da Roberto Tangianu
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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23.12.14
I SONUS DE CANNA : FEDERICA LECCA, LA SUONATRICE DI LAUNEDDAS
chi lo dic e che le launeddas , classico strument sardo , debbano essere per forza suonate da uomini ? questa frase : << Su chi ti dat resaltu, et pius valore, est sa virtude chi ti nobilitat; virtude bella in anima costante ti faghe’ preziosa che diamante. ( Padre Luca Cubeddu 1748-1828 ) >> e la storia raccontata con maestria dal portale \ sito Tottus in Pari con la colaborazione di Serena Guidoni del sito ( cercatelo anche su facebook ) http:// www.ladonnasarda.it/
Le launeddas sono uno strumento musicale dal suono antico. Un ritmo atavico che risale fin dalle viscere della Sardegna e restituisce in musica una tradizione e una pratica millenaria (le prime tracce della loro esistenza risalgono alla preistoria, considerazione avallata dal ritrovamento dei bronzetti di Ittiri, raffiguranti un suonatore di launeddas). Formato da tre canne, di diverse misure e spessore e ognuna incaricata di una propria funzione (produrre la nota principale, le note d’accompagnamento e la melodia), le launeddas sono uno strumento polifonico suonato con la tecnica della respirazione circolare. Una tradizione antichissima che nel corso dei secoli ha mutato la propria funzione musicale ma ha mantenuto allo stesso tempo l’antico “mestiere” di accompagnamento nei riti religiosi e le feste laiche. Ma la vera e propria ascesa e popolarità dei suonatori di launeddas ha avuto il suo periodo di massimo fulgore a cominciare dagli Sessanta, momento storico nel quale in tutta l’isola si sono formate le diverse “scuole di pensiero” fra le quali quella del Sarrabus ha avuto i Maestri più prestigiosi come Efisio Melis, Antonio Lara e Aurelio Porcu. Se si scorre l’albo d’oro dei suonatori di launeddas di tutte le epoche, ciò che balza subito all’occhio è l’assoluta assenza di donne fra i nomi elencati. Le motivazioni sono molteplici, di natura sociale e culturale certo, ma anche una non trascurabile predisposizione fisica degli uomini per ciò che concerne la cosiddetta capacità polmonare. Quest’ultimo aspetto però non ha impedito a Federica Lecca, una giovanissima ragazza di Selargius, di “turbare” l’equilibrio fra i suonatori ed inserirsi in un contesto musicale prettamente maschile come quello delle launeddas. Federica ha amato questo strumento sin da quando era adolescente, motivazione che l’ha portata a decidere di iscriversi alla Scuola Civica di Musica di Cagliari diretta da Luigi Puddu, ambiente nel quale ha avuto modo di affinare la sua tecnica.
Dapprima la sua era una semplice curiosità, ma ben presto la passione ha preso il sopravvento, intravedendone la possibilità che diventasse qualcosa di più. Presso la Scuola Civica ha avuto modo di diventare allieva del Maestro Luigi Lai, e il suo ingresso nella scena musicale sarda ha dato il la per una nuova generazione di suonatrici:altre ragazze, infatti, hanno seguito il suo esempio e si sono accostate a questo strumento della musica popolare sarda. Uno studio assiduo e difficoltoso quello delle launeddas, non solo per quanto riguarda la tecnica della respirazione circolare ma anche per la problematicità di trascrivere su di uno spartito tutte le sfumature della musica che si produce. Costanza, dedizione ed esercizio sono imperativi con i quali Federica si è dovuta misurare. Innumerevoli sono le sue partecipazioni a manifestazioni religiose e non, l’ultima in ordine di tempo è quella al 26° Festival “Francesco Bande” Colori e Suoni della Sardegna – Canti Voci Musiche e Balli il 6 ottobre scorso a Sassari. Ma, ammette la suonatrice, quella del Primo maggio a Cagliari, durante la festa di Sant’Efisio, rimane per lei il momento musicale più emozionante. Il legame con le tradizioni e la cultura sarda sono il motore che spinge Federica Lecca a perseverare e a tenere viva la sua passione. Una tradizione quella delle launeddas che, nonostante le insidie del tempo, ha modo di perdurare grazie soprattutto alle nuove leve che con passione si approcciano a questo strumento. Una musicalità antica che, a dispetto del pregiudizio, ha aperto le porte alle donne.
25.4.13
nella loro solitudine II ( «Fuori dal business, meglio le launeddas» Eugenio Finardi prova per “Voci di maggio” con gli Istentales. Al concerto di Olbia atteso anche Roberto Vecchioni )
dopo il post ( da qui il perché lo stesso titolo con l'aggiunta di II ) dell'amica e utente del blog Daniela Tuscano in cui si parla di Renato Zero e Iggy Pop, ci sono anche altri 2 cantanti italiani ( Eugenio Finardi e Roberto Vecchioni ) che creano lontano dai media o si dedicano aun detterminato tipo di musica che la musica ufficiale snobba e definisce semplicemente come folkoristica
dala nuova sardegna online delò 25\4\2013
Nuoro «Bello sarebbe, che so?, se Marco Mengoni avesse uno scrittore di riferimento, bravo a scrivere quanto lui è bravo a cantare... potrebbero venir fuori delle cose interessanti. Non sono, per principio, contrario ai talent show, trovo però che quello che si sta prosciugando è il pool degli autori, ormai il livello è omologato, è la scrittura che sta peggiorando... ecco : in Italia ci vorrebbe un talent per scovare nuovi autori, sarebbe il talent più importante».Eugenio Finardi non ha dubbi: le risorse ci sono, oggi come ieri, vanno soltanto tirate fuori e valorizzate. E non è assolutamente vero che i giovani cantanti di oggi siano meno impegnati di quelli di ieri. «Ora è il rap la nuova musica ribelle» sottolinea. «Ed è quello che i ragazzi ascoltano: rap e pop-rock americani».Milanese, classe 1952, Finardi è a Nuoro per le prove generali con gli Istentales e gli Amici del Folklore. Grandi preparatiti per la prossima edizione di Voci di Maggio, l’uno e il 2 giugno a Olbia. Ultimi dettagli, invece, per il concerto in programma questa sera a Bonnanaro con la band agropastorale di Badde Manna schierata al completo attorno all’extraterrestre. Un omone che tanto extraterrestre non è, almeno in Sardegna. «Ho fatto più concerti qui in Sardegna che in Lombardia» dice.Tant’è vero che conosce a menadito tutte le strade dell’isola del Capo di Sopra come del Capo di Sotto. «Mi manca soltanto l’isola dei genovesi... Carloforte». Per il resto è come se fosse a casa, tra sterrati, curve e curvoni, provinciali e intercomunali. «Certo, la Sardegna non è più quella di una volta» ricorda. Anche se le strade non è che siano cambiate di molto da quando Eugenio Finardi mise piede per la prima volta da queste parti. A Villacidro, nel 1978, con i Crisalide, la band che lo accompagnava ovunque. Sull’onda del successo dell’album Sugo e delle sue due canzoni più famose La radio e Musica ribelle. Cinque anni dopo, – ricorda – approdò nella discoteca Biggest di Samassi per registrare una puntata di Discoring, la mitica trasmissione televisiva musicale di Rai Uno allora itinerante.«Eravamo io, gli Imagination, e due artisti emergenti: Bryan Adams e nientepopodimeno che Madonna! Tra gli ospiti d’onore c’era anche Roberto Benigni» va avanti l’autore il cantautore italiano. Un’altra Sardegna, quella, tempi diversi anche per le case discografiche che allora investivano e scommettevano. «Ora le case discografiche, quelle rimaste, stanno inseguendo i talent».Anche lui, dopo gli anni ruggenti delle major, ha scelto la via delle etichette specializzate e dell’autoproduzione, «sono uscito dal meccanismo industriale da ormai una decina d’anni». Così ha fatto conUn uomo, l’album che contiene il pezzo Amore diverso, in collaborazione con Carla Denule (che lo canta e l’ha tradotto in sardo) e l’apporto del sulittu e organetto diatonico di Massimo Pitzalis e le launeddas di Roberto Tangianu. Le stesse launeddas che saliranno sul palco di Olbia, il primo giugno per il concerto di Finardi insieme agli Istentales e a Roberto Vecchioni, con gli Amici del Folkore schierati in coro e i mamuthones e issohadores di Mamoiada a fare da scenografia vivente. A Olbia, una cinquantina di chilometri da L’Agnata di Tempio Pausania. Il rifugio dell’amico Fabrizio De André e di Dori Ghezzi. «Eh sì, è stato lui a farmi scoprire la Gallura, Santa Teresa». E via a ricordare le lunghe discussioni sui vangeli apocrifi: «È stato sant’Ireneo di Lione... ».
9.11.12
Le launeddas Lo strumento-simbolo della cultura musicale isolana
per saperne di più
fonte unione sarda del 9\11\2012
Ero solo un ragazzino quando ho sentito per la prima volta il suono delle launeddas. Mi trovavo in campagna e,per caso,mi sono imbattuto in un suonatore,Vincenzo Piroddi. Fu in quel momento che mi innamorai pazzamente dello strumento e della sua affascinante melodia.Ero solo un ragazzino quando ho sentito per la prima volta il suono delle launeddas. Mi trovavo in campagna e,per caso,mi sono imbattuto in un suonatore,Vincenzo Piroddi. Fu in quel momento che mi innamorai pazzamente dello strumento e della sua affascinante melodia.
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da https://www.facebook.com/launeddasscuola.dionigiburranca/photos_albums |
Qualche settimana fa ha festeggiato l’ottantesimo compleanno. Ottant’anni ben suonati per il musicista che ha fatto conoscere le launeddas nel mondo. Luigi Lai è un monumento vivente della musica di tradizione orale.
«Quando si pensa alla musica della tradizione sarda -spiega l’etnomusicologo Marco Lutzu - i primi strumenti che vengono in mente sono senza dubbio le launeddas, tra tutti i più amati dai sardi e conosciuti fuori dall’Isola.Semplici nella fattura ed estremamente ricche nel repertorio, le launeddas continuano a essere un’immancabile presenza nelle diverse occasioni in cui,nella Sardegna meridionale,la musica di tradizione orale viene ancora oggi praticata». Luigi Lai con le sue inseparabili launeddas partecipa a tutte le grandi manifestazioni religiose (è il suonatore ufficiale della festa di Sant’Efisio ) e continua a tenere concerti in tutto il mondo nei teatri più prestigiosi. Lo chiamano giustamente e rispettosamente maestro.Ha raccolto l’eredità dei grandi suonatori del passato, ma è riuscito a creare un suo stile.«Allora non c’erano molti soldi - racconta Luigi Lai - perciò dovetti insistere a lungo con i miei genitori perché mi comprassero le launeddas e mi pagassero le lezioni quotidiane a casa di Antonio Lara, celebre suonatore di Villaputzu. Si può dire che sono cresciuto al suo fianco: per cinque anni sono stato come la sua ombra, dove c’era lui io non mancavo mai.A Cagliari,ho avuto occasione di studiare con un altro gigante delle launeddas originario di Villaputzu,
Efisio Melis. Nonostante avessi cominciato già da tempo a esibirmi in feste e serate in piazza, ogni giorno mi esercitavo per ore nella sua casa di via Barcellona»
Tumbu,mancosa, mancosedda, respirazione circolare e un suono originale: sono alcune caratteristiche dello strumento musicale sardo più conosciuto nel mondo. «Il materiale principale di cui sono fatte le launeddas è la canna - spiega Marco Lutzu - con questa specie vegetale vengono realizzati sia i tre tubi, sia i piccoli cannellini su cui vengono incise le ance. I costruttori utilizzano due differenti specie di canna: con la prima,denominata dai suonatori canna mascu (canna maschio) si realizzano i due tubi muniti di fori digitali,mentre la seconda,detta canna fèmina (canna femmina) viene impiegata per la realizzazione del tumbu, la canna priva di fori,e dei cannellini con le ance».
I costruttori di launeddas (che spesso sono gli stessi musicisti) per realizzare lo strumento oltre alla canna utilizzano anche lo spago. «In passato - conclude Marco Lutzu - si utilizzava esclusivamente quello di fibra naturale che veniva impermeabilizzato con un amalgama a base di pece, mentre oggi sempre più spesso i costruttori preferiscono quello sintetico».
Francesco Pintore
Oltre Luigi lai e i suoi maestri ( Efisio Melis e Antonio Lara ) l'uso delle Launeddas è praticato anche di tanti altri musicisti, personaggi del calibro di Giuseppe Sanna, Emanuele Lara, Giovanni Murtas e Dionigi Burranca per il passato . Per la scena attuale Spazio quindi ai suonatori: Efisio Zuddas (Donori), Andrea Pisu, Giancarlo Seu e Tore Trebini (Villaputzu),Stefano Pinna (Cabras), Roberto Corona (Quartucciu),Sergio Lecis (Assemini) e Giampaolo Lallai ( Cagliari).Fra i costruttori perchè oltre che un strumento è anche artigianato Antonello Ghiani (Assemini), Gianfranco Mascia (Villaputzu), Rocco Me-lis (San Vito), Pitano Perra ( Maracalagonis).
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