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13.8.22

La difesa radical chic e pseudo ambientalista di Jovanotti e del suo sponsor wwf . E il vero ambientalismo di Battiato che 40 annullo un concerto pagando una penale perchè si sarebbe distrutto un bosco .

Jova Beach Party, parla il presidente del Wwf: “Le spiagge non sono tutte uguali, abbiamo detto tanti ‘no’. Polemiche strumentali oltre che sbagliate”punto   le balle  di Jovanotti --- in piena crisi climatica, non vogliamo più tollerare che l’ecologismo sia vincolato da banche fossili, allevamenti intensivi, cantanti che insultano chi si prende cura della natura concretamente e comuni che permettono tutto ciò . Ed  di quelle  associazioni da  essi foraggiate  

 Siamo --    come  fa  notare    la  curatriuce  dei  video  sotto  cristina  coto   che  critica    punto per 

 

 

 Una  lezione  all'ipocrita  ed   pseudo  ambientalista    Che definisce gli ambientalisti    seri econazisti  e s'arrampica sugli specchi  (vedete video  di critiche o accuse come le definiscono molti )    vienme  oltre  dai  video  sopra   anche  da quello che  fu    un grande  della  musica italiana    . 

Sapevi che quarant’anni fa Franco Battiato ha rinunciato a un evento in Sardegna per salvaguardare la natura? Lo ha raccontato il tastierista Filippo Destrieri in un’intervista lo scorso anno.
 
Francesco Castagna 10 Agosto 2022

Ne sono passati di anni da quando un famoso artista e maestro della musica italiana, Franco Battiato, ha deciso di mettere al primo posto la tutela dell'ambiente al divertimento. A raccontarlo, con un velo di malinconia, è il tastierista Filippo Destrieri.In un ricordo vecchio 40 anni, regalato al giornalista Fabrizio Basciano in un'intervista rilasciata nel 2021, il musicista ha raccontato come nel 1981 Battiato si sia rifiutato di esibirsi a Villasimius, in Sardegna.L'organizzazione che si doveva occupare del concerto aveva abbattuto un bosco per realizzare gli spazi che servivano per l'evento.Era l'anno de' La Voce del Padrone, un album con cui l'arista siciliano ebbe un successo clamoroso. Ma ancora più eclatante fu il comportamento di Battiato durante la tappa del suo tour in Sardegna.Destrieri racconta che "A Villasimius, in Sardegna, successe poi un fatto eccezionale. Era l’ultima data di un minitour sardo, e mentre stavo arrivando sul posto con la band incrocio la macchina di Battiato: stava andando via e ci faceva segno di seguirlo".Poi il chitarrista spiega che solo quando arrivarono all'aeroporto Battiato ha rivelato il motivo dell'annullamento del concerto. "L’organizzazione stava tirando giù un bosco secolare per far spazio alla gente. Aveva fermato le ruspe e, accollandosi la penale, rinunciato a quella data”. Mentre dal passato ci arriva una grande lezione di stile e di come si possa fare musica in maniera etica e sostenibile, il presente ci regala purtroppo degli scenari ben lontani dal rispetto dell'ambiente.Per esempio, il concerto a Marina di Ravenna di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, è stata l'ennesima dimostrazione di come, per creare degli spazi adatti all'evento, siano state abbattute decine di alberi.Gli organizzatori dell'evento hanno già previsto di riforestare l'area, che doveva già subire un intervento del genere.Ma c'è da chiedersi se queste operazioni di deforestazione siano state rispettando le specie viventi nell'ecosistema (messa in sicurezza degli animali o di eventuali nidi di uccelli o tartarughe) e se verranno poi realmente realizzate.

 

17.6.22

La storia di Silvia dopo la condanna di Strasburgo all'Italia: "Ho fatto sette denunce contro il mio ex marito e avevo paura. Lo Stato non mi ha protetta"

 La   storia  d'oggi   è la   conferma      di quanto  dice  la mia utente  \  compagna  di viaggio   Madre  Vittoria     vedere   fra  gli articoli del nostro blog  (  non riporto l'url    perchè fa talmente  caldo che non  ho voglia  di starlo a cercarlo    e poi  potrebbe esservi di stimolo per navigare  in esso senza  avere  " la pappa pronta  "   )    che  in italia   non c'è  giustizia  e   che la giustizia  ha  fatto  sempre  schifo ed  i  giudici ed  magistrati  come si deve  si   contano  sulle dita  di  una mano     

da   Lorenzo Tosa 

Ci sono voluti sette lunghi anni e una vera e propria odissea giudiziaria, ma alla fine Silvia De Giorgi ha vinto la battaglia forse più importante della sua vita. Che è, al contempo, una delle più gravi sconfitte per la giustizia e i diritti del nostro Paese.44enne, padovana, De Giorgi è stata per anni minacciata, picchiata dal suo compagno, si è vista togliere tutto, ridotta ad essere nullatenente con tre figli da mantenere (anche loro vittime delle violenze dell’uomo).Lei ha denunciato tutto a più riprese. Lo ha fatto sette volte, sette, tutte puntualmente
cadute nel vuoto, esponendola così anche alle ritorsioni dell’uomo. Al punto che, nel 2019, a Silvia De Giorgi, sola e abbandonata da tutti, non è rimasto altro da fare che rivolgersi alla Corte europea dei diritti umani a Strasburgo. Che oggi, a distanza di tre anni, con una decisione a suo modo storica, ha riconosciuto alla donna di aver subito dalla giustizia italiana un “trattamento inumano e degradante” (oltreché un risarcimento in denaro) per non averla protetta, difesa. Questa donna ha dovuto uscire dall’Italia per ottenere quella giustizia che qui da noi le è stata negata, anche se a tutt’oggi quell’uomo non ha mai risposto davanti alle legge italiana.Grazie a Silvia De Giorgi per la tenacia con cui ha combattuto e vinto, sperando che la sua dignità e il suo esempio servano a tante donne ancora senza giustizia. E senza voce.

La sua vicenda è particolare perchè
[...] Le pratiche da lei aperte sono rimaste sotto la polvere per anni, “probabilmente – sostiene – perché il mio ex marito è nipote di un personaggio politico di un certo peso”. È stato il suo avvocato a proporle di appellarsi alla Cedu: “Mi ha detto che non sapeva  più come aiutarmi e l’unica strada  era quella di Strasburgo. Ha istruito  la  pratica. Contro ogni aspettativa, nel 2019 è stata accettata e ora è arrivata la sentenza che condanna la Repubblica italiana. Ho dovuto trovare giustizia fuori dal mio Paese”. Ora spera che questa storia si chiuda per sempre: “Per anni ho rincorso il mio ex, chiedendogli una firma per cambiare la carta d’identità, per la scuola. Si è sempre negato, non pagando nemmeno gli alimenti. Aspetto la decadenza genitoriale”. [...]   da https://www.nextquotidiano.it/silvia-de-giorgi-risarcimento-cedu-italia-ex-marito-violento/

e   la  repubblica    del  17\6\2022  

<< [...] I giudici di Strasburgo chiamano in causa l'inazione dei magistrati e per questo ora lo Stato italiano dovrà risarcire: 10 mila euro per danni morali. Nonostante i rapporti dei carabinieri e dell'ospedale, segnalano i giudici di Strasburgo nella loro sentenza, i magistrati incaricati di valutare il caso non hanno preso alcuna iniziativa per rispondere alle denunce. “La loro inazione ha creato una situazione di impunità per l'ex marito”, stabilisce la Corte di Strasburgo. In un momento storico in cui proliferano femminicidi e violenze di genere, questo caso non può non imporre una riflessione. [...] >>.  

  Infatti  ha     raccontato     sempre a  repubblica    la sua vicenda   

Silvia De Giorgi come è cominciato tutto?

“Come succede sempre: c’è un elemento debole, cioè una madre che sopporta per dare un futuro ai suoi figli. E per questo sono stata accusata di essere una madre poco tutelante. Poi invece hanno detto che denunciavo troppo. La verità è che io ho passato dieci anni d’inferno ma il mio caso è stato completamente ignorato”.

Com’è possibile che non le abbiano dato ascolto?

“Nessuno è intervenuto per salvaguardarmi e oggi io dico: sono una sopravvissuta. Se non ci fosse stata la volontà del mio legale Marcello Stellin di rivolgersi alla Corte, tutto sarebbe finito nel dimenticatoio. Sono viva, questa è la differenza tra me e le altre”.

Come avvenivano queste violenze?

“Il problema non è come sono avvenute le violenze, il problema è che nessuno ha tutelato la vittima. Normali conflitti tra coniugi in fase di separazione, dicevano. Invece c’è stata una progressione degli atteggiamenti: dal maltrattamento psicologico alle botte”.

Come si è sentita in questa situazione?

“Prima arrabbiata, poi disperata, infine me ne sono fatta una ragione. Ho pensato che non avrei mai avuto giustizia e oggi non ho giustizia. La Corte dice: la Procura ha lavorato male, ma nessuno ha condannato l’uomo che mi ha reso la vita un inferno”.

Le va di raccontare com’era la sua famiglia?

“La mia figlia più grande ha 20 anni, quindi ero una mamma molto giovane. Vivevamo a Cervarese Santa Croce, piccolo comune sui colli Euganei, nella provincia di Padova. Mio marito era un imprenditore e il dissesto finanziario sopraggiunto a un certo punto, non ha fatto che peggiorare la situazione”.

Dunque lei andava dai carabinieri e non la ascoltavano?

“Certo che mi ascoltavano, prendevano la denuncia. Ma poi tutto si fermava in Procura. Nessuno ha preso in carico la mia situazione”.

E’ cambiata la sua vita a causa di quei fatti?

“La mia vita è stata stravolta. Per anni ho dovuto rassegnarmi a vedere i miei figli un’ora al giorno, per lavorare e mantenerli tutti e tre. Non dormivo, avevo paura che lui arrivasse e ci facesse del male. Oggi vivo a Milano, ho un compagno nuovo ma non tornerei a Padova per nessun motivo al mondo. Ho ancora troppa paura”.

Quanto si è sentita sola in una situazione del genere?

“Ho sviluppato un senso di sfiducia nei confronti del mondo. Si va avanti ma è tanto faticoso. L’errore più grande della mia vita è stato affidarmi a quella persona”.

Ora cosa succede con la sentenza della Corte?

“Niente. La Procura di Padova sarà stigmatizzata e fine. Del resto, quante ne hanno ammazzate anche in questi ultimi mesi? Allora forse è il caso che qualcuno si dia una mossa. Io provo pena nei confronti di tutte le donne che si sono trovate nella mia situazione e disgusto per il sistema: capisco anche chi non va a denunciare, perché conosco il calvario che scatta dopo la denuncia. Ti guardano come dire: sei l’ennesima”.

Ha perso fiducia nelle istituzioni?

“Qua non si tratta di mantenimento, qua si tratta di portare a casa la pelle. Nessuno ha creduto a quello che ho subito e questo ha causato in me ina grande sofferenza. Se non ti senti creduto da chi ti deve proteggere, come fai a vivere?”.  


Alla fine Silvia ottiene giustizia e un risarcimento da parte della giustizia italiana di 10 mila euro. Secondo la Corte, infatti, le autorità italiane non hanno fatto il necessario per proteggere l'ennesima donna vittima di violenze domestiche nonostante le denunce. La Corte ha riconosciuto l'inazione dei procuratori che non hanno mai nemmeno aperto un'inchiesta.Speriamo  che  non debba   fare  un altro  ricorso  a Strasburgo   ma  sopratttutto   l'ex    non l'uccida    prima   conoscendo  la lentezza   della giustizia italiana  e  il menefreghismo , ovviamente  senza  generalizzare  , della  magistratura  italiana  

7.8.21

storie olimpiche parte 7 ( BIS )

erano talmente tante ler  stoprie   che  ho preferito di dividerle  in  due post 

Fausto Eseosa Desalu, dai primati non registrati alla cittadinanza a 18 anni fino alla favola delle Olimpiadi

di Marco Bonarrigo

Nato nel 1994 a Casalmaggiore (Cremona) da genitori nigeriani, Faustino è il classico italiano di seconda generazione. Ha cominciato col calcio ma a 17 anni è stato reclutato nell’Interflumina di Casalmaggiore

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(Getty Images)

Per diventare cittadino italiano, Eseosa Faustine Desalu, per tutti Faustino, quello che dei quattro eroi della staffetta olimpica azzurra si è fatto carico dell’ultima curva, ha dovuto aspettare di compiere 18 anni. Nato nel 1994 a Casalmaggiore (Cremona) da genitori nigeriani, Faustino è il classico italiano di seconda generazione.

Ha cominciato col calcio ma a 17 anni è stato reclutato nell’Interflumina di Casalmaggiore, una società di atletica che come molte altre in Italia è molto attenta a valorizzare quel gran bacino di talenti rappresentato dai giovani figli di immigrati. Quando nel 2011 stabilisce il nuovo primato allievi dei 60 ostacoli, questo non può essere convalidato perché Faustino non ha ancora il nostro passaporto. Successo dopo successo arrivano la cittadinanza, il reclutamento nelle Fiamme Gialle e una carriera di velocista che - curiosamente - è imperniata quasi esclusivamente sui 200 metri.

Faustino è veloce ma, soprattutto, è velocissimo in curva dove riesce a mantenere un equilibrio perfetto. Il suo 20”13 sui 200 (risale al 2018, poi qualche problema ai muscoli, purtroppo fragili, l’ha frenato) è il secondo tempo di sempre dopo il leggendario 19”72 di Pietro Mennea. Desalu si allena tra Bologna, Catania e Ortisei, ama il rock, i disegni manga e le clip di animazione.

Oltre alla sua superba prestazione in staffetta, di Desalu ha colpito il comportamento di mamma Veronica, l’unica tra i parenti dei nostri medagliati che ha rinunciato alle varie sfilate televisive in diretta. «Lavoro come badante - ha detto - e non voglio disturbare la signora che assisto. Ho visto con lei la gara e ci siamo commosse assieme e poi ci siamo divise una torta che ha portato sua figlia. E’ stato un bellissimo pomeriggio». 



  infatti  







«Vorrei dei nipoti da lui, così io potrò tornare in Africa dalla mia famiglia e riposarmi»
di Claudio Del Frate e Raffaele Rastelli / CorriereTv




Parla Veronica Desalu, la madre della medaglia d’oro nella 4x100 Eseosa «Fausto» Desalu, raggiunta nella casa dove vive con il figlio a Casalmaggiore (Cremona): «È sempre stato un bambino educato, che mi ascoltava. Fin da piccolo anziché camminare, correva sempre». E ancora: «Da mio figlio vorrei dei nipoti, così potrò tornare in Africa, dalla mia famiglia, e riposarmi. Sono orgogliosa di lui, prima di tutto gli ho insegnato il rispetto. E poi gli ho insegnato che i soldi vanno guadagnati in modo autonomo». Venerdì 6 agosto, nel corso del programma «Il circolo degli anelli» (Rai Due), la donna ha fatto sapere che non sarebbe andata in collegamento tv perché doveva lavorare come badante. Venendo a conoscenza di questo episodio il figlio si è commosso durante un’intervista rilasciata al «Corriere» a Casa Italia: «Mia madre? Mi sdebiterò con lei, mi ha insegnato i valori della vita».
C’è anche questa normalità, questa storia, questa straordinaria lezione di dignità, nella vittoria di ieri. Un frammento dell’Italia più bella come dice Lorenzo Tosa .



Paltrinieri e le Olimpiadi: si fa la storia anche senza vincere l’oro



di Luca Gelmini, inviato a Tokyo

La fatica, la sofferenza e il sacrificio di un campione valgono di più della medaglia. Una lezione che Greg condivide anche con l’amico Tamberi



Si fa la storia anche senza vincere l’oro. Gregorio Paltrinieri è l’atleta al quale la frase si addice di più. Per lui sono state usate espressioni come «impresa titanica», «miracolo», «gigante» e non accade spesso di riservarle a chi non finisce sul gradino più alto del podio. A lui invece è capitato.
L’ultima fatica rimarrà impressa per parecchio. La 10 km di fondo è un percorso di guerra, un’ultramaratona in mezzo ai pesci che volano. L’aggettivo più azzeccato per definirla è «brutale». SuperGreg ne è uscito con le ossa rotte, il ghigno stremato, il fisicone prosciugato perché all’«ultimo giro ero morto». Uno normale, con tutto quello che ha passato, la pianterebbe lì e invece lui si è affrettato a far sapere che è la disciplina che lo esalta di più. Perché Greg non è un velocista, semmai un passista. Esce alla lunga distanza, in acqua e fuori dall’acqua. A volte sembra cibarsi della sofferenza che patisce. Il piacere della sfacchinata, il senso del dovere.Non è un caso che un altro «doverista» (per dirla alla Dino Buzzati) come Tamberi lo indichi a modello. Nella bolla del villaggio olimpico Greg e Gimbo non hanno giocato alla Playstation. Si sono chiusi in camera per ore a parlare di ansie e riscatto, del dolore fisico che non passa. «È la persona alla quale voglio più bene, c’è solo da imparare», ha spiegato Tamberi. Che destino poi ha voluto abbia vinto un oro ex aequo, come dire che un po’ di fortuna a lui è tornata indietro. A Greg il fato ha riservato altro: un lungo cammino nel sacrificio. Ha preparato l’Olimpiade in condizioni impossibili. Ha saltato quasi un mese di allenamenti per la mononucleosi. Chiude portandosi a casa un argento in piscina e un bronzo nelle «acque libere». Era venuto a Tokyo per vincere tre ori e alla fine ne ha vinto uno. Quello della fatica, che vale di più.

25.4.13

nella loro solitudine II ( «Fuori dal business, meglio le launeddas» Eugenio Finardi prova per “Voci di maggio” con gli Istentales. Al concerto di Olbia atteso anche Roberto Vecchioni )

dopo il  post (  da  qui  il perché  lo stesso titolo con l'aggiunta  di  II )   dell'amica   e  utente del blog  Daniela Tuscano  in cui si parla  di Renato Zero e Iggy Pop,  ci sono  anche altri  2 cantanti italiani  ( Eugenio Finardi e Roberto Vecchioni  )   che  creano lontano dai media  o  si dedicano  aun detterminato tipo di musica  che  la musica  ufficiale snobba  e  definisce   semplicemente  come folkoristica  


 dala nuova  sardegna online delò  25\4\2013


di Luciano Piras
              
Nuoro                                                                       «Bello sarebbe, che so?, se Marco Mengoni avesse uno scrittore di riferimento, bravo a scrivere quanto lui è bravo a cantare... potrebbero venir fuori delle cose interessanti. Non sono, per principio, contrario ai talent show, trovo però che quello che si sta prosciugando è il pool degli autori, ormai il livello è omologato, è la scrittura che sta peggiorando... ecco : in Italia ci vorrebbe un talent per scovare nuovi autori, sarebbe il talent più importante».Eugenio Finardi non ha dubbi: le risorse ci sono, oggi come ieri, vanno soltanto tirate fuori e valorizzate. E non è assolutamente vero che i giovani cantanti di oggi siano meno impegnati di quelli di ieri. «Ora è il rap la nuova musica ribelle» sottolinea. «Ed è quello che i ragazzi ascoltano: rap e pop-rock americani».Milanese, classe 1952, Finardi è a Nuoro per le prove generali con gli Istentales e gli Amici del Folklore. Grandi preparatiti per la prossima edizione di Voci di Maggio, l’uno e il 2 giugno a Olbia. Ultimi dettagli, invece, per il concerto in programma questa sera a Bonnanaro con la band agropastorale di Badde Manna schierata al completo attorno all’extraterrestre. Un omone che tanto extraterrestre non è, almeno in Sardegna. «Ho fatto più concerti qui in Sardegna che in Lombardia» dice.Tant’è vero che conosce a menadito tutte le strade dell’isola del Capo di Sopra come del Capo di Sotto. «Mi manca soltanto l’isola dei genovesi... Carloforte». Per il resto è come se fosse a casa, tra sterrati, curve e curvoni, provinciali e intercomunali. «Certo, la Sardegna non è più quella di una volta» ricorda. Anche se le strade non è che siano cambiate di molto da quando Eugenio Finardi mise piede per la prima volta da queste parti. A Villacidro, nel 1978, con i Crisalide, la band che lo accompagnava ovunque. Sull’onda del successo dell’album Sugo e delle sue due canzoni più famose La radio e Musica ribelle. Cinque anni dopo, – ricorda – approdò nella discoteca Biggest di Samassi per registrare una puntata di Discoring, la mitica trasmissione televisiva musicale di Rai Uno allora itinerante.«Eravamo io, gli Imagination, e due artisti emergenti: Bryan Adams e nientepopodimeno che Madonna! Tra gli ospiti d’onore c’era anche Roberto Benigni» va avanti l’autore il cantautore italiano. Un’altra Sardegna, quella, tempi diversi anche per le case discografiche che allora investivano e scommettevano. «Ora le case discografiche, quelle rimaste, stanno inseguendo i talent».Anche lui, dopo gli anni ruggenti delle major, ha scelto la via delle etichette specializzate e dell’autoproduzione, «sono uscito dal meccanismo industriale da ormai una decina d’anni». Così ha fatto conUn uomo, l’album che contiene il pezzo Amore diverso, in collaborazione con Carla Denule (che lo canta e l’ha tradotto in sardo) e l’apporto del sulittu e organetto diatonico di Massimo Pitzalis e le launeddas di Roberto Tangianu. Le stesse launeddas che saliranno sul palco di Olbia, il primo giugno per il concerto di Finardi insieme agli Istentales e a Roberto Vecchioni, con gli Amici del Folkore schierati in coro e i mamuthones e issohadores di Mamoiada a fare da scenografia vivente. A Olbia, una cinquantina di chilometri da L’Agnata di Tempio Pausania. Il rifugio dell’amico Fabrizio De André e di Dori Ghezzi. «Eh sì, è stato lui a farmi scoprire la Gallura, Santa Teresa». E via a ricordare le lunghe discussioni sui vangeli apocrifi: «È stato sant’Ireneo di Lione... ».

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...