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Visualizzazione dei post con l'etichetta ©Daniela Tuscano

1928-2023 Burt Bacharach il petrarca della musica ©® Daniela Tuscano

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  Burt Bacharach che passeggia con Marlene Dietrich a Gerusalemme, Burt Bacharach che cinge affettuosamente il braccio della diva, appena un po' distante, come un principe consorte. E Burt Bacharach che siede accanto all'"angelo azzurro", già maturo, ma per nulla disposto a cedere lo scettro. In tutti e tre gli scatti è manifestamente innamorato, ma teme di bruciarsi, e non ha torto. Quella diavolessa non perdona. Guardatela assisa con le gambe scoperte, sfrontata ma con un piglio virile che la rende innocente. E quindi pericolosa. Lui si volge altrove perché, come ha dichiarato, "rischiammo di diventare amanti"... Rischiare è il verbo adatto. Ma lui voleva sopravvivere e ci è riuscito, come un Petrarca delle sette note, lungamente, fino all'altro ieri, quando il suo cuore di seta si è fermato. Bacharach, tanta roba. L'immediatezza della semplicità, che non ha nulla di facile, come ebbe a dire Elvis Costello, rockstar doc, lontana dalle melodie scint

SE OGNUNA DI NOI di ©Daniela Tuscano

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Che fare? È l'angosciante e rabbiosa domanda che sale sulle labbra di ognuna di noi, nel constatare ancora una volta non la resa dell'Occidente, non la ferocia talebana né la religione prostituita ai giochi di potere, ma la totale indifferenza nei confronti delle donne, di tutte le donne. Perché attenzione, non si tratta solo delle afghane. La loro tragedia ci tocca da vicino perché le prossime saremo noi, lo saremmo già qualora la cosiddetta "Realpolitik" lo esigesse. A qualsiasi latitudine. Noi proclamiamo: #AfghanistanWeCare, dell'Afghanistan c'importa. Kabul è la Shoah delle donne, cui dovrà seguire una Norimberga. Sarà un gran giorno, allora, e sarà vendetta e sarà giusto. Sul banco degli imputati non vorremmo vedere solo gli orrendi barbuti ma anche i loro complici, i firmatari degli sciagurati accordi di Doha. Con i/le collaborazioniste a vario titolo asservite.  Sì, ma questo dopo, se sarà possibile, obietterete. Ma ora? Cosa facciamo, ora? Ora, abbiam

Omaggio a Enrico Vaime ©® di Daniela Tuscano

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MAURO BELLUGI, IL PROTAGONISTA di © Daniela Tuscano

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  Le aveva tutte Bellugi, anzi aveva perso tutto: prima una gamba, poi l'altra, poi l'intestino, poi è arrivato il Covid e con esso la mazzata finale. Non aveva più niente eppure sembrava così solido, con quella faccia contadina, le rughe profonde, gli occhi da bracco, sempre un po' casuali, come tutti i calciatori anni '70. Non divi ma soldatini di stagno, e le figurine Panini ce li restituivano così, fissi e variopinti. Fuori luogo, perché senza il pallone non esistevano. Bellugi era quel mondo, le domeniche pomeriggio, Novantesimo Minuto, l'Inter, mio padre. Che l'aveva trovato poco tempo fa a Niguarda, in attesa come gli altri, fisso ancora, ambedue le gambe fasciate. Lì Bellugi stava disputando l'ultima partita, nel chiarore di quella sala che sicuramente, ai suoi occhi, appariva un immenso campo di calcio. Un saluto cortese e senza fronzoli, l'annuncio buttato là, che gli avrebbero tagliato pure l'altra gamba, e quel "vediamo", il fut

IN SPIRITO E VERITA' - Pasqua 2020 di ©® Daniela Tuscano

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Triduo pasquale. È bello che cominci con un pasto, con una cena. In Oriente, oggi come allora, la convivialità è estremamente importante, rappresenta una forma d’intimità simile all’unione sessuale. Ed è bello che Gesù abbia conferito il mandato proprio in un’occasione come questa, che l’abbia condivisa coi suoi amici e le sue amiche. Con quelli e quelle a cui era più affezionato, anche se non, forse, i più affidabili; e lui lo sapeva. Questa consapevolezza gli veniva dall’umanità, non dal suo essere Dio. Basta il discernimento, la discrezione. La semplice esperienza. Il realismo. Perché noi siamo così: irriconoscenti, fragili, dimentichi. Lo siamo; ma la carità – non l’elemosina, bensì l’amore incondizionato, totale – insiste, diremmo si ostina, a scommettere su di noi, sulla nostra parte buona, con la pertinacia d’un esploratore. Certo, il male è multiforme e spaventevole; fa chiasso; è vistoso. Si agita, sconvolge. Ma proprio questo denota la sua piccolezza, perché basta un grumo di

VIVERE È FATICA Retrospettiva su My beautiful laundrette di © Daniela Tuscano

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Un pomeriggio del 1985, al cinema Eliseo di Milano. In cartellone un titolo bislacco,  My beautiful l aundrette , intraducibile in italiano se non a costo d'imbarazzanti associazioni: "La mia bella lavanderia". La trama: l'anglo-pachistano Omar (Gordon Warnecke) è spinto dal padre, intellettuale socialista alcolizzato (Roshan Seth, il Nehru di  Gandhi ), a lavorare per qualche tempo presso lo zio Nasser (Saeed Jaffrey), ricco proprietario d'imprese lecite e illecite, con moglie trascurata e amante inglese (una scintillante Shirley Ann-Field). L'intraprendente giovanotto rileva una lavanderia dello zio e assume Johnny, un ex-amico d'infanzia, biondo, sfaccendato, punk, omosessuale e, in passato, fascista e razzista. Ne diviene l'amante e, assieme a lui, trasforma il negozio in locale di lusso. In mezzo, traffici di droga, scontri fra lavoratori e disoccupati, inglesi e immigrati, colori acidi e catapecchie rancide, luci al neon e valzer di Waldteu

CHIUNQUE di © Daniela Tuscano

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Lorenzo Pianazza non è certamente un eroe, ha fatto quel che doveva in pochi e dinoccolati gesti, immortalati dalla telecamera a circuito chiuso della metropolitana milanese.  È avvenuto tutto in pochi secondi. Un bambino senegalese si divincola dall'abbraccio della madre e rotola sui binari del treno. Seguono il panico, la confusione e l'apparire di quel ragazzone ciondolante, che anche di spalle immagini svagato, perso nella sua imprecisione adolescenziale. E che in vece ha già visto e registrato tutto, e va dritto, chirurgico, elementare come un passero in volo, si cala nella buca, recupera il piccolo e lo ridona alla madre. Poi balza di nuovo su, con la svelta grazia della giovinezza. Non è eroismo perché tutto si risolve così, nel pudore di cui è capace solo un ragazzo. Qualcosa d'incontaminato, sfuggito chi sa come alle incrostazioni della storia. Ogni tanto riaffiora, per poi inabissarsi e spuntare di nuovo. Giunge senza pensarci, o senza pensar troppo, o av

GENTILIANI ILLUMINATI con © Daniela Tuscano

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di cosa stianmo parlando “Qui niente poveri né disabili”: le pubblicità discriminatorie dei licei Sul sito del ministero le presentazioni con cui le scuole superiori cercano di attrarre nuovi studenti. E c'è chi parla di "difficile convivenza" tra ricchi e figli dei portinai La prosa con cui alcune scuole del Paese, spesso i licei più prestigiosi e selettivi, si sono offerti alle famiglie per attrarre l'iscrizione dei loro figli è da censura. Nell'ansia di far apparire un istituto privo di problemi, pronto a fornire la migliore didattica senza impacci con gli adolescenti stranieri o i ragazzi bisognosi di sostegno, i dirigenti scolastici hanno licenziato rapporti di autovalutazione classisti. Ci fu, in Italia, un periodo di sogni e di lotte, in cui l'escluso doveva essere incluso. E le porte degli istituti si spalancarono a tutti, almeno formalmente. In realtà si trattava d'un ingresso secondario, possibilmente senza dar troppo nell'occhio. I

cosa è la vita ? di © Daniela Tuscano

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I libri di Daniela Tuscano 9 h  ·  Cosa è la vita?  Forse il mio passo incerto. L'occhio frugale. Il ticchettio d'una pendola. Un davanzale fiorito. Una scoperta, un rimprovero e una tenda.  È  uno smarrimento perché son qui, a quest'ora del giorno. E mi oltrepassa, a volte immensa, a volte chiusa in una mano. O in un stanza rosa. O in un silenzio senz'attesa, colmo solo di sguardi.  Non so che sia  lavita.  Lo saprò domani, quando s'allontana.  La rimpiangerò, mormorando un addio. O forse non lo capirò mai. Le sarò dentro. Un lungo mare senza ricordo. © Daniela Tuscano Condivisioni: 1 3 Tu e altri 2 Giuseppe Scano Mi piace Mi piace Love Ahah Wow Sigh Grrr Commenta Condividi Commenti Scrivi un commento...

R. B di © Daniela Tuscano

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  da   http://www.dols.it/2018/01/03 E va bene, definirlo apollineo non è originale. Semmai, tautologico. Ma abbiamo alternative? Roberto Bolle è una metempsicosi artistica, la materializzazione dei sogni di Winckelmann. Non la Grecia, ma un'idea di essa. Una bellezza pensata che taluni scambiano per freddezza. Ma Roberto vive, sublimando le passioni. Chi l'ha visto all'opera, anzi all'impresa, ne percepisce la fisicità possente e travagliata. C'è sofferenza dietro il genio, l'impossibilità di sentirsi nor male, la severa armonia. Bolle quando tocca, quando bacia, è un fremito mediterraneo. Sa gestirsi, adesso che ha raggiunto - di slancio - il termine della carriera. Vuol essere popolare senza scadere nel pop. Immancabilmente ecumenico, ineccepibile nelle evoluzioni. Cosicché gli si possono perdonare i peccati. Eventuali, nascosti, occulti.  È una gloria italiana, Roberto. Lo è realmente, nato gigante in una provincia nebbiosa, agra e senza fantasia.

26 di © Daniela Tuscano

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Forse arrivo a capirlo, perché nessuno abbia pensato a disfarsi dei cadaveri di quelle 26 ragazze nigeriane. Perché non c'era niente da pensare e, soprattutto, da faticare. Quelle 26 non li riguardavano. Cancellare le tracce del delitto? Ma quale delitto, scusate. È dura dirlo, ma solo la morte ha restituito dignità a quelle disperate. Solo le bare stagliate nel cielo di Salerno, un cielo barocco, d'antichi furori, solo l'apparire in involucri lignei, appese - impiccate?  - all'enorme gru nera, ci hanno fatto realizzare ch'era accaduto qualcosa di tremendo. Che erano esistite, in qualche sterro d'Africa, ragazze giovanissime, spogliate, derubate, stuprate, uccise poi gettate lontano, povere larve d'un giorno, l'occhio novello spalancato sull'orrore. Solo ora, quelle voci che non hanno avuto il tempo d'urlare, le avvertiamo concitate e reali, solo adesso, nel silenzio dei flutti, possiamo udire il loro pianto negletto, eguale dall'inizio de

la resa

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Dunque no, niente razzismo, niente fanatismo religioso, solo una parente rompigliona, come se questo bastasse a ingentilire dei corpi straziati, come se il sangue sparso fosse meno rosso e le lacrime consolatorie. Sapere che l'uccisore non ha urlato "Allahu akbar" ma, forse, "solo" qualche bestemmia - pare fosse satanista - ci rassicura? Venire a conoscenza che era stato congedato dall'esercito con disonore per violenze gravi su moglie e figlio tranquillizza le nostre coscienze? Aver contezza che a un individuo simile fosse consentito tenere in casa un arsenale, anzi, come s'è subito affrettato a precisare il presidente Trump, che "tutto quanto non è collegato al commercio d'armi", ci conforta ? Se continuiamo a reputare bagattelle la morale del pistolero, la paranoia machista, l'oblio di Dio e, di conseguenza, l'obnubilamento dell'umano; se rifiutiamo di considerarle, anch'esse, manifestazioni di que

VIOLENZA ALLE DONNE, CI STIAMO SBAGLIANDO © Daniela Tuscano

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- preclusione ad alcune professioni, fra cui quella di giudice (fino al 1963), per tendenza all'emotività e debolezza di pensiero o, per dirla con la descrizione lombrosiana del prof. avv. Orfeo Cecchi dell'Università di Milano: "La donna è a uno stadio intermedio tra il bambino e l’uomo, come si rileva anche dalla fisionomia, dalla mancanza di peli sul viso, dal tono della voce, dalla debolezza organica e dalla psicologia a base istintiva, sentimentale e spesso capricciosa… Ha, soprattutto quando è giovane, scarsissimi scrupoli e freni morali. Ha spiccatissime attitudini per l’intrigo, per la simulazione, per il mendacio e per lo spionaggio… E’ tremenda nell’odio e nella vendetta. E tutto giudica dal lato sessuale… Orbene, è a un essere simile, dominato e sopraffatto della simpatia o antipatia sessuale, che si vuole affidare… anche le difficilissime e delicate funzioni di magistrato?”; Penso che uno dei primi errori di fronte alla cosiddetta "emergenza stupri&q