Nei giorni scorsi avevo rilanciato su il mio Facebook un post pubblicato sul blog riguardante
sull'ultimo ( almeno fino adesso ) femminicidioecco il dialogo ( qui il post in questione per chi volesse leggere gli altri commenti ) riguardante fra me ed un mio utente
sull'ultimo ( almeno fino adesso ) femminicidioecco il dialogo ( qui il post in questione per chi volesse leggere gli altri commenti ) riguardante fra me ed un mio utente
Ed sempre riferito a tale post ho ricevuto da lettori poco informati o in malafede sui post del blog ( ma che ...... le leggete le FAQ prima ) che i post che scrivo su tali argomenti sono come un foco di paglia o i soliti : ....bla .. bla.... senza proporre soluzioni su come evitarli o meno . Ora , chiedo scusa se mi ripeto ( chi mi segue sul serio e legge le faq , può saltare questa parte ) ecco le mie proposte . Premetto non sono : 1) un esperto della materia ( antropologo , psicologo , ecc. ) o un addetto a tali problemi ( educatore , responsabile di centri antiviolenza , ecc. ) ., 2) non ho la pretesa d'essere , vista la complessità della materia e del problema , esaustivo ed completo .
N.b trovate a fine post i link consultati
Ascoltiamo e crediamo alle vittime
da https://www.ok-salute.it/salute-mentale/per-fermare-la-violenza-sulle-donne-bisogna-educare-i-maschi-fin-da-piccoli/
L'associazione UNWomen ( https://www.unwomen.org/ ) ha stilato un decalogo per cui tutti possiamo trasformarci da semplici cittadini ad attivisti. Basta poco per fare la differenza. Perché la fine della violenza contro le donne non è una cosa che riguarda solo le donne, ma è affare di tutti. Infatti si parla di tale fenomeno male ( solo raccontando spesso in maniera morbosa e spettacolizzando i fatti con caratteri morbosi ) o nelle date canoniche \ istituzionalizzate cioè l'8 marzo e il 25 novembre Ma soprattutto
da https://www.possibile.com/femminicidio/La Ministra Boschi, fresca di nomina alle pari opportunità,scrive in un post che, dopo aver pianto, “dobbiamo chiederci cosa fare perché non succeda ancora”. Chiediamocelo certo, ma rispondiamoci pure. Alla Ministra suggeriamo che un grande passo avanti sarebbe lavorare per la piena applicazione della Convenzione di Istanbul. In questi giorni Telefono Rosa ha elaborato una versione della Convenzione per i ragazzi dai 13 ai 19 anni, di cui consigliamo la lettura e la diffusione a chiunque, Ministra compresa. Si può trovare qua. Noi nel nostro piccolo abbiamo presentato una serie di proposte che le mettiamo a disposizione. Alcune di esse mirano all’uguaglianza di genere tra uomini e donne: dalla parità salariale, all’osservatorio sui prezzi per prodotti femminili, alla tampon tax.Poi abbiamo presentato due proposte che si occupano specificatamente di violenza di genere. La prima è finalizzata all’istituzione di una Commissione Bicamerale di Indirizzo e Controllo che si occupi di affrontare esclusivamente il tema del contrasto alla violenza di genere nel suo complesso, mettendo in rete e coordinando i cav, supportando e formando tutti gli operatori coinvolti, programmando politiche mirate, affrontando il recupero degli uomini maltrattanti, lavorando per una corretta informazione… La proposta nel dettaglio si può trovare qua. Una seconda proposta invece è finalizzata all’istituzione di un fondo per l’indennizzo delle donne vittima di violenza e per i loro figli. La proposta è stata incardinata qualche giorno fa in commissione giustizia e speriamo di vederne presto la luce. Come per la Mafia . In particolare, nel caso dei figli di donne vittime di violenza chiediamo che lo Stato riconosca loro lo stesso supporto psicologico ed economico che riconosce ai figli vittime di Mafia. Mafia, sì. Chiediamo che lo Stato si faccia carico di un dramma che è conseguenza non di un crimine comune, non di una disgrazia accidentale, ma di un fenomeno sociale e culturale radicato in tutto il Paese e che come tale va affrontato. Chiediamo che venga fatto quel passaggio forte, ma fondamentale, che è stato compiuto quando lo Stato ha preso coscienza che la Mafia non è un comune criminalità organizzata, ma un fenomeno molto più vasto e complesso, che si nutre nella cultura di un popolo e nella società. Scrivono Donatella Coccoli e Raffaele Lupoli sull’ultimo numero del settimanale Left: “Se fossero 150 morti per Mafia lo stato reagirebbe”.E’ vero. Ma non è sempre stato così: è stato necessario, negli anni, una presa di coscienza seguita a tantissimo sangue e a un lungo elenco di uomini e donne a cui non saremo mai abbastanza grati, che hanno lottato a costo della vita perché la Mafia venisse riconosciuta per quello che è e facesse sì che lo Stato reagisse di conseguenza. La violenza sulle donne si nutre di disuguaglianza, di discriminazioni, dello smantellamento dello stato sociale, di omertà, di stereotipi, di solitudine, di indifferenza, di ignoranza, di sonno delle coscienze, di analfabetismo sentimentale. Servono gli strumenti sociali, economici e culturali per riconoscerla, prevenirla e sconfiggerla, fin da bambini.Ma prima di tutto serve uno Stato che prenda piena coscienza del fenomeno, invece di restare fermi alla la retorica di “mamme, figlie e mogli”. E lanciafiamme. Smettiamo di chiederci cosa serve, iniziamo a metterlo in pratica.
Ecco che faccio miei le proposte suggerite dai siti consultati
Ascoltiamo e crediamo alle vittime
Quando una donna trova il coraggio di condividere la sua storia di violenza, fa il primo passo per interrompere il ciclo di abusi. Sta a tutti noi darle lo spazio sicuro di cui ha bisogno per parlare ed essere ascoltata. È importante ricordare che quando si discutono casi di violenza sessuale, la sobrietà, i vestiti e la sessualità di una vittima sono irrilevanti. Dobbiamo aiutarla o indirizzarla verso chi può farlo perchè conosce meglio di noi il problema a non farla sentire in colpa e farle capire che L'autore è l'unico colpevole di aggressione e deve assumersi la responsabilità da solo. Rifuggire il victim blaming e cerchiamo di contrastare il più possibile l'idea che spetti alle donne evitare situazioni che potrebbero essere viste come «pericolose» dagli standard tradizionali. Tutti siamo responsabili moralmente del fatto che una vittima possa avere giustizia, perché potrebbe toccare a noi o a una nostra familiare o amica \conoscente un giorno. Non diciamo mai: «Perché non te ne sei andata? Perché non hai fatto nulla?». Piuttosto diciamo: «Ti ascolto. Ti credo. Sono con te».
Educhiamo le future generazioni e impariamo da loro
Gli esempi che diamo alle nuove generazioni modellano il modo in cui pensano al genere, al rispetto e ai diritti umani. Iniziamo da subito le conversazioni sui ruoli di genere e sfidiamo le caratteristiche tradizionali assegnate a uomini e donne. Sottolineiamo gli stereotipi che i bambini incontrano costantemente, sui media, a scuola, nella vita, e insegniamo loro che va bene essere diversi. Incoraggiamo una cultura dell'accettazione e dell'accoglienza. Parliamo con loro di consenso, autonomia corporea e responsabilità, e ascoltiamo anche quello che hanno da dire sulla loro esperienza del mondo. Istruiamoli sin da piccoli sui diritti delle donne.Insomma educhiamo senza tabù ed censure i nostri figli cioè << non insegnare a tua figlia ad essere preda ,insegna a tuo figlio a non essere cacciatore >>( joumana haddad poetessa libanese -1970 - vivente ). Infatti bisogna lavorare perchè noi uomini accettiamo che anche le donne possano essere come noi pur nella diversità . Infatti :
da https://www.ok-salute.it/salute-mentale/per-fermare-la-violenza-sulle-donne-bisogna-educare-i-maschi-fin-da-piccoli/
Perché i casi di violenza sulle donne sono ancora così tanti?
Mai come in questi ultimi otto anni le donne sono state inseguite, controllate, minacciate e uccise. Il passaggio dallo stalking all’atto criminale da parte dell’uomo, spesso ex-fidanzato e marito, è direttamente proporzionale alla conquistata indipendenza della donna nelle ultime decadi. Dopo gli anni Sessanta l’indipendenza femminile si è consolidata sino a raggiungere una sicurezza che si esprime con la libertà di non dipendere dall’uomo. Tale padronanza culturale provoca instabilità nell’uomo insicuro e possessivo, condizionato da una cultura del passato basata su un falso potere acquisito dal sistema economico e dalla forza fisica. L’uomo è sempre stato maschilista, machista, possessivo, trionfatore e anche vendicativo, specialmente quando era convinto di perdere il possesso di ciò che egli pensava essere suo. Inoltre, il fidanzamento, insieme al matrimonio, rafforzava e rafforza l’idea del possesso assoluto nella mente di alcuni uomini.
Come si può prevenire la violenza sulle donne?
La battaglia contro il maschilismo possessivo e la violenza sulle donne comincia dall’educazione dei più giovani. Sin dalle scuole medie occorre parlare ai ragazzi di come la cultura maschile sia cambiata negli anni e non riconosca il possesso verso l’altro. La scuola non dovrebbe limitarsi a fare lezioni e fornire informazioni sui diritti e il rispetto delle donne. Bisogna ricorrere a strategie educative rivolte ai maschi, verificando quanto si è assorbito sui sentimenti e sull’amore.
L’essere padre-padrone, il nonnismo, il nepotismo, il mobbing, il vandalismo cittadino e ogni tipo di bullismo hanno radici comuni di criminalità. Queste, prima o poi, potrebbero manifestarsi in modo grave. Se ad alcuni uomini capita di entrare in un tipo di ossessione, possesso e gelosia morbosa, il consiglio è rivolgersi a un professionista. Psicologi, psichiatri e professionisti potranno aiutare a elaborare molte loro sofferenze.[.... segue sull'url citato ]
Chiediamo risposte e servizi adeguati allo scopo
I servizi per le vittime di violenza di genere sono essenziali. Ciò significa che case rifugio, centri antiviolenza, numeri verdi, servizi di consulenza devono essere facilmente reperibili e disponibili per chi ne ha bisogno, anche e soprattutto ora, durante la pandemia di coronavirus. gettare insomma una luce su ciò che non funziona e a richiedere tutti insieme che le cose cambino. Si può scrivere anche a costo d'essere molesti ai giornali che usano nei titoli un linguaggio da maschio alfa cioè sessista o come dicevano i nostri nonni\e da trivio \ da bar o espressione << ho avuto un raptus >> o mettono in risalto le parole del carnefice con frasi : << sè l'è cercata , mi provocava >>
Comprendiamo cos'è il consenso
Il consenso entusiastico e gratuito a ogni richiesta è la conditio sine qua non perché non vi sia margine di violenza. Frasi come “«Mi sembrava che ci stesse» o «Chiaramente lo voleva» o «Ma si sa, è un uomo» tentano di offuscare i confini sul consenso sessuale, attribuendo la colpa alle vittime e fornendo un alibi agli autori dei crimini che hanno commesso. Il consenso non ammette linee sfocate: il sì dev'essere entusiastico, senza esitazioni né costrizioni. Dev'essere reversibile. Il silenzio non è consenso, il flirt non è consenso, la minigonna non è consenso, il forse non è consenso.
Riconosciamo i segnali di abuso
Esistono molte forme di abuso e tutte possono avere gravi effetti fisici ed emotivi. Per citare le più subdole: il partner controlla il cellulare, impedisce alla compagna di uscire senza di lui o di vedere le amiche, pretende che lei risponda sempre e subito a ogni sua chiamata o messaggio, controlla ogni cosa che compra, non le permette di avere un'indipendenza economica, lA insulta per l'aspetto fisico o quello emotivo («Come sei grassa!», «Non capisci niente!», «Sei buona solo a fare figli»)... Se sei vittima di uno o più di questi comportamenti o conosci qualcuno che li subisce, non aspettare un minuto di più e denuncia: meriti sicurezza e sostegno.
Sensibilizziamo, anche sui social e sulla rete
La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani che si perpetua da decenni. È pervasiva, ma non inevitabile, a meno che non restiamo in silenzio. Mostriamo la nostra solidarietà alle vittime e la nostra posizione nella lotta per i diritti delle donne, scrivendo post sull'argomento, condividendo sui social media i banner che lo riguardano o utilizzando il filtro facciale creato dalle Nazioni Unite per l'occasione, per spargere la voce e incoraggiare la comunità a fare lo stesso. Usiamo anche gli hashtag #orangetheworld, #16Days e #GenerationEquality per avviare delle conversazioni sulla violenza di genere.
Prendiamo le distanze dalla cultura dello stupro e del maschio alfa
La cultura dello stupro è l'ambiente sociale che consente di normalizzare e giustificare la violenza sessuale, alimentata dalle persistenti disuguaglianze di genere e dagli atteggiamenti riguardo al genere e alla sessualità. Denominarlo è il primo passo per smantellare la cultura dello stupro. Ogni giorno abbiamo l'opportunità di esaminare i nostri comportamenti e le nostre convinzioni alla ricerca di pregiudizi che consentono alla cultura dello stupro di continuare. Partiamo da noi: pensiamo a come definiamo la mascolinità e la femminilità e a come i pregiudizi e gli stereotipi ci influenzano. Dagli atteggiamenti che abbiamo nei confronti delle identità di genere alle politiche che sosteniamo nelle nostre comunità, possiamo tutti fare la nostra parte per opporci alla cultura dello stupro. Lo so che è difficile e duro , ed significa : << Fare come un eremita Che rinuncia a sé>>
Finanziamo le organizzazioni femminili
Sosteniamo le organizzazioni locali e nazionali che danno potere alle donne, amplificano la loro voce, supportano le vittime e promuovono l'accettazione di tutte le identità di genere e le sessualità (per citarne alcune tra le tante, AIDOS e Vides).
Riteniamoci reciprocamente responsabili
La violenza può assumere molte forme, comprese le molestie sessuali sul posto di lavoro o negli spazi pubblici. Prendiamo una posizione, richiamandola ad alta voce quando ne notiamo una: commenti sessuali inappropriati, battute sessiste, fischi di approvazione non vanno mai bene. Creiamo un ambiente più sicuro per tutti, invitando i nostri conoscenti a riflettere sul proprio comportamento e parlando chiaramente quando qualcuno supera il limite, oppure chiedendo l'aiuto di altri se non ci sentiamo al sicuro. Come sempre, ascoltiamo le vittime e assicuriamoci che abbiano il supporto di cui hanno bisogno.
E pe r concludere insistere con se stessi per vincere le nostre frustrazioni e i nostri complessi verso le donne e l'universo femminile per non caderci o caderci il meno possibile proporre ai futuri candidati ( locali e nazionali tali proposte )
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