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30.12.23

mai 4 di copertina è cosi galeotta e veritiera . Madaleine Miller la canzone di Achille


 Lo  so     che    si  dovrebbe    e  sarebbe  più  giusto  aspettare   a  leggere  tutto il libro, per recensirlo    cioè   poter definirlo valido   o meno  . Ma se  una persona  -- come suggeriva Nicola Tanda  il mio  compianto  prof    universitario di letteratura   italiana  --  ha    gli  strumenti  critici o  s'informa  cioè  legge la  trama oppure   sente   dal  vivo l'autore ad  una  presentazione    della  sua opera  , lo sente  o legge  su  media  ,  o ha  la fortuna     ad intervistarlo  per  il suo sito  \  blog  ,  ecc  dovrebbe   essere  in  grado   gia   dalla  quarta  di copertina  o da primi  capitoli  farsi  al  90 %   un idea  in merito a  ciò  che  s'appresta   a  leggere  o regalare  \  farsi regalare 
Io  ho  appena     iniziato    a leggere  i primi  due  capitoli  fin ora   ( trovate  a sinostra la foto dell'autrice e sotto la  copertina      )  di  La  canzone  di  achille  di  madeline   Miller , dopo averne sentito parlare e letto la quarta di coperina
Mi sta già , dalle recensioni , speciali di giornali , ricerchè web , ecc prendendo ed spronando ad andare avanti nella lettura Infatti mi sono  ritornati   alla mente  e ho niziato un viaggio pindarico alla mia infanzia ed giovinezza cioè agli studi scuola media  con racconti Omerici (  Illiade   e Odissea  )  e Liceali \ universitari l'Eneide  di Virgilio . Ma  soprattutto  la bellissima e toccante canzone : Eurialo e Niso  di Massimo Bubola  - Gang e    la recente lettura i qualche anno fa ( 2017 se no ricordo male ) del fumetto Bonelliano il sangue dei mortali --- copertina sotto al centro --- ovvero il n° 58 pe essere più precisi della collana Le Storie Bonelli, racconta le vicende della guerra di Troia da un punto di vista attualizzante e abbastanza originale.  <<   Niente “riassunto esaustivo”, ovviamente, ma una chiave interessante che giustifica pienamente l’operazione di rilettura. ......    continua  sull'articolo     :  Una rilettura pacifista (e fantasy) della guerra di Troia: 'Il sangue dei mortali'    di Fumettologica  >>

Il lavoro è firmato da Giancarlo Marzano, sceneggiatore di Dylan Dog dal 2004, per i disegni di Tommaso Bianchi, al suo esordio presso la casa editrice di Via Buonarroti.
Infatti  mi  sa  che     dovrò  fare  come      suggerisce appunto la  4  di copertina   del libro citato     regalato   da  zio per  natrale    a  mia  madre  


Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l'orrore. E seguite invece il cammino di due giovani, prima amici, poi amanti e infine anche compagni d'armi – due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna. Madeline Miller, studiosa e docente di antichità classica, rievoca la storia d'amore e di morte di Achille e Patroclo, piegando il ritmo solenne dell'epica alla ricostruzione di una vicenda che ha lasciato scarse ma inconfondibili tracce: un legame tra uomini spogliato da ogni morbosità e restituito alla naturalezza con cui i greci antichi riconobbero e accettarono l'omosessualità. Patroclo muore al posto di Achille, per Achille, e Achille non vuole più vivere senza Patroclo. Sulle mura di Troia si profilano due altissime ombre che oscurano l'ormai usurata vicenda di Elena e Paride.

 

 concludo   lasciandovi alla versione  audio    il  primo  capitolo  nella  bellissima  interpretazione   del curatore    deo  canale   youtube Storia&Storie!  dove  se  volete    trovate   gli altri  capitoli   dell'opera   in questione  

 



scusate  la  brevità ,  ma  scapppo   la lettura    del  3  capitolo  m'attende  


19.8.23

Perché mi piaceva #giannirivera? Di Daniela Tuscano

  Beh, innanzi tutto perché mio padre tifava #inter: la rivalità era scontata, anzi doverosa. Poi perché #mazzola mi era antipatico mentre Gianni aveva lo stesso sorriso ironico e rassegnato del mio primo flirt, suo corregionale (lui di #vercelli, Rivera di #alessandria). Terzo perché quando calciava non pareva un calciatore ma un poeta. Gli altri giocatori, anche eccelsi, stavano tutti lì, nel rettangolo verde, al massimo nelle #figurinepanini, rigidi e spesso aggrondati. Rivera - benché talvolta nel nominarlo lo confondessi con #riva - aveva qualcosa di più e di diverso. Una vita sfuggente e sbarazzina - a #sanremo nella mia spiaggia veniva #elisabettaviviani, grande scandalo all'epoca, il #goldenboy allevato dai preti che aveva una figlia da una soubrette... e non intendevano sposarsi! -, non priva di interessi intellettuali, e poi lo sport, certo. Potevi fregartene del calcio - io ero fra quelli - ma non di Rivera, che se avesse studiato forse si sarebbe affermato in campo artistico. Sempre in punta di filo, come un azzurro #rococó, ma dentro, sangue caldo; sangue rosso(nero). Il #milan di Rivera non era americano come quello di #berlusconi: era un Milan di case e #barsport, ma tanta roba, tanta #italia: il Milan di #nereorocco, con la stella e quel nome da dio greco, da polverizzare qualsiasi spacconata a suon di quattrini. Anche tanta #famiglia, sì, pure Rivera ne ha avuta più d'una, ma non ne ha mai disgregato l'idea, tutt'al più ne ha messo in piazza la complessità, senza nascondersi. Oggi compie 80 anni. Non è "vecchio", nel bene e nel male, e meno male.

5.1.23

Pelé e il ‘non-gol’ più bello della storia del calcio: la magia senza tempo che incantò il mondo

 


leggi anche
Perché è impossibile dire chi fosse davvero più forte tra Pelé e Maradona

Lo  so  che  non si  può    sempre  stare  a parlare  di  Pelè   e  che  ci saranno  i benaltristi       che  giustamente     diranno   ci sono  cose  più  importanti   . Ma     certe  imprese    sono  talmente  memorabili   anche  una generazione    che   non lo  ha    conosciuto  quando  giocava     e soprattutto    non hanno  tempo  . Infatti  un n giocatore che ha segnato più di 1.000 gol  ,  ma    anche   no  ,   può essere ricordato positivamente per averne mancato uno  . Si   se   è  un grande   come  Lui  

  da  https://www.fanpage.it/sport/calcio/



Pelé è morto all'età di 82 anni e tutti gli stanno rendendo omaggio con tributi di vario tipo da ogni parte del mondo. Il fuoriclasse brasiliano era una leggenda vivente e l'affetto con cui viene ricordato ne è la riprova.




In queste ore stiamo ammirando, nuovamente, tanti gol e tante giocate che lo hanno reso O Rei ma c'è un episodio che rende bene l'idea del perché questo ragazzo nato a Três Corações è diventato il simbolo del calcio carioca. Guadalajara, Messico, è il 17 giugno 1970. Italia e Germania Ovest poche ore prima avevano dato vita alla ‘Partita del secolo' e la Seleçao vinse 3-1, raggiungendo gli Azzurri in finale.



Il numero 10 non segnò contro la selezione allenata da Juan Hohberg ma quel giorno nacque il ‘non-gol' più bello della storia del calcio. O Rei fu protagonista di una giocata favolosa, in cui ha dribblato il portiere avversario senza toccare il pallone.
Il passaggio di Tostao dalla sinistra mise Pelé solo davanti a Ladislao Mazurkiewicz, portiere della Celeste che provò ad anticipare il movimento e ad uscire sulla traiettoria del pallone: per questo motivo il fuoriclasse brasiliano decise continuare la corsa verso di lui ma di lasciare passare la palla e recuperarla pochi istanti più tardi in una posizione più defilata. Una giocata complicatissima da pensare, figuriamoci metterla in atto.



L'estremo difensore uruguagio rimase spiazzato da quel movimento e vide il pallone passare, con il suo avversario che stava già correndo per riprenderlo: Pelé arrivò sulla palla e, di prima intenzione, incrociò il tiro sul secondo palo senza controllarlo nuovamente ma la conclusione terminò di pochissimo fuori, tra l'incredulità dei presenti per quello che avevano appena visto.



La bellezza della giocata ha eclissato il fatto che non fosse finita con il gol e lo stesso Pelé in un'intervista di qualche anno più tardi ha ammesso di ripensare spesso a quel momento: “Sarebbe stato più bello se fosse entrata. Sogno ancora che la palla finisca in rete".
Un giocatore che ha segnato più di mille gol in carriera può essere ricordato positivamente per averne mancato uno? Sì, se si chiama Pelé.
Pelé non segnò in semifinale ma quel "non-goal" è entrato nella storia del calcio. Nella finale firmò il primo gol della  Seleçao ‘ contro l'Italia con un colpo di testa fantastico e aprì la strada alla vittoria del terzo titolo mondiale del Brasile di Mario Zagallo, dopo quelli del 1958 e del 1962.

28.5.22

da dove nascono le storie ? Cosa serve per scrivere una buona storia? Dove si trovano le idee migliori?

La curiosità dei bambini non ha limiti, soprattutto quando si tratta d'indagare realtà molto distanti da loro. Per trasmettere la passione per i libri e per la lettura, sarebbe bellissimo se i bimbi, oltre a frequentare librerie e biblioteche con spazi a loro destinati e con libri di qualità, potessero incontrare, di tanto in tanto, chi quei libri li scrive e li illustra, chi li dà alla luce.Infatti   La prima  risposta  che  ho  dato  alla figlia  (  ha  15  anni  )  di mio cugino che  incuriosita dall'ultimo numero  di Dylan Dog  (  copertina  a sinistra  ) che innesta sulla vicenda principale una riflessione metanarrativa sul concetto di idea e una sorta di seduta di analisi leggera e brillante sul lavoro dello scrittore e sui meccanismi della scrittura è   : << Forse dalla primavera  ,  dai bei  sogni  , dai  fiori di pesco  e   di ciliegio , dalle passioni che ci  avvolgono  dall'amore     che   ci unisce  dal sangue  e dalla carne  >>( AntoAngelo Liori    ) . 
    Ma  in verità per  parafrare ,  sucusatemi  se mi ripeto  , ma  purtroppo  per  me  è  cosi  (  sfido  qualcuno\a  a dimostrarmi il contrario  ) ,  questa bellissima  canzone  



le storie   siamo   noi  .
Infatti è proprio dall’esplorazione del proprio Immaginario e del proprio Mondo Interiore, che  ovviamente    va  sviluppato  con il  <<  potenziare le proprie risorse creative. I PERCORSI DI DNLS prevedono una pratica guidata dei processi creativi, che grazie alla mediazione di molteplici codici artistici favoriscono la scoperta e lo sviluppo del principio creativo proprio di ciascun essere umano e lo sviluppo di nuovi linguaggi e codici con cui esprimersi, per un miglioramento globale della consapevolezza di se stessi e delle abilità comunicative e relazionali.>>  come   fa il progetto di Pratiche Artistiche per il Benessere, che propone laboratori espressivi di DRAMMATERAPIA, TEATRO CREATIVO, STORYMAKING e ARTE. qui  su  Dove nascono le storie



Bisogna aspettare che l’ispirazione giunga a illuminarci la mente, come facevano i poeti romantici dell’800, oppure è meglio lanciarsi in esperimenti di scrittura automatica come i surrealisti? Dipende tutto dal subconscio? Calma, gente: forse per trovare una buona storia non è necessario fare troppe peripezie.
Per scatenare la fantasia può essere sufficiente esplorare il quartiere come se fossimo turisti appena atterrati da Saturno, fare quattro chiacchiere con il vicino di casa che ci sembra un po’ matto, masticare una Big Babol, o mettere sul giradischi un LP che non ascoltavamo da anni. In poche parole, dribblare l’abitudine e cambiare, anche di poco, l’angolazione da cui guardiamo il mondo. Ogni piccola cosa diventerà la miccia capace di far partire una storia, ogni giorno sarà un’avventura.

Dove nascono le storie? Nascono dal ventaglio del caso o del destino, sgorgano come acqua dalle sorgenti delle famiglie, sorgono come alberi svettanti dalle insidie della vita come afferma ques articolo : Dove nascono le storie (tantestorie.it) .



 Oppure dai racconti inventati o mescolasti di realtà come faceva mio nonno paterno con me e mio fratello quando eravamo piccoli , come dimostra anche il libro di H.Kuresishi riportsto a sinistra ( vedi Da dove vengono le storie? di Hanif Kureishi - Cronache Letterarie ) Ogni essere umano ha un suo patrimonio di esperienza di vita e di immaginazione, una ricchezza di storie che non chiede altro che essere sprigionata e portata alla luce.
Scrivere significa ampliare queste potenzialità, allenare il vostro sguardo ad osservare il movimento della vita. “Le cose che accadono”, come diceva Virginia Woolf.
Le grandi storie ci emozionano e ci appassionano perché parlano di noi, dei nostri drammi, dei nostri conflitti. Siamo noi Raskolnikov e Madame Bovary, Shylock e il giovane Holden.


Come scrittori il vostro compito principale è restare attaccati alla vita, alla realtà quotidiana, che non è mai misera, ai nostri desideri, alle nostre paure.
Le storie nascono da questo costante esercizio di osservazione che non deve venire mai meno: lo scrittore è un uomo che si preoccupa degli altri uomini, del suo tempo e del suo destino, delle ingiustizie
che patisce e delle gioie che prova.
Ogni storia che ci è stata raccontata, in un fiato da nostra madre   dai nostri nonni  \e che ci ha parlato dei suoi ricordi della guerra, o di un amico prima di partire per un viaggio, è uno spunto per una
narrazione.L’unico modo che esiste per scrivere e raccontare una storia è alzarsi e cominciare a farlo.Ma anche la nostra stessa diversità ha una storia ed è contenitore di storie Alcune diventate patrimonio universale come L'illiade e l'Oddisea . Concordo con quest articolo di (ferrucciogianola.com) :  << Come nascono le storie 
 Ci sono cose che sono in grado di condizionarci la vita in maniera profonda. Magari per tutta la vita e non lo sappiamo neppure. A volte sono cose che riteniamo senza importanza e rimangono sepolte nell'inconscio, poi in determinate condizioni si risvegliano e ci si trova di colpo ad avere delle risposte a quesiti che prima di quel momento sembravano insormontabili. Magari anche riguardo a come nascono certe storie che scrivo.
Difficilmente mi chiedo da dove vengono certe idee che metto nei miei racconti. Di solito parto da un'immagine e da esperienze del mio passato ben presenti nella mente o da un fatto che mi colpisce o che mi ha colpito. A volte magari da studi. Insomma le casistiche sono tante.
Ci sono però alcuni racconti talmente fuori da questi schemi e dai contesti miei abituali che più di una volta mi sono domandato del perché li ho scritti e cosa, sopratutto, li ha ispirati.
A volte tuttavia riesco a darmi una risposta...
Un paio di settimane fa, per esempio, mi sono passati davanti agli occhi dei video musicali e tra questi c'era un video con una canzone delle Orme. Ricordo di come questa canzone mi


piacesse molto quando ero bambino, tanto che fu una delle prime che imparai gli accordi per la chitarra. Ma fondamentale è il testo di quella canzone, Felona.
Dico fondamentale perché mi ha fatto capire, riascoltandola, che le sfere contenute nel mio racconto Buio all'alba che cadono dal cielo dopo un buio improvviso, sono molto simili alle sfere di luce del brano firmato da Aldo Tagliapietra, Antonio Pagliuca e Gian Piero Reverberi.
Luci che hanno dato vita a un racconto fantastico e metafisico, magari un po' diverso dalla mia produzione ma che non mi sento di ripudiare proprio perché il punto di partenza di questa storia era situato nel profondo del mio inconscio, finalmente decifrato.Be' forse, qualche colpa ce l'ha pure il quadro di Nino di Mei che ho inserito.


che  altro aggiungere    se  non  che   la  storia  siamo  noi .   sta  a noi   prendere  i nostri pensieri    , i nostri sogni  e  le  nostre  fantasia e     fermarle  o   in  uno scritto  o  in qualunque  altra  forma  

26.5.21

non sempre fare di testa propria e quindi essere anarchico è negativo il caso di di Tarcisio Burgnich alla semi finale dei mondiali del 1970 in italia -germania

Il nome  in se    non mi diceva niente  , essendo     cresciuto negli anni 80\90  ,  proprio  quando   Tarcisio Burnignich    era  già  andato in pensione .  É  dai miei  genitori , oltre  che dalla  tv  che  parla  della  sua   morte  .  E fra gli  articoli coccodrillo  che ne  parlano    ho  trovato questo d repubblica    del 26\5\2021 qui l'articolo completo    .  Articolo che     conferma   il  mio  commento  , che è  anche  il titolo del post    d'oggi  

[...] 

Ma anche gli immobili, venerabili e quasi eterni nella loro postura, una volta nella vita si concedono la vertigine del viaggio, come la prima e unica gita in aereo dei nonni. Dunque - e non in una partita qualsiasi ma nella mitica Italia - Germania =  4- 3  Messico '70 - Tarcisio Burgnich scappò di casa. Accadde nel primo tempo supplementare e sul risultato di 2-1 per i tedeschi, quando Muller aveva appena segnato e gli azzurri sembravano già depressi. Era un pericolosissimo momento di stanca, quando puoi perdere il filo e non ritrovarlo mai più E allora, chissà perché, Burgnich fuggì dal suo domicilio e si spinse in avanti, dall'altra parte del prato e del destino. Ci fu un calcio di punizione, e Rivera sapeva che Tarcisio di testa le prendeva tutte: quando lo vide dentro l'area, incongruo, come uno che avesse sbagliato indirizzo o si fosse perduto, Gianni calciò il pallone verso la capoccia del numero 2 ma fallì la misura e mirò troppo avanti. La palla, irraggiungibile per Tarcisio, carambolò tra l'azzurro e il tedesco Held che la respinse goffamente lasciandola, in pratica, quasi ferma. A quel punto, dopo un rimbalzostrambo, Burgnich colpì col sinistro, una specie di puntonata, e segnò. Poi corse a casa, cioè nella propria area, senza esultare. Aveva avuto la sua mattana ed era tempo di tornare in catena di montaggio.Come poi andò a finire lo sanno anche i sassi del ruscello, anche se non tutti ricordano i miracolosi salvataggi di Burgnich, uno addirittura in rovesciata sulla testa di Seeler. Questo portò gli azzurri in finale, e collocò Tarcisio nella sua seconda figurina estrema: lui che prova a saltare insieme a Pelè, angelo in decollo, irraggiungibile.                 Il re del calcio segnò di testa, anche questo lo sanno tutti, ma non tutti ricordano che Valcareggi aveva appena cambiato le marcature spostando Bertini su Rivelino e Burgnich su Pelè, che contro Bertini stava facendo un po' quello che voleva. L'azione del memorabile gol brasiliano si sviluppò proprio nel corso dell'infausto cambio di consegne, e Tarcisio arrivò in ritardo. Forse, sarebbe accaduto comunque. 

"Dicevo a me stesso: Tarcisio, anche Pelé è un uomo di carne e ossa come tutti. Mi sbagliavo". Questo Burgnich lo ripeterà sempre, non potendo tuttavia scendere da quella fotografia, come da una scala troppo alta. Adesso, però, il tempo che tutto consuma ha concesso a Tarcisio di tornare quaggiù, dove né Pelé né la corruzione degli anni e della memoria potrà più disturbarlo. Sei stato un grande, Tarcisio. Hai finito bene il tuo lavoro.

  nient'altro d'aggiungere   .  alla   prossima  

21.2.21

MAURO BELLUGI, IL PROTAGONISTA di © Daniela Tuscano

 Le aveva tutte Bellugi, anzi aveva perso tutto: prima una gamba, poi l'altra, poi l'intestino, poi è arrivato il Covid e con esso la mazzata finale. Non aveva più niente eppure sembrava così solido, con quella faccia contadina, le rughe profonde, gli occhi da bracco, sempre un po' casuali, come tutti i calciatori anni '70. Non divi ma soldatini di stagno, e le figurine Panini ce li restituivano così, fissi e variopinti. Fuori luogo, perché senza il pallone non esistevano. Bellugi era quel mondo, le domeniche pomeriggio, Novantesimo Minuto, l'Inter, mio padre. Che l'aveva trovato poco tempo fa a Niguarda, in attesa come gli altri, fisso ancora, ambedue le gambe fasciate. Lì Bellugi stava disputando l'ultima partita, nel chiarore di quella sala che sicuramente, ai suoi occhi, appariva un immenso campo di calcio. Un saluto cortese e senza fronzoli, l'annuncio buttato là, che gli avrebbero tagliato pure l'altra gamba, e quel "vediamo", il futuro comunque, perché la vita è un flusso e ti prevarica. Puoi non farcela, ma non devi restare in panchina.



Bellugi giocava ancora. Duramente e spontaneamente, a testa bassa, con una pietas quasi virgiliana. Cose maschili, ché il calcio ai tempi apparteneva a loro; non era però esclusione, semmai completamento. Alla fine, ci si riuniva attorno a un tavolo ed esisteva solo il noi. "Vediamo", il tempo non ci appartiene, ma ci siamo dentro e lo percorriamo tutto.
Bellugi se n'è andato, e con lui il pudore che caratterizzava quel mondo. Quello per cui la stanchezza era una colpa, sempre, di fronte al terribile dono dell'esistere. Anche a brani, smozzicati, cadenti, ma oltre, ma anima, integri dentro, e al cuore nessuno arriva, pur se te lo mangiano.

                                          © Daniela Tuscano 

16.12.18

Gli uccelli non muoiono mai semplicemente prendono il volo il fotografo franco pampiro racconta il muro di Berlino

una mostra  interessante    quella  di franco  pampiro inaugurata  ieri    e  che  si terrà  al caffè  gabriel di tempio pausania     fino  al 31  dicembre  .  Una  mostra  fotografica    che  anticipa quelle  che  saranno  le  celebrazioni  e  le discussioni  che ci sarano  l'anno prossimo per  il  30  anni della fine della   guerra  fredda  .  

L'immagine può contenere: una o più persone e testo
dalla  nuova  sardegna ed   Olbia-Gallura    del 12\12\2018

 Una mostra alla goodby lennin (   film del 2003 Wolfgang Becker, interpretato da Daniel Brühl e Katrin Sass) .Infatti secondo un commento lasciato sul libro degli ospiti della sua mostra : << nelle tue foto ho ritrovato ciò che io, nel mio modesto andare, ho constatato in quel di Germania e dintorni. La sintesi di tutto ciò che a noi Italiani , viene nascosto e negato . Le tue foto , come gli uccelli; volano e portano lontano, la testimonianza di verità nascoste ma, visibili a chi, li sa guardare con occhio attento e critico. Di nuovo grazie, le tue foto sono testimonianze.  >> Commento che dev'essere piaciuto allo stesso franco visto  che ha replicato su Fb


Sei uno di quelli che ha capito che con le immagini io voglio soprattutto documentare, e tento di farlo col mezzo che mi è più congeniale: giocare con la luce. Quando realizzi che il tuo messaggio è stato percepito dall'osservatore hai raggiunto il tuo scopo e, in questi casi, la fotografia diventa un pretesto, un mezzo per suscitare emozioni.

Emozioni  ,  come testimoniano   anche  alcune    foto  da me   scattate  alla mostra  ,  dettate dalla testimonianza attenta e sincera senza nascondimenti di maniera. Orgoglioso di tanto.

  fotoo    che  rappresenta  il titolo    dellla   mostra  vedere    locandina    sotto  



Una  mostra     ,  come  potete  vedere  da  altre  die  foto  da  me riportate  

Un bel tuffo nel passato   e   un po'  anche nella  nostalgia   . Una testimonianza  ( vedere  anche   la  locandina )    di  come   , nonostante  il  muiro  e  la  bruttisma  dittatura  ,  vedere il desiderio di fuga   dopo la perestroika  e   la  glanost   cuminata poi nel  1989  ,  ci fosse     ed  è  durata  per  50  anni una  forte resistenza   culturale  non solo  politico\ideologico al  capitalismo selvaggio  .  

22.12.16

bufale e miti natalizie e menate varie







Anche se  ancora     convalescente  dall'influenza  rieccovi  con voi

 




Pensate di sapere tutto sulla festa che si avvicina? Sfatiamo qualche mito
(foto: Getty Images)
(foto: Getty Images)
I regali sono impacchettati, l’albero è fatto, il Presepe è quasi completo. Nelle strade le luminarie abbelliscono i monumenti e un esercito di babbi Natale fa i turni nei negozi. Ci si prepara a gustare qualche manicaretto tradizionale e a tagliare il pandoro e/o il panettone

 Panettone e pandoro, boom di esportazioni

  o altri dolci tipici   delle proprie  regioni  Non manca niente, nemmeno (purtroppo) le decorazioni con Babbo Natale che si arrampica…anche  se  nel mio paese    quest'anno  non si è  vista
Ma come accade in molte festività, il Natale si porta dietro anche una certa quota di veri e propri miti di cui molti sono assolutamente convinti. Ecco i più diffusi  secondo   ( da  cui  ho deliberatamente preso  e rielaborato  l'intoduzione al post  d'oggi  ) http://www.wired.it/play/cultura/2014/12/19/bufale-natale/


1. Il Babbo Natale vestito di rosso è un’invenzione della Coca-Cola
Alzi la mano chi non ha mai ricevuto una catena di Sant’Antonio dove si spiegava come la bieca multinazionale di Atlanta avesse ridipinto Babbo Natale da verde a rosso. Persino nel primo paragrafo della voce sulla Wikipedia italiana si legge “Il colore degli abiti del Babbo Natale odierno è frutto delle campagne pubblicitarie della Coca Cola“, a cui poi è stato aggiunto “ci sono invero comunque tracce di Babbo Natale vestito di rosso e bianco già anni prima dei disegni pubblicitari della Coca Cola“.
Come spiega Snopes, in realtà non si tratta affatto di “tracce“. Fermo restando che la figura di Babbo Natale si è molto evoluta nel tempo





























 



 col contributo di diverse persone, l’immagine moderna di omaccione gioioso e vestito di rosso e di bianco era già diventata uno standard prima che l’artista della Coca-Cola Haddon Sundblom   creasse la famosa campagna del 1931.
Il successo di questa pubblicità ha sicuramente contribuito a fissare a livello globale un’icona del Natale moderno, ma il meme (se così possiamo chiamarlo) del Babbo Natale rosso in quel momento aveva già vinto sui concorrenti.










2. Le stelle di Natale contengono un veleno mortaleI molti sono convinti che le stelle di Natale (Euphorbia pulcherrima) siano tanto belle quanto mortali. Basta fare una ricerca su Google per vedere quanti siti mettano in guardia i consumatori sui rischi di un’ingestione accidentale, sia per i bambini che per gli animali domestici.

I molti sono convinti che le stelle di Natale (Euphorbia pulcherrima) siano tanto belle quanto mortali. Basta fare una ricerca su Google per vedere quanti siti mettano in guardia i consumatori sui rischi di un’ingestione accidentale, sia per i bambini che per gli animali domestici.

I molti sono convinti che le stelle di Natale (Euphorbia pulcherrima) siano tanto belle quanto mortali. Basta fare una ricerca su Google per vedere quanti siti mettano in guardia i consumatori sui rischi di un’ingestione accidentale, sia per i bambini che per gli animali domestici.

Si tratta di una vera e propria balla: la tossicità della pianta è molto bassa, non è noto nemmeno un caso di morte, o anche solo di gravi lesioni, in soggetti umani o animali che abbiano ingerito sue parti. Come per tutte le piante del genere Euphorbia, al massimo può verificarsi una reazione allergica quando i tessuti vengono a contatto con il lattice che secernono. Non è chiaro come sia nato il mito, ma secondo il sito Museum of Hoaxes all’origine potrebbe esserci il rumor di un bambino hawaiano morto nel 1919 dopo aver mangiato una foglia di stella di Natale. Nonostante non siano mai esistite prove di questo evento, tra i pediatri cominciò a diffondersi la convinzione che le piante natalizie per eccellenza fossero un pericolo mortale.
Solo nel 1971 si mise alla prova la tossicità delle stelle di Natale con un esperimento, ma, nonostante le altissime dosi somministrate a un gruppo di ratti, questi continuavano a stare benone. Anche i dati successivi confermarono che le paure che si erano diffuse erano del tutto immotivate, per esempio secondo uno studio del 1996 tra il 1985 e il 1992 ben 27 persone hanno cercato, senza successo, di togliersi la vita mangiando un po’ di Euphorbia pulcherrima.

3. Più suicidi sotto le feste
In un articolo di Marie Claire di questo 16 dicembre si legge “è risaputo che nei periodi di festa aumentano i suicidi“, ma in realtà le indagini epidemiologiche indicano da tempo che in dicembre la frequenza dei suicidi cala. Il motivo per cui ci sembra plausibile, contro ogni evidenza scientifica, che a Natale la disperazione possa prendere il sopravvento e convincere le persone a suicidarsi è probabilmente che al nostro cervello piacciono le storie, non le statistiche: un picco di suicidi nel periodo dell’anno in cui tutti provano a essere un po’ più felici è davvero un’ottima storia.
Secondo un rapporto del The Annenberg Public Policy Center (Univerity of Pennsylvania) quasi il 50% degli articoli sui suicidi scritti negli Stati Uniti intorno al Natale del 2009, supportavano il mito del loro aumento durante le festività. Esistono davvero periodi in cui i suicidi sono più frequenti, ma coincidono col ritorno della primavera.

4. I tre Re Magi
Nel presepe sono sempre tre, e i loro nomi sono Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Verrebbe spontaneo pensare che queste caratteristiche siano state tratte direttamente dai testi sacri, ma non è così. Il Vangelo dice solo che arrivarono dall’Oriente portando oro, incenso e mirra. Successivamente, specialmente nel cristianesimo occidentale, si pensò che i magi avessero portato un dono ciascuno.
Risultati immagini per re magi

Anche i nomi dei magi sono stati aggiunti successivamente, così come la loro natura regale, che probabilmente fu ricondotta alle profezia contenuta nei Salmi: “I re di Tarsis e delle isole gli pagheranno tributo; I re di Etiopia e di Arabia gli porteranno doni. E tutti i re l’adoreranno, Tutte le nazioni gli serviranno“.
5. Il 25 dicembre è il compleanno di Gesù Cristo
Con buona pace del sergente Hartman, è improbabile che il Gesù storico sia nato proprio il 25 dicembre. Anche in questo caso le Scritture non danno una data precisa, né forniscono molti particolari per determinarla.
Qualcuno ha provato a restringere il campo usando altri elementi citati nelle Scritture, per esempio il Vangelo di Luca parla di pastori con greggi al pascolo nel momento in cui si viene a sapere della nascita del Messia, ma come potevano esserci pascoli in dicembre? In realtà, come hanno fatto notare altri studiosi, in Palestina le temperature invernali potevano essere compatibili con il pascolo, quindi questo non basta a escludere una eventuale nascita in dicembre.
Non esiste quindi un accordo tra gli studiosi su quando Gesù sia nato, ma esiste invece un certo consenso su come è stata scelta, nel IV secolo d.C., la data per celebrare l’evento. Sotto l’imperatore Costantino la festa del Sole invitto (Dies Natalis Solis Invicti), celebrata nelle vicinanze del solstizio d’inverno, venne fatta coincidere con la festa per la nascita di Gesù. Nel 1993 Giovanni Paolo II cominciò la sua udienza del 22 dicembre con queste parole:
Carissimi fratelli e sorelle,
Eccoci giunti di nuovo a Natale, solennità liturgica che commemora la nascita del Divin Salvatore, ricolmando i nostri animi di gioia e pace. La data del 25 dicembre, com’è noto, è convenzionale. Nell’antichità pagana si festeggiava in quel giorno la nascita del Sole Invitto, in coincidenza col solstizio d’inverno. Ai cristiani apparve logico e naturale sostituire quella festa con la celebrazione dell’unico e vero Sole, Gesù Cristo, sorto sulla terra per recare agli uomini la luce della Verità.

 oltre  i miti ormai  definitivamente "  smontabili "    ci sono anbche dele bufale   e  della   falsa  solidarietà con vittime  di  attentati terroristici

Iniziamo  dalle  prime

BUFALA Kyenge: "I mercatini di Natale sono un'offesa per le altre religioni, andrebbero vietati" - da www.bufale.net
Mentre Facebook si appresta ad un giro di vite sulle bufale, ci sono portali che, impenitenti, continuano a perseguire le sirene di fama e viralità fino ai più grotteschi esiti.
Torniamo così al Corriere di Roma,che  rilanciato  dal portale  news24roma , che ritira fuori una bufala del filone la Kyenge che fa cose:
Parole che hanno suscitato indignazione e scalpore tra gli Italiani: quelle di Cecile Kyenge, ex ministro dell'Integrazione del governo Letta, l'esponente del PD avrebbe infatti commentato duramente la scelta di organizzare in Europa i famosi “Mercatini di Natale”.
Secondo la Kyenge infatti i Mercatini di Natale rappresenterebbero un'offesa per tutte quelle religioni che non festeggiano il Natale. “I mercatini di Natale sono un'offesa per le altre religioni, noi siamo ottusi e ragioniamo solamente guardando a un metro di distanza da noi, dobbiamo aprire gli occhi e guardare più avanti del nostro naso, i Mercatini di Natale non rendono felici tutti i cittadini, andrebbero vietati”
Quantomeno questa volta il viralizzatore ha fatto i compiti per casa e si è ricordato che la Kyenge non è più ministro da un pezzo.
Una particolare menzione al disonore va al portale webnews24 che, non pago di aver ricondiviso una bufala,la infiocchetta  e la impreziosisce   con  il  classico (  corsivo mio )  fotomontaggio  decisamente  xenofobo e razzista   dove  al corpo   della  kyenge  vengono assemlate  fattezze  di  una  grossa  scimmia 

a  poari merito  con la  classiche  bufale   sulla  Boldrini  che vuole dare  per  natale  un bonus  di  50  euro aggli extracomunitari  che i siti  malpancisti e  bufalisti  riprendono ogni    natale o   della mezza    bufala  del  bambinno morto fra le braccia  di un babbo natale  

  da  questi post  e  dalla  guida  di quest'anno  sono   esclusi   perchè  fortunatamente  , a  natale  avvengono     anche i miracoli i media nazionali  non si  sono concentrati  sulle   continue  polemiche  " buoniste  "  e  "  anti Buoniste  "    del fare  o non fare  reciste  di natale  o presepi \  decorazioni   per  non offendere  o peggio perchè  ce  lo  chiedono loro   i profughi e  gli immigrati

la seconda  quella  della  solidarietà ipocrita  delle vittime   dei vili attentati  in particolare  l'ultimo di qualche giorno fa   ( vedere post  precedenti  oltre  che i  miei  social  ed  ora  anche la mia pagina fb )

Io spezzo questo circolo ipocrita ed a senso unico.  NON VUOLE  DIRE   CHE NON SIA  SOLIDALE    CON LE  VITTIME DEL VILE  ATTENTO  ( LEGGETE  PER  MAGGIORI DETTAGLI IL MIO POST #JE SUIS CHARLIE ma anche # JE NE SUIS PAS CHARLIE e soprattutto # JE SUSIS BOKO HARAM   La vera solidarietà alle vittime di eccidi anti occidentali ma anche no non é questa . Poi fate come vi pare

Nessun testo alternativo automatico disponibile.
 concludo     questo  post   e  questi extra    alla mia  guida  del  2016  che riprenderà   dopo il 26 di  dicembre     con questo  augurio




11.1.16

Se qualcuno ha un piccolo filo rosso tatuato sul mignolo, significa che ....

dopo il post precedente    sempre  a  proposito   di destino  mi  è  venuta  in mente   questa leggenda letta  qualche tempo fa  su facebook

Di tatuaggi ormai se ne vedono in tutte le forme e dimensioni e molto spesso hanno un significato molto personale, raramente di basano solo sulla moda del momento.
filo-rosso2






C’è un piccolo tatuaggio che sta diventando però una tendenza molto seguita soprattutto all’estero: un filo rosso legato a fiocco intorno al dito mignolo.
E’ difficile da notare, e spesso i tatuaggi più piccoli e nascosti sono quelli che celano un significato più importante e profondo. Per capire il significato di questo filo rosso è necessario conoscere questa antica leggenda cinese.
Il filo rosso del destino è una leggenda popolare di origine cinese diffusa in Giappone. Secondo la tradizione ogni persona porta, fin dalla nascita, un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che lo lega alla propria anima gemella. Il filo ha la caratteristica di essere indistruttibile: le due persone sono destinate, prima o poi, a incontrarsi e a sposarsi.
LA LEGGENDA

 il video Animato, disegnato, scritto e parlato da ZeroDx.

oppure



  da  http://www.rivelazioni.com/youtube/filo-rosso-del-destino/
Wei era un uomo che, rimasto orfano di entrambi i genitori in tenera età, desiderava sposarsi e avere una grande famiglia; nonostante i suoi sforzi era giunto all’età adulta senza essere riuscito a trovare una donna che volesse diventare sua moglie.
Durante un viaggio Wei incontrò, sui gradini di un tempio, un anziano appoggiato con la schiena a un sacco che stava consultando un libro. Wei chiese all’uomo cosa stesse leggendo; l’anziano rispose di essere il Dio dei matrimoni e, dopo aver guardato il libro, disse a Wei che sua moglie ora era una bimba di tre anni e che avrebbe dovuto attendere altri quattordici anni prima di conoscerla. Wei, deluso dalla risposta, chiese cosa contenesse il sacco; l’uomo rispose che lì dentro c’era del filo rosso che serviva per legare i piedi di mariti e mogli. Quel filo è invisibile e impossibile da tagliare, per cui una volta che due persone sono legate tra loro saranno destinate a sposarsi indipendentemente dai loro comportamenti o dagli eventi che vivranno. Queste parole non convinsero Wei che, per sentirsi libero di scegliere da solo la donna da sposare, ordinò al suo servo di uccidere la bambina destinata a diventare sua moglie. Il servo pugnalò la bambina ma non la uccise: riuscì soltanto a ferirla alla testa e Wei, dopo quegli eventi, continuò la sua solita vita alla ricerca della moglie.
Quattordici anni dopo Wei, ancora celibe, conobbe una bellissima ragazza diciassettenne proveniente da una famiglia agiata e si sposò con lei. La ragazza portava sempre una pezzuola sulla fronte e Wei, dopo molti anni, le chiese per quale motivo non se la togliesse nemmeno per lavarsi. La donna, in lacrime, raccontò che quando aveva tre anni fu accoltellata da un uomo e che le rimase una cicatrice sulla fronte; per vergogna la nascondeva con la pezzuola. A quelle parole Wei, ricordandosi dell’incontro con il Dio dei matrimoni e dell’ordine che dette al suo servo, confidò alla donna di essere stato lui a tentare di ucciderla. Una volta che Wei e la moglie furono a conoscenza della storia si amarono più di prima e vissero sereni e felici.

28.2.15

ripartire dala brigata sassari ( 1\3\1915-1\3\2015) per riscoprire la nostra identità

La brigata  Sassari  (  151 Tempio pausania  e  152  Sinnai  )   non  è  come  dice l'articolo riportato   sempre  dala nuova  sardegna  e  da  me  ripreso  su questo  blog    solo  un qualcosa  di leggendario (  la leggenda dei dimonios ( la brigata sassari ) nacque da una rissa fra soldati sardi e soldati laziali ?   )  , ma  anche  fortemente identitario   come dic e Manlio Brigalia   nell'articolo  da me riportato nel post precedente   e  come   dice questo video   come   questo  video  sulle celebrazioni  ad  Asiago  
 
 
Ora a 3 mesi  del centenario dell'entrata  in guierra  dell'italia  nella grande  guerra    e   100  dalle  fondazione della Brigata Sassari   riporto  qui    notizie     che trovate su siti  specialisti  o d'appassionati  come   questo ottimo e documentatissimo    sito  d'appassionati  chiamato apppunto  : http://www.frontedelpiave.info  in paeticolare  qui  )  libri  di mmorie   o di storici  specialisti   d'appassionati o di specialisti  sullagrande  guerra  opppure  nei tg  o  giornjali locali  ( da  cui sonp tratte le news  sotto   riportate  )   , o nelle cronanche locali     per il resto   vine  quasi ignorato o passa in secondo piano    nonostante   il grandissimo  contributo  , specie  con i ragazzi del  1899  .



dalla   nuova sardegna del 27\2\2015


 

Emilio Lussu  1890-1975
«La Brigata, tre volte fatta e tre disfatta»: una carica di eroismo I luoghi sacri: dall’Altipiano dei Sette Comuni al Monte Zebio, dalla Bainsizza a Caporetto e fino alla battaglia del Piave
A guardia delle due trincee conquistate la Brigata resta sino a maggio.Ha perso in battaglia 22 ufficiali e 213 soldati, feriti 59 ufficiali e 1536 soldati, nella difesa di gennaio-maggio 4 ufficiali morti e 9 feriti, 76 soldati morti e 410 feriti: «La Brigata fu tre volte fatta e tre disfatta» scriverà Bellieni: vi militeranno,in tutto, circa 16 mila uomini.
«Pro defender sa Patria  italiana/ distrutta s’este sa Sardigna  intrea», cantava il mulattiere  salendo l'erta, ha scritto Camillo Bellieni, padre del sardismo,anche lui ufficiale della "Sassari".
I luoghi "sacri" della Brigata,nel prosieguo della guerra, sono  altri quattro. Il primo, a giugno del 1916, è l'Altipiano dei Sette Comuni, sopra Vicenza,dove la Brigata deve precipitarsi a bloccare la pericolosa Strafexpedition austriaca: due mesi e mezzo di combattimenti,49 ufficiali morti e 106 feriti,456 soldati morti e 3.476 feriti.Nei mesi successivi, sino al giugno  1917, partecipò alla controffensiva  sull'Altipiano e in  Val di Ronchi.Il secondo è, sullo stesso Altipiano,ilMonteZebio e le sue  trincee di Casara Zebio, Monte Fior, Castelgomberto. Vi si  combatte dal 9 giugno all'8 luglio:
la giornata più tragica è il 10, quando l'"Azione K" inizia tragicamente con un errore della nostra artiglieria, che bombardaa lungo i soldati che  stanno per uscire dalle trincee.
Nell'Archivio storico dell'Esercito  Giuseppina Fois ha trovato un biglietto  tutto macchiato del sudore del portaordini: c'è  scritto «In nome di Dio, allungate  il tiro, ci state massacrando ».
L'attacco si infrange contro  i reticolati intatti, ci sono 8  ufficiali morti e 21 feriti, 99 soldati morti e 887  feriti  
Il terzo è l'altipiano della Bainsizza. Per mesi, da ora, mancheranno  dei dati ufficiali sul bilancio dei morti e dei feriti, i  diari dei battaglioni sono stati  perduti a Caporetto: ma quando si scende al piano «i reparti  che si trovano vicino alla sua direttrice accorrono da ogni  parte per vederli e applaudirli », è sempre Motzo che lo racconta nel suo “Gli intrepidi sardi della Brigata Sassari” pubblicato nel 1931.Il quarto evento è, a partire dal pomeriggio del 26 ottobre,la ritirata di Caporetto.Neanche qui la Brigata si smentisce. Chiamata a rallentare  l'avanzata della spedizione austro-tedesca, mentre l'esercito si disfà al grido di "Tutti a casa" («Mai più un inverno in trincea», predicano i socialisti), fa di Codroipo uno dei nodi della strenua resistenza:«Vincemmo - dicono le memorie di guerra di un alto ufficiale tedesco - nonostante avessimo di fronte la più valorosa formazione dell'esercito italiano, la Brigata Sardegna».Il 9 novembre tutti i ponti sul Piave sono stati fatti saltare: il Genio è pronto a far saltare anche quello, ma mancano dei reparti.Il VII battaglione compare di lontano, il capitano Musinu lo ha portato in fila, fucile a spall'arm come a unaparata. Il battaglione passa il ponte,Musinu
dà "l'attenti a destr' " per salutare un gruppo di ufficiali,poi il ponte viene fatto saltare.
C’è anche un quinto luogo,sono i Tre Monti, Col del Rosso,Col d'Echele, Valbella, dove l'esercito italiano riprende l'iniziativa. Grande battaglia,dal 28 al 3 gennaio, grande vittoria.
Ci sono adesso anche i ragazzi del '99. La mattina dell'assalto nessuno in tutta la Brigata marca visita (quindici ufficialimorti e 43 feriti, 147 soldatimorti e  690 feriti).
Il 28 gennaio sarà la festa della Brigata, e un articolo dello Statuto aveva fissato in questo giorno la festa della Regione sarda.
E poi c’è il Piave. È la parte forse meno conosciuta dell'epopea della "Brigata Sassari",eppure sono giornate di ininterrotti scontri all'ultimo sangue,inesauribili corpo a corposulle rive del fiume. Gli austriaci sferrano l'ultimo grande assalto,tutte le formazioni italiane resistono. Il 28 giugno muore,a 28 anni, Attilio Deffenu,grande intellettuale, uno dei padri dell'autonomismo regionale.Il 29 ottobre la battaglia delPiave è finita. La "Sassari" passa il fiume «a guado, con l'acqua sino alla cintola», a Salettuol di Maserada e il 18 novembre raggiunge la linea di confine stabilita dagli accordi dell'armistizio, al limite orientale dei monti e i fiumi dove aveva combattuto


Gli austriaci iniziarono subito a temere quei sardi indiavolati
che attaccavano all’arma bianca e si abituarono a chiamarli
i “diavoli rossi”
                            Manlio Brigaglia 




I primi battaglioni della Brigata passarono l'Isonzo il 24 luglio. Cominciava la guerra, la lunga fase della "guerra cadorniana", pagata soprattutto dalle fanterie mandate a sbattere, nei giorni di battaglia, contro i reticolati austriaci, preparati già da gran tempo prima, protetti da un'artiglieria pesante  piazzata  con particolare oculatezza: sino a Caporetto, la guerra di Cadorna fu una guerra di uomini (italiani) contro difese poco meno che insuperabili.Dove non bastavano le armi,dovevanosupplire gli uomini.
copertinma della domenica del corriere   dedicata  ala Brigata  sassari 
Per fare il loro dovere gli uomini della Brigata diventarono presto specialisti in assalti alla baionetta trasformati spesso in assalti all'arma bianca,in corpo a corpo mortali.Non è favola che gli austriaci temevano quei sardi indiavolati,si abituarono a chiamarli "i diavoli rossi".Il primo anno di guerra - da luglio a dicembre - fu  contrassegnato da due grandi battaglie.
La prima, tra luglio e agosto,per prendere una fila cupa  di boschi (Bosco Cappuccio,Bosco Lancia, Bosco Triangolare) e una posizione particolarmente munita, che i soldati chiamavano "il Trincerone".
In quegli scontri la Brigata perse 13 ufficiali e 54 furono  feriti, 384 soldati morirono e 2.688 furono feriti. Si contarono anche i primi 57 fanti dispersi: termine con il quale le norme ufficiali accomunano caduti di cui nonfu trovato il corpo, altri fatti prigionieri e anche altri che forse erano fuggiti.La seconda, all'inizio di novembre,fu una battaglia particolare furore, per prendere una posizione in cui, in pochi metri di terra, quando vi arrivò la Brigata erano già morte centinaia di uomini. Due brevi trincee a poche decine di metri di distanza una dall'altra, che i nostri soldati chiamavano da quello che vedevano: la Trincea delle Frasche,
per come erano coperti i parapetti, e la Trincea dei Razzi,che da lì partivano ad illuminare la notte. Diverse formazioni italiane vi erano state decimate: mentre la Brigata saliva a prendervi posizione -
racconta Leonardo Motzo,"uno che c'era" - «dalla linea scendevano di corsa dei soldati che cercavano di allontanarsi al più presto possibile da quello che chiamavano 'l'inferno'».La Trincea delle Frasche
era lunga novecento metri e finiva nella Trincea dei Razzi, altri quattro-cinquecentometri:tutt'e due costruite da tempo,munitissime, distanti una  cinquantina di metri dalle nostre,improvvisate. Il 151° prese posizione davanti alle Frasche,il 152° davanti ai Razzi.
I fanti balzarono dalle trincee a mezzogiorno preciso del 10 novembre: la nostra artiglieria aveva tentato invano di aprire dei varchi, sparando tutta la mattina. Ma i reticolati erano rimasti intatti, le mitragliatrici facevano il vuoto:la lotta fu cruentissima dappertutto - testimonia  sempre   Motzo -: «Morti e feriti si allineavano davanti ai reticolati, che tentavano di tagliare con le pinze».
A sera gli italiani sono ancora fuori dalle trincee, e viene l'ordine che restino lì, nella terra di nessuno, fradici di una pioggia continua e violenta: la mattina dopo gli attacchi sono di nuovo infruttuosi, e la
sera i reparti vengono fatti ritirare nelle trincee di partenza.
Ma la Brigata non molla.Quel poco di terreno di fangoe morti delle Frasche e dei Razzi è il luogo del battesimo "sardo" della Brigata. Per stroncare la resistenza austriaca si decide di far saltare i reticolati
con una serie di azioni notturne di piccoli gruppi. Al mattino del 12 l'artiglieria austriaca inizia un pesante bombardamento  che durerà tutta la giornata: eppure i sassarini resistono agli attacchi. Il giorno dopo, appena dopo l'alba,il 152° parte all'assalto e dilaga nella trincea austriaca, gli occupanti si arrendono. L'indomani 15 il bollettino del Comando supremo racconteràla battaglia: «Sul Carso è continuata ieri l'azione.Per tutto il giorno l'artiglieria nemica concentrò violento e ininterrotto fuoco di pezzi di ogni calibro sul trinceramento delle Frasche, al fine di snidarne le nostre fanterie. Gli intrepidi Sardi della Brigata Sassari  resistettero pienamente nelle conquistate posizioni e con ammirevole slancio espugnarono altro vicino trinceramento detto dei Razzi. Fecero al nemico 278 prigionieri dei quali 11 ufficiali». Il Comando,apparentemente violando l'abitudine per cui non si dichiaravano mai le formazioni e spesso neanche i luoghi dove combattevano, non solo cita la Brigata Sassari ma, forse trascurando la presenza di eroici "continentali" che vi militavano (Fapanni, Osimani,Romanelli, Taddei, Pascazio,Moscato, Villetti sono nomi di ufficiali morti o feriti già nella battaglia d'estate), nomina anche "gli intrepidi Sardi".Forse la maiuscola non ha altra motivazione che un'abitudine lessicale, ma l'aggettivo "intrepidi" non è evocato a caso.Si sottolinea una specificità
del corpo, per ora soltanto una peculiarità regionale. Ma da lì parte, in Sardegna ma anche in tutta Italia, una possente ondata d'entusiasmo e di orgoglio. Gli inviati speciali della grande stampa nazionale battono la grancassa. Il Comando supremo coglie la palla al balzo e pochi giorni dopo emana una circolare con cui dispone che qualunque soldato sardo di Fanteria che voglia passare alla "Sassari" basta che ne faccia semplicemente domanda.Nasce la "Brigata di ferro",guardata a vista dai giornali,esaltata per ogni sua esaltante impresa 
 

 


 

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...