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30.1.25

Monica Giorgi, ex tennista anarchica: 'Per gli ideali finii in galera. Lea Pericoli? Gemelle diverse. Ho dato del fascista a Panatta'


  da msn.it 

Se fossi morta, mai avrei cambiato idea». La porta del condominio di Giubiasco, distretto di Bellinzona, si spalanca sugli accadimenti più misconosciuti dello sport italiano. Sulla soglia di questa storia densissima e a tratti drammatica, lei, Monica Giorgi in Cerutti per matrimonio dichiaratamente di


convenienza con un cittadino svizzero, classe ’46, livornese, anarchica, atea, ex talento del tennis immolato all’attivismo politico negli anni in cui per l’ideale si poteva finire in galera con l’accusa (friabile) di aver partecipato a un rapimento di matrice politica. Aveva calpestato i courts con gli amici Lea Pericoli e Adriano Panatta e giocato a Wimbledon quando il 30 aprile 1980, la stagione terribile dell’omicidio di Piersanti Mattarella, del sangue nelle università (Bachelet a Roma, Galli a Milano), per le strade (Tobagi) e della strage di Bologna, Monica venne arrestata. Due anni dentro, sognando il blu delle sue onde («Domani si va al mare» è il bel titolo di un libro appassionato scritto per Fandango con Serena Marchi), una condanna a 12 derubricata per «associazione sovversiva», il capo d’imputazione di cui Giorgi va fiera. «Me lo tengo stretto, non discuto. È quello che volevo fare: sovvertire il potere. Con gli anarchici di Livorno, i volantini, i discorsi, l’attivismo: nulla più. Oggi non sarei così testarda: la vita mi ha cambiata. Non direi più ad Adriano che è un fascista perché ha scelto di andare a giocare la Davis da Pinochet».

Le radici a Livorno contano nel suo romanzo, Monica?
«Eccome! Livorno è la mia carne, il mio sangue, le mie parole. Mi chiedo se dopo tanti anni in Svizzera dovrei tornarci a morire. Dell’Italia mi attraggono gli odori, i sapori, le scritte sui muri. Ci vado volentieri, da quando le mie pendenze con la giustizia sono risolte. Però lascio anche che le cose accadano».


Ne sono accadute di cose, eccome: gli anni gioiosi del tennis, l’avvicinamento ai movimenti non violenti, le campagne a difesa dei diritti dei carcerati, l’esilio in Francia, la tranquillità in Svizzera.


«Le cose più belle sono quelle che capitano. Sono stocastica, aleatoria: qualcosa succederà. Preferisco essere illusa, piuttosto che pregiudizievole. Certo rischio la delusione, ma è da lì che scaturisce consapevolezza. Il processo mi ha fatto scoprire la mia dabbenaggine: siccome sono presuntuosa, ci sono passata sopra. Vede, io penso in livornese, che non è una lingua, è un vernacolo: viene da verna, schiavo, e lo schiavo subisce».


I primi guai quando la Federtennis italiana la squalifica per aver indossato a Johannesburg, in pieno apartheid, una T-shirt con un nero e una bianca che fanno l’amore.

«Indegna di rappresentare l’Italia, scrissero nella lettera con cui mi fermavano un anno. Ci sono cose che sono sfuggite di mano alla gioventù dell’epoca, ma eravamo pieni di entusiasmo. Il libro è stato un lavoro di espiazione catartico: ha riaperto le ferite, lascio che sanguinino. Da ragazza mi piaceva provocare il potere, a 79 anni invece lo comprendo: lo vedo come parte necessaria per cui certe cose devono finire o cominciare. Non mi giudico: ho fatto quello che mi sentivo».


In vacanza con Lea Pericoli imbrattò di escrementi lo yacht del vicino di banchina.
«Lea lo detestava: fu un gesto d’amicizia. La vera ingiustizia di quegli anni è la morte di Pinelli che vola giù dalla finestra della Questura di Milano. Quello è stato il mio ’68. Lea ed io eravamo agli antipodi solo all’apparenza. La divina e Monicaccia, come mi chiamava lei: che coppia»

Cosa vi legava?

«Ti muove quello che non hai. Io ero la parte che Lea teneva sopita. Erano i tempi in cui per farti un complimento ti dicevano: brava, giochi come un uomo. Sarà un uomo che gioca bene come me, ribattevo! Kant scrive che il cielo stellato è sopra di noi ma la donna il cielo stellato ce l’ha dentro. Lea mi chiedeva di Kafka, Gandhi, delle mie letture filosofiche, della rivista anarchica “Niente più sbarre”. Ci siamo volute molto bene. Tra tanti bifolchi qualunquisti, l’unico maschio con cui potevo parlare era Panatta. Quando giocavamo il doppio insieme e ci facevano un lob, fermava la palla: alt, qui lo smash lo faccio solo io!».

A Lea fece un gran regalo: la lasciò vincere in semifinale agli Assoluti ’71. Perché?
«Il regalo lo feci a me: volevo mettermi alla prova. Ero già incasinata con la politica, mi scrivevo con i detenuti anarchici, ritirarmi mentre stavo vincendo fu la mia personalissima protesta contro il sistema. C’era dell’autolesionismo? Non credo. Avevo consapevolezza dei miei limiti: sapevo che la Bassi in finale non l’avrei mai battuta. Lo rifarei mille volte. È un’economia un po’ perversa, lo riconosco. Sono vissuta di ideali, anche alla rovescia. Nell’ideale non c’è un sopra e un sotto, una destra e una sinistra. L’ideale, quando ci credi, è l’eterno. Ecco, io sentivo di dover seguire solo quello».


Ma a chi dava noia, in fondo. Se lo è chiesto?

«Molte volte. Eppure mi bastavano il mio tennis, il mio mare, una motocicletta, i miei libri, 100 mila lire al mese. Andavo a trovare in carcere l’anarchico Fantazzini e mi arrovellavo: che male faccio? Ma a quei tempi la controinformazione infastidiva tantissimo, e io mettevo in dubbio che Pinelli fosse caduto da solo dalla finestra. Sì, davo fastidio. E schiacciando un moscerino di 45 chili come me il potere dimostrò tutta la sua debolezza».


Ci ha messo del suo.

«Ammetto il gusto di esibirmi, anche in campo mi piaceva giocare con il fuoco. Mi chiami a rete? E io ti faccio una palla corta. Le valchirie rimanevano ferme sul posto. Ero agile, velocissima, rimandavo tutto. Per battermi dovevano sopraffarmi con la potenza, ma anche in quel caso le costringevo a farmi il punto due volte».


Da chi ha preso?

«Da mio padre l’estroversione, a costo di fallire per troppa esuberanza. Da mia madre l’essere parca: non tirchia, parca. È lei, con le sue imperfezioni e i nostri conflitti, ad avermi autorizzato a essere libera: se fosse stata perfetta, non me ne sarei mai andata. Invece si lamentava di me, terzogenita dopo due gemelle, in continuazione. Si è resa insopportabile: un dono. Quando lessi “L’ordine simbiotico della madre” di Luisa Muraro fu un’illuminazione».


Qual è stato il giorno più felice della sua vita?

«Il 29 aprile 1982, un giovedì. È il giorno della lettura della sentenza che mi riduce la pena a due anni, già scontati. Nell’aula del tribunale lancio un urlo belluino: domani si va al mareeeeee!».


Come fa a vivere a Bellinzona, tra le montagne?


«Eh ma torno spesso. E poi il mare preferisco andarlo a cercare: quando ce l’ho lì a disposizione, mi viene a noia».


L’incontro più forte?
«Giovanni, il custode della federazione anarchica livornese. Autodidatta, nudo davanti alla vita, miope, ma anche un accademico senza titolo di studio. Fu il primo a parlarmi delle fosse di Katyn, il massacro dell’intellighenzia polacca da parte dell’Urss. Quando morì Francisco Franco si fece un volantino. Volevamo scriverci: viva la morte. Intervenne Giovanni: macché, scriviamo viva la libertà!».


Rifarebbe tutto?

«Paro paro. Forse correggerei la mia ingenuità, ma è un puro esercizio retorico».


Anche le cose che le hanno provocato più dolore?

«Il dolore lo metto nello stesso paniere della felicità».


È vero che nel ’76 in Cile Panatta, memore delle vostre discussioni su Pinochet, propose a Bertolucci di indossare la maglietta rossa nel doppio di Davis anche come omaggio alla militanza dell’amica Monica Giorgi?
«Non lo so, non credo. Dovrebbe chiederlo a Adriano».


E la sua, di maglietta, quella della coppia mista che fece indignare il Sudafrica e la Federtennis, che fine ha fatto?


«Forse era a casa di mia madre ma con la sua morte è andata persa».


Segue il tennis, oggi? Jannik Sinner e i suoi fratelli l’hanno riportato in auge.

«Sì, questa generazione di giocatori mi ha riavvicinata al mio sport. Però non gioco più: mi fanno male le ginocchia. I miei preferiti sono Federer e Alcaraz, che è molto più divertente di Sinner. Adesso non gli serve per vincere, ma Jannik dovrà imparare a scendere di più a rete».


Oltre al tennis, chi è stato il suo più grande amore?

«Manrico, un uomo bellissimo che mai avrei immaginato potesse innamorarsi di uno sgorbio come me. E Maddalena, incontrata in carcere: con lei c’era molto più del sesso, che in una relazione non è necessario».


E la rabbia, motore potente, dove l’ha messa a quasi ottant’anni, Monica?

«Con quel fisichino dove vuoi andare? mi dicevano. Alle feste nessuno mi invitava mai a ballare. Mi sentivo inadeguata: ho fatto di tutto per riscattarmi. Ha ragione, la rabbia è una forza potente. Ma la mia, soprattutto, è stata passione di vivere».

30.12.23

mai 4 di copertina è cosi galeotta e veritiera . Madaleine Miller la canzone di Achille


 Lo  so     che    si  dovrebbe    e  sarebbe  più  giusto  aspettare   a  leggere  tutto il libro, per recensirlo    cioè   poter definirlo valido   o meno  . Ma se  una persona  -- come suggeriva Nicola Tanda  il mio  compianto  prof    universitario di letteratura   italiana  --  ha    gli  strumenti  critici o  s'informa  cioè  legge la  trama oppure   sente   dal  vivo l'autore ad  una  presentazione    della  sua opera  , lo sente  o legge  su  media  ,  o ha  la fortuna     ad intervistarlo  per  il suo sito  \  blog  ,  ecc  dovrebbe   essere  in  grado   gia   dalla  quarta  di copertina  o da primi  capitoli  farsi  al  90 %   un idea  in merito a  ciò  che  s'appresta   a  leggere  o regalare  \  farsi regalare 
Io  ho  appena     iniziato    a leggere  i primi  due  capitoli  fin ora   ( trovate  a sinostra la foto dell'autrice e sotto la  copertina      )  di  La  canzone  di  achille  di  madeline   Miller , dopo averne sentito parlare e letto la quarta di coperina
Mi sta già , dalle recensioni , speciali di giornali , ricerchè web , ecc prendendo ed spronando ad andare avanti nella lettura Infatti mi sono  ritornati   alla mente  e ho niziato un viaggio pindarico alla mia infanzia ed giovinezza cioè agli studi scuola media  con racconti Omerici (  Illiade   e Odissea  )  e Liceali \ universitari l'Eneide  di Virgilio . Ma  soprattutto  la bellissima e toccante canzone : Eurialo e Niso  di Massimo Bubola  - Gang e    la recente lettura i qualche anno fa ( 2017 se no ricordo male ) del fumetto Bonelliano il sangue dei mortali --- copertina sotto al centro --- ovvero il n° 58 pe essere più precisi della collana Le Storie Bonelli, racconta le vicende della guerra di Troia da un punto di vista attualizzante e abbastanza originale.  <<   Niente “riassunto esaustivo”, ovviamente, ma una chiave interessante che giustifica pienamente l’operazione di rilettura. ......    continua  sull'articolo     :  Una rilettura pacifista (e fantasy) della guerra di Troia: 'Il sangue dei mortali'    di Fumettologica  >>

Il lavoro è firmato da Giancarlo Marzano, sceneggiatore di Dylan Dog dal 2004, per i disegni di Tommaso Bianchi, al suo esordio presso la casa editrice di Via Buonarroti.
Infatti  mi  sa  che     dovrò  fare  come      suggerisce appunto la  4  di copertina   del libro citato     regalato   da  zio per  natrale    a  mia  madre  


Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l'orrore. E seguite invece il cammino di due giovani, prima amici, poi amanti e infine anche compagni d'armi – due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna. Madeline Miller, studiosa e docente di antichità classica, rievoca la storia d'amore e di morte di Achille e Patroclo, piegando il ritmo solenne dell'epica alla ricostruzione di una vicenda che ha lasciato scarse ma inconfondibili tracce: un legame tra uomini spogliato da ogni morbosità e restituito alla naturalezza con cui i greci antichi riconobbero e accettarono l'omosessualità. Patroclo muore al posto di Achille, per Achille, e Achille non vuole più vivere senza Patroclo. Sulle mura di Troia si profilano due altissime ombre che oscurano l'ormai usurata vicenda di Elena e Paride.

 

 concludo   lasciandovi alla versione  audio    il  primo  capitolo  nella  bellissima  interpretazione   del curatore    deo  canale   youtube Storia&Storie!  dove  se  volete    trovate   gli altri  capitoli   dell'opera   in questione  

 



scusate  la  brevità ,  ma  scapppo   la lettura    del  3  capitolo  m'attende  


19.8.23

Perché mi piaceva #giannirivera? Di Daniela Tuscano

  Beh, innanzi tutto perché mio padre tifava #inter: la rivalità era scontata, anzi doverosa. Poi perché #mazzola mi era antipatico mentre Gianni aveva lo stesso sorriso ironico e rassegnato del mio primo flirt, suo corregionale (lui di #vercelli, Rivera di #alessandria). Terzo perché quando calciava non pareva un calciatore ma un poeta. Gli altri giocatori, anche eccelsi, stavano tutti lì, nel rettangolo verde, al massimo nelle #figurinepanini, rigidi e spesso aggrondati. Rivera - benché talvolta nel nominarlo lo confondessi con #riva - aveva qualcosa di più e di diverso. Una vita sfuggente e sbarazzina - a #sanremo nella mia spiaggia veniva #elisabettaviviani, grande scandalo all'epoca, il #goldenboy allevato dai preti che aveva una figlia da una soubrette... e non intendevano sposarsi! -, non priva di interessi intellettuali, e poi lo sport, certo. Potevi fregartene del calcio - io ero fra quelli - ma non di Rivera, che se avesse studiato forse si sarebbe affermato in campo artistico. Sempre in punta di filo, come un azzurro #rococó, ma dentro, sangue caldo; sangue rosso(nero). Il #milan di Rivera non era americano come quello di #berlusconi: era un Milan di case e #barsport, ma tanta roba, tanta #italia: il Milan di #nereorocco, con la stella e quel nome da dio greco, da polverizzare qualsiasi spacconata a suon di quattrini. Anche tanta #famiglia, sì, pure Rivera ne ha avuta più d'una, ma non ne ha mai disgregato l'idea, tutt'al più ne ha messo in piazza la complessità, senza nascondersi. Oggi compie 80 anni. Non è "vecchio", nel bene e nel male, e meno male.

5.1.23

Pelé e il ‘non-gol’ più bello della storia del calcio: la magia senza tempo che incantò il mondo

 


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Lo  so  che  non si  può    sempre  stare  a parlare  di  Pelè   e  che  ci saranno  i benaltristi       che  giustamente     diranno   ci sono  cose  più  importanti   . Ma     certe  imprese    sono  talmente  memorabili   anche  una generazione    che   non lo  ha    conosciuto  quando  giocava     e soprattutto    non hanno  tempo  . Infatti  un n giocatore che ha segnato più di 1.000 gol  ,  ma    anche   no  ,   può essere ricordato positivamente per averne mancato uno  . Si   se   è  un grande   come  Lui  

  da  https://www.fanpage.it/sport/calcio/



Pelé è morto all'età di 82 anni e tutti gli stanno rendendo omaggio con tributi di vario tipo da ogni parte del mondo. Il fuoriclasse brasiliano era una leggenda vivente e l'affetto con cui viene ricordato ne è la riprova.




In queste ore stiamo ammirando, nuovamente, tanti gol e tante giocate che lo hanno reso O Rei ma c'è un episodio che rende bene l'idea del perché questo ragazzo nato a Três Corações è diventato il simbolo del calcio carioca. Guadalajara, Messico, è il 17 giugno 1970. Italia e Germania Ovest poche ore prima avevano dato vita alla ‘Partita del secolo' e la Seleçao vinse 3-1, raggiungendo gli Azzurri in finale.



Il numero 10 non segnò contro la selezione allenata da Juan Hohberg ma quel giorno nacque il ‘non-gol' più bello della storia del calcio. O Rei fu protagonista di una giocata favolosa, in cui ha dribblato il portiere avversario senza toccare il pallone.
Il passaggio di Tostao dalla sinistra mise Pelé solo davanti a Ladislao Mazurkiewicz, portiere della Celeste che provò ad anticipare il movimento e ad uscire sulla traiettoria del pallone: per questo motivo il fuoriclasse brasiliano decise continuare la corsa verso di lui ma di lasciare passare la palla e recuperarla pochi istanti più tardi in una posizione più defilata. Una giocata complicatissima da pensare, figuriamoci metterla in atto.



L'estremo difensore uruguagio rimase spiazzato da quel movimento e vide il pallone passare, con il suo avversario che stava già correndo per riprenderlo: Pelé arrivò sulla palla e, di prima intenzione, incrociò il tiro sul secondo palo senza controllarlo nuovamente ma la conclusione terminò di pochissimo fuori, tra l'incredulità dei presenti per quello che avevano appena visto.



La bellezza della giocata ha eclissato il fatto che non fosse finita con il gol e lo stesso Pelé in un'intervista di qualche anno più tardi ha ammesso di ripensare spesso a quel momento: “Sarebbe stato più bello se fosse entrata. Sogno ancora che la palla finisca in rete".
Un giocatore che ha segnato più di mille gol in carriera può essere ricordato positivamente per averne mancato uno? Sì, se si chiama Pelé.
Pelé non segnò in semifinale ma quel "non-goal" è entrato nella storia del calcio. Nella finale firmò il primo gol della  Seleçao ‘ contro l'Italia con un colpo di testa fantastico e aprì la strada alla vittoria del terzo titolo mondiale del Brasile di Mario Zagallo, dopo quelli del 1958 e del 1962.

28.5.22

da dove nascono le storie ? Cosa serve per scrivere una buona storia? Dove si trovano le idee migliori?

La curiosità dei bambini non ha limiti, soprattutto quando si tratta d'indagare realtà molto distanti da loro. Per trasmettere la passione per i libri e per la lettura, sarebbe bellissimo se i bimbi, oltre a frequentare librerie e biblioteche con spazi a loro destinati e con libri di qualità, potessero incontrare, di tanto in tanto, chi quei libri li scrive e li illustra, chi li dà alla luce.Infatti   La prima  risposta  che  ho  dato  alla figlia  (  ha  15  anni  )  di mio cugino che  incuriosita dall'ultimo numero  di Dylan Dog  (  copertina  a sinistra  ) che innesta sulla vicenda principale una riflessione metanarrativa sul concetto di idea e una sorta di seduta di analisi leggera e brillante sul lavoro dello scrittore e sui meccanismi della scrittura è   : << Forse dalla primavera  ,  dai bei  sogni  , dai  fiori di pesco  e   di ciliegio , dalle passioni che ci  avvolgono  dall'amore     che   ci unisce  dal sangue  e dalla carne  >>( AntoAngelo Liori    ) . 
    Ma  in verità per  parafrare ,  sucusatemi  se mi ripeto  , ma  purtroppo  per  me  è  cosi  (  sfido  qualcuno\a  a dimostrarmi il contrario  ) ,  questa bellissima  canzone  



le storie   siamo   noi  .
Infatti è proprio dall’esplorazione del proprio Immaginario e del proprio Mondo Interiore, che  ovviamente    va  sviluppato  con il  <<  potenziare le proprie risorse creative. I PERCORSI DI DNLS prevedono una pratica guidata dei processi creativi, che grazie alla mediazione di molteplici codici artistici favoriscono la scoperta e lo sviluppo del principio creativo proprio di ciascun essere umano e lo sviluppo di nuovi linguaggi e codici con cui esprimersi, per un miglioramento globale della consapevolezza di se stessi e delle abilità comunicative e relazionali.>>  come   fa il progetto di Pratiche Artistiche per il Benessere, che propone laboratori espressivi di DRAMMATERAPIA, TEATRO CREATIVO, STORYMAKING e ARTE. qui  su  Dove nascono le storie



Bisogna aspettare che l’ispirazione giunga a illuminarci la mente, come facevano i poeti romantici dell’800, oppure è meglio lanciarsi in esperimenti di scrittura automatica come i surrealisti? Dipende tutto dal subconscio? Calma, gente: forse per trovare una buona storia non è necessario fare troppe peripezie.
Per scatenare la fantasia può essere sufficiente esplorare il quartiere come se fossimo turisti appena atterrati da Saturno, fare quattro chiacchiere con il vicino di casa che ci sembra un po’ matto, masticare una Big Babol, o mettere sul giradischi un LP che non ascoltavamo da anni. In poche parole, dribblare l’abitudine e cambiare, anche di poco, l’angolazione da cui guardiamo il mondo. Ogni piccola cosa diventerà la miccia capace di far partire una storia, ogni giorno sarà un’avventura.

Dove nascono le storie? Nascono dal ventaglio del caso o del destino, sgorgano come acqua dalle sorgenti delle famiglie, sorgono come alberi svettanti dalle insidie della vita come afferma ques articolo : Dove nascono le storie (tantestorie.it) .



 Oppure dai racconti inventati o mescolasti di realtà come faceva mio nonno paterno con me e mio fratello quando eravamo piccoli , come dimostra anche il libro di H.Kuresishi riportsto a sinistra ( vedi Da dove vengono le storie? di Hanif Kureishi - Cronache Letterarie ) Ogni essere umano ha un suo patrimonio di esperienza di vita e di immaginazione, una ricchezza di storie che non chiede altro che essere sprigionata e portata alla luce.
Scrivere significa ampliare queste potenzialità, allenare il vostro sguardo ad osservare il movimento della vita. “Le cose che accadono”, come diceva Virginia Woolf.
Le grandi storie ci emozionano e ci appassionano perché parlano di noi, dei nostri drammi, dei nostri conflitti. Siamo noi Raskolnikov e Madame Bovary, Shylock e il giovane Holden.


Come scrittori il vostro compito principale è restare attaccati alla vita, alla realtà quotidiana, che non è mai misera, ai nostri desideri, alle nostre paure.
Le storie nascono da questo costante esercizio di osservazione che non deve venire mai meno: lo scrittore è un uomo che si preoccupa degli altri uomini, del suo tempo e del suo destino, delle ingiustizie
che patisce e delle gioie che prova.
Ogni storia che ci è stata raccontata, in un fiato da nostra madre   dai nostri nonni  \e che ci ha parlato dei suoi ricordi della guerra, o di un amico prima di partire per un viaggio, è uno spunto per una
narrazione.L’unico modo che esiste per scrivere e raccontare una storia è alzarsi e cominciare a farlo.Ma anche la nostra stessa diversità ha una storia ed è contenitore di storie Alcune diventate patrimonio universale come L'illiade e l'Oddisea . Concordo con quest articolo di (ferrucciogianola.com) :  << Come nascono le storie 
 Ci sono cose che sono in grado di condizionarci la vita in maniera profonda. Magari per tutta la vita e non lo sappiamo neppure. A volte sono cose che riteniamo senza importanza e rimangono sepolte nell'inconscio, poi in determinate condizioni si risvegliano e ci si trova di colpo ad avere delle risposte a quesiti che prima di quel momento sembravano insormontabili. Magari anche riguardo a come nascono certe storie che scrivo.
Difficilmente mi chiedo da dove vengono certe idee che metto nei miei racconti. Di solito parto da un'immagine e da esperienze del mio passato ben presenti nella mente o da un fatto che mi colpisce o che mi ha colpito. A volte magari da studi. Insomma le casistiche sono tante.
Ci sono però alcuni racconti talmente fuori da questi schemi e dai contesti miei abituali che più di una volta mi sono domandato del perché li ho scritti e cosa, sopratutto, li ha ispirati.
A volte tuttavia riesco a darmi una risposta...
Un paio di settimane fa, per esempio, mi sono passati davanti agli occhi dei video musicali e tra questi c'era un video con una canzone delle Orme. Ricordo di come questa canzone mi


piacesse molto quando ero bambino, tanto che fu una delle prime che imparai gli accordi per la chitarra. Ma fondamentale è il testo di quella canzone, Felona.
Dico fondamentale perché mi ha fatto capire, riascoltandola, che le sfere contenute nel mio racconto Buio all'alba che cadono dal cielo dopo un buio improvviso, sono molto simili alle sfere di luce del brano firmato da Aldo Tagliapietra, Antonio Pagliuca e Gian Piero Reverberi.
Luci che hanno dato vita a un racconto fantastico e metafisico, magari un po' diverso dalla mia produzione ma che non mi sento di ripudiare proprio perché il punto di partenza di questa storia era situato nel profondo del mio inconscio, finalmente decifrato.Be' forse, qualche colpa ce l'ha pure il quadro di Nino di Mei che ho inserito.


che  altro aggiungere    se  non  che   la  storia  siamo  noi .   sta  a noi   prendere  i nostri pensieri    , i nostri sogni  e  le  nostre  fantasia e     fermarle  o   in  uno scritto  o  in qualunque  altra  forma  

26.5.21

non sempre fare di testa propria e quindi essere anarchico è negativo il caso di di Tarcisio Burgnich alla semi finale dei mondiali del 1970 in italia -germania

Il nome  in se    non mi diceva niente  , essendo     cresciuto negli anni 80\90  ,  proprio  quando   Tarcisio Burnignich    era  già  andato in pensione .  É  dai miei  genitori , oltre  che dalla  tv  che  parla  della  sua   morte  .  E fra gli  articoli coccodrillo  che ne  parlano    ho  trovato questo d repubblica    del 26\5\2021 qui l'articolo completo    .  Articolo che     conferma   il  mio  commento  , che è  anche  il titolo del post    d'oggi  

[...] 

Ma anche gli immobili, venerabili e quasi eterni nella loro postura, una volta nella vita si concedono la vertigine del viaggio, come la prima e unica gita in aereo dei nonni. Dunque - e non in una partita qualsiasi ma nella mitica Italia - Germania =  4- 3  Messico '70 - Tarcisio Burgnich scappò di casa. Accadde nel primo tempo supplementare e sul risultato di 2-1 per i tedeschi, quando Muller aveva appena segnato e gli azzurri sembravano già depressi. Era un pericolosissimo momento di stanca, quando puoi perdere il filo e non ritrovarlo mai più E allora, chissà perché, Burgnich fuggì dal suo domicilio e si spinse in avanti, dall'altra parte del prato e del destino. Ci fu un calcio di punizione, e Rivera sapeva che Tarcisio di testa le prendeva tutte: quando lo vide dentro l'area, incongruo, come uno che avesse sbagliato indirizzo o si fosse perduto, Gianni calciò il pallone verso la capoccia del numero 2 ma fallì la misura e mirò troppo avanti. La palla, irraggiungibile per Tarcisio, carambolò tra l'azzurro e il tedesco Held che la respinse goffamente lasciandola, in pratica, quasi ferma. A quel punto, dopo un rimbalzostrambo, Burgnich colpì col sinistro, una specie di puntonata, e segnò. Poi corse a casa, cioè nella propria area, senza esultare. Aveva avuto la sua mattana ed era tempo di tornare in catena di montaggio.Come poi andò a finire lo sanno anche i sassi del ruscello, anche se non tutti ricordano i miracolosi salvataggi di Burgnich, uno addirittura in rovesciata sulla testa di Seeler. Questo portò gli azzurri in finale, e collocò Tarcisio nella sua seconda figurina estrema: lui che prova a saltare insieme a Pelè, angelo in decollo, irraggiungibile.                 Il re del calcio segnò di testa, anche questo lo sanno tutti, ma non tutti ricordano che Valcareggi aveva appena cambiato le marcature spostando Bertini su Rivelino e Burgnich su Pelè, che contro Bertini stava facendo un po' quello che voleva. L'azione del memorabile gol brasiliano si sviluppò proprio nel corso dell'infausto cambio di consegne, e Tarcisio arrivò in ritardo. Forse, sarebbe accaduto comunque. 

"Dicevo a me stesso: Tarcisio, anche Pelé è un uomo di carne e ossa come tutti. Mi sbagliavo". Questo Burgnich lo ripeterà sempre, non potendo tuttavia scendere da quella fotografia, come da una scala troppo alta. Adesso, però, il tempo che tutto consuma ha concesso a Tarcisio di tornare quaggiù, dove né Pelé né la corruzione degli anni e della memoria potrà più disturbarlo. Sei stato un grande, Tarcisio. Hai finito bene il tuo lavoro.

  nient'altro d'aggiungere   .  alla   prossima  

21.2.21

MAURO BELLUGI, IL PROTAGONISTA di © Daniela Tuscano

 Le aveva tutte Bellugi, anzi aveva perso tutto: prima una gamba, poi l'altra, poi l'intestino, poi è arrivato il Covid e con esso la mazzata finale. Non aveva più niente eppure sembrava così solido, con quella faccia contadina, le rughe profonde, gli occhi da bracco, sempre un po' casuali, come tutti i calciatori anni '70. Non divi ma soldatini di stagno, e le figurine Panini ce li restituivano così, fissi e variopinti. Fuori luogo, perché senza il pallone non esistevano. Bellugi era quel mondo, le domeniche pomeriggio, Novantesimo Minuto, l'Inter, mio padre. Che l'aveva trovato poco tempo fa a Niguarda, in attesa come gli altri, fisso ancora, ambedue le gambe fasciate. Lì Bellugi stava disputando l'ultima partita, nel chiarore di quella sala che sicuramente, ai suoi occhi, appariva un immenso campo di calcio. Un saluto cortese e senza fronzoli, l'annuncio buttato là, che gli avrebbero tagliato pure l'altra gamba, e quel "vediamo", il futuro comunque, perché la vita è un flusso e ti prevarica. Puoi non farcela, ma non devi restare in panchina.



Bellugi giocava ancora. Duramente e spontaneamente, a testa bassa, con una pietas quasi virgiliana. Cose maschili, ché il calcio ai tempi apparteneva a loro; non era però esclusione, semmai completamento. Alla fine, ci si riuniva attorno a un tavolo ed esisteva solo il noi. "Vediamo", il tempo non ci appartiene, ma ci siamo dentro e lo percorriamo tutto.
Bellugi se n'è andato, e con lui il pudore che caratterizzava quel mondo. Quello per cui la stanchezza era una colpa, sempre, di fronte al terribile dono dell'esistere. Anche a brani, smozzicati, cadenti, ma oltre, ma anima, integri dentro, e al cuore nessuno arriva, pur se te lo mangiano.

                                          © Daniela Tuscano 

16.12.18

Gli uccelli non muoiono mai semplicemente prendono il volo il fotografo franco pampiro racconta il muro di Berlino

una mostra  interessante    quella  di franco  pampiro inaugurata  ieri    e  che  si terrà  al caffè  gabriel di tempio pausania     fino  al 31  dicembre  .  Una  mostra  fotografica    che  anticipa quelle  che  saranno  le  celebrazioni  e  le discussioni  che ci sarano  l'anno prossimo per  il  30  anni della fine della   guerra  fredda  .  

L'immagine può contenere: una o più persone e testo
dalla  nuova  sardegna ed   Olbia-Gallura    del 12\12\2018

 Una mostra alla goodby lennin (   film del 2003 Wolfgang Becker, interpretato da Daniel Brühl e Katrin Sass) .Infatti secondo un commento lasciato sul libro degli ospiti della sua mostra : << nelle tue foto ho ritrovato ciò che io, nel mio modesto andare, ho constatato in quel di Germania e dintorni. La sintesi di tutto ciò che a noi Italiani , viene nascosto e negato . Le tue foto , come gli uccelli; volano e portano lontano, la testimonianza di verità nascoste ma, visibili a chi, li sa guardare con occhio attento e critico. Di nuovo grazie, le tue foto sono testimonianze.  >> Commento che dev'essere piaciuto allo stesso franco visto  che ha replicato su Fb


Sei uno di quelli che ha capito che con le immagini io voglio soprattutto documentare, e tento di farlo col mezzo che mi è più congeniale: giocare con la luce. Quando realizzi che il tuo messaggio è stato percepito dall'osservatore hai raggiunto il tuo scopo e, in questi casi, la fotografia diventa un pretesto, un mezzo per suscitare emozioni.

Emozioni  ,  come testimoniano   anche  alcune    foto  da me   scattate  alla mostra  ,  dettate dalla testimonianza attenta e sincera senza nascondimenti di maniera. Orgoglioso di tanto.

  fotoo    che  rappresenta  il titolo    dellla   mostra  vedere    locandina    sotto  



Una  mostra     ,  come  potete  vedere  da  altre  die  foto  da  me riportate  

Un bel tuffo nel passato   e   un po'  anche nella  nostalgia   . Una testimonianza  ( vedere  anche   la  locandina )    di  come   , nonostante  il  muiro  e  la  bruttisma  dittatura  ,  vedere il desiderio di fuga   dopo la perestroika  e   la  glanost   cuminata poi nel  1989  ,  ci fosse     ed  è  durata  per  50  anni una  forte resistenza   culturale  non solo  politico\ideologico al  capitalismo selvaggio  .  

22.12.16

bufale e miti natalizie e menate varie







Anche se  ancora     convalescente  dall'influenza  rieccovi  con voi

 




Pensate di sapere tutto sulla festa che si avvicina? Sfatiamo qualche mito
(foto: Getty Images)
(foto: Getty Images)
I regali sono impacchettati, l’albero è fatto, il Presepe è quasi completo. Nelle strade le luminarie abbelliscono i monumenti e un esercito di babbi Natale fa i turni nei negozi. Ci si prepara a gustare qualche manicaretto tradizionale e a tagliare il pandoro e/o il panettone

 Panettone e pandoro, boom di esportazioni

  o altri dolci tipici   delle proprie  regioni  Non manca niente, nemmeno (purtroppo) le decorazioni con Babbo Natale che si arrampica…anche  se  nel mio paese    quest'anno  non si è  vista
Ma come accade in molte festività, il Natale si porta dietro anche una certa quota di veri e propri miti di cui molti sono assolutamente convinti. Ecco i più diffusi  secondo   ( da  cui  ho deliberatamente preso  e rielaborato  l'intoduzione al post  d'oggi  ) http://www.wired.it/play/cultura/2014/12/19/bufale-natale/


1. Il Babbo Natale vestito di rosso è un’invenzione della Coca-Cola
Alzi la mano chi non ha mai ricevuto una catena di Sant’Antonio dove si spiegava come la bieca multinazionale di Atlanta avesse ridipinto Babbo Natale da verde a rosso. Persino nel primo paragrafo della voce sulla Wikipedia italiana si legge “Il colore degli abiti del Babbo Natale odierno è frutto delle campagne pubblicitarie della Coca Cola“, a cui poi è stato aggiunto “ci sono invero comunque tracce di Babbo Natale vestito di rosso e bianco già anni prima dei disegni pubblicitari della Coca Cola“.
Come spiega Snopes, in realtà non si tratta affatto di “tracce“. Fermo restando che la figura di Babbo Natale si è molto evoluta nel tempo





























 



 col contributo di diverse persone, l’immagine moderna di omaccione gioioso e vestito di rosso e di bianco era già diventata uno standard prima che l’artista della Coca-Cola Haddon Sundblom   creasse la famosa campagna del 1931.
Il successo di questa pubblicità ha sicuramente contribuito a fissare a livello globale un’icona del Natale moderno, ma il meme (se così possiamo chiamarlo) del Babbo Natale rosso in quel momento aveva già vinto sui concorrenti.










2. Le stelle di Natale contengono un veleno mortaleI molti sono convinti che le stelle di Natale (Euphorbia pulcherrima) siano tanto belle quanto mortali. Basta fare una ricerca su Google per vedere quanti siti mettano in guardia i consumatori sui rischi di un’ingestione accidentale, sia per i bambini che per gli animali domestici.

I molti sono convinti che le stelle di Natale (Euphorbia pulcherrima) siano tanto belle quanto mortali. Basta fare una ricerca su Google per vedere quanti siti mettano in guardia i consumatori sui rischi di un’ingestione accidentale, sia per i bambini che per gli animali domestici.

I molti sono convinti che le stelle di Natale (Euphorbia pulcherrima) siano tanto belle quanto mortali. Basta fare una ricerca su Google per vedere quanti siti mettano in guardia i consumatori sui rischi di un’ingestione accidentale, sia per i bambini che per gli animali domestici.

Si tratta di una vera e propria balla: la tossicità della pianta è molto bassa, non è noto nemmeno un caso di morte, o anche solo di gravi lesioni, in soggetti umani o animali che abbiano ingerito sue parti. Come per tutte le piante del genere Euphorbia, al massimo può verificarsi una reazione allergica quando i tessuti vengono a contatto con il lattice che secernono. Non è chiaro come sia nato il mito, ma secondo il sito Museum of Hoaxes all’origine potrebbe esserci il rumor di un bambino hawaiano morto nel 1919 dopo aver mangiato una foglia di stella di Natale. Nonostante non siano mai esistite prove di questo evento, tra i pediatri cominciò a diffondersi la convinzione che le piante natalizie per eccellenza fossero un pericolo mortale.
Solo nel 1971 si mise alla prova la tossicità delle stelle di Natale con un esperimento, ma, nonostante le altissime dosi somministrate a un gruppo di ratti, questi continuavano a stare benone. Anche i dati successivi confermarono che le paure che si erano diffuse erano del tutto immotivate, per esempio secondo uno studio del 1996 tra il 1985 e il 1992 ben 27 persone hanno cercato, senza successo, di togliersi la vita mangiando un po’ di Euphorbia pulcherrima.

3. Più suicidi sotto le feste
In un articolo di Marie Claire di questo 16 dicembre si legge “è risaputo che nei periodi di festa aumentano i suicidi“, ma in realtà le indagini epidemiologiche indicano da tempo che in dicembre la frequenza dei suicidi cala. Il motivo per cui ci sembra plausibile, contro ogni evidenza scientifica, che a Natale la disperazione possa prendere il sopravvento e convincere le persone a suicidarsi è probabilmente che al nostro cervello piacciono le storie, non le statistiche: un picco di suicidi nel periodo dell’anno in cui tutti provano a essere un po’ più felici è davvero un’ottima storia.
Secondo un rapporto del The Annenberg Public Policy Center (Univerity of Pennsylvania) quasi il 50% degli articoli sui suicidi scritti negli Stati Uniti intorno al Natale del 2009, supportavano il mito del loro aumento durante le festività. Esistono davvero periodi in cui i suicidi sono più frequenti, ma coincidono col ritorno della primavera.

4. I tre Re Magi
Nel presepe sono sempre tre, e i loro nomi sono Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Verrebbe spontaneo pensare che queste caratteristiche siano state tratte direttamente dai testi sacri, ma non è così. Il Vangelo dice solo che arrivarono dall’Oriente portando oro, incenso e mirra. Successivamente, specialmente nel cristianesimo occidentale, si pensò che i magi avessero portato un dono ciascuno.
Risultati immagini per re magi

Anche i nomi dei magi sono stati aggiunti successivamente, così come la loro natura regale, che probabilmente fu ricondotta alle profezia contenuta nei Salmi: “I re di Tarsis e delle isole gli pagheranno tributo; I re di Etiopia e di Arabia gli porteranno doni. E tutti i re l’adoreranno, Tutte le nazioni gli serviranno“.
5. Il 25 dicembre è il compleanno di Gesù Cristo
Con buona pace del sergente Hartman, è improbabile che il Gesù storico sia nato proprio il 25 dicembre. Anche in questo caso le Scritture non danno una data precisa, né forniscono molti particolari per determinarla.
Qualcuno ha provato a restringere il campo usando altri elementi citati nelle Scritture, per esempio il Vangelo di Luca parla di pastori con greggi al pascolo nel momento in cui si viene a sapere della nascita del Messia, ma come potevano esserci pascoli in dicembre? In realtà, come hanno fatto notare altri studiosi, in Palestina le temperature invernali potevano essere compatibili con il pascolo, quindi questo non basta a escludere una eventuale nascita in dicembre.
Non esiste quindi un accordo tra gli studiosi su quando Gesù sia nato, ma esiste invece un certo consenso su come è stata scelta, nel IV secolo d.C., la data per celebrare l’evento. Sotto l’imperatore Costantino la festa del Sole invitto (Dies Natalis Solis Invicti), celebrata nelle vicinanze del solstizio d’inverno, venne fatta coincidere con la festa per la nascita di Gesù. Nel 1993 Giovanni Paolo II cominciò la sua udienza del 22 dicembre con queste parole:
Carissimi fratelli e sorelle,
Eccoci giunti di nuovo a Natale, solennità liturgica che commemora la nascita del Divin Salvatore, ricolmando i nostri animi di gioia e pace. La data del 25 dicembre, com’è noto, è convenzionale. Nell’antichità pagana si festeggiava in quel giorno la nascita del Sole Invitto, in coincidenza col solstizio d’inverno. Ai cristiani apparve logico e naturale sostituire quella festa con la celebrazione dell’unico e vero Sole, Gesù Cristo, sorto sulla terra per recare agli uomini la luce della Verità.

 oltre  i miti ormai  definitivamente "  smontabili "    ci sono anbche dele bufale   e  della   falsa  solidarietà con vittime  di  attentati terroristici

Iniziamo  dalle  prime

BUFALA Kyenge: "I mercatini di Natale sono un'offesa per le altre religioni, andrebbero vietati" - da www.bufale.net
Mentre Facebook si appresta ad un giro di vite sulle bufale, ci sono portali che, impenitenti, continuano a perseguire le sirene di fama e viralità fino ai più grotteschi esiti.
Torniamo così al Corriere di Roma,che  rilanciato  dal portale  news24roma , che ritira fuori una bufala del filone la Kyenge che fa cose:
Parole che hanno suscitato indignazione e scalpore tra gli Italiani: quelle di Cecile Kyenge, ex ministro dell'Integrazione del governo Letta, l'esponente del PD avrebbe infatti commentato duramente la scelta di organizzare in Europa i famosi “Mercatini di Natale”.
Secondo la Kyenge infatti i Mercatini di Natale rappresenterebbero un'offesa per tutte quelle religioni che non festeggiano il Natale. “I mercatini di Natale sono un'offesa per le altre religioni, noi siamo ottusi e ragioniamo solamente guardando a un metro di distanza da noi, dobbiamo aprire gli occhi e guardare più avanti del nostro naso, i Mercatini di Natale non rendono felici tutti i cittadini, andrebbero vietati”
Quantomeno questa volta il viralizzatore ha fatto i compiti per casa e si è ricordato che la Kyenge non è più ministro da un pezzo.
Una particolare menzione al disonore va al portale webnews24 che, non pago di aver ricondiviso una bufala,la infiocchetta  e la impreziosisce   con  il  classico (  corsivo mio )  fotomontaggio  decisamente  xenofobo e razzista   dove  al corpo   della  kyenge  vengono assemlate  fattezze  di  una  grossa  scimmia 

a  poari merito  con la  classiche  bufale   sulla  Boldrini  che vuole dare  per  natale  un bonus  di  50  euro aggli extracomunitari  che i siti  malpancisti e  bufalisti  riprendono ogni    natale o   della mezza    bufala  del  bambinno morto fra le braccia  di un babbo natale  

  da  questi post  e  dalla  guida  di quest'anno  sono   esclusi   perchè  fortunatamente  , a  natale  avvengono     anche i miracoli i media nazionali  non si  sono concentrati  sulle   continue  polemiche  " buoniste  "  e  "  anti Buoniste  "    del fare  o non fare  reciste  di natale  o presepi \  decorazioni   per  non offendere  o peggio perchè  ce  lo  chiedono loro   i profughi e  gli immigrati

la seconda  quella  della  solidarietà ipocrita  delle vittime   dei vili attentati  in particolare  l'ultimo di qualche giorno fa   ( vedere post  precedenti  oltre  che i  miei  social  ed  ora  anche la mia pagina fb )

Io spezzo questo circolo ipocrita ed a senso unico.  NON VUOLE  DIRE   CHE NON SIA  SOLIDALE    CON LE  VITTIME DEL VILE  ATTENTO  ( LEGGETE  PER  MAGGIORI DETTAGLI IL MIO POST #JE SUIS CHARLIE ma anche # JE NE SUIS PAS CHARLIE e soprattutto # JE SUSIS BOKO HARAM   La vera solidarietà alle vittime di eccidi anti occidentali ma anche no non é questa . Poi fate come vi pare

Nessun testo alternativo automatico disponibile.
 concludo     questo  post   e  questi extra    alla mia  guida  del  2016  che riprenderà   dopo il 26 di  dicembre     con questo  augurio