il nazismo nel commettere crimini ed  alimentare ulteriormente l'odio anti italiano    delle popolazioni slave attribuendole   solo  ai comunisti  di Tito . 


    Ieri uccisi nelle foibe, oggi ostaggi dell’uso politico della storia. La doppia condanna degli italiani d’Istria  Il lungo silenzio della sinistra   salvo eccezioni e la chiassosa rivalsa ideologica della destra oltre il recente sdoganamento  non permettono di costruire sempre che sia possibile ( vedere mio post : << 10  febbraio (  e  non  solo  )  e impossibilità della memoria  condivisa   >> una  memoria    conivisa    su tali eventi  . E  proprio  di  questo     che  parla    l'interesante   articolo   di Gigi Riva   del settimanale   l'espresso dell'anno scorso    

    Dopo le solite discussioni furibonde e tutte ideologiche che hanno coinvolto persino il festival di Sanremo in occasione del Giorno del Ricordo (10 febbraio), è il caso di aprire una riflessione pacata sulle foibe, senza semplificazioni di parte e tenendo conto della complessa e tormentata storia del nostro confine orientale. C’è un presupposto imprescindibile per qualunque analisi serena e mondata da interessi partitici: la Venezia Giulia, l’Istria tutta, avevano storicamente tre radici: italiana, slovena e croata. 

    I tre gruppi etnici convissero più o meno pacificamente fino a metà Ottocento quando cominciarono ad affiorare sentimenti di appartenenza che sfoceranno nella formazione degli Stati nazione. La regione faceva allora parte dell'impero austro-ungarico che, dopo la perdita del Veneto nella Terza guerra d'indipendenza, temendo l’irredentismo italiano e la volontà di riunire quei territori al neonato Regno d’Italia, ne favorì la slavizzazione «con energia e senza riguardo alcuno» per usare una frase dell'imperatore Francesco Giuseppe al Consiglio della Corona del 12 novembre 1866. Si può far risalire a quell'epoca l’inizio di tensioni, odi e vendette che si protrarranno per quasi un secolo. Dopo la sconfitta dell’Austria-Ungheria nella Prima guerra mondiale, l’Italia con il Trattato di Rapallo del 1920 ebbe il controllo di una larga fetta dell’Istria e di una parte del litorale, in cui abitavano circa 356 mila italiani e 490 mila slavi. Benito Mussolini, anche prima di arrivare al potere, aveva idee chiare su come risolvere per le vie spicce il rapporto con le altre popolazioni. A Pola, il 22 settembre 1920, disse: «Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone. Io credo che si possano più facilmente sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani». E bastone fu. Squadre in camicia nera si occuparono di dare contenuti alle parole del duce. Fu proibito l’uso delle lingue slovena e croata, fino all’episodio estremo di un anziano di 92 anni impiccato al campanile di una chiesa perché parlava nel suo idioma non conoscendone altri. L’opera di pulizia culturale fu spietata. Case del popolo bruciate, così come le scuole degli slavi, italianizzati i cognomi persino sulle lapidi dei cimiteri, abolite le associazioni culturali, sociali e sportive. Italianizzazione forzata (leggi il libro “Il martire fascista”, di Adriano Sofri, Sellerio).Interi paesi bruciati, contadini espropriati delle loro terre a favore dei coloni italiani mandati a mutare la composizione demografica della regione, pestaggi e arresti indiscriminati, centinaia di processi sommari a chi si opponeva al regime. Omicidi, ovviamente. E il gerarca Cobolli Gigli che minacciava chi si ostinava a usare la propria lingua: «Corre il pericolo di trovare sepoltura nella foiba». Si calcola che almeno centomila persone furono internate nei campi di concentramento. Ancora Mussolini: «Quando l’etnia non va d’accordo con la geografia è l’etnia che deve muoversi; gli scambi di popolazione e l’esodo di parti di esse sono provvidenziali perché portano a far coincidere i confini politici con quelli razziali». Una prassi diffusa nel Ventesimo secolo che usò anche Stalin.L situazione peggiorò con l'invasione dell’Italia fascista del 1941 e la creazione della provincia di Lubiana, quando crebbero fucilazioni e deportazioni. Per fare un esempio, il 12 luglio del 1942 su ordine del prefetto della provincia di Fiume Temistocle Testa tutti i 91 uomini del villaggio di Podhum di età compresa tra i 16 e i 64 anni furono fucilati. Questo il quadro prima del 1943, dell’armistizio, dell’operazione Nubifragio con cui i nazisti volevano assumere il controllo della Venezia Giulia, della controffensiva dei partigiani di Tito che toccò il suo apice di crudeltà con gli infoibamenti.  Le  foibe sono cavità carsiche profonde fino a 200 metri in cui furono gettati i corpi di migliaia di italiani. Alcuni ancora vivi e che morirono dopo un’indicibile agonia. Migliaia di italiani. Già ma quanti? Gli storici più prudenti accreditano una cifra tra i 3 e i 5 mila, altri arrivano a quattro volte tanto, 20 mila. Fra di loro non solo fascisti, ma innocenti uccisi perché italiani. Seguì più tardi l’esodo verso l’Italia di 250-350 mila italiani che non volevano restare nella Jugoslavia comunista. La nostra sinistra ebbe l’indiscussa colpa di coprire per lungo tempo con un velo di silenzio queste tragiche vicende in nome dei buoni rapporti tra Palmiro Togliatti e Tito e per il timore che l’intera questione fosse decrittata con la lente dell’ideologia: una vendetta comunista contro gli italiani fascisti. Mentre, se è innegabile che esistesse anche questa componente, la vendetta scaturiva anche dai torti subiti nel ventennio fascista e dunque era piuttosto una rivincita etnica. La destra, all’opposto, ha voluto usare solo la lente ideologica, come se si potesse racchiudere il problema del confine orientale limitandosi all’analisi del periodo 1943-45 e senza mai rammentare i nostri misfatti precedenti. Un uso della storia à la carte, a seconda del proprio interesse elettorale. Ogni anno, per il Giorno del Ricordo, istituito dal governo Berlusconi nel 2004, riemergono queste tendenze e contrapposizioni a causa delle quali risulta impossibile creare una memoria condivisa. E questo nonostante gli sforzi soprattutto dei presidenti della Repubblica Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella di leggere i fatti con uno sguardo mondato dai pregiudizi. Per quanto li si possa contraffare, i fatti sono ostinati e, alla lunga, riemergono come un fiume carsico.


      con questo  è  tutto  buon 10 febbraio

    10.2.23

    pur di replicare alle ovvietà san remesi si dimenticano del loro cavallo di battaglia che sono le foibe ed l'esodo

     .....  ed    a parlarne    in prima  pagina  è un giornale  della sinistra  comunista  . 


      e poi fanno   pressioni  sul " povero " Amadeus  perchè    modifica    in corsa la  scaletta    pur  di  parlare  di  foibe   ed  esodo   e  rimediare   alle  figure  ....  barbine   e  non scontentare  le  associazioni degli esuli  \ profughi  Istriani   per aver lasciato sui media la prima pagina alla sinistra  comunista.    e  con questo   post     concludo la mia rassegna  del giorno del  ricordo  o   10  febbraio  al prossimo  anno  

    P.s
    Vado a vedermi il documentario di rai tre sul giorno del ricordo .Sperando che non deluda come il kossal propagandistico Red lander occasione sprecata per ricordare eventi così drammatici senza fare propaganda e strumentalizzazioni

    6.2.23

    Il confine orientale Dove corrono i tormenti del ’900 è le foibe e l'esodo spiegato ad un adolescente parte II )



    Inizialmente stavo pesando a qualcosa di simile all'articolo sotto vista l'età 13\14 del ragazzo in questione . Ma poi vista : 1) l'obbietà dell'articolo che collima con il mio intento che coltivo dall'istituzione di tale giornata palla ma che ormai dopo anni di silenzio a livello della pubblica opinione
    è diventa una delle date fondanti della Repubblica. Insieme al 27 gennaio ( anche se sarebbe stato meglio il 16 ottobre deportazione degli ebrei romani ma va beh ) , 8 marzo , il 25 aprile , il 1 maggio , il 2 giugno , il 4 novembre , Il 12 dicembre 2) la sagacità del ragazzo quando : << [...] ma come sta  mettendo sullo stesso piano violenze fasciste e violenze comuniste , lager e foibe [...] >>   di cui parlavo  nel post  precedente   : il 10  febbraio e la  questione   del confine orientale  spiegata   ad  un adolescente  ho cambiato idea .
    Perché anche  se   come tutti  gli eventi   storici    è  difficile come  ho  detto nel post  : << 10  febbraio (  e  non  solo  )  e impossibilità della memoria  condivisa >>  trovare  una  memoria  condivisa    , non significa   che     certi eventi    debbano  essere  dimenticati    o   silenziati   e  gli orrori   che     ne  sono alla base   siano  ripetuti  anche    se  in maniera  diversa   . 




    Ma  soprattutto visto che Il tema delle foibe e dell’esodo giuliano è da sempre un argomento molto delicato, affrontato da alcuni con reticenza e da altri con una certa strumentalizzazione politica ed ideologica . Qui come potete vedere nei mie post per il giorno \ settimana dl ricordo   sia  recenti  sia  passati  c'è l’intento di fare il più possibile chiarezza su quei tragici avvenimenti, raccogliendo a 360 gradi e non a senso unico l’invito della stessa legge istitutiva del Giorno del Ricordo che, testualmente, invita a “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale " Il mio obbiettivo è certamente quello di ricordare quei tragici avvenimenti che causarono tanti dolori e lutti ma anche quello, affrontandolo dal punto di vista storico, di cercare di comprenderne le origini, le cause e le conseguenze.
    Solo in questa maniera può essere possibile difendere degnamente la memoria delle tante vittime e dei tanti profughi. e di cui ha subito sulla propria pelle gli effetti nefasti e brutali del nazionalismi e delle aberrazioni ideologiche de secolo corso . Ma ora basta parlare io , vi lascio all'articolo in questione




    l'espresso 5 febbraio 2023

    Il confine orientale Dove corrono i tormenti del ’900

                                          di PIERANGELO LOMBARDI *




    Il Giorno del Ricordo  rievoca le vicende avvenute  nel secolo scorso nell’Alto Adriatico. La memoria
    di questa tragica pagina di storia è difficile. E spesso strumentalizzata per  scopi politico  \  ideologici  [  corsivo  mio   ]





    IL 10 febbraio è una data del calendario civile italiano: il Giorno del ricordo. Nel corso di formazione [  foto   a  sinistra     dell'edizione  di quest'anno  ] 
    per insegnanti organizzato l’autunno scorso dall’Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, la sfida è stata quella 
    di andare al di là delle sovraesposizioni mediatiche e delle ingerenze politiche, che non aiutano, ma al contrario allontanano la piena comprensione delle vicende avvenute nel corso del Novecento nell’Alto Adriatico. Il ragionamento di lungo periodo, proposto
    agli insegnanti, è stato quello di riflettere 
    sul tema che proprio la legge istitutiva del
    Giorno del ricordo, del 2004, indica come
    «la tragedia degli italiani e di tutte le vittime
    delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli 
    istriani, fiumani e dalmati nel secondo Dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Perché in questa tragica  pagina di storia non c’è solo una memoria 
    difficile e complessa, ma, come ha suggerito
    Guido Crainz, c’è in «quel confine tormentato tutto il nostro Novecento».
    Ci sono i nazionalismi e i processi di nazionalizzazione, dove uno spirito discriminatorio e per nulla inclusivo troppo a lungo ha soffiato sul Vecchio Continente; c’è il trauma della Prima guerra mondiale, con  la «italianizzazione forzata» imposta dal fascismo alle popolazioni slovene e croate; ci sono la violenza e la brutalità dell’occupazione nazista e fascista della Jugoslavia 
    nel 1941; c’è la tragica lezione della Seconda guerra mondiale, una guerra totale, in  cui veniva meno la distinzione tra militari e civili, dove l’imbarbarimento del conflitto, specie sul fronte orientale, è stato
    massimo. Ancora: c’è l’incontro tra violenza e ideologia politica che si fa devastante e dove, in un clima torbido e inquietante, s’intrecciano il giustizialismo politico 
    e ideologico del movimento partigiano titino, il nazionalismo etnico e, soprattutto in Istria e nelle aree interne, la violenza selvaggia tipica delle rivolte contadine.
    Ci sono le violenze contro le popolazioni italiane del settembre del 1943 e del maggio-giugno del ’45, di cui le foibe, gli arresti e il clima di terrore che spinge all’esodo forzato migliaia di italiani sono simbolo ed espressione; c’è la volontà di Tito e del comunismo jugoslavo di annettere l’intera Venezia Giulia, con un’epurazione volta a eliminare – senza andare troppo per il  sottile – qualsiasi voce di dissenso. Ci sono, infine, le logiche della Guerra fredda e della radicalizzazione dello scontro ideologico nell’immediato Dopoguerra. Il tutto sulla  pelle di decine di migliaia di persone. 
    Un vero e proprio tornante di fughe e di espulsioni in tutta Europa, infatti, si accompagna agli esordi della Guerra fredda e a una più generale ridefinizione dei confini europei e dei loro significati. Diventa, quindi, sempre più necessario, nell’affrontare questa pagina di storia, contestualizzarla con grande rigore, respingere tesi negazioniste o riduzioniste, così come le banalizzazioni e le verità di comodo più o meno  finalizzate a uno scorretto uso pubblico della storia.
     Occorre assumere un ruolo attivo nel processo di rivisitazione critica, che sola può portare al superamento delle lacerazioni   del passato. Anche perché le vicende dell’area  giuliano-dalmata costringono chi le affronta  a misurarsi con temi assai più generali e con  fenomeni centrali per la comprensione della  nostra contemporaneità.





    * Presidente di ISTORECO Pavia A cura della Biblioteca Civica Vigevano, Rete Cultura Vigevano e dell’Istituto pavese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea )

    5.2.23

    10 febbraio ( e non solo ) e impossibilità della memoria condivisa

    Da  19  anni  a questa parte ,   come   ogni anno s'inizia a  parlare   della  questione  adriatica   cioè  della  giornata , ora  diventata   la  settimana    palla del giorno   del ricordo   \  10 febbraio   ed   adesso a  freddo  ed  in anticipo    al  fiume  di :  retorica nazionalista  ed  nostalgica  ,  di  negazionismo  (  da entrambe le parti )  , ricordi a metà  ,   paragoni idioti  e  fuorvianti , e appelli  ipocriti  ed  utopistici alla memoria     condivisa  ,    faccio   soprattutto  su  quest'ultima  la   mia   odierna      riflessione  . 
     Non ricordo se  per  la settimana  del giorno del  ricordo    o  qualche  altro anniversario  di un evento storico  "divisivo "  ho appreso  che  sono  stati  trovati dei  volantini con la    scritta  nessuna memoria condivisa".Parola che sentiamo e sentiremo spesso per descrivere la storia del secolo scorso in paticolare da dopo la grande guerra ad mani pulite . Ma mi chiedo ogni volta che sento tale termine Cosa significa, esattamente, memoria condivisa ? quale sarebbe il significato in opposizione a quello informatico ? cosa significhi Nel suo significato socio-antropologico ? Ma soprattutto Memoria di cosa, e soprattutto, condivisa da chi ? Visto l'utilizzo mediatico e politico che ne viene fatto del termine , sospetto che questa sia un'espressione a sé stante, ma non ho trovato alcuna spiegazione del suo significato né su Google né su treccani.it.
    Poi  continuando a   cercare   ho  trovato  questo post  di  https://italian.stackexchange.com/ in cui ho letto  il    commento    di  utente193 che    cito integralmente   


    Mettendo insieme gli spunti forniti da uomo in verde e Elberich Schneider , azzardo un'interpretazione.
    Per 'memoria condivisa' si intende un insieme di racconti o mitici che condividono vivi in ​​una data comunità senso d'identità, valori, ideali, aspirazioni, usanze, contribuendo insieme ad altri fattori a far da collante tra gli aderenti a quella stessa comunità . Tali racconti debbono essere tali da suscitare emozioni e valutazioni simili e concordi tra i più, o almeno tra chi conta di più, ma senza scatenareeccessivi contrasti, senza eccessive conflittualità nella comunità più ampia. Forse questa è la differenza rispetto alla 'memoria collettiva' citata da uomo inverde che invece mi sembra possa contenere racconti molto discordi tra di loro, e quindi non la funzione di collante: in questo caso la 'memoria condivisa' potrebbe considerarsi un sottoinsieme della 'memoria collettiva' ?


     Da notare però che qui si dice che la memoria collettiva è anche condivisa, nel senso di "shared", e si mette in collegamento con altri concetti quali 'intelligenza collettiva' , 'coscienza collettiva' , 'conoscenza distribuita' : secondo me è " shared" solo nel senso che è generata più collettivamente e quindi a disposizione di tutti, ma non tale da generare le stesse reazioni emotive come suggerito invece dall'aggettivo italiano "condiviso" che mi sembra forte dell'inglese "shared".
    Per come lo capisco io, il concetto di 'memoria condiviso' è associato a quello di 'mito fondante' (o fondativo ). Inoltre continuando nella mia ricerca ho , più precisamente Qui , trovato alcune opinioni interessanti, ne cito un paio:
    1. La memoria è soggettiva, non può essere condivisa; può essere confrontata, ma non condivisa. Ciò che si può cercare di condividere non è una memoria, ma una storia (Walter Barberis)
    2. Memoria collettiva […] non equivale necessariamente a memoria condivisa […]: perché l'una rimanda ad un unico passato, cui nessuno di può sottrarsi e che coincide appunto con la nostra storia; mentre l'altra sembra presumere un'operazione più o meno forza di azzeramento delle identità e di occultamento delle differenze. Il rischio di una memoria condivisa è una "smemoratezza parteggiata", la dimenticanza. (Sergio Luzzatto)

    Ma è qui che c'è invece un più ampio pubblico in cui si discute di discorso collettivo, condiviso, comune, pubblica, uso pubblico della storia, e altro. Ma ci stiamo allontanando dalla lingua italiana per addentrarci nei meandri insidiosi della filosofia, della storia, della sociologia e della politica.
     Infatti  << Ora è ormai    --- come fa notare   quest  articolo   de La stampa   del 23 Aprile 2009 modificato  il  23 Ottobre 2019 13:10 ----  frequente, in occasione di anniversari che riconducano a momenti critici e controversi della nostra storia nazionale, sentire il richiamo a una memoria condivisa. Sembrano confondersi, tuttavia, in questo invito istanze diverse, sulle quali vale la pena riflettere. E in primo luogo per una questione assai semplice: che il termine memoria è ambiguo per definizione. Connota il giusto intento di trasmettere alle generazioni più giovani il patrimonio di esperienza di coloro che le hanno precedute. E, generalmente, indica l’esigenza di tenere viva la lezione che si presume ci abbiano lasciato avvenimenti tragici che hanno lacerato la nostra società. Ma la memoria è soggettiva, individuale, e per di più incline a deteriorarsi, a perdersi, a peggiorare. La memoria è il risultato di sguardi particolari, che non possono essere modificati. Certo, si può affermare che esperienze comuni abbiano sedimentato una memoria collettiva. È vero. Ma sarà comunque impossibile conciliare, rendere omogenee, memorie legate a esperienze diverse, derivate da punti di vista e da adesioni personali o di gruppo totalmente differenti. [.... ] >>

    Secondo  alcuni  me  compreso  per  memoria    condivisa  e  qui  sta la sua  utopia   s'intende  come metafora di qualcos’altro. Ovvero come il terreno su cui far germogliare un processo di riconciliazione nazionale, cioè quell’accordo fra visuali diverse e distanti che permetterebbe di mettere alle spalle il passato: con la concessione ai «vinti» di qualche risarcimento morale e di un conseguente restauro di immagine, e con la richiesta ai «vincitori» di una qualche forma di abiura e di cessione valoriale. IL fatto è che con tutta evidenza non funziona. Perché ogni guerra civile o scontri sociali , dalla Rivoluzione Francese in avanti, ha sempre lasciato dietro di sé una scia di recriminazioni, di rese dei conti, di riscritture ed    uso  strumentale (  nel  caso delle vicende  dl confine orientale )  degli avvenimenti e una molteplicità di memorie differenti e antagoniste. Esattamente com’è successo  e  succede  in Italia  dopo  periodi  di   forte contrapposizione  sociale   e  culturale  esempio  tangentopoli  \  mani pulite   .Quindi, per fare un esempio, i fatti relativi ad alcune stragi italiane, tra i quali la Strage di Portella della Ginestra (1947), la Strage di Piazza Fontana (1969), la Strage di Piazza della Loggia (1974), la Strage della stazione di Bologna (1980), le Stragi di Capaci e Via D'Amelio (1992), appartengono a tutti alla memoria collettiva italiana, tutti li ricordano; ma i racconti sono discordi, non è una memoria condivisa, le ricorrenze vengono vissute con emozioni contrapposte piuttosto e tali non aperti da rafforzare il senso d'identità nazionale quanto tali da rafforzare conflittualità e apparentemente insanabili.
    Ed ecco che ( chi già sa cosa la penso sul giorno del ricordo è sull'uso che viene fatto di tali dolorosi ed drammatici avvenimenti della nostra storia nazionale , può anche non leggere il resto dell post )
    il giorno del ricordo come tutti gli eventi del italiani del secolo scorso su cui almeno fin ora , non si è riusciti a raggiungere rispetto all'Europa tale intento visto che 1) non si è riuscito a farci i conti ., 2) si è ancora troppo divisi come testimoniano due lettere da me ricevute in questi giorni . la prima a favore e l'altra contro tale celebrazione scelte tra quelle che ho ricevuto ( come succede tutti gli anni ) dopo i miei post sul giorno del ricordo, l'impossibilità ed l'utopia .

    Caro Giuseppe

    Ti seguo fin dalle origini del blog [ quando era ancora splinder N.a ] e poi su facebook account e pagina   e quindi quando hai , in contemporanea all'istituzione della giornata del 10 febbraio  , iniziato a fare post sulle foibe ed l'esodo degli orientali cioè sulla nostra storia e le nostre storie / memorie . Pur non condividendo  il modo con cui ne parlavi ti si poteva riconoscere un po' di onestà intellettuale visto che riconoscevi il genocidio  e criticavi i tuoi amici /compagni di viaggio - strada che lo negavano o sminuivano    ed   alcuni  d'essi   ogni anno ne distruggono le lapidi o targhe. Ma, mentre  cercavo   i  post    di quest'anno  , ho trovato   due   tuoi   post  dell'anno scorso    riportati sul blog e  sull'appendice   Facebook ,  in cui   hai offeso tale ricordo : proponendo l'abolizione del 10 febbraio ¹, e mettendo sullo stesso piano  gli slavi che nostri morti ².  Per il momento mi prenderò sia dai tuoi social sia dal ti blog un periodo di riflessione per decidere se dirti addio o continuare a seguirti. Per il momento un abbraccio

                                           Lettera firmata


    ¹ https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2022/02/piuttostoi-c]he-fare-celebrazioni.html

    ² https://www.facebook.com/redbeppeulisse1/posts/10227213258547228


    Caro compagno
     hai riportato  nei  giorni precedenti    la storia del maestro di musica Lojze Bratuž [  vedere   secondo url  dell' email  prima  riportata  ] e quindi cosa fecero quella canaglie dei fascisti . E hai deciso di non stare a sentire la voce dei fascisti che : per sottrarsi vigliaccamente al giudizio delle loro vittime  sono  scappati  in italia . Infatti nessuno dei fuoriusciti fu espulso ufficialmente con un preciso decreto di espulsione come avvenne per i tedeschi in Cecoslovacchia, Romania, Jugoslavia, Polonia e altre terre dell'Europa orientale. I successivi   rinunciando al paradiso creato dal compagno Tito scapparono ritornare in Italia e vivere a spese nostre. Votando i partiti oppressori della DC e gli eredi dei fascismo ovvero Msi

                            Maresciallo  Tito


    potrei anche non rispondere  a queste  due  email    visto che    che   coloro hanno scritto  dovrebbero    aver letto  le  FAQ  ed  i  post in cui  parlo delle  foibe  \  giorno  del  ricordo .   Voglio  però  precisare  spero in maniera  definitiva     visto  che      dopo  la  settimana  del  giorno del ricordo   ricevo    e  cestino  email   alcune  anche peggiori di  queste     due cose  

    La  prima  
    non sto negando   ne  tanto meno   giustificandolo o smiuendo  il genocidio    giuliano  -  dalmata  perché farlo  sarebbe  da  imbelli   e  da  disonesti , ma  soprattutto perché   non si  tratta  : 1) di  fatti  incerti  .,  2) di   episodi aneddotici   o leggende  diventate  storia  . E poi  , alla  faccia  di chi accoglie    la  definizione  classica    di genocidio  cioè    cioè  quella  di Raphael Lemkin, ideatore del termine "genocidio" , io  applico i  nuovi  parametri di definizione di tale  termine   esposti qui :    https://it.wikipedia.org/wiki/Genocidio#Dibattito_sul_genocidio
    Infatti    in  quelle  zone  oltre  ai  crimini    di Tito   ci  fu  anche , seguendo  le nuove  definizioni  di genocidio    , anche la "bonifica etnica" \  italianizzazione     fascista    (  trovate  sotto   fra   la  sitografia     elementi  per   approfondire  )     il  cosiddetto fascismo di confine  e  quella  applicata    con campi  di deportazione  e  criminale   nei   confronti   degli   slavi     durante  il  secondo  conflitto mondiale .
    Ovviamente  senza  metterli sullo  stesso piano   perchè   anche  se  tali massacri  \  genocidi hanno la  base     comune    il nazionalismo    sono  diversi ,  anche se    uno   conseguenza  dell'altro ,  gli eventi  ed  i contesto che   gli    ha  generati \  causati  . 
    Quindi se proprio dobbiamo ricordare ( è per questo che ho fatto sia quel post provocatorio e quel post in cui si parla delle violenze fasciste ) ricordiamo tutto per evitare che 1) cada , come avvenne dagli anni 60 in poi fino all'istituzione del giorno del ricordo , l'oblio ufficiale  sui tali fatti ; 2)  <<  [...] Nonostante la ricerca scientifica abbia, fin dagli anni novanta del XX secolo, sufficientemente chiarito gli avvenimenti[45][46], la conoscenza dei fatti nella pubblica opinione permane distorta e oggetto di confuse polemiche politiche, che ingigantiscono o sminuiscono i fatti ed   sminuendone   o ingigantendo  il numero delle  vittime   e  degli esuli [  corsivo mio  ] a seconda della convenienza ideologica[47][48] >>  ( da https://it.wikipedia.org/wiki/Questione_adriatica  ) .

    La  seconda  
    Non sono d'accordo che   chi ha  scelto di rimanere   in quei territori   durante  il  regime  fascista  cosi   come di fuggire     sia durante   la  guerra    cioè    all'8 di  settembre     sia   dopo  la  guerra venga  considerato    necessariamente   appartenente  all'ideologia  fascista  . Infatti  è pressoché impossibile   distinguere   chi  vi  aderii  perchè  : 1)     ne  condivideva  e  sosteneva  il pensiero  \  l'ideologia  .,  2)  per paura   di repressione   ed  emarginazione .,  3)  opportunismo    ed  carrierismo  .,  4)  indifferenza      cioè basta    che sia .   Cosi  come  se  scapparono dal governo di Tito  e dal  suo regime   lo fecero    solo ed  esclusivamente ,   ed qui  bisognerebbe  provare  a  fare  qualche  domanda   agli esuli , come dicono  siti   giornali   e  programmi televisivi   che  ci  propinano   ogni 10  febbraio  , per la  repressione  e  l'imposizione  di quello  che  da movimento  di liberazione  diventerà una  dittatura imponendo il  sradicamento identitario   della popolazione  italiana  . 

    per     chi  volesse   approfondire  ecco  alcuni dei  siti     da me  consultati   e consigliati



    4.2.23

    il 10 febbraio e la questione del confine orientale spiegata ad un adolescente

    “Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo” 
                        José Saramago

     Il  nipote  di un mio  amica di  12\13  anni    mi chiede 

        ---  mamma  mi  ha  consigliato  di chiedere  a te  che  sei  esperto  di  storia  cosa è  il giorno e ricordo ?  

     --   esperto  .non esageriamo  ,  sono un semplice  appassionato   .  Comunque  Il giorno   \  settimana  del    ricordo e quella giornata   che “ci dovrebbe    dare occasione per ripetere che non ci sarà mai giustificazione per l’odio, la discriminazione etnica, la presunzione di avere il diritto di sopraffare gli altri, la follia ideologica  dei nazionalismi  prima quello fascista    e  poi       quelo  comunista  . Così come è l’occasione per riaffermare che di fronte a tutti i crimini confermati dalla verità storica non possono trovare spazio forme di revisionismo, negazionismo o giustificazionismo , ed  uso  politico \  ideologico  , che hanno come unico risultato quello di offendere le vittime e colpire i sentimenti dei superstiti e dei discendenti.  che hanno trovato la morte nei lager  ( la risiera  di san Saba  ) nazi fascista  e  diversi    campi   di concentramento fascisti  dei  Balcani  \  ex  Jugoslavia  . >Il  più  noto  è  qiuelo  . Gonars (1942-1943)   e  nelle    Foibe  sia  quelle   tra  il  25 luglio e  l'8 settembre     sia  successivamente    1945  \1947  . Insomma   a quanti, perché inseguiti dalla violenza e per   in una scelta di libertà, hanno abbandonato la loro casa, la loro terra e ogni avere per affrontare la via dell’Esilio .comunque se  vuoi  approfondire  https://www.tag24.it/484428-foibe-cosa-sono-e-giorno-del-ricordo/

    ---- ma  come   stai  mettendo  sullo stesso piano  violenze   fasciste  e  violenze  comuniste    , lager    e  foibe    . 


    ---  Ma  quando  mai   .    Accomunare olocausto e foibe serve solo a sminuire l’unicità della Shoah e a tacere le responsabilità del fascismo”.  Qui    sto  contestualizzando   perché   purtroppo  il  confine orientale   è  stato teatro   di   questi tre  crimini  ideologici (  fascismo   , nazismo  ,  comunismo  )   che  uniti al nazionalismi    hanno reso particolare  ed  ancora doloroso  insieme  al  silenzio  quasi totale    dovuto  alla  voglia  di lasciarsi alle  spalle   gli orrori e e  brutture  dei quel  periodo   e  l'opportunismo  politico    della  guerra  fredda    cioè  dello  scontro  tra  i  due  blocchi   quello    Nato   ad  Ovest    e  quello  Russo  \  sovietico ad est   hanno  determinato    quella   dolorosa  ferita  . Quindi  il nostro paese deve ancora fare i conti su quello che è successo nel confine orientale .

    ---- Un po' sintetica come spiegazione .

    -------  effettivamente . Ma non volevo annoiarti con la mia logorrea. Non ti preoccupare che ne sentirai parlare  visto che  tra poco inizierà la settimana del ricordo ( la giornata del #10febbraio )  e ne sentirai parlare in TV e sul web in maniera più o meno dettagliata  /a 360° gradi . Infatti negli ultimi anni sta venendo meno il refrain barbarie comunista e congiura del silenzio ( che certamente ci fu  visto tali eventi furono regalato solo su libri specialistici o auna determinato pensiero ideologico culturale o qualche spirito libero che affrontava il tabù di tali argomenti ) . Comunque sei vuoi approfondire l'argomento trovi sotto  dei siti
    Mi scuso   se    sono    4    sui  5  dello stesso sito   ma   erano articoli    troppo   interessanti   . E se vuoi quando abbiamo un po' più di tempo  ne parleremo più a fondo  e  magari  ti  do  altri  siti  .



    ----- Ok grazie


    Qualche  giorno  dopo lo  rincontro  e  mi dice  <<   Grazie  .  Dai link    che      mi  ha   suggerito   e  dai programmi    tv  ed  altri siti     che  ho  consultato   sulle  vicende  storiche del  periodo storico  riguardo alle  vicende   del  confine  orientale    ho  capito  \  mi sono  fatto un idea    fra  il 1918-1975      che  l'italia    , ,  non ha     da quando  è stata unita  ,  fatto i conti   con il proprio  passato   e  le  brutture  che ha   commesso  e  taciuto   in questo caso  e     che  le  violenze   e  gli eccidi  non furono  da una parte   solo  come   la propaganda   pro  10  febbraio  ci  ha  fatto credere   >> . 

    Mi sono  sono   inumiditi      gli occhi  dalla   gioia     di vedere   un  seme  lanciato    germogliare  






    4.2.22

    Perché ogni anno si litiga sulle foibe La ciclica discussione sulle violenze sul confine orientale italiano nella Seconda guerra mondiale è caratterizzata da una grande aggressività, e poca storia o un uso strumentale \ ideologico d'essa



    Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente della Slovenia Borut Pahor a Basovizza (ANSA/Francesco Ammendola/Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)



    l 10 febbraio di ogni anno, in Italia, è il “Giorno del ricordo” dedicato ai morti sul confine orientale d’Italia e al cosiddetto “esodo” italiano alla fine della Seconda guerra mondiale: un pezzo di storia nazionale a cui ci si riferisce spesso come “le foibe”. E ogni anno, nei giorni immediatamente precedenti e successivi, ci sono polemiche e scontri a vari livelli, dalla politica ai social network, caratterizzati spesso da una notevole aggressività delle argomentazioni, che nella maggior parte dei casi non riguardano tanto le ricostruzioni dei fatti – in massima parte condivise – quanto il giusto valore storico e le responsabilità morali da attribuire alle foibe, e all’opportunità dei paragoni con gli altri eccidi del Novecento.

    Le foibe di cui si parla, letteralmente, sono delle cavità naturali molto profonde tipiche dei territori al confine tra Italia, Slovenia e Croazia. Il termine “foiba” deriva dal friulano, derivato a sua volta dal latino fovea, che significa fossa: si usa per indicare delle grandi conche nel terreno, al cui fondo di solito si formano quelli che vengono definiti inghiottitoi, cioè una voragine a forma di pozzo verticale nel terreno attraverso la quale defluiscono le acque che si accumulano nella conca. Ma nel linguaggio corrente, con “foibe” si indicano i massacri di civili e soldati italiani avvenuti alla fine e subito dopo la Seconda guerra mondiale nei territori sul confine orientale italiano, compiuti in larga parte dai partigiani jugoslavi.
    La discussione sulle foibe si è polarizzata sempre di più negli ultimi anni a causa dello spazio e del consenso acquisiti dalla destra radicale rispetto al passato, e ha assunto connotazioni politiche che rendono difficile – leggendo i report giornalistici – comprendere cosa sia avvenuto davvero tra il 1943 e il 1945 in Istria, in Dalmazia e nella Venezia Giulia, i territori al confine tra Italia ed ex Jugoslavia. A questo si aggiunge una conoscenza diffusamente superficiale del contesto storico e sociale che caratterizzava quei territori e le persone che li abitavano all’epoca e li avevano abitati nei decenni precedenti.
    Il cosiddetto confine orientale, chiamato anche regione dell’Alto Adriatico, è un territorio in cui per secoli si sono incrociate e sovrapposte culture diverse, principalmente quella germanica, quella slava e quella italiana. Le identità culturali delle persone che abitavano in queste regioni erano (e in parte sono ancora) complesse, legate all’appartenenza locale e non nazionale. Era così soprattutto in passato, quando le nazioni ancora non esistevano nella forma in cui siamo abituati a intenderle oggi.
    Dopo essere stati sotto il dominio dell’Impero Romano, della Repubblica di Venezia e dell’Impero
    Austro-Ungarico, nel 1918 una parte consistente di questi territori – l’Istria e una parte di quella che oggi è la Slovenia – passò sotto il dominio italiano, in conseguenza del trattato di pace della Prima guerra mondiale. Nei territori annessi, i governi italiani e in particolare il regime fascista iniziarono un’estesa opera di assimilazione culturale, spesso usando la forza e la violenza per italianizzare i popoli e negare la loro appartenenza a culture diverse da quella italiana. Per questo motivo molte persone del Nord-Est italiano ancora oggi hanno il cognome italianizzato che termina in “ich” al posto dello slavo “ić”, e alcune città slovene sono conosciute da noi con il loro nome in italiano (per esempio San Pietro del Carso).
    Questa italianizzazione forzata e in generale l’occupazione italiana creò una tensione che poi si acuì durante la Seconda guerra mondiale, in particolare a partire dal 1941, quando l’esercito nazista tedesco invase la Jugoslavia. A seguito dell’occupazione, una parte ancora più ampia di territorio sul fronte orientale passò sotto il controllo dell’Italia fascista. Nel frattempo, già dal 1941, aveva cominciato a formarsi la Resistenza jugoslava guidata dai comunisti del maresciallo Josip Broz, soprannominato Tito, che puntava a riconquistare i territori controllati dagli italiani e a riunire i popoli slavi in un’unica federazione. Tra il 1941 e il 1943 la tensione che si era accumulata negli anni precedenti 

    sfociò in una lunga serie di violenze tra i partigiani slavi e gli occupanti italiani.
    Era un periodo in cui le violenze efferate erano continue, in cui omicidi, esecuzioni sommarie e deportazioni erano il risultato della guerra in corso. L’occupazione fascista cercò di reprimere la Resistenza jugoslava con ogni mezzo, seguendo uno schema codificato da una nota del generale Mario Roatta, comandante delle truppe stanziate nei territori occupati. I villaggi venivano distrutti, le donne, gli anziani e i bambini erano internati nei campi di prigionia, e gli uomini partigiani venivano fucilati.
    È in questo contesto di prolungata violenza che sul confine orientale si venne a conoscenza della firma della resa italiana, annunciata l’8 settembre 1943. La Resistenza jugoslava prese coraggio e si rafforzò grazie a nuove adesioni. Nelle settimane successive all’armistizio si crearono un clima di rabbia e un desiderio di vendetta che portarono a continue violenze e regolamenti di conti. I partigiani slavi in Istria decisero di ordinare l’arresto di centinaia di rappresentanti o collaboratori dell’ex regime, che vennero processati sommariamente e fucilati. I loro corpi furono poi gettati nelle foibe intorno a Pisino, in Istria.

                                     La scoperta di una fossa comune in Friuli Venezia Giulia (ARCHIVIO/ANSA)

    È stato calcolato che le persone uccise in questa circostanza furono circa duecento. Se a questo numero si aggiungono tutti gli scomparsi e i morti in circostanze a oggi sconosciute ma attribuibili a quelle ritorsioni, si arriva a circa 400-500 morti, una stima condivisa da quasi tutti gli storici che si sono occupati di questo tema.
    Nel 1945 ci furono poi altre uccisioni commemorate a loro volta nel “Giorno del ricordo”, in una fase della guerra e in un contesto però assai diversi: a fine aprile la Germania nazista era ormai quasi del tutto sconfitta e il clima da resa dei conti era ancora più intenso rispetto all’autunno del 1943. Nell’Alto Adriatico i partigiani slavi capirono che bisognava muoversi il più velocemente possibile verso ovest per poter avanzare più pretese sui territori al momento delle trattative, e quindi l’esercito jugoslavo arrivò a Trieste già il primo maggio.
    In questa fase Tito non era più a capo di una Resistenza in difficoltà, ma di uno stato vero e proprio, con un governo e un esercito (sarebbe poi stato presidente della Repubblica jugoslava fino alla sua morte nel 1980). Per consolidare il governo e il regime comunista che sarebbe nato di lì a poco, quindi, decise di procedere con una serie di arresti tra collaborazionisti del nazismo, ex fascisti e oppositori politici, o presunti tali: circa 10mila in tutto. Di questi, circa un migliaio furono uccisi dall’esercito comunista jugoslavo e gettati nelle cosiddette “foibe giuliane”, nella Venezia Giulia.
    Secondo una stima per eccesso, anche questa condivisa dalla maggior parte degli storici, in quest’altra fase gli italiani uccisi furono tra i tremila e i quattromila. Molti di questi non morirono nelle foibe, ma nei campi di prigionia dove le condizioni di vita erano ai limiti della sopravvivenza. Vennero uccise o imprigionate anche persone che non erano esplicitamente legate al regime fascista, ma che erano sospettate di essere potenziali oppositori politici del regime di Tito.
    Negli stessi mesi praticamente in tutta Europa erano in corso violenze e ritorsioni simili a quelle dell’Alto Adriatico, sospinte dalla sconfitta della Germania nazista e dal desiderio di vendetta. Le stragi jugoslave del 1943 e del 1945 non ebbero come movente principale un accanimento specifico nei confronti degli italiani in quanto tali, e gli storici ritengono che non sia il caso di parlare di “pulizia etnica”. Molte delle persone uccise avevano un’identità mista o non erano italiane (erano per esempio tedeschi o collaborazionisti sloveni), e gli ordini delle autorità slave erano chiari: «epurare non sulla base della nazionalità, ma del fascismo».
    La connotazione di queste violenze era quindi soprattutto politica e ideologica, risultato di anni di occupazione straniera da parte dei regimi italiano e tedesco, entrambi con un’ispirazione politica diametralmente opposta rispetto a quella della nascente Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

            Manifestazione organizzata da Casa Pound a Torino il 10 febbraio 2020 (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

    I tentativi di contestualizzare gli eccidi delle foibe, nelle discussioni contemporanee, vengono spesso accusati di attenuare o addirittura di negare la gravità di quello che accadde. È tendenzialmente la posizione di chi, da destra o da estrema destra, sostiene che le foibe non siano abbastanza ricordate. Ogni anno avanzano accuse simili partiti come Fratelli d’Italia e la Lega, ma anche movimenti più estremisti come Forza Nuova e CasaPound, che in queste occasioni organizzano con frequenza proteste, manifestazioni e incontri.
    Uno degli argomenti più utilizzati è che esisterebbe la volontà di oscurare e mettere a margine il racconto delle violenze sul confine orientale. Alle vicende del confine orientale sono stati dedicati in realtà una gran quantità di incontri, approfondimenti, cerimonie ufficiali, fiction e film della Rai. Tutte le occasioni pubbliche di riconoscimento e racconto delle foibe, però, sono avvenute di recente, perché per decenni, dopo la guerra, c’è stata una grande ritrosia degli ambienti politici e culturali di sinistra a raccontare pubblicamente le vicende del confine orientale, per un’indulgenza in parte storica e in parte ideologica nei confronti di atrocità ritenute il risultato di quelle che le avevano precedute, e per evitare di fornire argomenti alla destra.
    Dopo la fine della Guerra Fredda e la scomparsa del Partito Comunista Italiano, questa ritrosia diminuì e infatti il “Giorno del ricordo” venne introdotto solo nel 2004, quando era in carica il secondo governo Berlusconi, di centrodestra. In parte, la commemorazione fu istituita nel tentativo implicito e a volte esplicito – poco storico, molto politico – di “compensare” la festa del 25 aprile, quella della liberazione dal nazifascismo, e la Giornata della memoria, che si celebra il 27 gennaio di ogni anno per ricordare i sei milioni di ebrei morti nell’Olocausto e gli altri milioni di persone sterminate dalla Germania nazista e dagli alleati, compresa l’Italia fascista.
    Per il “Giorno del ricordo” fu scelta la data simbolica del 10 febbraio, giorno in cui nel 1947 fu firmato il trattato di pace con cui l’Istria e una parte della Venezia Giulia divennero parte dell’ex Jugoslavia. La maggior parte dei firmatari della legge erano parlamentari di Forza Italia e di Alleanza Nazionale, il partito erede della tradizione neofascista del Movimento Sociale Italiano. Ma fu votata e condivisa da quasi tutti i partiti in Parlamento, dalla Lega ai Democratici di sinistra, con l’eccezione di Rifondazione comunista.
       il resto  lo sapete già  .
    come dicevo nel post sull'altra giornata rompi ( quella nel 27 gennaio \ giornata della memoria ) 😥 si dovrebbe ricordare /celebrare senza retorica e ideologia . ma se per la prima è un po' più facile e qualcuno riesce anche a realizzarlo con la giornata del ricordo / 10 febbraio è più difficile . visto il complesso periodo storico sia pre foibe sua post foibe in cui quella zona si è venuta a trovare in cui si sono svolte tali vicende ed il silenzio pubblico tranne che per gli specialisti e poche persone coraggiose che più o meno graziosamente affrontavano tale argomento fino all'istituzione della giornata del 10 febbraio .





    iniziativa di sensibilizzazione contro il revenge porn del gruppo www. seicomplice.org

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