Visualizzazione post con etichetta franco battiato. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta franco battiato. Mostra tutti i post

25.6.24

intervista di Emiliano Morrone a Juri Camisasca «autore di vera musica sacra» Il coautore di Franco Battiato

Questa,riportata dall'amico compagno di strada Emiliano morrone per il  quotidiano 
https://www.corrieredellacalabria.it/ il 22\6\2024 ,  è stata    un'intervista difficile. Perché Juri Camisasca, che ha scritto brani meravigliosi,  per Franco Battiato ma  non solo    come dimostra      quest  elenco  preso  dalla pagina    su di lui  di wikipedia 


 è un eremita e tende a non parlare. Con lui abbiamo discusso delle trasformazioni della musica, che oggi, secondo Camisasca, è artificiale, commerciale, sempre identica, vuota. E abbiamo analizzato i segni del presente, allargando il dialogo alla necessità della pace e al senso della vita, che dura pochissimo in rapporto all'eternità. Dalle pendici dell'Etna, l'amico e coautore di Battiato ci ha dato argomenti profondi su cui riflettere. Infatti  in "Altro e altrove"(  foto  di copertina  a  sinistra  )   di  Cristian  Porcino  più precisamente   nel capitolo "La musica muore" che è un brano di Camisasca  si parla      del decadimento  totale (    salvo  poche mosche  bianche  )   della musica  italiana     negli ultimi  20\  25  anni  . 





 A   voi  l'articolo  i questione   .  buona  lettura 

LA LENTE DI EMILIANO
Juri Camisasca «autore di vera musica sacra» Il coautore di Franco Battiato: «Ho veramente la sensazione che il nostro pianeta sia una specie di esilio, un purgatorio»
Pubblicato il: 22/06/2024 – 10:52
                                         di Emiliano Morrone


Franco Battiato definiva Juri Camisasca «un autore di vera musica sacra». I due hanno condiviso fondamenti, orizzonti e dimensioni: il mistero insondabile della vita, la ricerca interiore, la musica, la pittura, il silenzio. Nel testo di “Nomadi”, fra i brani più belli e identitari di Camisasca, che spesso si ricorda nella versione di Battiato, figurano tracce dello sguardo e della direzione spirituale di entrambi gli artisti, sempre riservati nel loro privato; per esempio, il riferimento al «transito dell’apparente dualità». Per molti anni, Battiato è stato protagonista della musica italiana, che con rara voglia di sperimentare e apertura mentale ha saputo innovare nella lingua, nei ritmi, negli arrangiamenti e più in generale nei concetti. Sia per Battiato che per il suo amico e coautore Camisasca, non si può scindere l’uomo dall’artista né si riescono a disgiungere le idee e sensibilità personali dalla struttura e dai contenuti delle loro canzoni. La musica contemporanea è invece spesso regolata dalle leggi spietate del mercato, finanche prodotta da applicazioni basate su algoritmi costruiti sull’analisi di mode, gusti e tendenze dominanti. La musica dà una misura precisa delle sempre più rapide trasformazioni economiche, politiche, culturali, antropologiche e sociali in atto. Ne parliamo con Camisasca, cui diamo del Tu perché lo conosciamo.

In che epoca viviamo?

«È un caos. Io seguo in maniera trasversale quello che succede nel mondo, ma mi sembra che tutti i grandi propositi di pace e di fratellanza si stiano frantumando. Ci sono guerre che sembrano non finire più e siamo nelle mani di pazzi, praticamente. Il mondo è governato da gente che ha un ego smisurato. Sono soggetti malati, combattono per un pezzo di terra e uccidono le persone come se fossero birilli. È un mondo allucinante, se visto in questo senso. Tu apri il computer – io ne uso uno come mezzo di informazione – e ogni volta leggi notizie raccapriccianti».

Allora è un mondo condizionato dal capitalismo, orientato dall’egoismo, dall’accumulo di beni? Anche la musica si è adeguata e, paradossalmente, non è più impegnata né in grado di parlare all’anima?

«Regna il capitalismo spinto. C’è da dire che ogni musica tende a riflettere il proprio tempo. Negli anni ’70 esistevano gruppi come i Genesis, i Van der Graaf Generator, i Jethro Tull, cioè tutta gente che suonava. Per carità, adesso ci sono ancora, ad esempio, gruppi come gli U2, che sanno il fatto loro. Ma il punto vero è che la tecnologia è diventata dominante e funzionale al mercato. Ci sono app che fanno le canzoni. Se tu dai degli input, queste applicazioni ti scrivono il testo e ti scrivono anche la musica, ti mettono gli accordi e così via. In effetti, quando vado al supermercato o in qualche altra parte, sento brani musicali identici, tutti con lo stesso suono. Non esiste più ricerca musicale e la volgarità è imperante. Il rap è stata la vera rovina. Magari tanti ragazzi che si danno a questo genere non sanno cantare e vanno in crisi, se gli fai intonare una melodia. Se gli togli l’Auto-Tune, intendo dire, diventa un problema. Con questo tipo di sistema, tutti possono cantare. Però diventa un disastro se il software va in tilt, come successo tempo fa. Queste tecnologie stanno rovinando anche il gusto di creare e la creatività in sé».

Juri Camisasca e Franco Battiato

Quanto è importante il canto?

«Cantare è innato nell’uomo, è piacevole. Se canti, è perché stai bene oppure perché hai voglia di stare bene. Una persona che sta male non canta. Se sei triste, il canto ti aiuta anche a trovare un po’ di serenità. Cantare ti consente di esprimere una parte di te che sul piano razionale non puoi manifestare. Il canto è l’elemento di comunione e di comunicazione per eccellenza. Il pensiero e la razionalità dell’uomo hanno dei limiti. Con il canto, invece, generi e trasmetti emozioni all’esterno, quando è fatto in una certa maniera. Molti ragazzi, invece, esprimono soltanto rabbia, quando cantano. C’è molta rabbia nelle musiche dei rapper. È raro, oggigiorno, ascoltare un canto alla Leonard Cohen, che parli all’anima e sia poesia. Ecco, oggi non c’è più poesia e i testi delle canzoni sono spesso di una violenza e di una volgarità indefinibili».

La contemporaneità è segnata dal caos e del rumore. A un certo punto, però, tu hai deciso di sganciarti, di condurre una vita eremitica pur mantenendo la tua presenza artistica.

«La musica e il lavoro di iconografia cui mi dedico sono in realtà di contorno al vero impegno della mia vita, che è la ricerca interiore. Prima di tutto, io sono un uomo di silenzio, un uomo che cerca di dare un senso al proprio esistere, che è un baleno. La nostra vita è un attimo. Che cosa è questo flash che stiamo vivendo? Veniamo da non si sa dove, prima non c’eravamo e poi non ci saremo. Ora, che cosa è questo attimo che noi chiamiamo “esistenza”, che può durare 20, 50, 70, 90, 100 anni, cioè niente in rapporto all’eternità? È questo ciò che mi interessa. Io conduco una ricerca interiore, consapevole che finché si cerca non si trova. Allora si tratta di lasciar decantare tutto un sistema di intellettualismo che ci opprime, affinché sia il silenzio a darci la risposta su ciò che siamo. In effetti, quando si vive una vita di silenzio e di solitudine come la vivo io, ci sono momenti in cui si ha come una sorta di apertura, una specie di conoscenza che è trascendente. Lì ti rendi conto di chi sei realmente e sperimenti un’espressione della vita unica».

Che cosa ne ricavi?

«A me interessa questo. Poi, quale sia il beneficio non importa. Non so perché io abbia compiuto questa scelta; noi veniamo portati in certo modo a delle scelte. Personalmente, non so fino a che punto la mia vita possa essere utile agli altri. Tuttavia, le persone che incontro avvertono, credo, che io vivo in una dimensione diversa».

Quanto è difficile, Juri, seguire la strada del silenzio, in un mondo, in un tempo in cui il rumore sembra camminare insieme al vuoto?

«Per me non è difficile. C’è un motto secondo cui tu devi avere la capacità di mantenere il silenzio e la solitudine anche se vivi in una metropoli, anche se vai in una grande città. Io vivo in solitudine e silenzio alle pendici dell’Etna. È da 30 anni che sono qui da eremita, e prima sono stato per 11 anni in una comunità, in un monastero. Segui un cammino perché hai avuto delle indicazioni, è la vocazione. Io affronto con coraggio questa mia esperienza e sento che la provvidenza mi sta facendo percorrere un cammino. Allora non mi sento mai da solo, ma mi sento in comunione con la vita».

L’emancipazione dall’incubo delle passioni è il tuo punto in comune con Franco Battiato?

«Le passioni si staccano nel momento in cui hai un’esperienza spirituale. Franco ha avuto il suo percorso, io sto facendo il mio. Finché la passione resta un incubo, vuol dire che ancora ti condiziona. Emanciparsi dall’incubo delle passioni è un passo automatico che viene senza sforzo, quando ti dedichi seriamente alla meditazione, alla quiete mentale. Adesso bisognerebbe fare un discorso molto lungo, alla ricerca del sé, di quel sé che non è Dio ma è il sé di Meister Eckhart e di Ramana Maharshi,  
il sé che ti permette di esistere. Mi riferisco al silenzio, tu ci entri in contatto e basta una goccia di questo nettare e la vita diventa un’altra cosa. Quindi per me non è assolutamente difficile condurre una vita silenziosa. Anzi, a volte non capisco come possano gli altri vivere nel caos; certe volte mi chiedo come si faccia a vivere nella confusione, a non prendere le distanze dal rumore e dal disordine».

Quanto ti manca Franco Battiato? Per inciso, oggi si ascoltano indistintamente artisti come Battiato e De Andrè e cantanti di immagine come Achille Lauro e Rosa Chemical. Tutto e tutti sullo stesso piano, insomma, in nome dell’abbondanza delle merci, che poi viene ricompresa nel concetto di democrazia.

«Oggi non si ascolta più la musica, diventata un sottofondo per mangiare la pizza o per fare altro. Di Franco si sentono di solito i brani più commerciali, tipo “Bandiera bianca”. È difficile che si ascolti, per esempio, “L’oceano di silenzio”. Non riesco a quantificarti quanto mi manchi Franco. Eravamo molto in simbiosi e a volte mi sento solo, quando penso a lui. Se avverto il bisogno di parlare con qualcuno, allora Franco mi manca e come, anche se sono immerso in una solitudine mistica. Da un punto di vista artistico, poi, Franco ha lasciato un vuoto incolmabile».

Si ascolta soltanto se stessi, dunque?

«Non c’è più educazione all’ascolto, questo è il tema. L’educazione all’ascolto diventa, poi, anche educazione all’ascolto della musica. Nel presente la musica è perlopiù un sottofondo che si sente nei bar, nei supermercati e così via. Chi si mette ad ascoltare un corale di Bach? La gente non ha tempo; ormai c’è una frenesia totalizzante, perciò bisogna rallentare».

Fretta, rumore e confusione. Di contro, vita eremitica e ricerca del sé. Ma come si fa a tenere i rapporti con il mondo, a intervenire per cambiarlo, migliorarlo?

«Come potrei essere utile, con la mia vita, a questo mondo? Che segnali mando agli altri, io che vivo qui nella solitudine? Io vivo nella solitudine ma sento tutto il peso del mondo, e questo gli altri non lo sanno. Che cosa stanno facendo quelli che vivono insieme e conducono battaglie? Spesso, purtroppo, si fanno male tra di loro. Qual è la loro utilità? Dalle loro battaglie che cosa ricavano? C’è un detto di Evagrio Pontico secondo cui l’eremita è colui che vive separato da tutti ma è unito con tutti. Io sento il dramma del mondo e credo che questo sentire il dramma dell’umanità, in un certo qual modo, è come se mi portasse a neutralizzarlo in un’altra maniera, come se fossi una carta assorbente».

Cioè?

«Ci sono persone che si impegnano nella creazione del male e mettono disordine. Ci sono persone, invece, che, conducendo una vita tranquilla, cercano di equilibrare quel disordine. Noi a volte diamo forse un po’ tutto per scontato, a partire dai nostri gesti quotidiani. Ma c’è un universo che si esprime in molteplici facce. La vita è sempre un mistero, come lo è il problema delle guerre. C’è un passo biblico, di Isaia, in cui il Signore afferma di portare la pace e di scatenare anche la guerra. Secondo Gurdjieff, di cui conosci la filosofia, siamo come delle macchine. Allora il male nel mondo emerge perché, evidentemente, ci sono delle forze, delle entità che governano chi gestisce il potere. Perciò, siccome stiamo nel mistero, io vivo il mistero di questa esistenza sulle tracce che essa ha segnato per me. Ora, io non so in che maniera posso essere utile; penso che la mia vita possa essere anche inutile, ma sono anche a contatto con delle persone. Non ho la popolarità di Vasco Rossi ma, un po’ come santa Teresina del Bambino Gesù, sono una piccola fiammella che magari cerca di accenderne un’altra e così via».

Che cosa intendevi dire, nel tuo brano “Il sole nella pioggia”, cantato anche da Alice, con l’espressione «quelli che sanno le cose non parlano»?

«Il mistero della vita è talmente grande che tu, da un punto di vista razionale, non lo puoi esprimere mai. Non ci riesci perché non hai strumenti, non hai il vocabolario, ti manca la parola per dire ciò che effettivamente senti e vivi. La vita è un mistero insondabile. E la nostra Terra è un granellino di sabbia in una distesa sterminata di pianeti. Allora l’unica salvezza è meditare, ma senza arrivare a conclusioni filosofiche. Con la filosofia ci si può ingarbugliare; con la meditazione riusciamo a ottenere una mente tranquilla, serena, libera, capace di meravigliarsi della natura, dell’altro, dell’attimo. Ecco il senso della poesia, della vita, che dobbiamo recuperare. Lo scienziato vede una pesca e la analizza chimicamente. Il mistico, invece, la prende, la mangia e la gusta».

Qual è la tua speranza per il futuro comune?

«La mia speranza è legata a un pensiero, espresso in modi diversi da san Paolo, Sri Aurobindo e Pierre Teilhard de Chardin, che poi ho inserito nel brano “Il sole nella pioggia”. Mi riferisco alla frase «l’universo geme nelle doglie del parto». Ora, riguardo a questo universo, chiamiamolo Terra per semplificare, possiamo leggere un’evoluzione in atto, che include anche la guerra. Può darsi, cioè, che i fatti tragici stiano accadendo perché devono essere parte di una trasformazione profonda. La mia speranza è, dunque, che ci sia un mondo di pace. A volte, però, ho veramente la sensazione che il nostro pianeta sia una specie di esilio, un purgatorio. E non ho le risposte, ma mi sento come una formica che vive in questo mondo. Attenzione, per me si tratta di una condizione di crescita, ma mi cadono le braccia quando accendo il computer e vedo guerre, rumore, caos, rabbia e vuoto».

Guerre, rumore, caos, rabbia e vuoto che entrano nella musica?

«Certo. Tu prendi Sanremo, che io non guardo più da almeno 20 anni. Apri il computer e trovi subito le notizie del Festival, poi vai su YouTube e ascolti i brani, che con la musica non c’entrano più niente. Lì fai successo se crei scandalo con la tua immagine, se produci audience. La canzone è invece un orpello». (redazione@corrierecal.it)


9.10.23

“Diverso da chi?”

Forse è questa una delle domande che si è posto Cristian nello scrivere questo saggio biografico che percorre il suo passato come una cicatrice esposta a mo’ di medaglia. Un ricordo di una vittoria sofferta alla ricerca di sè stesso, sfuggendo dai dettami della tradizione sulla diversità. La reliquia del senso di angoscia, di pesantezza di questo “cavaliere inesistente desideroso di farsi vedere nella sua armatura di ferro splendente” è ben presente, come un sigillo, nelle memorie e nelle pagine del testo. Eppure questo senso di prigionia viene esorcizzato da aneddoti di vita vissuta e da citazioni di coloro che fecero della diversità, - di qualsiasi genere- un proprio punto di forza, personaggi provenienti da ambiti e ambienti diversi: da Franco Battiato a John Keating (“L’attimo fuggente), da Raffaella Carrà a Manlio Sgalambro. Diverso da chi, quindi? Diverso da ciò che viene imposto, diverso da chi si limita a seguire la “norma” come dettame immutabile. La libertà, soprattutto quella di pensiero, richiede lo sforzo di liberarsi dai preconcetti in cui ci si arrocca anche inconsapevolmente e di innalzare la sguardo “sulle tracce dell’altrove” …      
   
               Simone Febo Santi

10.9.23

Uno spiraglio di luce

 


“Sulle Tracce dell'Altrove”... dalle primissime pagine uno spiraglio di luce pare trapelare dalle righe di ogni foglio. Quello di Cristian A. Porcino Ferrara, si profila fin da subito come un viaggio interiore ricco e profondo, a tratti doloroso, ma sempre lucido.

Una lettura piacevole e fluida, a tratti illuminante, soprattutto quando l'autore tocca temi di rilievo etico-morale come la spiritualità e la religiosità, l'omosessualità e l'esperienza travagliata del coming out etc...

Si coglie in sordina la presenza di un fil rouge che inevitabilmente lega ogni tematica a quella successiva, poiché è la continua ricerca interiore a guidare la mano dell'autore, non vi è mai stacco brutale tra i temi... come un flusso di coscienza scorre e va... come un fiume che non ha inizio né fine... così questo testo ci lascia la parola, apre e invita alla riflessione personale.

Grazie a Cristian A. Porcino Ferrara per essere riuscito a raccogliere spunti riflessivi tanto delicati in una lettura elegante.


Prof.ssa Francesca Curreli


Il libro è in vendita su Amazon 

13.8.22

La difesa radical chic e pseudo ambientalista di Jovanotti e del suo sponsor wwf . E il vero ambientalismo di Battiato che 40 annullo un concerto pagando una penale perchè si sarebbe distrutto un bosco .

Jova Beach Party, parla il presidente del Wwf: “Le spiagge non sono tutte uguali, abbiamo detto tanti ‘no’. Polemiche strumentali oltre che sbagliate”punto   le balle  di Jovanotti --- in piena crisi climatica, non vogliamo più tollerare che l’ecologismo sia vincolato da banche fossili, allevamenti intensivi, cantanti che insultano chi si prende cura della natura concretamente e comuni che permettono tutto ciò . Ed  di quelle  associazioni da  essi foraggiate  

 Siamo --    come  fa  notare    la  curatriuce  dei  video  sotto  cristina  coto   che  critica    punto per 

 

 

 Una  lezione  all'ipocrita  ed   pseudo  ambientalista    Che definisce gli ambientalisti    seri econazisti  e s'arrampica sugli specchi  (vedete video  di critiche o accuse come le definiscono molti )    vienme  oltre  dai  video  sopra   anche  da quello che  fu    un grande  della  musica italiana    . 

Sapevi che quarant’anni fa Franco Battiato ha rinunciato a un evento in Sardegna per salvaguardare la natura? Lo ha raccontato il tastierista Filippo Destrieri in un’intervista lo scorso anno.
 
Francesco Castagna 10 Agosto 2022

Ne sono passati di anni da quando un famoso artista e maestro della musica italiana, Franco Battiato, ha deciso di mettere al primo posto la tutela dell'ambiente al divertimento. A raccontarlo, con un velo di malinconia, è il tastierista Filippo Destrieri.In un ricordo vecchio 40 anni, regalato al giornalista Fabrizio Basciano in un'intervista rilasciata nel 2021, il musicista ha raccontato come nel 1981 Battiato si sia rifiutato di esibirsi a Villasimius, in Sardegna.L'organizzazione che si doveva occupare del concerto aveva abbattuto un bosco per realizzare gli spazi che servivano per l'evento.Era l'anno de' La Voce del Padrone, un album con cui l'arista siciliano ebbe un successo clamoroso. Ma ancora più eclatante fu il comportamento di Battiato durante la tappa del suo tour in Sardegna.Destrieri racconta che "A Villasimius, in Sardegna, successe poi un fatto eccezionale. Era l’ultima data di un minitour sardo, e mentre stavo arrivando sul posto con la band incrocio la macchina di Battiato: stava andando via e ci faceva segno di seguirlo".Poi il chitarrista spiega che solo quando arrivarono all'aeroporto Battiato ha rivelato il motivo dell'annullamento del concerto. "L’organizzazione stava tirando giù un bosco secolare per far spazio alla gente. Aveva fermato le ruspe e, accollandosi la penale, rinunciato a quella data”. Mentre dal passato ci arriva una grande lezione di stile e di come si possa fare musica in maniera etica e sostenibile, il presente ci regala purtroppo degli scenari ben lontani dal rispetto dell'ambiente.Per esempio, il concerto a Marina di Ravenna di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, è stata l'ennesima dimostrazione di come, per creare degli spazi adatti all'evento, siano state abbattute decine di alberi.Gli organizzatori dell'evento hanno già previsto di riforestare l'area, che doveva già subire un intervento del genere.Ma c'è da chiedersi se queste operazioni di deforestazione siano state rispettando le specie viventi nell'ecosistema (messa in sicurezza degli animali o di eventuali nidi di uccelli o tartarughe) e se verranno poi realmente realizzate.

 

6.4.20

Michela Murgia sfregia Franco Battiato: "Scrive solo minchiate "

Lo so chi scrive o dice minchiate andrebbe ignorato ma è più forte di me . Sopratutto quando a dirne sono degli intellettuali che scrivono benissimo.
Ecco quindi questa mia umile replica a Michela murgia



Cara Michela MurgiaMi fa meraviglia che una persona così intellettualmente colta visto che è nel gotha dei salotti letterari italiani ignori (o faccia finta di non sapere) che una volta lanciato il sasso /provocazione soprattutto oggi si tempi d'internet è difficilissimo Smentire o cambiarne la direzione. E viene diffusa la prima voce o scritto uscito che la rettifica è le precisazioni. Infatti la sua rettifica \ scusaL'immagine può contenere: il seguente testo "Michela Murgia @KelleddaMurgia 4h In risposta a @ludik e @chiara_valerio E' che quando abbiamo lanciato la moneta mi è toccata la parte della cattiva, io che Battiato lo adoro! Ma ovviamente la mia fatica nel parlarle male non è nemmeno paragonabile a quella che sta facendo chi crede che sia tutto reale. 3 19"
 Mi sa tanto di arrampicata sugli specchi ed é peggiore di quello che ha lanciato. È come se io parlo male di una persona in questo caso in intellettuale e poi dico stavo scherzando provocando. O come se picchio qialcuno/a e poi dico stavo scherzando. Complimenti per la spassosa provocazione che permette di parlare di qualcosa che non sia il coronavirus. A quando la prossima ?! Non vedo l'ora di sentirne o leggerne un altra e riservi o polemizzarci
Ora  sarà  pure    come  dice 

Roberto Recchioni
3 hC'è un format in cui ci sono due persone che parlano. Si sceglie un argomento e si tira una moneta. Una delle persone che parlano deve essere "contro" l'argomento e l'altra deve sostenerlo. Significa che chi è "contro" non è che sta dicendo cose che pensa davvero ma sta provando a sostenere una critica che possa "vincere" sulle parole a favore del suo avversario (che, ugualmente, non è per nulla detto che sia davvero a favore di quella cosa).E' un banalissimo esercizio di retorica.In USA ci fanno le gare nei licei e nelle università, lo abbiamo visto in tante serie televisive e film.Serve per migliorare le proprie capacità dialettiche.In Italia succede che se lo fai, ti becchi una vagonata d'insulti da gente che non è capace di capire manco le premesse basiche di questo esercizio.Io non ci credo che ho dovuto prendere le parti della Murgia. Non ci credo.

MA      come     dice   anche   un commento  al suo post  : << Indipendentemente dal fatto che sia un format, ci sta pure che si possano scegliere argomenti su cui essere “contro” che però siano argomentati, appunto, con criterio. Non proprio a caxxo di cane come ha fatto   in questo  caso   [ corsivo mio   ]  la Murgia.>>




Infatti   per sostenere un esercizio di retorica bisogna prepararsi sull'argomento. Che si sostenga il pro o il contro. Ciascuno può fare e dire ciò che vuole è chiaro, mi sconforta la totale impreparazione sugli argomenti che si è scelto di trattare.Infatti Anche perché di argomenti seri per criticare Battiato ce ne sono, non è che non ce ne siano. E lì diventa interessante questo tipo di esercizio. Altrimenti è fine a se stesso. Ossia, sempre per me, inutile.Insomma io dico solo che se mi danno “un esercizio” da fare, quanto meno un poco studio e mi preparo .  e  qui mi fermo  perchè  La cacca più la
mescoli più puzza

21.9.17

La Messa Arcaica di Franco Battiato al Teatro Greco Romano di Catania per gentile concessione di http://lerecensionidelfilosofoimpertinente.blogspot.it/

ringrazio ancora per la gentilissima concessione di questa ottima recensione l'ottimo blogger  letterario  e  filosofico    http://lerecensionidelfilosofoimpertinente.blogspot.it/  di Cristian Porcino



lunedì 18 settembre 2017
La Messa Arcaica di Franco Battiato al Teatro Greco Romano di Catania


Qualche anno fa, mentre passeggiavo per le strade di New York, vidi esposto in un negozio di dischi la Messa Arcaica di Battiato. Il cd del compositore etneo era proprio accanto all'ultimo lavoro di Jordi Savall. Acquistai immediatamente la messa Arcaica per ascoltarla in un contesto urbano che apparentemente strideva con l'opera di Franco. Per immergermi ancor più nel mood dell'opera mi recai in un luogo altrettanto speciale. Indossai le cuffie e misi il cd nel riproduttore portatile e visitai la cattedrale di Saint John the Divine. Fu un'esperienza meravigliosa. Ieri sera al concerto di Franco Battiato ho provato quasi la stessa emozione. 


Per l'occasione il cantautore siciliano si è esibito accompagnato dal Coro e dall'orchestra del Teatro Massimo Vincenzo Bellini. Chi si trovava in quel luogo ha avvertito un flusso di energia sacra dipanarsi fra le mura del Teatro Greco Romano di Catania.

La messa Arcaica diffondeva nell'aria le sacre sinfonie del tempo. Uno scenario storico per un appuntamento memorabile. Prima dell'inizio della seconda parte è intervenuto Juri Camisasca che ha cantato, fra l'altro, Il Carmelo di Echt dedicato alla filosofa e santa cattolica Edith Stein morta nel campo di concentramento di Auschwitz. Nella seconda parte Battiato ha proposto alcune canzoni del suo repertorio mistico come L'ombra della luce, Lode all'inviolato, E ti vengo a cercare etc., per poi concludere la serata con l'attesissima La cura.

Uno spettacolo che ha rigenerato tanto lo spirito quanto il corpo dei presenti. L'evento chiude l'ottima stagione estiva allestita dal Teatro Massimo Bellini al Teatro Greco Romano. Infine Battiato si è congedato dal pubblico con un caloroso bacio inviato dal palco ai suoi numerosi ammiratori. "Pregare non è facile... e, come diceva il grande mistico, Abd Al Ǭadir, 'Di una preghiera arriva solo quello che si comprende' " (F.B).


              Cristian Porcino  ® Riproduzione riservata

19.1.15

intervista a Cristian Porcino autore di pensiero riflesso Filosofia per tutti: quando il pensiero scandisce l’esistenza. ( Intervista a cura del Collettivo Zero )

"Pensiero riflesso. La filosofia come la vedo io" di Cristian A. Porcino Ferrara è un'opera, per dir così, sorridente. Rende giustizia a una disciplina troppo spesso associata alle aule scolastiche, al sapere libresco e marmoreo. Invece la filosofia è esperienza vitale, consente di assaporare al meglio la nostra immanenza colorandola d'infinito. E non è appannaggio di pochi eruditi, bensì gioco, piacere per tutti; in tal senso, il libro di Porcino potrebbe esser definito "socratico". Ne abbiamo parlato col suo giovane autore. 
Il libro di un filosofo sulla filosofia. Al giorno d'oggi, un'impresa rischiosa, persino azzardata... «Beh, a 34 anni   posso pure permettermi di scrivere un libro senza dover pensare necessariamente al tipo di pubblico che lo leggerà. Sono stanco d’inseguire qualcuno. Volevo raccontare la filosofia così come l’ho percepita io. Credo che dietro questa splendida disciplina ognuno di noi può facilmente trovare un terreno fertile per raccogliere validi spunti riflessivi. Quando ho deciso di scrivere questo libro non mi sono posto il problema di chi lo avrebbe successivamente pubblicato. È da un pezzo che non mi pongo più simili domande. Non l’ho nemmeno proposto alle case editrici tradizionali».  
In che senso? Ci spieghi meglio. «In Italia siamo rimasti indietro culturalmente rispetto agli altri paesi europei e non solo. Il self- publishing, soltanto da noi, è considerato qualcosa da demonizzare a tutti i costi. Quello che la gente non sa è che esiste una stragrande maggioranza di tipografi spacciati per editori pronti a pubblicare qualunque ciarpame pur di incassare contribuiti di stampa o di distribuzione. A maggior ragione in un contesto editoriale dove tutto appare come un sistema poco meritocratico, preferisco investire personalmente sulla mia opera. Può apparire presuntuoso ma non è così. E poi non rappresento nessuno a parte me stesso quindi non vedo perché desiderare degli editori a cui non interessa la sostanza ma solo l’apparenza!». Nel suo lavoro appare evidente la sua ostilità verso il mondo accademico... «Io non sono ostile al mondo universitario perché in ogni facoltà esistono le cosiddette “mosche bianche”; ciononostante bisogna tenere presente che in questi ambiti si va spesso avanti solo per raccomandazione o per nepotismo. Ecco nel mio nuovo libro ho fotografato alcune situazioni di professori disposti ad affossare l’opera di qualcuno, come ad esempio De Crescenzo o Sgalambro, perché non appartenenti a nessun sistema corporativo. Il mondo accademico è legato troppo al passato e proprio per questo non riesce a competere con le università straniere. Dobbiamo solo pensare, per ritornare alla domanda di prima, che molti libri pubblicati dai professori cosa sono se non autopubblicazioni con l’avallo dell’università? Spesso sono editati da cooperative universitarie che tutelano il “pensiero” accademico locale. Testi inutili o studi che nulla aggiungono all’opera di un dato autore. A parte la loro visibilità e uno stipendio di tutto rispetto, perché dovrei invidiarli?»
 Sembra comunque lei prediliga gli spiriti eccentrici, quali De Crescenzo o Sgalambro. «Diciamo che preferisco le personalità originali. Detto ciò gli incontri non li progetti ma ti capitano. Proprio per questo nel testo li ho definiti “incontri straordinari”. A loro sono legati alcuni aneddoti personali raccontati nel libro. De Crescenzo e Sgalambro sono due uomini del sud. Ognuno di loro ama ed ha amato la filosofia in modo diverso. Il primo con ironia, il secondo con piglio critico. Eppure nel testo non faccio parallelismi fra i due perché sarebbe assurdo farli. Li cito perché in egual misura hanno contribuito alla mia formazione filosofica. Luciano De Crescenzo non si definisce un filosofo pur essendolo, mentre Manlio Sgalambro lo era non solo per definizione ma per costituzione. C’è da dire che anche Sgalambro ha sperimentato, grazie alla fattiva collaborazione con Franco Battiato, altre realtà come la musica, il cinema, il concerto. Sperimentare nuove forme di comunicazione non ti rende meno autorevole rispetto a chi da 30anni va vanti sempre con la stessa solfa e pontifica dal suo scanno di Matusalemme. Chi ama la filosofia non si può porre certe preclusioni mentali. L’idiozia è l’antitesi della filosofia!» Lei non esita a mescolare cultura "alta" ed espressioni artistiche più schiettamente popolari, come le canzoni moderne. Ho in mente due suoi precedenti saggi, I cantautori e la filosofia e Chiedi di lui [con Daniela Tuscano], dedicato a Renato Zero. Del resto, è in buona compagnia: già Pasolini dimostrò di non temere tali contaminazioni. «Infatti la migliore alleata della filosofia è proprio la musica. Me ne occupo da anni, quando già nel 2008 pubblicai I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero (Edizioni Libreria Croce). Da quel momento ho spesso accostato dei ragionamenti di stampo filosofico alle canzoni pop. Quindi anche in questo libro non mancano dei riferimenti musicali. Troviamo un capitolo dedicato a Vasco Rossi e ai sui ultimi album Vivere o niente e Sono Innocente; altri rivolti allo stesso Franco Battiato. La filosofia non si trova solo in determinati contesti ma in ogni cosa, perché filosofia è sinonimo di esistenza. All’interno del testo ci sono diversi capitoli dedicati al cinema come ad esempio il genio di Woody Allen o il compianto Robin Williams, e molto altro ancora. Diciamo che è un viaggio a 360 gradi all’interno della cultura intesa nel suo insieme. Perfino gli amanti del calcio non rimarranno delusi, a loro e al grande campione Alessandro Del Piero ho dedicato un intero capitolo». Il libro è in vendita su amazon (cartaceo) e lulu.com (cartaceo ed eBook)

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...